Ciaooooo....raga'...sono stata velocissima stavolta eh?? diciamo che dopo il precedente capitolo e in previsione del prossimo...be' ve lo dovevo....questo è un momento un po' di transizione diciamo, cmq sempre ricco di emozioni....spero vi piaccia...
al solito, il corsivo è Michael..
Capitolo 14
In volo verso il destino
Preparativi. Valigie. E poi di corsa in aeroporto. Destinazione? Non ne avevo la minima idea, in tutto quel susseguirsi di eventi non mi era nemmeno venuto in mente di domandare dove fossimo diretti, quel fosse la località del suo prossimo concerto. Per lo stato di euforia in cui mi trovavo era già tanto se mi ricordavo il mio nome. Figuriamoci!
Ci avrei pensato più tardi. Adesso dovevo cercare di restare calma. Ero seduta sulla mia poltrona lussuosissima in business class, accanto a Michael. Per il momento non mi stava dando molta considerazione. Diversi membri del suo staff gli stavano girando intorno già da un po’. Lavoro, lavoro e ancora lavoro. Purtroppo! Parlavano di modifiche alla scaletta dei brani, sostituzione di alcune parti del palco, orari, appuntamenti, impegni di ogni genere. Dopo un po’ che li sentivo parlare, le loro voci assomigliavano sempre più ad un fastidioso ronzio. Ero troppo esaltata per dovermene stare ferma e zitta su quella mega poltrona, con la cintura allacciata, per giunta.
Avevo una paura fottuta (passatemi il termine) di volare. A dire il vero, avrei voluto pure prendermi un calmante, ma non avevo avuto il coraggio di chiedere nulla a Michael. Quindi ora me ne stavo lì, cercando di tenere a freno l’euforia da una parte e l’ansia del volo dall’altra. Impresa non molto facile.
Mi mangiavo le unghie. Cambiavo posizione di continuo. Mi attorcigliavo i capelli con le dita. E distoglievo lo sguardo ogni volta che mi cadeva l’occhio su quel maledettissimo adesivo con le istruzioni per le emergenze: “indossare i salva genti in caso di … le mascherine per l’ossigeno sono nel vano sopra le vostre teste … le uscite di emergenza …” Accidenti, e uno doveva godersi il volo???
Era ancora giorno, per cui provai a guardare fuori dal finestrino , sperando che non mi venisse un attacco di cuore per l’altezza incalcolabile e il senso di vuoto che mi dava. Non che soffrissi di vertigini, ma , beh, l’aereo mi ha sempre fatto un certo effetto.
Il panorama era fantastico. Una distesa blu si stendeva sotto di noi, perdendosi nell’orizzonte. Una distesa infinita di acqua, l’oceano. Avevamo appena lasciato le coste australiane, la mia terra. E non avevo assolutamente idea di dove stessi andando. Mi fermai a riflettere su questo fatto. La mia vita aveva da pochi giorni subito uno “scossone”, un vero e proprio terremoto. Avevo dato una svolta alla mia esistenza, gettandomi a capofitto nel mondo. Ero scappata da casa e avevo seguito la marea. La mia marea mi aveva portata ad essere in viaggio, seduta accanto al mio idolo, l’idolo di migliaia di persone nel mondo, Michael Jackson. In realtà, la cosa che apprezzavo di più, era il fatto di essere semplicemente seduta accanto alla persona più speciale del mondo, Michael, solo Michael. Il mio sole.
Tornai a mettermi comoda sulla poltrona, fuori stava diventando buio, e dal finestrino non vedevo più nulla. Michael si era appoggiato con la testa allo schienale. Aveva gli occhiali da sole. Dalla mia posizione potevo vedere che aveva gli occhi chiusi, si era addormentato. Mi scappò una risatina divertita, chissà, forse si era addormentato proprio mentre tutti quegli uomini lo stavano tartassando di discorsi. Povero Mike. Avrei voluto avvicinarmi e dargli un bacio sulla fronte, o una carezza. Evitai di farlo, chissà che avrebbero pensato tutti gli altri, magari non era il caso.
Poco dopo passò una hostess. La fermai e le chiesi gentilmente se poteva portarmi una coperta, avevo intenzione di coprire Michael, non faceva troppo caldo, e stando fermi il freddo si avverte di più, non potevo mica rischiare che si prendesse un bel mal di gola, avevo così tanta voglia di sentirlo di nuovo cantare! Gli adagiai la coperta in grembo, cercando di coprirlo fino alle spalle. Mi assicurai che fosse comodo, mettendogli anche un piccolo cuscino per la testa. Poi la coperta avanzata mi bastò per mettermi un po’ al caldo pure io. E mi appoggiai con la testa al sedile, in modo da stare il più vicina possibile a lui. Non avrei potuto dormire per l’agitazione varia, ma almeno la sua vicinanza mi aiutava a rilassarmi un po’.
Stavo raggomitolata sulla poltrona, rivolta verso Michael, quando da sotto la coperta inciampai nella sua mano, appoggiata sul bracciolo del sedile. In principio ritrassi la mano, istintivamente. Poi presi coraggio e la poggiai sulla sua. Con sorpresa mi accorsi che si era svegliato.
- Non dormivo sai? –
- Cosa? –
- Prima, non stavo dormendo … mi rilassavo, riflettevo. E’ stato dolce da parte tua mettermi al calduccio. – Sorrideva compiaciuto ed io, al solito, mi tingevo di rosso vergogna.
- Non ti sei offesa vero? Che ho fatto finta di dormire, intendo … -
- ehi Mike, perché dovrei offendermi, semmai mi sono … ecco … imbarazzata un po’ – e divenni ancora più rossa di prima, cosa che francamente non credevo possibile.
Avevo ancora la mano poggiata sulla sua. D’improvviso spostò la mano, credevo volesse togliere il contatto. Invece la spostò semplicemente per prendere la mia mano. Intrecciò lentamente le sue dita alle mie, ad una ad una, e mi strinse la mano. Poi la lasciò di nuovo, accarezzandomi il dorso e poi il palmo, e poi nuovamente in cerca delle dita da incrociare. Era un movimento fluido e delicato, mi metteva i brividi. Il fatto stesso che le nostre mani erano nascoste dalla coperta era emozionante. Nessuno, in tutto l’aereo, poteva immaginarsi che la star numero uno del mondo stava tenendo la mano ad una sconosciuta ragazza di provincia. Andammo avanti per un bel po’, continuavamo ad accarezzarci le rispettive mani, senza dire una parola, beati ognuno del contatto dell’altro. Una sintonia perfetta. E così, Michael si addormentò.
La soluzione a tutto era così a portata di mano che non ero riuscito a vederla da principio. E adesso ero così felice che quasi non lo credevo possibile. Alex era in viaggio con me. Sarebbe stata al mio fianco, d’ora in poi. Alexandra Emily Gray. Che nome bellissimo, mi sono sempre piaciuti molto i doppi nomi, e il suo era davvero bello. Si, è una considerazione stupida, ma ogni sfaccettatura di una persona è importante, nome compreso. Anche se mi aveva molto turbato il breve racconto della sua infanzia. Un’infanzia sofferta, dolorosa, sempre alla ricerca di qualcosa che non è mai arrivato. Anche in questo mi somigliava. Ho sempre desiderato di poter vivere come gli altri bambini, nel gioco e negli affetti. Ma tutto mi è sempre stato negato. L’amore di mio padre era solo misurabile in base ai successi che riuscivamo ad ottenere, io e i miei fratelli, e mia madre, beh, mia madre assecondava papà. Giornate intere passate in sala prove e studi di registrazione, mai un pomeriggio per poter scorrazzare liberi con gli altri bambini. Tutto negato. Ecco, avevamo in comune anche un trascorso di insoddisfazione e vana ricerca di affetti. Piccola Alex, io ti posso capire.
Stavamo sorvolando l’oceano ed ero entusiasta che lei fosse al mio fianco. Ogni attimo che passava sentivo, sempre più forte in me, la consapevolezza di quanto fosse grande e profondo il sentimento che nutrivo nei suoi confronti. Speechless, non avevo ancora trovato le parole capaci di esprimere ciò che il mio cuore e la mia anima tentavano di suggerirmi. Ma per il momento mi bastava averla accanto, poi in un modo o nell’altro qualcosa avrei fatto. Dovevo rimanere concentrato, dovevo finire la tournè, poi sarei stato libero di perdermi completamente in lei. Oh, si ,non desideravo altro, dal primo momento in cui l’avevo vista. Volevo poter condividere tutto con Alex, la gioia e il dolore, perché il mio cuore sapeva che soltanto lei sarebbe stata in grado di volare, sulle ali della vita, insieme a me.
Stavo pensando a questo, mentre tutte quelle persone si affollavano intorno a me. Tutti a parlare dello show, della scaletta dei brani, di vari impegni, ma la mia mente vagava su binari paralleli, completamente distaccati dalla loro realtà. Non riuscivo a smettere di pensare ad Alex, a quello che sapevo e non sapevo di lei.
Quella stessa mattina, si era svegliata prima di me ed era serena. Aprii gli occhi perché avevo sentito che mi stava accarezzando delicatamente il viso … oh, quale miglior risveglio! E la sua gioia, realizzando che le avevo chiesto di seguirmi, mi aveva completamente riempito il cuore di felicià. A quel punto ero io a non credere alle sue parole. Aveva accettato di seguirmi! E poi … e poi le mie parole sembravano risuonare in una stanza vuota, la mia mente era vuota … vedevo solo il suo bellissimo viso di fronte a me, i suoi occhi limpidi e chiari, nei quali mi ero tuffato senza possibilità di ritorno, e la sua bocca … sempre più vicina, sempre più invitante, sempre più … la distanza era come annullata, magicamente! Il suo respiro batteva sulle mie labbra e sapevo che non avrei potuto resistere, non volevo resistere, finalmente volevo, con un bacio, dirle tutto ciò che il mio cuore urlava, come impazzito. Ma il telefono frantumò l’idillio. Maledetto telefono!
Forse era presto, forse era stato meglio così. Avevamo continuato a comportarci come se nulla fosse, anche se dentro di me, qualcosa si era svegliato. La fiamma dei miei sentimenti ardeva più forte che mai, e sapevo che non mi sarebbe più stato possibile soffocarla.
Michael dormiva e il volo continuava, diretto verso l’ignoto, per me. Anche se avessi conosciuto la destinazione non sarebbe cambiato molto. Sempre l’ignoto mi aspettava. Ero riuscita finalmente a rilassarmi un po’, il respiro di Michael addormentato mi aveva aiutato a calmarmi. La sua mano calda intrecciata alla mia anche, anzi soprattutto. Avevo osservato attentamente il resto dei passeggeri che avevamo intorno, tutti i membri del suo staff, ognuno intento a fare qualcosa, sicuramente qualcosa di importante. Nessuno sembrava badare a noi, e nessuno sapeva che le nostre mani erano unite, congiunte in una promessa non detta. Alla fin fine, non avevo detto nulla a Michael dei miei sentimenti, ma qualcosa più forte della nostre stesse volontà ci aveva permesso di restare uniti, e questo era l’importante. Adesso avrei potuto trovare la forza di dire tutto quello che sentivo, adesso potevo farlo perché non avevo più paura.
Il volo durò qualche ora, quando fummo prossimi all’atterraggio Michael si svegliò, sorridendomi e stringendomi la mano mentre si stiracchiava.
- Dormito bene? – gli chiesi curiosa, felice che si fosse svegliato, almeno avrei potuto parlare un po con qualcuno.
- Hmm .. si … - era ancora insonnolito, e parlava a monosillabi. Era così tenero.
- Siamo già arrivati? –
- be’ si, quasi … almeno credo. Dato che non so neanche dove siamo diretti!-
- Non te l’ho detto? –
- Ehehehe, no! Ed io non ti ho chiesto nulla, ero troppo presa dall’entusiasmo. –
- Siamo diretti in Giappone! –
- Ah, ok.- notò che ero rimasta perplessa, l’espressione sul mio volto era leggermente indecifrabile.
- C’è qualcosa che non va? –
- Oh, no, no. Nulla … solo che … mi domandavo … cosa mangerò non sono sicura di poter mangiare quelle cose lì, com’è che si chiama? Suschi?-
- Ahahahaha … tutto qui? Credevo fosse qualcosa di grave! Vedrai, troveremo qualcosa che ti piace! –
Anuii fiduciosa delle sue parole. In effetti non mi era mai piaciuto molto il pesce, e immaginare di mangiarlo crudo con quelle alghette … bleah!! Mi si rizzavano i peli!
"- I signori viaggiatori sono pregati di allacciare le cinture di sicurezza, stiamo procedendo con la fase di atterraggio –"
L’altoparlante interruppe i nostri discorsi culinari. Dovemmo separarci a malincuore da quella provvidenziale coperta, che ci aveva consentito di tenerci per mano, lontano da occhi indiscreti.
Ci allacciammo le cinture. Mi prese il panico, peggio che al decollo! Avevo una paura tremenda. Mi voltai verso Michael.
- Ehi, ho paura. Sto morendo dalla paura. – in più nell’ultima mezzora di volo eravamo anche andati a finire dentro un bel temporale.
- Andrà tutto bene, vedrai! E poi non posso mica confessarti che anch’io muoio di paura ogni volta, no?-
Ecco, come al solito aveva trovato il modo per farmi ridere. Il suo sorriso aveva riscaldato l’ambiente, di sicuro, perché improvvisamente, guardandolo ebbi un attacco di caldo.
Incurante delle persone che avevamo intorno prese la mia mano, che stava letteralmente stritolando il bracciolo del sedile, e se la portò alla bocca, baciandone il dorso con dolcezza. Si, faceva effettivamente molto caldo, là dentro. Continuò a stringere la mia mano per tutta la durata dell’operazione di atterraggio e questo mi permise di non pensare assolutamente alle mie paure. Ero rimasta completamente rapita da lui, cosa che capitava ormai quasi ogni secondo delle mie giornate.
allora??commenti???
e state serene...perche nel prossimo.......beh.....non volgio svelarvi nulla.......