malabi
00venerdì 4 giugno 2010 04:08
40° Capitolo
Dopo esserci baciati, senza riuscire a staccarci l’uno dall’altra, ancora per qualche minuto, Michael mugugnando dice:
“Uhmmmm…….No, così non è possibile, devo andare, ma non ci riesco, mi piace troppo stare qui con te………..”
Con un gesto dolce e materno, che fino ad ora non ho mai fatto, gli scosto i capelli dalla fronte, e mentre lo guardo teneramente, lo esorto ad andare:
“Dai, vai di là, quel povero Franky ti sta aspettando, non solo deve sostituirti ma, se non gli dai quello che gli serve, come fa a discutere con quelli?”
Lui però, non sembra prestare attenzione a quello che gli ho appena detto, perché ha afferrato la mia mano, che dopo quel gesto avevo tenuta sul suo volto per accarezzarlo e, in un impeto di riconoscente amore, comincia a baciarla, cominciando dall’interno del polso per finire alle mia dita che bacia e mordicchia una ad una, passandosi poi le mie unghie, sulla bocca, sul collo, sul petto, mentre infila l’altra mano, sotto la mia giacca per accarezzarmi la schiena.
Le sue dita sulla mia pelle scorrono lente, morbide, sensuali, mi sfiora appena, procurandomi dei brividi che partono dalla nuca per raggiungere tutte le parti più nascoste del mio corpo.
Sempre guidando la mia mano, se la fa scivolare giù fino alla cintura, che comincio a slacciare con studiata lentezza, mentre le nostre labbra si sfiorano appena e. il mio respiro diventa il suo.
Con le mie dita comincio a giocare con i bottoni dei suoi jeans, disegnando con le unghie, su quei piccoli lembi di pelle, che man mano scopro, geometrie invisibili.
Lui allora, con dei piccolissimi colpi, comincia a passare, la sua lingua sulle mie labbra, poi, dopo aver liberato l’ultimo bottone dalla sua asola, risalgo piano, verso il suo torace, ripetendo lo stesso rito con la camicia, un bottone alla volta, lentamente, ripercorrendo in su la stessa strada di prima, sfiorandolo quasi, solo con le mie lunghe unghie. Questo gioco gli piace da morire, perché ora, sta intrecciando la sua lingua con la mia, cercando con l’altra mano di sbottonare la mia giacca, anche lui sempre sfiorandomi.
Non voglio baciarlo, voglio solo sfiorarlo e accarezzarlo lentamente, per far sì che l’attesa possa rendere poi il suo e il mio piacere più appagante, quindi, esercitando una leggera pressione sul suo braccio lo faccio distendere supino e mi siedo sopra di lui, tutta vestita, con la giacca del tailleur, aperta, lui capendo le mie intenzioni mi lascia fare, mentre ora, non gli permetto più nemmeno di toccarmi, mi guarda con gli occhi semichiusi mentre, a tratti sento spostare il suo bacino verso l’alto, non ci diciamo niente, ci guardiamo soltanto mentre io con entrambe le mani, ricomincio ad accarezzarlo come prima, lui poi, tenta di mettere una mano sul mio seno, ma gliela blocco e, chinandomi verso di lui per parlargli, a pochi millimetri dalla suo bocca, muovendo le mie labbra, sopra le sue, gli sussurro:
“No, non mi toccare.”
Lui docile mi ubbidisce, mentre passo la mia lingua, sulla sua bocca semiaperta, sulle sue orecchie, che gli provocano un brivido che percepisco, tanto i nostri sensi sono acuiti da questo eccitante gioco, sul suo collo, che bacio e lecco, millimetro per millimetro, sul suo petto, seguendo, il solco tra le costole che porta fino all’ombelico dove mi soffermo, a lungo, per scendere fino a quel triangolo di pelle scoperta, esattamente sopra il suo inguine, mentre lui solleva il bacino per farmi capire di scendere più in basso, lentamente con le mani comincio a sfilargli i jeans, un po’ per volta, continuando a baciarlo, sempre più vicina al punto in cui il suo desiderio è concentrato. Il suo respiro si fa affannoso, mentre sussurra parole, tra mugolii di piacere, sono di nuovo sulla sua bocca e gli chiedo:
“My love, you like that?”
“You……….Oh my God………….’re…………..Making……….me…….insane.”
E mettendo le sue mani, dietro la mia nuca, per tenermi ben ferma, con violenza mi bacia, mentre intanto a scatti muove il bacino verso l’alto, con movimento sempre più cadenzato.
Inesorabilmente, però com’era prevedibile risquilla il telefono, allora mi fermo, cercando di tirarmi su, mentre lui cerca di trattenermi, con tutta la forza, mentre con un tono quasi arrabbiato, mi impone:
“Ferma, non rispondere.”
Quello però continua, nella fastidiosa sequenza di trilli, quindi liberandomi dal suo abbraccio, mi tiro su, mentre, sento che lui, per la prima volta, da quando lo conosco, impreca:
“Fuck, is not possible.”
Lo guardo stupita, mentre mi viene un po’ da ridere, anche se tra me penso che ha tutte le ragioni, perché mai telefonata poteva essere meno opportuna, ma certo non per colpa di chi stava dall’altro capo del telefono, quindi afferro il cordless, con sguardo rassegnato, per passarlo a Mike, che però mi fa segno che non vuole parlare, con un gesto di stizza, roteando gli occhi all’insù e sbuffando sonoramente, per cui resta a me l’ingrato compito di rispondere, a quell’anima pia di Franky che dall’altra parte mi sta dicendo, in francese:
“Scusa se ti disturbo, ma volevo sapere se Mike ha intenzione di farsi vedere o meno.”
Usando lo stesso idioma, replico:
“Non so cosa dirti, perché in questo momento……….non può risponderti.”
Al che Franky che capisce al volo, mi chiede con apprensione:
“E’ un brutto momento?”
Guardo Michael, facendogli segno di parlare lui con il suo amico, perché stralunando gli occhi e allargando il braccio libero, gli faccio capire che non so cosa dirgli, ma lui che mi sta guardando torvo, perché non gradisce che io stia parlando in Francese, oltre al fatto che è fuori di sé, dalla rabbia, rimane immobile con le braccia incrociate, come se quella telefonata non fosse per lui, non sapendo davvero cosa rispondere a Franky, aggiungo solo:
“Scusa, aspetta un momento.”
Poi coprendo con la mano la parte inferiore del telefono, per nascondere le nostre voci, mi rivolgo al mio ombrosissimo ed arrabbiatissimo amore:
“Dai Mike, parlaci tu, mi ha chiesto se pensi di andare di là. Dai, lo capisco, ma non fare così, in fondo quella gente ti sta aspettando da più di un’ora, io non lo trovo giusto questo, non puoi fregartene. Scusa ma che deve fare sto poveretto di Franky?”
Michael, che nel frattempo era rimasto in silenzio a guardarmi, dopo qualche secondo, girando nuovamente gli occhi all’insù, mi dice:
“Ok. Dammi qua.”
Gli passo il telefono e, mentre mi sto alzando dal letto sento, per la prima volta qualcosa, che mai avrei pensato di ascoltare, lui che parla con qualcuno, con un tono talmente arrabbiato, senza urlare come si potrebbe pensare, ma quasi sillabando le parole, con un tono sordo, basso e gutturale, che mi sono girata a guardarlo perché per un momento ho pensato che non fosse più lui a parlare.
Devo sinceramente ammettere che a sentirlo parlare così mi fa quasi paura, non è la sua voce, o meglio non è la sua solita voce, è quella di un altro uomo, un’altra persona, è vero che un certo cambiamento, l’ho notato anche quando abbiamo fatto l’amore, ma questo rientra nella normalità, poiché anch’io penso che in quei momenti, la mia vocalità si trasformi, naturalmente, in tonalità più basse, profonde, sensuali, anche gutturali a volte, ma questa era qualcosa di assolutamente inaspettato, io non so nemmeno cosa stia dicendo a Franky, perché sono completamente presa dall’ascoltare questo suono sconosciuto, io mi auguro tra me di non dover mai essere causa di questa trasformazione in lui, perché è veramente qualcosa di raggelante.
Lui si accorge del mio sguardo attonito e, ne capisce anche il perché, quindi senza dire una parola, si alza dal letto si riallaccia la camicia, si riabbottona i jeans, si chiude la cinta con uno scatto del polso, si dà, con le mani una sistemata ai capelli portandoli dietro le orecchie, e si avvia verso la sua suite, io resto a guardarlo imbambolata, al momento senza avere una reazione, ma quando vedo che esce dalla mia camera senza neanche degnarmi di una parola, mi alzo di scatto dal letto, gli corro dietro e a metà del salotto lo afferro per un braccio dicendogli:
“Michael, che stai facendo?”
Lui, sulle prime, nemmeno mi guarda, perché volta la testa verso la finestra, ma io insisto:
“Mi vuoi dire che diavolo t’è preso?”
Lui, guardando sempre da un’altra parte, con un tono diverso da quello di prima, ma sempre basso e sostenuto, mi risponde:
“Sto andando di là, non lo vedi?”
La mia prima reazione, se dovessi seguire il mio carattere sarebbe quella di reagire in modo inconsulto a questo suo atteggiamento, del tutto immotivato, nei miei confronti, ma poi riflettendo che c’è rimasto davvero poco per stare ancora insieme, adotto una linea più morbida, perché non voglio assolutamente sprecare questo esiguo tempo rimasto, in bisticci inutili, che potrebbero sfociare anche in qualcosa di irreparabili, per cui chiudendo gli occhi per riacquistare la calma necessaria, prendendo il suo mento delicatamente tra due dita della mia mano e parlandogli con dolcezza, dico:
“Miky, per favore guardami, perché mi stai trattando in questo modo?”
Accompagnato dalla mia mano, lui finalmente gira il viso verso di me, guardandomi sempre con uno sguardo un po’ corrucciato, ma meno torvo di prima, senza però dirmi una parola.
Con tutta la pazienza, di cui la natura mi ha fatto dono, poca in verità, ma cercando di prenderne in prestito un altro po’, come si fa con bambino, perché in questo momento il suo comportamento è tale, afferrandogli le braccia, le porto dietro la mia vita, mentre gli sussurro, con un tono leggermente piagnucoloso:
“Amore mio, abbracciami ti prego, non andartene via così.”
E senza lasciargli il tempo di replicare lo bacio dolcemente sulla labbra, poi buttandogli le braccia al collo, con le mani sulla sua nuca lo attiro a me per baciarlo con trasporto.
E’ un attimo, lui quasi con rabbia, risponde al mio bacio, e già le sue mani sono sulle mie spalle per togliermi la giacca di dosso, poi sempre baciandomi, freneticamente cerca di sbottonarmi i pantaloni, quasi strappandomeli insieme agli slip che, inesorabilmente, cadono ai mie piedi, afferrandomi per le natiche, praticamente mi solleva da terra per depositarmi sul tavolo, al centro del quale ancora troneggia il suo cesto di rose rosse del giorno prima, con un colpo lo getta a terra e mentre continua a baciarmi, si slaccia con movimenti furiosi, i pantaloni, mi afferra le gambe e attirandomi verso di sé, sempre con frenesia rabbiosa cerca di farsi largo nella mia cavità, affondando le sue mani nei miei glutei che tiene stretti tra le sue dita, in una morsa quasi dolorosa, mentre tento di assecondare i suoi movimenti, aiutandolo a mia volta, con la mano, sollevando il bacino e intrecciando le mie gambe intorno alla sua vita.
Osservo la sua faccia contratta, dalla rabbia, dall’eccitazione del momento, dal desiderio di possedermi, i suoi occhi sono scurissimi, più allungati e semichiusi, la mascella è protesa in avanti, mentre si morde il labbro inferiore, solo a guardare la sua espressione, la mia voglia di lui raggiunge lo zenith, poi, quando riesce a penetrarmi completamente, finalmente la sua furia si placa, lo vedo chiudere gli occhi, gettare la testa indietro, distendere i suoi lineamenti contratti e allentare la presa feroce della sua dita. Per lunghissimi attimi resta immobile, come per assaporare quella meravigliosa sensazione di umido calore che l’essere dentro di me gli procura, mentre le sue contrazioni, si alternano a quelle dei miei muscoli pelvici, il nostro stato di eccitazione diventa incontenibile, per cui, lui mordendosi di nuovo il labbro inferiore e abbrancandomi nuovamente le natiche comincia a scivolarmi dentro con dei colpi sempre più forti e veloci, fino a che il suo piacere esplode rapidamente, accompagnato da un gemito alto e prolungato che io cerco di soffocare baciandolo.
Lui affonda la sua faccia nel mio seno, finalmente allenta la presa delle sue mani su di me, per intrecciare le sua dita con le mie, mentre io gli accarezzo i capelli, lui emette un lungo sospiro e senza guardarmi mi dice:
“Scusami. Non volevo che andasse così. Sono stato un egoista.”
A me viene da ridere, perché di nuovo è tornato il mio dolce, tenero, adorabile Michael, per cui rispondo:
“Non c’è niente di cui scusarsi, l’amore non può mai essere uguale, ogni volta è una sensazione diversa, un’esperienza diversa, è bello per questo e comunque a me non è dispiaciuto affatto, se tu sapessi quanto eri sexi. A me questo tuo lato, uhmmm, come dire…………..animalesco, mi ha eccitata molto, eri così furioso. A me piace anche questo di te, perché non posso credere che tu non perda mai le staffe, che non ti arrabbi o che qualche volta non ti esca una parolaccia, non è possibile! Capisco l’auto controllo e devo dire, che tu in questo sei un maestro, ma sei un essere umano, che aspira alla perfezione, questo si sa, ma in quanto tale, devi anche tu in qualche modo sfogare la tua rabbia, se sei arrabbiato, non puoi sempre reprimerla. Lo so che a te non piacerà sentirtelo dire ma prima quando hai detto fuch, mi sei piaciuto da morire.”
Ma lui imbarazzatissimo replica:
“No, non mi dire così, perché non mi piace, che io l’abbia detta poi di fronte a te, che poco prima ti avevo rimproverato per lo…….. stranzio……….”
Nel sentire come pronuncia la parola stronzo, scoppio in una risata fragorosa e mentre lui mi guarda un po’ perplesso mi chiede:
“perché ridi, non è quella la parola?”
Ed io sempre ridendo:
“La parola per esattezza è stronzo e non stranzio, possibile che voi Americani mettiate le i dappertutto, dai ripeti bene, che così la prossima volta che vieni in Italia, e devi dare dello stronzo, a qualcuno almeno la dici bene la parola, altrimenti ti prendono in giro.”
Michael però, ridendo anche lui:
“Ma io non ho nessuna intenzione di dire questa parola in Italia, comunque ok, la dico. shtruonzo, va bene?”
“No non va bene la Esse è S e non SH la Err è R e non Ru, come dite voi. Dai riprova S T R O N Z O.”
Certo che se qualcuno ci vedesse in questo momento, altro che Scoop; io completamente nuda, solo con il reggiseno addosso, seduta su un tavolo a gambe divaricate, che insegno a pronunciare bene la parola stronzo, a Michael Jackson, che davanti a me con i pantaloni a mezza gamba, cerca di imparare con scarsi risultati perché non riesce a togliersi quella dannata pronuncia americana e continua a dire SHTRUONZO.”
A questa immagine mi viene talmente da ridere che momenti cado dal tavolo, allora lui vuole sapere a tutti i costi perché sto ridendo come una matta, poi cercando di prendere fiato tra una risata e l’altra cerco di spiegarglielo, in inglese, ma mi devo interrompere in continuazione, poi finalmente capisce anche lui, e scoppia a ridere, irrefrenabilmente, ed anzi comincia a ironizzare addirittura inventandosi i titoli dei giornali
“Già me lo vedo il “Sun”, che non perde occasione, per sputare veleno su di me che titola:
“JACKO OF ITALIAN LESSON TRIES TO SEDUCE HIS NEW TEACHER OF ITALIAN WHICH RESISTS HARASSMENT SHOUTING: STRUONZO”
“JACKO A LEZIONE D’ITALIANO CERCA DI SEDURRE LA SUA INSEGNANTE, CHE RESISTE ALLE SUE MOLESTIE GRIDANDO: STRUONZO”.
“Il Daily Mirror, altro giornale che non mi ha mai risparmiato.
JACKSON IN A SECRET PLACE 'NEAR LAS VEGAS, SURPRISED WITH HIS NEW LOVER, THAT DIVIDES FOR HIS ITALIAN’S TEACHER - AMONG THEM 'THE FIRST CLOUDS: ACCREDITED SOURCES HAVE HEARD SCREAM: STRUONZO
“JACKSON IN UNA SEGRETA LOCALITA’ VICINO A LAS VEGAS, SORPRESO CON LA SUA NUOVA AMANTE, CHE SPACCIA PER LA SUA INSEGNANTE DI ITALIANO. TRA DI LORO GIA’ LE PRIME NUBI: FONTI ACCREDITATE LI HANNO SENTITI GRIDARSI: STRUONZO “ .
Ridiamo entrambi come matti, mentre ancora mezzi nudi, dobbiamo tenerci la pancia per il gran ridere, poi man mano mentre ci calmiamo, lui finalmente si riveste, gli chiedo di passarmi la giacca che mi infilo, perché sto avendo brividi di freddo, poi lui mi aiuta a scendere dal tavolo e abbracciandomi, mi dice,
“Sei incredibile, nel giro di poco io con te riesco a provare delle emozioni così prepotenti, e contrastanti che non mi era mai capitato prima, riusciamo nel giro di due ore a piangere disperatamente, ad arrabbiarci furiosamente, a eccitarci a tal punto che vorrei fare l’amore con te sempre e a ridere come matti, ma ti rendi conto di quanto sei eccezionale? Tu sei un vulcano di emozioni, io non posso rinunciare così a te, non posso.”
Mi libero con dolcezza dal suo abbraccio, per dirgli
“Mike, amore, se adesso non vai di là, io ti uccido, se non lo farà Franky prima di me. Sono le 6 quasi, tra un’ora dobbiamo partire. Hai detto tu che questo incontro era importante.”
Lui mi guarda, mi dà un bacio sulla guancia e attirandomi a sé mi dice:
“Non c’è più bisogno che io vada. E’ tutto ok.”