Scusate il ritardo, ma veramente non ho avuto un attimo per postare il capitolo!
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ma adesso eccolo qui! spero vi piaccia! buona lettura
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Capitolo 5
Capitolo 5
Prima notte nel nuovo appartamento. Era la prima volta da quando era giunta in America che si sentiva a casa, finalmente aveva uno spazio tutto suo, anche se piccolo le sembrò una grande conquista. Quel giorno aveva fatto compere: lenzuola ed asciugamani, un vaso di orchidee da tenere sul davanzale, un arazzo messicano da appendere sulla testata del letto, adorava l’intreccio colorato della trama, rendeva la stanza così accogliente. E poi candele profumate ed incensi, un giardino ZEN per i suoi momenti di riflessione, rastrellare quella sabbia finissima ascoltando il gorgoglio della fontanella era un ottimo modo per distendere i nervi e riflettere con calma,in fatto di rimedi anti-stress gli orientali sono imbattibili. Ed infine, mentre tornava a casa con tutta quella merce al seguito, trovò esposto, nella vetrina di un negozio, un poster con una veduta di Firenze dal Piazzale Michelangelo. Rimase a guardarlo senza fiato. Un suggestivo tramonto che inquadrava tutto il centro storico: dalla maestosa Cupola a mattoni rossi del Brunelleschi alla Torre medioevale in pietra del Palazzo della Signoria, gli Uffizi con il Corridoio Vasariano ed i Ponte Vecchio. Tutta l’essenza della sua città raccolta in un pugno. Le sembrò quasi di sentire il vociare dei venditori, con il loro spiccato accento toscano, sotto la loggia del Mercato Nuovo, le sembrò di sentire i passi fitti delle centinaia di persone che attraversavano Ponte Vecchio fermandosi a guardare le antichissime botteghe orafe. In un attimo il suo passato tornò con i suoi profumi, i suoi sapori, come la brace che cova sotto la cenere pronte a riprendere forza al primo soffio. Comprò quel poster e lo sistemò sulla parete della sua nuova casa, come una finestra eternamente aperta sulla sua città.
Alessandra era stanca quando finalmente si mise a letto, era stata una giornata lunga, ma era felice del risultato. Naturalmente senza l’aiuto dei suoi due colleghi di corso Susy e Ross non ce l’avrebbe fatta. Si sedette al centro del letto con le gambe incrociate, si guardò intorno e si sentì come Carrie di
Sex and the city nel suo minuscolo appartamento, padrona della sua vita ma con un gran casino in amore, innamorata perdutamente di un uomo irraggiungibile . Questo pensiero le riportò alla mente lui, prese la rivista e la guardò nella luce soffusa della sua stanza, passò con le dita sul suo volto quasi a volerlo accarezzare, negli occhi aveva ancora il suo sorriso. Ritagliò con cura la foto e la sistemò in portafoto che mise sul comodino accanto al letto. Ora la sua casa era completa.
Quella notte Michael tornò a Los Angeles da Santiago del Cile, il suo lungo tour era finito, mancava solo la serata allo Staples Center e poi avrebbe potuto rilassarsi. Non amava i tour ma li riteneva necessari per amore del suo pubblico. Lo stress delle esibizioni unito ai viaggi ed ai cambi continui di fuso orario, lo logoravano molto.
“ E’ finita anche questa volta. Adesso ho bisogno di Neverland, me ne starò li per un po’, con la natura, i miei animali, i miei giochi, lontano dagli sguardi di tutti, lontano dai pregiudizi, lontano dal mondo che non vuole vedere, non vuole capire. Ho bisogno del mio albero, ho bisogno di starmene li seduto sul suo grosso ramo a cullarmi con la brezza che spira tra le sue fronde ad osservare il laghetto con le sue acque argentate di fronte a me. Che pace! Forse così me ne starei lontano da quella roba, potrei calmare la mia anima inquieta senza annebbiarmi la mente ogni sera per non pensare, per non sentire quel vuoto qui in mezzo al petto che mi divora e che fa così male. Forse ce la farei a non prenderle, forse…..”
Si avviò con il suo entourage verso l’uscita dell’aeroporto quasi deserto vista la tarda ora, si fermò un istante, pensò a lei nel punto esatto dove il suo sorriso gli aveva scaldato il cuore, sulle sue labbra si delineò un leggero sorriso, ma nei suoi occhi rimaneva quel velo malinconico, di rammarico per non aver osato, per non aver parlato con lei, il rimpianto di non averla mai più.
Quella mattina Ale fu svegliata da una chiamata dall’Italia. Dall’altro capo del telefono c’era Chiara su tutte le furie.
- Si può sapere perché non mi hai detto niente?
- Cosa avrei dovuto dirti? – rispose Ale ancora assonnata.
- Non ci posso credere che tu abbia fatto questo alla tua amica del cuore!
- Chiara stellina, ma cosa avrei fatto di così grave?
- Hai incontrato lui, l’amore della mia vita, il mio idolo e tu?!!! Non mi dici nulla, nemmeno un misero particolare? Quando ho visto questa foto su internet stentavo a crederci!
- Beh! Volevo dirtelo, ma sapevo ci saresti rimasta male e non volevo te la prendessi. L,ho incontrato in aeroporto, ero caduta e mi ha aiutato ad alzarmi – raccontò in breve.
- Oh maremma!!! Ma perchè tutte le fortune a te?!!! Ti ha stretto la mano, che invidia!! La stessa che ti tenevo io mentre piangevi per Roberto?
- Si, proprio quella! – rispose Ale con lo sguardo rivolto verso l’alto, con l’espressione rassegnata al delirio che Chiara stava per rifilarle, ormai la conosceva bene.
- Si si è proprio quella! Si vede dalla foto, posso dire di avere qualcosa in comune con lui, abbiamo stretto la stessa mano! Porti il mio bracciale, oh mio Dio, lui con le dita ha sfiorato il mio bracciale, me lo devi ridare assolutamente!
- Chiara!!!! Non stiamo esagarendo???
- Ma scherzi?? È Michael Jackson!!! Rivoglio quel bracciale! Fossi stata in te non mi sarei più lavata la mano!!
- Ok Ok!! – la interruppe- ti ridò il tuo bracciale, bell’amica!!! Anzi adesso per farti rosicare ti dico pure che è bello da paura ed è anche molto gentile!
- Nooooo!! Sei perfida! Perché mi fai questo?
Alla fine, da buone vecchie amiche, scoppiarono a ridere. Ale le raccontò le infinità di emozioni che quell’incontro le aveva causato, del fatto che non riusciva a smettere di pensare a lui. Aveva bisogno di sfogarsi e Chiara, amica d’infanzia, era l’unica che potesse capirla.
-Wow! E adesso? Hai subito il fascino della star! Lo sapevo che ha fascino da vendere, a me ha fatto innamorare attraverso un poster, figuriamoci dal vivo.
- Vabbè! Me la dovrò far passare! Peccato, perchè erano belle emozioni che non avevo mai provato per nessuno!
- Mi dispiace sentire che ci stai male e non ci sono nemmeno io a consolarti! Ma di un tipo normale non potevi innamorarti dico io!!!
- Tranquilla passerà!
Con la promessa di rivedersi il prima possibile si salutarono.
I giorni passarono tranquilli per Ale, i corsi procedevano bene, il lavoro era piacevole da svolgere e riusciva perfettamente a conciliare le due cose. Un periodo perfetto, di vera pace, da tanto tempo desiderata. Ma la quiete si sa preannuncia la tempesta, pronta a scuotere gli animi come teneri fuscelli sotto la furia della sua potenza, ma di questo Ale non ne aveva ancora la minima percezione. Arrivò di corsa al lavoro quel pomeriggio, le lezioni si erano dilungate e lei arrivò giusto in tempo per dare il cambio alla sua collega. Tutto come al solito tranne che Susy le aveva detto che quella sera ci sarebbe stato il concerto di Michael Jackson a Los Angeles, questo le aveva mandato il black-out il cervello. Sapere dove poterlo trovare e non poterlo raggiungere era frustrante. Se ne stava li a pensare a come e se arrivare a quel concerto, quando l’ingresso di un tipo strano in negozio la distolse dai suoi pensieri. Il tipo aveva un berretto da basket calato sugli occhi e dei grandi baffi scuri, entrò senza rivolgere nemmeno lo sguardo al personale all’ingresso e tirò dritto verso gli scaffali in fondo. “Che tipo strano” – pensò Ale e tornò a pensare al concerto. Avrebbe dato tutto per andarci, ma ormai era sold-out da mesi e pensare di riuscire ad intrufolarsi allo Staples Center era praticamente impossibile, visto lo smisurato schieramento di forze dell’ordine. All’improvviso una serie di tonfi proveniente dagli scaffali in fondo la fecero trasalire.
-Mmmmmmh! Sarà sicuramente quel tipo strano ad aver combinato qualche casino, Ale per cortesia vai a dare un occhiata!- le disse Kate, la sua responsabile.
Ale si avviò tra gli scaffali alla ricerca di cosa fosse successo, sentiva l’ansia allo stomaco, quel tipo non le piaceva affatto. Nella mente cominciavano a balenare tutte quelle storie che si sentono al telegiornale, la classica strage in negozio del folle di turno, già si vedeva tenuta con un braccio sotto la gola e la pistola alla tempia sotto gli occhi terrorizzati di clienti e commessi. “Stai tranquilla Ale, il metal detector all’ingresso non ha rivelato nulla, non può essere armato e poi non è detto sia stato lui a fare quel rumore”- pensava a questo quando con fare furtivo si aggirava tra gli scaffali alla ricerca del danno. Alcune confezioni di giochi sparsi sul pavimento attirarono la sua attenzione, quel tipo era accasciato a terra intento a raccoglierle. Ale si avvicinò piano, si chinò vicino a lui e gli disse:
-Signore non si preoccupi, lasci fare a me, siamo qui per questo!
Involontariamente, apprestandosi a raccogliere la stessa scatola, le loro mani si sfiorarono. Ad Ale mancò il respiro, quel tocco le fece vibrare l’anima, fu come rivivere qualcosa di già vissuto. Lui alzò piano lo sguardo verso di lei e ad Ale per un attimo il cuore cessò di battere. Era come essere travolti da un fiume in piena e non avere la forza di opporsi alla corrente, rimase inerme davanti a quegli occhi che erano di nuovo reali davanti ai suoi, dolci malinconici. Di nuovo occhi negli occhi con Michael Jackson. Nonostante i baffi, il berretto e l’abbigliamento ordinario, i suoi occhi li avrebbe riconosciuti fra mille. Anche Michael era sorpreso di ritrovare la ragazza dal sorriso di musica, come l’aveva chiamata lui nei suoi pensieri. Accennò un timido sorriso alla quale Ale non poteva non rispondere e nella mente di Michael ci fu di nuovo quella canzone:
“Smile
Though your heart is aching
Smile
Even though it’s breaking
When there are clouds in the sky
You’ll get by
If you smile……”
Il suo sorriso disarmante lasciava Ale ogni volta senza parole, incapace di emettere un solo verso, tanta la paura di sciupare un momento così magico. Lui lentamente avvicinò la mano verso di lei, le spostò il cartellino affisso sul petto per leggerne il nome. Un ricciolo dei capelli di lei finì tra le sue dita, trattenendoli delicatamente, Michael li lasciò scorrere piano, fino a lasciarli andare, gli sembrò seta tra le sue dita. Ale non riusciva a deglutire, era come paralizzata dalla sua presenza. L’energia che avvertiva provenire da lui era così forte, Alessandra pensò sul serio che avesse un non so che ti magico, non c’era alcun dubbio che avesse una forte personalità ed Ale ne fu vittima dal primo istante. Negli attimi in cui si guardarono, lei cercò di carpire più particolari possibili, li avrebbe ricordati ogni giorno da quell’istante. Il suo sorriso perfetto, la fossetta sul mento, ma non poteva fare a meno di tornare a perdersi nei suoi grandi occhi. Quanto avrebbe voluto avere il coraggio di abbracciarlo e stringerlo, pensò. Poi la sua voce soffusa e delicata ruppè il silenzio:
-Alessandra! You are Italian?
Ale non riuscì a far altro che annuire con il capo. In quel frangente la sua responsabile giunse a dare un occhiata:
-Tutto bene qui Alessandra?
Michael si calò di nuovo il berretto sugli occhi per non essere riconosciuto, prese un paio di scatole a caso di qualche videogame tra quelli caduti, si alzò e proseguì verso la cassa. Ale se lo vide sfuggire di nuovo, senza essere riuscita a dirgli una sola parola. La persona che più di tutte era riuscita a farle battere il cuore, volava via dalla sua vita un'altra volta. Mentre sistemava i giochi sullo scaffale, gli occhi le si riempirono di lacrime.
Pagato il conto, Michael uscì di fretta dal negozio ed entrò nel suo SUV nero, si tolse berretto e baffi, sul suo viso c’era ancora un sorriso felice e soddisfatto, guardò i giochi che aveva comprato e si mise a ridere, ne aveva preso due a caso e non erano certo adatti a lui, ma poco importava, l’aveva ritrovata, poteva essere finita in qualsiasi angolo della terra ed invece il destino l’aveva messa di nuovo sul suo cammino e lui ne era felice. Si rivolse al suo assistente:
-John per favore! Desidero che quella ragazza italiana del negozio di giochi venga stasera! Puoi occupartene tu? In qualsiasi modo, voglio che ci sia! Grazie! – girò il capo verso il finestrino, continuando a sorridere e nella sua mente si fece largo di nuovo una canzone.
“The girl is mine
The doggone girl is mine
I know she's mine
Because the doggone girl is mine”
Kiss kiss a tutte
Lu