Allyss
00martedì 22 dicembre 2009 21:03
Eccomi....come promesso sono qui a postarvi il capitolo nuovo....per me è stato molto emozionante da scrivere...spero che la lettura vi susciti la stessa cosa....
il corsivo è Michael...come al solito...
in fondo troverete una piccola citazione, che io adoro e che mi ha dato in qualche modo anche l'ispirazione....buona lettura!!!!!
Capitolo 15
Niente avrebbe significato di più....
Arrivammo nel nuovo albergo. Le valige di Michael erano già state portate nella sua camera. Io avevo solo il mio zaino e potevo tranquillamente portarlo su da sola. Per di più non volevo che nessuno lo toccasse, era l’unica cosa “mia” in quel nuovo universo.
Salimmo in camera dopo che Michael aveva salutato le decine e decine di fan, assiepati all’ingresso dell’hotel. Io mi infilai per prima nella Hall, confondendomi tra il resto dello staff. Autografi, regali, fotografie. Le solite cose, ma Michael era felice di poter incontrare i suoi adorati fan. Io lo sapevo, me lo aveva confidato il primo giorno che ci eravamo conosciuti.
Mi stavo perdendo in congetture, avevo da poco scoperto che la prima parte del suo tour stava per finire, avrebbe preso una pausa di qualche mese, per poi continuare con la seconda parte delle date. Chissà cosa avrebbe fatto nel periodo di pausa, e se io avrei continuato a far parte dei suoi progetti. Cosa sarebbe accaduto? Cosa aveva in serbo il destino, stavolta? Ogni volta vederlo così immerso nel suo mondo, mi faceva ricordare quanto distanti fossero i nostri universi, le nostre realtà. Lui una star e io, nessuno … E questo mi causava un leggero senso di vertigine, mi sentivo smarrita nel pensiero di quanto tutto questo fosse di una fragilità estrema.
Lo stavo guardando. Era avvolto da un nutrito numero di ragazze urlanti, e io osservavo la scena dalle vetrate dell’hotel, sembrava di guardare un acquario. Udivo le grida ovattate dai vetri antisfondamento e vedevo Michael sorridere a ognuna di loro. Era tanto bella, come immagine, quanto dolorosa, per me. Poi vidi Wayne e le altre guardie arrivare quasi addosso a Mike per farlo rientrare velocemente. Notai infatti che era arrivato anche uno stuolo di giornalisti, o per meglio dire, sciacalli, pronti a tutto pur di vendere qualche articolo. Michael evitava ogni contatto con quelle bestie, aveva già fin troppi problemi legati agli scandali che in qualche modo gli erano stati cuciti addosso. Vuoi per le sue stranezze o solo per pura maldicenza, dicevano su Michael Jackson ogni qual si voglia di cosa. Dal piccolo gossip allo scandalo vero e proprio. Non a caso era quasi finito in tribunale, qualche anno prima, per l’accusa di aver abusato di un minore. Avevo letto di sfuggita queste cose su quelle riviste e non ci avevo creduto, anche se il fatto che avesse pagato per evitare il processo, secondo i suoi detrattori era la prova della sua colpevolezza. Ma adesso più che mai, dopo aver trascorso quel tempo con lui, mi rendevo conto di quanto fossero assurde quelle accuse. Mai e poi mai avrei dubitato della sua innocenza, perché Michael era innocente in ogni cosa che faceva, era come un bambino, gioioso e spontaneo di fronte alla vita. Ero totalmente disgustata dai media.
In quel momento si insinuò nella mia mente un pensiero, uno di quelli spiacevoli e negativi, che vorresti cancellare sul nascere, ma che purtroppo crescono e diventano tanto ingombranti da non poter più far finta di non vederli. Io potevo essere un problema per lui. E non solo a causa dei trascorsi della mia famiglia, che già era un bel problema grosso. Ma anche semplicemente per la nostra “amicizia”, il nostro rapporto indefinito poteva far accendere nuovamente i riflettori su di lui, e non per forza sarebbero state luci positive. Con quella massa di lupi affamati di notizie, i giornalisti, anche la cosa più innocua poteva essere un rischio. Ero preoccupata per questo, e mentre salivamo in camera rimasi in silenzio, avvolta nei miei pensieri.
Entrammo finalmente nella camera di Michael e rimasi di nuovo a bocca aperta. La suite Imperiale! Davvero un’esplosione di magnificenza ultra moderna e minimal. Era diversa dalla precedente stanza d’hotel e sembrava decisamente uscita da un film di fantascienza. Mentre camminavo, in trance su quella moquette nera, Michael si congedò da me.
- Alex, se non ti spiace andrei a farmi una doccia, sai, dopo il viaggio … -
- Si, non c’è problema. Io intanto esploro un po’ … - gli risposi allegra.
Si allontanò per sparire nella stanza da letto, mentre io continuavo ad aggirarmi per la stanza. Le pareti erano completamente bianche, in contrasto con il nero soffice del pavimento di moquette. Il mobilio era moderno, una sapiente armonia tra forme e colori, nei toni dal bianco al nero. Un mix di superfici lucide e specchiate in opposizione a particolari satinati. A tutto questo faceva eccezione un eccentrico tappeto rosso, al centro della sala.
Davanti a me si apriva una vetrata che mostrava il panorama notturno della città, in lontananza. Sulla parete centrale c’era un televisore enorme, talmente fine da sembrare un quadro, non ne avevo mai visto uno così, mi misi in cerca del telecomando perché volevo vedere come funzionava, ma non lo trovai. Il divano era tipo un futon dalla struttura a doghe in legno nero. Ma era il più grande futon che avessi mai visto.
Il mio giro esplorativo sull’architettura e l’arredamento della suite, mi portò alla camera da letto, nella quale entrai, senza riflettere.
Osservavo ogni minimo dettaglio, ero proprio una curiosona, aprivo gli armadi, in stile orientale ma decisamente tecnologici, tutti con un meccanismo di “chiusura accompagnata” in modo che le ante non potessero sbattere nemmeno se chiuse con forza. Mai viste tante cose innovative così, prima d’ora.
Mi trovavo al’estremità destra della stanza, oltre il grande letto matrimoniale posto al centro, e guardavo fuori, sulla terrazza.
Michael uscii dal bagno della camera, senza sapere che io fossi lì. D’altro canto io non mi accorsi di lui.
Ci voltammo quasi contemporaneamente. Io rimasi senza fiato, col cuore fermo, pronto a scoppiare definitivamente, come una bomba ad orologeria. Mi ritrovai Michael di fronte, a torso nudo, con un asciugamano legato in vita. Non lo avevo mai visto così … era … era … speechless … da togliere il fiato!
Quando uscii dal bagno non mi accorsi subito che Alex era entrata in camera. Mi girai per vestirmi e me la trovai davanti. Ero a petto nudo! Non volevo che mi vedesse così, proprio no. Vidi il suo viso tingersi di rosso, tratteneva il fiato e non si muoveva. Continuava a fissarmi il corpo con gli occhi sgranati. Ecco lo sapevo, non doveva vedermi così. Cercai con lo sguardo qualcosa che potesse coprirmi, dovevo farlo. Era troppo imbarazzante che continuasse a guardarmi. Mi vedeva come un mostro, lo sapevo. Era la mia condanna.
La reazione di Michael, quando mi vide nella stanza fu alquanto strana, ne restai sorpresa. Era si imbarazzato, ma lessi vergogna nei suoi occhi, che rapidamente cercavano un indumento per potersi coprire. Notò la sua camicia rossa appoggiata sul letto e con una mossa felina l’afferrò e se la infilò confusamente, per coprirsi al più presto.
Io lo guardai con aria interrogativa. Non capivo il perché di quella reazione, capivo l’imbarazzo, ma c’era qualcosa di più.
- Oh Alex, perché sei entrata? Non voglio che tu mi veda così! –
Ma così come? Mi domandavo sconcertata, non mi sembrava di aver visto nulla di così sconveniente (ad esclusione dei miei pensieri, quelli si, che erano sconvenienti!) milioni di persone stanno così, al mare, giusto per fare un esempio, cosa c’era che non andava?
- Io non … - non capivo – cosa c’è che non va? –
Come cosa c’è che non va, Alex. Ma non ti rendi conto? La mia pelle non va. Le mie macchie, la mia malattia. Ecco cosa c’è che non va! Per fortuna ero riuscito a coprirmi, forse con questa luce alogena non era riuscita a notare la differenza di colore. E se invece aveva visto? Mi avrebbe considerato un mostro, oppure avrebbe capito? Dannata malattia … dannata malattia. So che non avrei potuto nasconderla in eterno. Beh, forse tutto sommato è meglio che sappia la verità … chissà cosa ha letto sui giornali. Forse è giunta l’ora di dirle come stanno le cose, il perché non sono più così … nero! Spero che capisca, lo spero davvero, perché ho davvero bisogno di qualcuno che mi capisca. Alex, ti prego, non aver paura di me!
- La … la mia … la mia pelle … - disse in fine, con tono triste e sconsolato, dopo una breve pausa.
Non mi guardava negli occhi, teneva gli occhi puntati a terra, come se si sentisse colpevole di qualcosa che io ignoravo completamente.
Poi, lentamente si scostò la camicia, che si era appena infilato, dal petto, scoprendosi.
Lo guardavo cercando di capire il senso di tutto il suo comportamento. Ad un certo punto, notai sul suo corpo delle macchie. Potevo distinguere vaste aree di pelle con colorazione diversa. Alcuni punti più scuri e altri più chiari. Come un lampo, mi vene in mente di aver letto molte teorie fantasiose, sul suo cambiamento della pelle, e in effetti per essere un afro era piuttosto “bianco”, ma era una cosa a cui non avevo dato molto peso. Si, fra le tante cose, credo di aver letto, una volta, anche di una malattia che causava questi fenomeni. Di certo non avevo creduto ai trattamenti estetici per schiarirsi. Ma proprio non mi veniva in mente il nome di quella malattia.
Ecco, lo sapevo. Ho sbagliato! Non dovevo farmi vedere, dovevo inventare una scusa. Oh, andiamo Alex, parla! Dì qualcosa, qualunque cosa! Ma non restare lì in silenzio, a guardarmi. Perché continui a fissare il mio corpo con aria pensierosa? Ti faccio ribrezzo! Ecco cos’è! Maledetta vitiligine. Io non sono un mostro, Alex, ma non posso fare nulla, non posso controllare questa dannata malattia!
Mi stavo per coprire di nuovo, sarei andato via da quella stanza, non avevo la forza di sostenere i suoi occhi inorriditi. Non potevo, Non volevo. Oh, Alex, scusami. Non volevo deluderti. E adesso?
Ma ero immobilizzato, e tu stavi venendo verso di me.
Continuavo a guardarlo, lo fissavo. So che non è una cosa carina, fissare le persone. Ma ero ipnotizzata da lui. E non erano le sue macchie a catturarmi gli occhi, piuttosto, e non dovrei dirlo, il suo petto, scolpito ed invitante. Ma allo stesso tempo pensavo, trattenendo le lacrime, a quanto dolore ti causasse la malattia. Quanta vergogna tu stessi provando. Sbagliavi, non dovevi provare vergogna, né con me, né con nessun altro. Che colpa ne avevi?
- Non volevo che mi vedessi così! Sono orribile, un mostro! –
Fece un gesto rapido per richiudere la camicia, per nascondersi dai miei occhi. Istintivamente la mia mano bloccò la sua. Poi lasciai la presa e poggiai delicatamente il mio palmo sul suo petto, proprio sopra il cuore. Potevo sentire il suo battito, andava veloce, e accelerava ogni secondo di più.
TUM – TUM –TUM –TUM
Continuavo ad avvicinarmi a lui. E il cuore quasi gli usciva dal petto. Forse avrei dovuto fermarmi. Ma non potevo, fisicamente, non potevo. Il mio corpo adesso non stava più seguendo la mente, agiva d’istinto.
Era una situazione totalmente nuova. Mai provato un brivido tale.
- Shhhh … - gli dissi io, con un filo di voce tremante. – non sei orribile! Non dirlo mai più!-
- Ma … le mie macchie … tu … -
Gli poggiai l’indice dell’altra mano sulla bocca, non doveva parlare, non doveva aggiungere altro. Per me lui era perfetto, sarebbe stato perfetto sempre. Non mi avrebbe fatto cambiare idea per nessun motivo, le sue paure non avrebbero avuto effetto su di me. Ormai era una certezza.
Il mio ultimo passo mi portò ad avere il viso proprio davanti al suo petto, alzai lo sguardo, dato che era ben più alto di me. E vidi i suoi occhi lucidi di emozione, gli donai un sorriso, per rassicurarlo. Non ho paura di te, Michael!
Lentamente eliminai gli ultimi centimetri che mi separavano da lui. I nostri corpi si toccavano. La mano che avevo sul petto scivolò timida, verso la sua schiena, e lo abbracciai. Poi socchiusi gli occhi e poggiai le labbra sul suo petto, baciando ogni piccola imperfezione che avevo visto. Il suo profumo era celestiale, non lo avrei mai e poi mai dimenticato. Sollevai di nuovo la testa per guardarlo negli occhi.
- Michael … -
Stava piangendo, due piccole lacrime, chiare e lucenti come brillanti gli sgorgarono dagli occhi lucidi. Non aggiunsi altro perché prontamente le sue mani mi presero il viso per avvicinarlo a se. Mi guardò un ultimo istante, intenso e infinito, negli occhi e poi, tremando di emozione, poggiò le sue labbra sulle mie. Un tocco magico, caldo e delicato ci unì. Niente di quello che avrei potuto dire avrebbe significato più di quel bacio. Un bacio puro, casto, delicato che fece nascere in me emozioni mai provate prima, emozioni che non avevo idea potessero esistere. Mi sentivo spaesata, la testa era vuota e il corpo era pervaso di brividi caldi. La gentilezza delle sue labbra mi aveva totalmente rapita. Risposi al suo gesto abbracciandolo stretto a me, insinuando la mano tra i suoi capelli, perché non volevo lasciarlo andare. La sorpresa e l’emozione delicata, del primo attimo si trasformarono, in un secondo, in un turbine di passione. Oh, Michael. La mia mente era sconvolta, tu mi avevi sconvolta. Ci baciammo, ci baciammo ancora, come assetati nel deserto che finalmente trovano la pace e il ristoro in una polla d’acqua fresca. Tu eri la mia acqua, tu eri la mia vita!
Non so quanto a lungo durò quel bacio. Un minuto, un’ora, un’eternità. Il tempo non contava più nulla.
Stremati ci lasciammo andare, con il cuore in gola, che ancora batteva impazzito, lo sentivo pulsare anche nelle orecchie. Oh, una vita intera valeva quell’istante. Le nostre labbra si salutarono, di nuovo delicate, assaporando ancora il sapore l’uno dell’altra, e noi ci guardammo negli occhi. Sorridemmo insieme perché capimmo che entrambi stavamo piangendo. Lacrime di una gioia nuova, scoperta insieme. Quel bacio aveva sconvolto la nostra anima, per sempre.
Si era avvicinata a me ed io ero stato incapace anche solo di pensare a cosa stesse succedendo. Poi aveva posato la mano sul mio petto e il mio cuore aveva accelerato i battiti a quel contatto. Mi sentivo come mai prima di allora. Esperienze simili ne avevo avute, si, non tantissime considerando quante possibilità avrei potuto sfruttare. Ma non sono mai stato il tipo.
Quando poi lentamente aveva posato le labbra sul mio petto ed aveva cominciato a baciarmi persi completamente me stesso. Piansi, piansi per tutto quello che stava facendo per me, piansi perché il mio dolore, con lei non aveva ragione di esistere, piansi perché ero felice che lei mi volesse, perché non avrei dovuto nascondermi, non con lei, piansi per una gioia infinita.
Quando sollevò lo sguardo per cercare i miei occhi vidi in lei il mio riflesso, vidi nel verde sincero dei suoi occhi, la mia strada.
Le presi il viso con dolcezza e la baciai. Non c’era nient’altro al mondo che desiderassi di più, solo poterle dare tutto me stesso. Tutto quello che avrei potuto dirle si riversò in quel bacio. Tenero in principio e passionale dopo. Emozioni incontrollabili ci avvolsero, un bacio che aveva il sapore di rose selvatiche, un bacio che sconvolgeva corpo e mente, in modo irreparabile. Il nostro bacio, che definitivamente sigillò le nostre anime in una sola. Il nostro primo bacio, quello che mi aveva ridato la vita.
"Parlavamo d'un..."
"bacio. Nè vedo in verità
perchè la vostra bocca sia così timorosa.
Se la parola è dolce, che sarà mai la cosa?
Irragionevol tema non vi turbi la mente:
poco fa non lasciaste quasi insensibilmente
l'arguto cinguettio per passar senza schianto
dal sorriso al sospiro e dal sospiro al pianto?
Ancora un poco, un poco solo ancora, vedrete:
non c'è dal pianto al bacio che un brivido..."
"Tacete !"
"Ma poi che cosa è un bacio? Un giuramento fatto
un poco più da presso, un più preciso patto,
una confessione che sigillar si vuole,
un apostrofo roseo messo tra le parole
<>; un segreto detto sulla bocca, un istante
d'infinito che ha il fruscio di un'ape tra le piante,
una comunione che ha gusto di fiore,
un mezzo di poteri respirare un po' il cuore
e assaporarsi l'anima a fior di labbra..."
Dal: Cyrano Di Bergerac
spero vi sia piaciuto...e spero che ogni emozione vi sia arrivata proprio come io l'ho immaginata!!!
vi voglio bene ragazze...