Ok avete fatto i pop corn...siete andate in bagno? bevuto un goccetto? l'intervallo è finitoooo!!
si riparteeee
Capitolo 48 (parte 2)
Michael rientrò in albergo a notte fonda, mancava poco all'alba, un altra lunga notte tormentata era ormai alle sue spalle. Non avrebbe mai pensato di ritrovarsi davanti agli occhi di suo padre proprio nella hall dell'hotel.
- Michael? Che diavolo ci fai qui?
- Potrei dire la stessa cosa di te...papà!
- Hai lasciato a casa la mogliettina? cominci a capire come funzionano queste cose!
- Dovrei prendere esempio da te vero?
- Non hai mai capito niente di donne tu!! se mi avessi dato retta non avresti mai sposato quell'approfittatrice, ma riuscirò a cambiarti vedrai!!- le sue urla minacciose non lo scalfirono,
Michael tirò dritto non ne aveva le forze per continuare a controbattere, non aveva la forza di guardarlo in faccia dopo che aveva escogitato quella trappola subdola per separarlo da Ale. Era stanco di guardarsi le spalle dalla sua famiglia, stanco delle continue umiliazioni che quell'uomo gli infliggeva, stanco del dolore, stanco di provare vergogna di essere figlio suo.
Le porte dell'ascensore si aprirono ed Ola sgranò gli occhi, ritrovarsi Michael davanti fu una piacevole sorpresa. Sfoderò uno dei suoi sorrisi migliori, cercò di mettere in evidenza il suo decoltè e con movenze sinuose si avvicinò a lui.
- Michael ...che sorpresa!! è molto che non ci vediamo! - Si strinse a lui, stringendo il suo florido seno al suo petto, cercando di rubargli un bacio, ma Michael fu abile ad uscire dalla sua traiettoria.
- Ola ciao...come stai?
Lo sguardo di Ola era deluso, non c'era verso di scioglierlo un pò, decise di attaccare ancora.
- Bene grazie...mi sei mancato sai? non ci vediamo quasi mai...e...delle volte mi capita di pensarti! La notte è ancora lunga...hai voglia di divertirti? - si avvicinò a sussurrargli in un orecchio mentre faceva scivolare le sue dita laccate sul colletto della giacca rossa di lui, fino a fermarsi sul bordo della cinta dei pantaloni. Michael cercò di divincolarsi visibilmente imbarazzato dalla sfrontatezza di lei.
- Ola...io ti ringrazio per l'invito...ma...non credo di avere gli stessi gusti di mio padre! Prova a chiedere a Joe...lui ha sempre voglia di divertirsi! Buona notte!
La lasciò li, incredula che avesse capito che fosse l'amante di suo padre.
Per quella notte ne aveva abbastanza, cercò di riempire la mente soltanto con le parole di Liz che gli infondevano fiducia nell'amore, mentre le luci dell'alba iniziavano a filtrare attraverso le tende, finalmente riuscì ad abbandonarsi al sonno.
East Los Angeles (quartiere latino)
Guadalupe uscì di casa presto quella mattina, cercò di coprire il più possibile con il trucco i segni sul suo viso, per rendersi il più presentabile possibile, era diretta in ospedale, doveva parlare con l'amministrazione e capire chi pagava la costosa parcella di Paco. Le porte della metro si aprirono davanti a lei e fu ingoiata dalla folla che prendeva posto nello scomparto. Si sedette accanto ad una ragazza intenta a leggere una rivista. Il suo sguardo cadde sul volto di una donna in copertina. Lei quel viso lo conosceva bene, Alessandra. Rimase senza parole per quello che insinuava la rivista, lei era la moglie segreta di Michael Jackson. All'improvviso tutto le fu chiaro. Adesso capiva la visita di Michael Jackson all'ospedale che Paco continuava a raccontarle, ecco spiegata la giornata a Neverland che suo figlio sperava tanto di poter rivivere. C'era Alessandra dietro a tutto questo, insieme a Michael Jackson. Non aveva più dubbi, era lui che pagava le spese di Paco.
Los Angeles (Sunset Boulevard)
Il sole era già alto da un pezzo quando Ale si svegliò di soprassalto da quella notte agitata. Era crollata dalla stanchezza solo all'alba. Lasciò andare il peluche che aveva tenuto stretto tutta la notte e con ancra addosso la camicia di velluto di Michael corse di sotto in cerca di Mary.
- Mary...il signor Jackson è tornato? - attese la risposta con il cuore fermo in gola.
- Non ancora Signora Jackson!
Risalì delusa in camera da letto. Cosa avrebbe fatto se non fosse più tornato? Questo cominciava ad essere il suo pensiero fisso, stava per lasciarsi andare ad un pianto dirotto quando il suo cellulare prese a suonare.
"George"
Afferrò il cellulare con decisione, ansiosa di parlare con lui.
- Pronto George...dov'è Michael?
- Buongiorno Signora Jackson...Mr. Jackson sta bene...non si preoccupi...li è tutto ok?
- Si...qui è oK...ma...io ho bisogno di parlare con lui! ti prego George!
- Ha avuto un notte agitata...è molto turbato dalla questione...non credo sia il caso di parlarne per telefono!!
- Ti prego George...- le parole furono rotte dal pianto, George non resistette nel sentirla così triste, in fondo era certo che Michael stesse sbagliando ad evitarla, si ripeteva un copione già visto con Lisa, quando lui spariva per mesi. I problemi andavano affrontati, sparire era solo rimandare ed ingigantire la questione. Ci pensò su un attimo cercando una soluzione.
- Ale...la prego non faccia così!! Michael sarà da Klein nel pomeriggio...ci raggiunga li...farò in modo di farvi incontrare!
- Oh si...grazie...grazie!!
Di nuovo la speranza aveva fatto luce nel buio.
Los Angeles (studio dermatologico di Klein)
Era pomeriggio inoltrato quando Michael giunse allo studio del suo dermatologo. George esitò nel farlo scendere dal suv.
- Mr. Jackson...i paparazzi ci hanno seguito!
- Non mi lasceranno mai in pace!!! Non voglio essere fotografato...non voglio che mi vedano!! Mi esasperano...non c'è via d'uscita da tutto questo?
George ormai aveva capito da tempo quanto il gossip fosse un peso per lui, quella fame di sapere nei minimi dettagli dei giornali gli procuravano stress. Come ci si sente ad essere continuamente spiati? Continuamente guardati e giudicati per quasiasi cosa? Dal look, agli atteggiamenti, alle persone che si frequentano. Alla fine si cerca di nascondere il più possibile di se agli occhi famelici del mondo. Michael sfilò da una valigetta una mascherina di seta nera, a nascondere quel che poteva di se, almeno in parte non avrebbero visto la sua espressione del viso e questo gli sembrò una conquista. Dietro quella mascherina c'era la sua privacy.
Uscì dal suv ed una valanga di flash si scatenarono, quel suono urtante dei click delle macchinette fotografiche gli dava la nausea, sapeva che ogni click si portava via un pezzo di se, come attorniato da belve che lo spolpavano, si sentì dilaniato e divorato da ogni fotografo. Chinò appena la testa a nascondere l'amarezza dei suoi occhi tristi.
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Qualche minuto dopo era nello studio di Klein, si guardò intorno nel tentativo di evitare Debbie, sperava di non incrociarla.
- Michael...ti aspettavo!!! Allora qual'è il problema?
- Ciao Arnie...ecco vedi...mi sono esposto al sole e...bhe sai bene com'è delicata la mia pelle!!!
- I soliti eritemi!!! dove li hai Michael?
- Qui sulle spalle...e poi...sono un pò...nervoso...non dormo bene...per via di questo mare di gossip che circola su di me!
- Tranquillo...il buon vecchio Arnie ha un rimedio per tutto! Vuoi del Demerol? - Arnie viscidamente lo stava tentando, come una serpe in seno, lo ammaliava con il miraggio di far sparire il peso della sua anima, Michael esitò, ma Klein insistette. - Dai Michael...una dose leggera..tanto per rilassarti un pò!! Non ti farà male!
Michael in silenzio gli porse il braccio per l'iniezione stringendo forte il pugno.
Si sentì bussare alla porta ed Arnie diede l'ordine di entrare.
- Scusa Arnie...c'è il tuo commercialista al telefono...è urgente! - Debbie entrò nella stanza e fissò lo sguardo negli occhi di Michael.
- Accidenti!!! Michael...scusami...devo rispodere alla chiamata...è urgente...ho un casino di debiti...e devo risolvere in qualche modo!
- Hai bisogno di soldi Arnie?
- Eh si...ma non ti preoccupare...
- Posso prestarteli io se vuoi?
- Michael faresti questo per me? Tu si che sei un amico...avviso il commercialista - uscì di fretta dalla stanza lasciandolo solo con Debbie.
- Ciao Michael!
- Debbie! - l'imbarazzo era palpabile, non si erano più visti dai tempi di quell'assurdo accordo e adesso le cose erano saltate ma lei non si rassegnava. Vide i suoi occhi azzurri riempirsi di lacrime.
- Debbie ti prego...non piangere!
- Come faccio Michael? Mi avevi detto che avremmo avuto un figlio! Non vado bene per renderti padre? cosa c'è che non va in me!
- No...non è questo Debbie...io...ho cambiato idea..non è così che si fanno i figli...ci deve essere l'amore!
Per Debbie quelle parole furono dolorose.
- Perchè non riesci ad amarmi quanto ti amo io Michael?
- io ti voglio bene Debbie...sei un amica...ma...non posso...è stata una pessima idea quella di avere un figlio!
- E' per via di quella ragazza che c'è sui giornali? ti sei sposato Michael? è lei che ti darà un figlio?
Michael non rispose, si sentiva in colpa, lei si strinse tra le sue braccia, lasciando andare le lacrime.
Ale era giunta allo studio, George l'aveva aspettata all'ingresso, l'accompagnò spedito fino alla stanza in cui si trovava Michael. Ale aveva il cuore in gola, bussò appena mentre abbassava piano la maniglia della porta.
- Posso entrare?
Rimase stupita nel trovarlo abbracciato a quella donna bionda, in atteggiamengti così confidenziali ed affettuosi. Fece fatica a deglutire, incapace di dire altro.
Debbie si asciugò in fretta gli occhi rivolgendosi in tono sgarbato, prima ancora di vedere chi fosse.
-Le sembra il modo di entrare? - ma le sue parole si bloccarono quando la riconobbe, la ragazza dei giornali. La guardò dalla testa ai piedi, cercando di cogliere qualche segno che le permettesse di capire che ruolo avesse nella vita di Michael.
Ale farfugliò delle frasi sconnesse, imbarazzata per essere piombata li senza preavviso.
- Io....chiedo scusa...ho bussato...e...
Michael intervenne a toglierla dall'imbarazzo.
- Alessandra, che ci fai qui?
- George...mi ha detto che eri qui...volevo sapere come stavi?
- Sto bene non era necessario venissi! Debbie...questa è Alessandra...lei è.... - si bloccò tornando a fissare Ale negli occhi, quella frazione di silenzio parlò più di mille parole tra loro. Avrebbe voluto finire tra le sue braccia, baciarlo, urargli in faccia che lo amava, ma non poteva farlo. Poteva solo interpretare una parte. lo sguardo di Ale da intimidita si fece sicura. Si avvicinò a Debbie a stringerle la mano.
-Io sono Alessandra...la nuova assistente personale di Michael! - si voltò a guardare Michael negli occhi a testa alta, aveva capito, aveva fiducia in lui e glielo stava dimostrando ora. Micheal sorrise appena chinando il capo.
- Io sono Debbie Rowe...l'infermiera del dott. Klein! Michael...lei è la tua assistente? Tutto quel casino sui giornali per niente! - Debbie si sentì sollevata, aveva ancora una possibilità che il suo accordo si potesse realizzare.
- Ale...qui è tutto ok!!! puoi andare! - Michael era teso, voleva soltanto che Ale stesse alla larga da Debbie.
- Ok..io allora...vado! - tornò ad essere imbarazzata dal modo in cui Michael la liquidava. Si voltò verso la porta quando la voce di Michael la fermò.
- Ale! per quel problema...- lei si voltò a fissare i suoi occhi, fece fatica a trattenere le lacrime, a fingere una tranquillità che in cuor suo non aveva. - ...ne riparliamo stasera...a casa mia!
Ale si sentì sollevata, aveva letto tra le righe, lui tornava a casa.
Sorrise annuendo ed uscì dalla stanza.
Klein rientrò in quel frangente.
- Allora Michael...sei pronto per il demerol?
-Non è ho più bisogno...grazie lo stesso Arnie!
Los Angeles (Sunset Boulevard)
Ormai era scesa la sera, di tanto in tanto Ale si avvicinava alla finestra a dare uno sguardo al cancello principale. Eppure era stato chiaro, le aveva detto che ne avrebbero parlato a casa, possibile essersi sbagliati, aver frainteso le sue parole? La gioia di aver avuto una speranza quel pomeriggio, andava pian piano sfumando con il passare delle ore. Aveva cambiato idea, non si sarebbe fatto vivo.
Sentì il temporale avvicinarsi, le gocce di pioggia presero a scrosciare intense, si sedette accanto alla finestra ad ascoltare la pioggia battere copiosa sui vetri, seguì i rigoli delle gocce scivolare sul vetro, a creare un percorso sempre nuovo ma con un unico fine, ogni goccia seguiva il suo destino quello di finire la sua corsa a terra. Una caduta libera fino allo schianto finale, così si sentì Ale, pronta a terminare la sua corsa in uno schianto.
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Si avvicinò alla finestra, respirando dolcemente contro di essa appannadola appena, il suo dito disegnò un cuore su quel vetro offuscato da un alito d'amore. L'osservò il suo cuore speranzoso, per poi cancellarlo con un gesto deciso, l'attesa sembrava non finire più, tanto che vederlo tornare sembrava essere ormai una vana speranza. Si rassegnò ad un altra lunga notte di solitudine, d'attesa, di tormento.
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Prese il diario accanto a lei, sfogliò le pagine della sua vita, fino a trovare quella vuota. Da quando aveva perso la memoria non faceva altro che scrivere ogni giorno, come a voler lasciare per iscritto quello che la mente poteva scordare di nuovo e lei, Michael non avrebbe mai più voluto scordarlo. E quella sera scrivesse il ricordo di un suo bacio prima che il tempo ne cancellasse ogni traccia, ogni sapore, ogni tocco vellutato. Finì per piangere persa nel ricordo di lui che sentiva aver perso per sempre.
"Non sei più mio...amore!" fu l'ultima frase che scrisse, prima che la penna le scivolasse via dalle mani per rotolare sul pavimento.
Una macchina si fermò in quell'istante nel cortile. Vide George scendere dall'auto ed aprire un grosso ombrello.
"Michael!"
Corse da lui fermandosi sotto il portico. I loro occhi si incatenarono ancora una volta. L'ansia le impedì di dire qualsiasi parola. Il suono dalla pioggia fu complice perfetta di un emozione che prendeva entrambi. Ale sentì una lacrima scivolare via dai suoi occhi e percorrere calda la sua pelle. Michael avvicinò piano la sua mano al viso di lei, ad interrompere la corsa di quella lacrima sulle sue piccole labbra carnose. Lasciò che il pollice scorresse piano sulla sua bocca, mentre la mano le avvolgeva la guancia, Ale chiuse gli occhi, muovendo appena il viso nel suo palmo, a gustarsi quella carezza, ad assaporare di nuovo il calore della sua mano. Michael si fece più vicino a lei tanto da sentirne il respiro sul viso. Si fermò un soffio dalla sua bocca, lei riaprì gli occhi e trovò i suoi così innamorati. Restò immobile in attesa che quel bacio tanto sperato arrivasse a ricordarle che nessun ricordo è più intenso dell'attimo vissuto. Vide gli occhi di lui accendersi, la luce dei suoi occhi era tornata perchè lei non aveva mai smesso di cercarla. Le labbra di lui si posarono dolcemente sulle sue, a muoversi leggere, a tornare a scorrere libere sulla sua bocca che si schiuse per essere posseduta ancora dalla sua lingua. Ale si sentì leggera, libera dalla paura di averlo perso per sempre, tornò a sentirsi sua restando a gustarsi ogni istante di quel bacio che avrebbe voluto non finisse più. Le sue piccole mani scivolarono sul suo viso, fino a sprofondare di nuovo tra i suoi riccioli scuri. Le loro lingue si cercarono, sfiorarono appena, per poi toccarsi intensamente mosse dalla passione, dal desiderio di appartenersi nuovamente. Ale sentì la sua bocca scivolare via della sue labbra per scendere sul collo, con lievi morsi accese la sua pelle di brividi intensi, le spezzò il respiro mentre si abbandonava tra le sue braccia, era di nuovo stretta la suo petto amorevole, al sicuro, protetta dal suo amore. I lampi squarciarono il cielo, ma il fuoco che ardeva nei loro cuori era più forte di qualsiasi temporale. E mentre il cielo scagliava verso terra la sua forza, la forza dell'amore aveva ritrovato la strada dei loro cuori. Rimasero a baciarsi a lungo, senza dire nulla, furono le loro labbra unite e silenziose a parlare per loro. Michael si allontanò appena a sussurrargli un unica frase.
- Piccola..io ti amo...fidati...ti prego!
Non c'era spazio per le parole tra quelle bocche ansimanti, su quelle labbra serrate le une alle altre, non c'era più posto per la paura ed i dubbi nel loro cuore, c'era posto solo per l'amore.
Dove una volta abitava la paura, può crescervi l’amore.
Michael Jackson - Dancing the dream
East Los Angeles (quartiere latino)
Le gocce di pioggia scivolavano veloci sulla curva del suo ombrello. Guadalupe allungò il passo per sottrarsi a quel temporale. Sentì i piedi umidi, l'acqua delle pozzanghere penetrava all'interno delle sue scarpe. Era tesa, sapeva che Carlos sarebbe tornato a cercarla, pensò di non fare ritorno a casa quella notte. Deviò percorso, qualcuna delle sue amiche l'avrebbero ospitata per una notte. Pensò di averla scampata, guadagnato un giorno, per poi trovare il modo di sparire per sempre. I suoi pensieri furono bruscamente interrotti dallo squarcio di un tuono. Di colpo si sentì afferrare un braccio e trascinare in un vicolo scuro. Il suo ombrello volò in mezzo alla strada, restando immobile in una pozzanghera battuta dall'acqua. Guadalupe strinse gli occhi, sentì il terrore impadronirsi di lei.
- Che diavolo credevi di fare bambolina? Credi che non tornare a casa mi avrebbe impedito di trovarti? ahhahah quanto sei ingenua...stupida sgualdrina! Dove credevi di andare eh? - le strinse una mano in gola, proprio sotto il mento.
- La...la...scia..mi Car..los..non respi..ro!
- Dovrei ammazzarti qua! Fammi ancora una volta uno scherzetto simile e la mia mano non avrà pietà! Claro? Allora? quel nome? scommetto che non lo sai vero? mi toccherà punirti!
- No...ti prego...non farmi del male...ho quel nome...lo so...so chi è che paga!
- Bene bene...visto che con la violenza si ottiene tutto? Allora chi è?
- Michael Jackson!
...continua