Allora eccomi qua.....come promesso sono stata super veloce...quasi quasi non ci credo nemmeno io di aver fatto così presto....
ho provato a inserire un video di youtube ma non ho ancora capito come mai nn ci sono riuscita....in ogni caso ho messo anche il link, sotto, alla canzone in questione....
Mi è stata di grande aiuto nella stesura del capitolo, tanto che me lo vedevo scorrere proprio come un film...non è l'unica canzone che mi ha dato una mano ma quella che forse esprime di più quello che ho scritto...
questo capitolo mi ha fatta stare male....ho sofferto io per prima nello scriverlo...quindi...consiglio una dose di fazzolettini a tutte....e poi beh...ditemi che ne pensate...
al solito...corsivo Michael....
mi raccomando...okkio alle pause....fatele anche voi, mentre leggete....e mi raccomando la musica... :-p
buona lettura!!!
Capitolo 29
Possibilità
http://www.youtube.com/watch?v=RvMeOllo_Vo&feature=fvst
Il buio.
Forse sono svenuta. Sento solo un silenzio assordante. Deve essere stato lo shock che mi ha fatto perdere i sensi. E' stato tutto così veloce che non mi sono nemmeno resa conto. Forse anche la morte è così.
Ti coglie d'improvviso, togliendoti il tempo di far sciogliere tutte quelle parole che ti restano inesorabilmente annodate sulle labbra. Nessun tempo resta per chiedere perdono per i tuoi errori. Nessun tempo rimane per dire ciò che davvero era importante. Ogni cosa non detta, così, muore con te.
Senza alcuna possibilità.
Qualche ora dopo forse avrei davvero desiderato morire, per quello che gli avevo fatto. Per il nuovo dolore che, la mia stupidità e le mie paure, gli avevano inflitto.
Ma la vita è anche questo. E la morte non sarebbe comunque la fine dell'amore.
E anche questa è una possibilità.
Aprii gli occhi, riuscendo lentamente a mettere a fuoco il lampadario che pendeva minaccioso su di me. Ancora quegli uomini mi stavano intorno, vestiti di nero.
La mia testa, svuotata, adesso era come una cassa di risonanza, con quel chiacchiericcio indistinto. Ero tentata di svenire di nuovo, per non sentire, per non pensare, per non dover affrontare la mia realtà. Poi una voce mi strappò completamente da quello stato di semi incoscienza in cui mi stavo crogiolando.
-Che sta succedendo qui?-
Michael.
Oh mio dio.
-Cosa accidenti ci fa la polizia in casa mia, Ted?- Quasi urlò, furibondo, contro il giardiniere.
-Perdóname por favor, Mister Jackson! Yo...lo siento mucho...-
-Mister Jackson, siamo entrati nella sua proprietà legalmente, abbiamo un mandato autorizzato dal giudice Parker della contea di Santa Barbara...-
-Un mandato? Per cosa? - la sua voce era spaventata, potevo percepirlo.
-Un mandato di arresto per miss Gray! Aggressione aggravata...-
-Cosa???-
-Cosa??- A quel punto mi alzai di scatto anche io. Chi mai avrei aggredito, secondo loro?
-Ci deve essere un errore...io non...oh mio Dio, Michael... io... devo parlarti...- dovevo sciogliere quel nodo di parole...avrei dovuto...farlo prima.
-Signorina Gray...devo forse rileggerle i suoi diritti??-
-Non dire niente, Alex! Sta tranquilla, me ne occupo io...- mi guardava cercando di farmi restare calma, pensava di poter risolvere tutto quell'orribile malinteso... ma non poteva immaginare... riprese a parlare con il poliziotto che mi stava alzando dal divano.
-Dove la portate?-
-Adesso all'ufficio dello sceriffo...-
Braccia salde e dure mi presero con irruenza, trascinandomi fuori casa... portandomi via...da tutto.
-...dove le verranno contestati altri capi d'accusa. E' una ricercata signor Jackson. Dovrebbe seguirci anche lei, per rispondere ad alcune domande!-
-Cosa? Una...una...ricer...ca...ta?? - la sua voce finì con l'esaurirsi nel terminare la frase.
-Narcotraffico, ricettazione e truffa, per dirne alcune...-
Mi voltai. I poliziotti mi conducevano all'imbocco del vialetto. Non potevo sentire le loro voci. Ma non ebbe importanza. Riuscii a vedere Michael, dentro casa, vicino alla soglia, fermo. Immobile. Con le gambe semi divaricate. Con gli occhi rivolti verso di me. Vuoti. Spenti. Annientati.
In quel momento tremai.
Le sue gambe cedettero, cadde in ginocchio, sotto il peso di una ennesima sconfitta, un qualcosa che non poteva più sopportare, un nuovo dolore. Senza alcuna possibilità. Non adesso! Non adesso, che aveva completamente abbattuto le sue difese!!
In quel momento mi resi conto.
Si portò le mani al viso, torturandosi le labbra, mentre i suoi occhi, inanimati, continuarono a fissarmi, a seguire i miei passi. Quegli occhi che poco prima brillavano solo per me, adesso avevano perso la loro scintilla. Senza alcuna possibilità.
In quel momento gridai: - NOOOOOOOOOOO!!!
Lui si alzò. Mestamente. Raggiunse la porta, con passi lenti. L'afferrò con un gesto calcolato e con una calma quasi irreale, la chiuse. Lasciandomi senza alcuna possibilità.
In quel momento capii...che era finita.
Gridai ancora, mentre mi trascinavano via. Gridavo e mi dimenavo, cercando di liberarmi da quella presa. Urlai ancora, fino a perdere la voce, lottai fino a perdere le forze, piangendo lacrime pungenti, lacrime colpevoli. Avrei voluto spezzare quelle catene che mi tenevano prigioniera. Quegli uomini, bestie infernali, mi stavano portando via tutto. Tutto quello che avevo. Tutto quello che mi era rimasto.
Tutta la mia vita. Tutti i miei sogni. Tutto il mio amore.
E più mi rendevo conto che la colpa era solo e soltanto mia, e più il dolore nel petto si faceva pressante. Acuto. Opprimente. Soffocante. Irresistibile.
-MICHAEL! NOOOOO! TI PREGO!!!-
Le mie parole sbattevano contro una porta chiusa, rimanendo sospese a vibrare nell'aria intorno a me, ed io aggrappata ad esse, nella speranza che qualcosa cambiasse. Nella speranza di avere ancora una possibilità.
Ma tutto era immutato. Immobile e silenzioso. Come se il mio passaggio, nella sua vita, fosse semplicemente stato un miraggio. Un riflesso.
La polizia. Qui, di nuovo. Credevo fosse un incubo. Lo speravo. Eppure era realtà. Era la storia della mia vita, in un modo o nell'altro, la felicità sembrava proprio non poter albergare nel mio cuore. Eppure stavolta io credevo. Avevo accarezzato la possibilità. Che tutto questo potesse essermi concesso, per una volta.
Alex! Perchè ti sto guardando andare via? Perchè quegli uomini ti stanno portando via da me? Perchè mi hai mentito?
Non posso farmi domande. Non posso reggere un altro colpo, so che non ce la farei. Le mie gambe mi abbandonano. Cedono. Ed io cado, sotto il peso di un dolore che non avevo calcolato. Come potrò rialzarmi adesso.
Tutto ciò che ancora avevo, l'ho dato a te, non mi rimane nulla. Non mi rimane nemmeno l'orgoglio di sentirmi ferito da te. E' come camminare nel deserto, hai lasciato che la mia anima finisse per consumarsi nell'aridità di un mondo senza speranze, senza più possibilità. Come posso sperare che piova mentre il sole splende sui nostri cuori? Non ci saranno più arcobaleni nella mia vita.
Mi alzo lentamente, come se ogni passo pesasse direttamente sul mio cuore. Ti guardo. Ma non ti vedo. Non vedo che la fine di una illusione. Vorrei che potessi sentire l'istante in cui il mio cuore ha cessato di battere, perchè nel mio petto è rimasto solo un sordo silenzio, un vuoto insaziabile che ha il tuo sapore. E lo avrà per sempre.
La porta è chiusa. Il mio cuore sanguina. La mia vita è spezzata. Alex...Ti amo più di quanto dovrei, più di quanto sia giusto. Il mio dolore non avrà mai fine, la tua cicatrice brucerà eternamente nelle mie vene.
Ti sento gridare nel silenzio irreale della mia testa. Ma come posso ascoltarti? Le tue parole, qualunque esse siano, adesso sono solo lame taglienti, che mi attraversano l'anima. Quell'anima che ti ho donato e che tu hai tagliato. Lacerato. Nella promessa che non mi avresti mai ferito. Perchè? Perchè ho bisogno di te? Non voglio aver bisogno, più di quanto dovrei.
Sto diventando pazzo. Fa freddo, fa freddo dentro, adesso. Fa paura, tutto questo vuoto, adesso fa paura. La stanza è vuota, tutto il mio mondo è vuoto adesso. Non voglio aver paura. Perchè non posso essere felice? Perchè non mi è concesso?
Tutto adesso era tornato a tacere. La calma di Neverland si propagava ovunque. Nuvole veloci solcavano il cielo, e il tempo scorreva. Lento. Dannatamente rallentato. Come se anch'esso si facesse beffa del mio dolore. La speranza di una nuova vita era precipitata nell'abisso, ancor prima che potessi cominciare ad immaginarla, in concreto. I sogni, restano sogni, dopo tutto. E al mattino si infrangono contro il muro della realtà. Lasciandoti senza alcuna possibilità.
Non so quanto tempo sono rimasto immobile, contro la porta, chiusa, alle mie spalle. Come in attesa di un segno, in attesa di qualcosa. Forse una luce, forse un suono, che fosse diverso dall'eco inanimato che mi pervadeva. Credo di aver pianto. Non sono sicuro. Non ricordo l'umido solco delle lacrime, non ricordo la vista annebbiata. Credo di aver perso ogni sensibilità. Sono rimasto lì, in attesa di una possibilità.
Ricordo di aver rivisto il tuo sorriso, quella prima volta, sul palco. Quella prima volta che ci siamo parlati. Eri veramente tu? Chi sei tu?
Cosa resta adesso...
cosa resta delle nostre vite,
adesso che tutto sembra cadere,
rotolare,
consumarsi.
Non ti vedrò più...
non sarò mai più così vicino a te,
da sentire il tuo profumo,
mi aggrapperò al ricordo,
fotogrammi impressi nella memoria,
dolorosi momenti di noi.
Cosa resta di noi, adesso
che l'incendio dei nostri cuori
ha consumato le nostre essenze.
Cosa resta dei nostri sentimenti...
bruceranno fino a mutarci in cenere,
rimanendo ombre labili di noi stessi,
Si esaurirà mai il fuoco?
Non è stato come il passaggio di una cometa,
che brilla nel cielo,
per lo spazio di un sogno,
lasciando solo una scia di pensieri.
Il cuore è come il sole al tramonto,
incendia il cielo
per poi spegnersi nel mare.
Ma se non ho più il mio mare?
Quali possibilità mi restano...
Siamo stelle diverse adesso,
non condividiamo lo stesso cielo,
eppure le nostre vite,
si intonavano perfette,
come gemme da incastonare.
Vite intrecciate
per un attimo di eterno.
Cosa resta, adesso
quale possibilità?
Per me,
Per te,
Per noi.
L'auto scorreva veloce sul nero rovente dell'asfalto, allontanandomi sempre di più da lui. Ero sola, adesso, come non lo ero mai stata, come non avevo mai immaginato di essere. Non avevo neanche più me stessa, avevo rovinato tutto, senza rimedio, senza possibilità. Avevo immaginato tutto diverso, avevo visto per noi un futuro, un domani , e tutto adesso svaniva come la nebbia del mattino, che si dirada lenta, ridisegnando i contorni di un mondo amaro, in netto contrasto con quello che avevi appena percepito. Ogni attimo condiviso adesso scivolava via, dalle mie mani, come sabbia fine, portata via dal vento. Avevo immaginato una fine diversa, per noi. Una fine che non sarebbe mai arrivata, perchè credevo che il nostro, sarebbe stato un legame eterno. Invece la vita mette in gioco una posta più alta. Le molte possibilità che credevi di avere, si infrangono al minimo errore, e tu sprofondi, precipiti, anneghi nei tuoi stessi errori. Come posso sperare che tu sia sempre il mio porto sicuro adesso, che la tempesta ha spazzato via ogni appiglio, e il deserto avanza inesorabile, inghiottendomi nel sonno, nella veglia. Non ho possibilità. Non ne ho.
Come posso fermare gli eventi che mi stanno uccidendo. Michael, hai chiuso la porta, hai chiuso il tuo cuore. Ed è solo colpa mia.
Ogni gesto ormai era irrilevante. L'auto si era fermata, era giunta a destinazione. I soliti due uomini vennero a tirarmi fuori, trascinandomi dal sedile. Non avevo più alcuna forza, non volevo più lottare, non volevo più sentire. La mia vita si era spenta, il mio cuore sanguinava, i miei occhi non vedevano più. Era troppo tardi per piangere e la ferita troppo profonda per continuare ad andare avanti.
Ovunque andrò, qualunque cosa accadrà, da questo momento, tutto ciò che saprò su di noi è che le cose belle non durano mai.
Intontita e apatica, venni portata dentro il distretto di polizia. Mi sporcarono le dita di inchiostro per potermi prendere le impronte digitali. Pensai alle calde mani di Michael sul mio corpo, che avevano lasciato una traccia ben più indelebile di quel semplice inchiostro nero.
Mi scattarono alcune fotografie, mentre reggevo una strana targhetta composta di cifre e lettere. Di fronte, di profilo, come se quella ritratta, alla fine, fossi veramente io, e non l'ombra di me stessa. Una persona a me sconosciuta. Una persona che con le proprie paure aveva ferito chi amava di più, al mondo. Una persona orribile. Una persona che non avrei mai voluto essere.
-Signorina Gray, ha diritto ad una telefonata, se vuole può contattare il suo avvocato, ad esempio.-
Il mio avvocato. Come se non sapessero che non ne avevo uno, che non avevo niente e nessuno, lì, ormai. Venni condotta in una saletta, porta e finestre chiuse, oscurate. Solo un tavolo, al centro, con un paio di sedie, malconce. Ed un telefono, posto al centro del tavolo. Mi lasciarono sola dicendomi che avevo qualcosa come cinque minuti di tempo.
Chi avrei potuto chiamare. Michael?
Non mi sarebbe bastata una vita. Altro che cinque minuti.
Alzai piano la cornetta. E ascoltai a lungo il suono del telefono, cercando il coraggio di comporre quel numero.
Chiusi gli occhi e lasciai che la mia mano mettesse insieme quelle cifre. E poi attesi. Squillo dopo squillo, lacrima dopo lacrima, mi resi conto che non avrei ricevuto risposta. E il mondo continuò a precipitare nel mio abisso personale.
Mentre cercavo disperatamente di cancellare il tuo viso dai miei occhi, di allontanare il tuo profumo dai miei ricordi. Mentre cercavo di non soffocare, sopraffatto dal dolore, il mio telefono squillò.
Non ebbi reazione, come un automa sfilai il cellulare dalla tasca dei pantaloni e guardai il display.
“Chiamata – ANONIMO”
continuai a guardare lo schermo che si illuminava ad intermittenza. Luce. Spento. Luce. Spento. Luce. Spento.
Rimasi lì, solo, vuoto, desolato, imbrigliato nell'impasse.
sigh!....ci vediamo al prossimo capitolo.....