Eheheheh...vi ho lasciato un po' sulle spine.....perdonate l'attesa.....ecco qui la seconda parte del'uscita insieme.....+ finale con suspance!!! ma nn vi dico altro....buona lettura!!
Capitolo 7
L'uscita (parte 2)
Saltai in sella a quel “coso” e per poco non finivo a gambe all’aria, evitai per un soffio di fare la mia solita figura da impedita.
Michael continuava ad incitarmi a seguirlo. Feci qualche saltello di prova, senza esagerare. Non mi sentivo per niente stabile su quel pallone.
Dopo aver preso un po’ di confidenza e di sicurezza, decisi di movimentare il gioco. Proprio come andarmele a cercare!!! Gli lanciai una sfida …
- Ok, ci sono! Ho tutto sotto controllo – Mai frase fu più azzardata!!!
- Posso batterti! – Come non detto, questa era anche peggio!
- Facciamo a chi arriva prima a quel pupazzo gigante, in fondo al salone? – Non pensavo di essere così ottimista …
Lui mi guardò divertito, alzò un sopracciglio e con tono pungente:
- Ah, è così? Mi vuoi sfidare, Miss “non sono capace”? Sfida accettata!! – socchiuse gli occhi a fessura, scrutandomi.
- E non credere che ti lascerò vincere, solo perché sono galante! –
Vederlo con quel barbone e lo sguardo da vero duro mi fece quasi scoppiare a ridere, e magari pensava di intimorirmi?
- Non credere di mettermi paura! Lo so che sotto la barba nascondi un sorrisetto ironico, sai? Non hai idea del guaio in cui ti sei cacciato! –
Sembravamo due centauri alla “easy rider” che si vogliono sfidare. Anzi no, probabilmente eravamo un po’ ridicoli. Ma ci stavamo divertendo un mondo.
- Allora, al mio via. OK? – Dissi alla fine.
- Perfetto, e … attenta, mangerai la polvere! –
- Tsè … illuso … Ok, pronti … partenza … VIAAAAAA!!! –
Cominciammo a rimbalzare come palline di un flipper impazzito. Ci venivamo addosso, saltavamo come forsennati, decisi, entrambi, ad arrivare per primi.
Nel tragitto credo di aver sbattuto le ginocchia almeno una cinquantina di volte, prima di arrivare al traguardo. Sicuramente il giorno dopo avrei avuto bisogno del ghiaccio, per tutti quei colpi!
Nel frattempo, la gente all’interno del negozio si era tutta girata a guardarci, cercando di capire che cosa fosse tutto quel casino. Ridevamo come dei matti, rischiando anche di investire qualche malcapitato, che si trovava sulla nostra via. Per un attimo, temetti che ci avrebbero cacciati dal negozio, prima ancora di arrivare alla meta.
In molti ci guardavano divertiti, e i bambini facevano i capricci perché volevano fare lo stesso gioco che stavamo facendo noi.
- Ormai ti ho battuta, Alex! –
Eravamo agli ultimi metri.
- Non credere di aver vinto, mio caro, non ancora! –
Ero appena appena in svantaggio. Lo riaffiancai con uno sprint alla Carl Lewis ( va beh, lui non saltava, però era veloce!). Accadde tutto in un attimo. Presi dalla foga di arrivare primi … ci ritrovammo entrambi a terra, sdraiati a pelle d’orso, uno accanto all’altra.
- Ahahahah … Alex, tutto bene? –
- Si, si … Ahahaha, sto bene, tu? –
Ci eravamo scontrati, avevamo perso l’equilibrio e ci eravamo spalmati a terra. Finendo così, in completa parità.
- Ehi, sei un imbroglione!! Mi hai fatta cadere! – brontolai io.
- Io? Ma sei tu che ti sei lanciata addosso a me! –
- Ahahahaha –
Ridevamo insieme, a crepapelle. Mi lacrimavano gli occhi per il troppo ridere, vedevo annebbiato.
Michael fu il primo a rimettersi in piedi e venne ad aiutare me.
Mi allungò una mano, la afferrai e mi feci quasi sollevare di peso, per tornare in piedi.
- E’ stato fantastico, Alex! –
Già, era stato fantastico davvero.
Io rimasi a fissarlo per un attimo, come un ebete, con il sorriso stampato in faccia ma senza dire una parola.
Ogni tanto, come in quel momento, ricollegavo il cervello e il pensiero che stessi trascorrendo il pomeriggio, a giocare in un centro commerciale, con Michael Jackson travestito da “Filosofo” … beh, non avevo parole, il mio atteggiamento da stoccafisso ne era la prova.
- Che ne dici se adesso facciamo qualcosa di più tranquillo? – mi domandò.
- Si, forse è meglio – mi ripresi un attimo. - altrimenti alla fine qui ci sbattono fuori. –
- Vieni con me! –
Questa volta non mi prese per il polso, non mi strattonò la manica del cappotto. Mi offrì la sua mano …
A palmo aperto, verso di me. Mi stava sorridendo … ed io mi stavo sciogliendo sotto al suo sguardo.
Con un leggero moto di soggezione allungai la mano verso la sua, congiungendole. Lui intrecciò le dita alle mie e strinse. Piano. Con dolcezza. Fu un attimo meraviglioso.
Poi si girò e mi fece strada.
Imboccò la scala mobile al centro del salone. Il negozio era veramente enorme. Eravamo fianco a fianco, su quella scala che saliva lenta, e ci guardavamo intorno. Michael continuava a tenermi la mano, le nostre dita erano intrecciate e potevo sentirlo mentre mi accarezzava lievemente il dorso della mano con la punta delle dita libere. Era così tenero. Mi lasciavo coccolare dal suo tocco leggero, quasi pregando che la scala non arrivasse mai in cima. Appoggiai la testa sul suo braccio, alla spalla non arrivavo perché ero un po’ più bassa, rispetto a lui. Temevo che si sarebbe scostato, in modo cortese, ovvio. Invece non si mosse. Anzi, girò appena il capo per potermi guardare. E con la mano libera si avvicinò al mio viso. Ebbe un istante di esitazione, ma poi mi accarezzò la guancia con le dita.
Un brivido intenso mi salì improvviso in tutto il corpo, socchiusi gli occhi e sorrisi.
- Attenta! – mi disse piano.
Eravamo arrivati al piano. Maledetta scala! Potevi essere più lunga?
Per fortuna che mi aveva avvertita, altrimenti sarei inciampata sicuramente. Continuò a farmi strada all’interno dei corridoi, gremiti di giocattoli di ogni genere e sorta. Lo vedevo che si guardava intorno come se stesse cercando qualcosa in particolare. Ed io cercavo di capire stavolta cosa voleva “combinare“, ma era davvero un enigma per me.
- Aspetta! –
Si era fermato improvvisamente, si era voltato verso di me.
- Chiudi gli occhi! –
- Cosa? –
- Dai! Chiudili, è una sorpresa! -
Acconsentii. Avevo chiuso gli occhi e mi ero affidata completamente a lui. Non potevo vedere dove mettevo i piedi e sperai di non andare a sbattere contro qualcosa. Michael continuava a camminare, lentamente però, cercando di aiutarmi nel mio percorso al “buio”.
- Ecco, ci siamo quasi! – si fermò e mi spinse piano, mi posizionò da qualche parte nel “buio”.
- Tieni ancora chiuso! –
Mi lasciò la mano. Paura. Ero sola. Lo sentivo allontanarsi. Sentivo la sua voce che ridacchiava, farsi sempre più distante. E mi lasciava lì così? Le mie mani si tendevano in avanti, alla ricerca di qualcosa nel vuoto. Un appiglio, un punto fermo. Ma nulla. Avrei dovuto aspettare sue istruzioni. Mi rassegnai.
- Ecco! Ora puoi aprire gli occhi!! –
Detto fatto. Mi ritrovai in un altro salone molto ampio ( ma quanto era enorme Toys’R’us??) e davanti a me si stendeva una di quelle tastiere giganti, a terra. Un pianoforte, formato gigante, su cui camminare, e fare musica. Mi sentii sciocca. Avrei dovuto immaginare qualcosa di simile. Sembrava fatto apposta per Michael.
- E’ bellissimo! Non ne avevo mai visto uno così. Dal vero, intendo. Ma funziona proprio come in TV? –
- Oh Certo, e ora potrai anche provarlo! –
Cominciò a passeggiare sopra a quei tasti enormi, un passo sul bianco e un passetto sul nero. Ad ogni tocco usciva una nota. Era fantastico. Mi precipitai al suo fianco e, con una certa riverenza, poggiai il mio piede su di un tasto bianco. E quello suonò. Così misi anche l’altro, e iniziai a camminare su e giù, emettendo suoni assurdi. Sicuramente non avevo la dote di Michael, nel cercare la perfezione dei suoni. Lui si muoveva e creava melodie, solo camminando. Non stava seguendo nessuno spartito, ma camminava e piroettava, su quel piano, creando musica, così, improvvisando. Era un piacere da ascoltare e da vedere.
- Suoniamo qualcosa insieme? – Mi chiese ad un certo punto, notando che mi ero silenziosamente fatta da parte, per ascoltare la sua musica.
- Insieme? – gli domandai eccitata.
Suonare insieme a Michael Jackson … no … no … oggi era solo il mio amico Michael.
- Ok ci sto, ma ti avverto, non credo nemmeno di ricordarmi il giusto ordine delle note musicali … -
- Pazienza, tanto mica dobbiamo seguire uno spartito?! Tu segui me, ti indicherò cosa fare.-
- Bene allora, cominciamo? –
- Si, mettiti qui, accanto a me … - poggiandomi le mani in vita, mi “posizionò” al suo fianco.
- Cosa suoniamo? – gli chiesi curiosa.
- Oh, beh … vediamo se la riconosci … -
Un passetto dietro l’altro, una nota dopo l’altra si iniziò a delineare una melodia. Lui mi indicava con un cenno il tasto su cui dovevo salire,certo, ero un po’ scoordinata rispetto a lui, ma qualcosa stavamo suonando. La melodia era ovviamente ridotta ai minimi termini, ma iniziavo a intuire cosa fosse. L’aria era quella di The Lady in my Life. Ovviamente non era perfetta ma era riconoscibile …
Stavamo prendendo sempre più sicurezza, io avevo memorizzato al meglio i tasti che dovevo far suonare e la musica era sempre più fluida. Michael mi sorrideva felice e notai con sorpresa che stava un po’ arrossendo. Fu a quel punto che il mio cervello collegò il testo della canzone alle note!!
[…]
Stay with me
(stai con me)
I want you to stay with me
(voglio che tu stia con me)
I need you by my side
(ho bisogno di te al mio fianco)
Don't you go nowhere
(non andare via)
Let me keep you warm
(lascia che ti riscaldi)
My lady
(sei la mia donna)
[…]
Cercai di fare finta di niente, ma il cuore mi stava letteralmente uscendo dal petto. In più dovevo cercare di non farmi distrarre troppo da quel suo sorriso magnetico, inutilmente nascosto dalla barba. Oh, Michael, volevi davvero farmi uscire pazza?
Andammo avanti ancora un po’. Nel frattempo si erano aggiunti anche dei ragazzini e Michael si era messo a suonare con loro, cambiando decisamente repertorio. Stava suonando le musiche dei classici Disney. Incredibile. Michael le conosceva tutte!!!
- Ti sei divertita Alex? – mi chiese dopo un po’, notando che mi ero andata a sedere da una parte, per riprendere fiato.
- E lo domandi? E’ stato strepitoso. Questa è una giornata davvero indimenticabile. Grazie Michael, di cuore. E tu? –
- Si, Alex. Sono felice. Mi sono divertito molto con te, oggi.-
Scendemmo nuovamente al piano di sotto. Ormai fuori si era fatto buio. Facemmo un giro rapido tra gli scaffali. Michael prese un sacco di giocattoli, mi disse che li stava comprando per donarli ai bambini ricoverati nell’ospedale della città. Cosa che era solito fare, ovunque andasse.
Comprò davvero un’infinità di giochi. Ed era tutto per beneficenza. L’altra cosa straordinaria era che non li prendeva così, a caso, per fare numero. Si aggirava tra gli scaffali e li sceglieva, accuratamente.
E credo proprio di poter dire che se ne intendeva. Aveva scelto tutti giochi fantastici. Chiese consiglio anche a me, per la scelta di alcuni giocattoli più femminili, come ad esempio qualche bambola. Ma credo che l’avesse fatto per rendermi partecipe. In realtà se la sarebbe cavata benissimo anche da solo. In materia di divertimento era un maestro. Un po’ come in tutto ciò che faceva. Lo ammiravo, davvero. In quel poco tempo che avevo passato con lui, conoscendolo più dal suo lato umano, avevo notato che metteva un’infinita passione in tutto ciò che faceva. E questo era straordinario.
Arrivammo alla cassa, per pagare, con tipo tre carrelli stracolmi. La commessa ci guardò con occhi e bocca spalancati.
- Signori … è-è-tutto v-v-vostro? –
- si, certo. –rispose lui, con nonchalance.
In quel momento mi passò rapidamente avanti una delle guardie del corpo. Vero! C’erano anche loro, in tutto quel tempo. Eppure non mi ero accorta della loro presenza, mi ero addirittura dimenticata di loro.
Andò lui dalla cassiera e tirò fuori una carta di credito, la strisciò e mostrò il documento, firmando la ricevuta.
- Che stupida! – mi dissi tra me e me.
In effetti, avrei dovuto immaginarlo. Un acquisto così sostanzioso, con carta di credito, necessitava di mostrare un documento di identità, al momento del pagamento. Michael non avrebbe potuto farlo. Senza smascherarsi.
La signorina della cassa continuava a guardarci stralunata mentre ci aiutava ad imballare il tutto dentro degli scatoloni, che avrebbero poi caricato le bodyguard su di un furgone.
Beh, potevo capirla, nemmeno io avevo mai visto tanta roba, tutta insieme.
Stavamo per andarcene via quando …
DRIN DRIN DRIN!!
Il mio telefono. Avevo in tasca il cellulare e non me lo ricordavo neanche. Lo tirai fuori dalla giacca e, quando guardai il display, per vedere chi mi stesse chiamando, rimasi di sasso. Continuai a fissare lo schermo, completamente paralizzata. Incapace di sentire anche il suono stesso del telefono.
E la scritta sul display continuava a lampeggiare.
- Chiamata in entrata: CASA –
- Casa? -
piaciuto??? anche qui finisce in sospeso......
scusate...ma tanto poi ci rifaremo nel prossimo!!