Le nostre recensioni sui dischi di MJ

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(MarkLanegan)
00venerdì 17 settembre 2010 13:33
Re: Re:
Keep the faith, 17/09/2010 9.42:




Io la mia parola la mantengo, e appena avrò un'oretta di tempo mi cimenterò, tuttavia, la tua non è la recensione di un album, sebbene sia godibile e ben scritta, a proposito complimenti.

PER ANTONELLA: Se Aspetti che Mark recensisca qua facciamo notte, deve prima digerire la discografia, e temo ci vorranno mesi, invece tu che sei così brava ed appassionata, potresti, nelle more, deliziarci ancora un pochino con il tuo sapere.
Spero di leggerti presto!!!



Ma siete proprio dei gigibagigi, eh?!
Allora, non che mi avanzi molto tempo ma ieri sera, facciamo pure ieri notte, mi sarei perfino ascoltato tutto dangerous.

Ma qui non voglio parlare di dangerous, qui ti dico solo che sono molto perplesso e che spero di modificare l'atteggiamento col tempo, tempo che appunto intendo prendermi. Vorrei parlare dei dischi che STO realmente ascoltando ma sono indietro con le mail ad amici che abitano al di là dell'oceano quindi sono indietro anche con ciò.
Ad ogni modo ci sono dei lati negativi e positivi in dangerous, cosa che ho riscontrato e che corrisponde del resto all'idea che ho di MJ, ovvero MJ sa fare le cose...che sa fare, il pop di classifica, MJ è molto bravo...nella canzone di mero intrattenimento, ho qualche perplessità in una sorta di produzione artistica di elevato contenuto.
Del resto, dangerous è stato creato in un momento abbastanza critico per la musica pop.
E qui tornerei a dire quello che penso da tempo, ovvero (e lo dicevo un anno o due prima della morte, almeno datemi atto della mia strana coerenza) che MJ doveva lasciare questa musica e fare una musica completamente diversa, abbandonando completamente le ambizioni di classifica.
Poi comunque, lui quando gli dai il pezzo ci fa del suo meglio ed asoltarlo è un piacere, ha la verve dei grandi del pop, ma il voto finale lo dai alla musica, mica alla singola qualità.
E anzi, adesso che ci sono, dico questo.
Sai quale è l'attività preliminare di una critica, di una recensione, eccetera?
Stabilire a priori quali sono i criteri di valutazione, almeno, io non sono un tecnico, ma credo si faccia così. Credo che i professori facciano così.
I miei sono pochi ma ovviamente un po' rigidi. Di che si tratta, come è declinato il genere, c'è qualcosa di nuovo, che complessità c'è e via dicendo. E passano sopra e prescindono al "piacere" da ascolto. Quel piacere "immediato", almeno.
Cioè, in altri termini, se il ritornello di un pezzo è simpatico, posso canticchiarla 1 minuto dopo. Ma se si tratta di una musica declinata in modo grossolano, come fosse chessò un libro di Faletti oppure vabbè, qui tralascio, allora posso anche canticchiarla per qualche giorno, ma in ogni caso il voto di giudizio che è parametrato a tutta la musica, da Mozart a Gigliola Cinquetti, non è altissimo.
Vabbè, finisco qui per ora. Cercherò di farmelo piacere, che altro posso dire?




Keep the faith
00venerdì 17 settembre 2010 15:19
"Poi comunque, lui quando gli dai il pezzo ci fa del suo meglio ed asoltarlo è un piacere, ha la verve dei grandi del pop, ma il voto finale lo dai alla musica, mica alla singola qualità".

sono già contento che dopo il primo ascolto tu abbia scritto quanto ho sopra copiaincollato, e comunque non è che debba piacerti per forza eh, puoi pure stroncarlo qua nessuno ti darà dell'eretico.
(MarkLanegan)
00venerdì 17 settembre 2010 15:33
Re:
Keep the faith, 17/09/2010 15.19:

"Poi comunque, lui quando gli dai il pezzo ci fa del suo meglio ed asoltarlo è un piacere, ha la verve dei grandi del pop, ma il voto finale lo dai alla musica, mica alla singola qualità".

sono già contento che dopo il primo ascolto tu abbia scritto quanto ho sopra copiaincollato, e comunque non è che debba piacerti per forza eh, puoi pure stroncarlo qua nessuno ti darà dell'eretico.




Sapevo che passavi di qui a quest'ora :)
Stavo proprio pensando che, in realtà, è sbagliata la mia ottica perché faccio l'errore di colui che compra un libro di narrativa e dice "ah ma questo libro di saggistica non mi piace tanto".
Beh, spero questo weekend di scrivere qualcosa su questo forum e quindi anche su Dangerous.
Keep the faith
00venerdì 17 settembre 2010 15:37
Re: Re:
(MarkLanegan), 17/09/2010 15.33:




Sapevo che passavi di qui a quest'ora :)
Stavo proprio pensando che, in realtà, è sbagliata la mia ottica perché faccio l'errore di colui che compra un libro di narrativa e dice "ah ma questo libro di saggistica non mi piace tanto".
Beh, spero questo weekend di scrivere qualcosa su questo forum e quindi anche su Dangerous.




Guarda mi hai letteralmente tolto le parole di bocca, quando e se riuscirai a capire, che tipo di libro stai leggendo, secondo me apprezzerai l'autore molto di piu, ovviamente potrai tranquillamente dire, bleach a me i fumetti non piacciono, questo è chiaro.....
Antonella-60
00venerdì 17 settembre 2010 15:56

Brava....non so, appassionata si, lo sono. Sono la prima a dubitare di me stessa. Lo spirito, o meglio la predisposizione d'animo, con la quale ho fatto le mie recensioni si può rinvenire solo nella passione e nella ridda di sentimenti che può provocare in me un brano, al di la dell'aspetto meramente tecnico.

L'esibizione della cultura o del sapere li lascio ad altri più abili di me nell'arte dell'intrattenimento.
Keep the faith
00venerdì 17 settembre 2010 16:03
Re:
Antonella-60, 17/09/2010 15.56:


Brava....non so, appassionata si, lo sono. Sono la prima a dubitare di me stessa. Lo spirito, o meglio la predisposizione d'animo, con la quale ho fatto le mie recensioni si può rinvenire solo nella passione e nella ridda di sentimenti che può provocare in me un brano, al di la dell'aspetto meramente tecnico.

L'esibizione della cultura o del sapere li lascio ad altri più abili di me nell'arte dell'intrattenimento.




Spero questa non sia una risposta sarcastica, io non lo sono stato, i miei complimenti erano sinceri, se ho male interpretato ti chiedo scusa!!!
Antonella-60
00venerdì 17 settembre 2010 16:12
Re: Re:
Keep the faith, 17/09/2010 16.03:




Spero questa non sia una risposta sarcastica, io non lo sono stato, i miei complimenti erano sinceri, se ho male interpretato ti chiedo scusa!!!




Non è una risposta sarcastica ma una semplice puntualizzazione. Accetto le tue scuse.
Millie Jean83
00venerdì 17 settembre 2010 19:07
bene bene...vedo che si sono mosse un po' le acque [SM=g27817]

grazie Mark del contributo. E' piu' che normale che ed anzi corretto il tuo ragionamento. MJ è mainstream. e se dici che all'interno di tale categoria lui è bravo, allora credo che siamo d'accordo. Se poi ritieni Dangerous un album pure piacevole, per quanto questo possa essere l'aggettivo sbagliato nel tuo caso, allora direi che sei sopravvissuo indenne alla dose di mainstream [SM=g27817].

Quando avrai ascoltato le altre cose, saro' curiosa di vedere quale sara' la tua classifica dei dischi di MJ. Piu' che il voto alla singola canzone di ogni disco, credo che abbia piu' senso valutare i progetti discografici nel loro insieme. Se non ti è dispiacciuto Dangerous, potrebbero venirti i capelli dritti ad ascoltare Bad. E' proprio una cosa diversa.

permettimi solo un appunto. Celine Dion è una cantante. Fa principalmente ballate romantiche. Michael Jackson qualcosina in piu' a livello musicale ed artistico lo ha fatto, eh. C'è una bella differenza, su.


Per Keep: Music and Me al momento non lo posso ascoltare perchè ho i vinili a casa dei miei e quindi è un po' che non li ascolto, ma mi riprometto di recensirlo prima possibile.
Intanto cominica tu, baby [SM=g27822]
AntonellaP85
00venerdì 17 settembre 2010 22:43
Dico solo che per me l'opinione di gente come Stevie Wonder vale un miliardo di volte di più di quella di presunti esperti di musica. E sinceramente mi meraviglio pure di leggere certe cose da parte di altri, quindi è meglio se per il momento abbandono questo topic.
(MarkLanegan)
00sabato 18 settembre 2010 11:15
Per fortuna, direi, quando si parla di mettere voti ed esprimere giudizi, vi sono diversi modi di vedere le cose. [SM=x47979]
Ora che finalmente si stanno meetendo giù giudizi sulla musica di MJ, mi piacerebbe sentirne di ulteriori.
(MarkLanegan)
00domenica 19 settembre 2010 07:40
Dangerous

Tempus Regit Actum
Il 1991 è un anno importante nella storia della popular music internazionale; la gente ha la percezione che qualcosa stia davvero cambiando. Vi è la epocale consacrazione del grunge che raggiunge in una sua prevedibile declinazione melodica la vetta delle charts e ciò ad anni di distanza dai Screaming Trees ed i Mudhoney che ne avevano gettato le basi.
Ma è anche l’epoca in cui i dischi house giungono regolarmente al primo posto delle classifiche americane ed in Europa vi è la definitiva esplosione di un linguaggio iniziato qualche anno prima dai La’s e dal Madchester sound, ovvero il Brit pop, destinato a fama internazionale, oltre il merito dei singoli artisti.
Si tratta della decade in cui tipicamente gli stili si fondono fino a rimanere difficilmente distinguibili.
Nel 1991 l’house e la techno formano oramai talmente tanti e numerosi sottogeneri e specie particolari da divenire alla fine essi stessi indifferenziabili (big beat, IDM, body music, ambient house ecc).
E’ un anno ove regolarmente MTV propone commistioni conclamate fra funk, hard rock, rap ed heavy metal (Beastie boys, Run DMC).
Ma anche nel rock più tradizionale vi sono sconvolgimenti degni di nota, come le fusioni di rock gothic ed industrial dei Type o’ Negative, la nascita dello slow core dei Codeine, l’impronta dei Kyuss fa proseliti per la fondazione dello stoner rock, eccetera, ma è soprattutto l’anno del massimo splendore del post-rock che, grazie agli Slint (Spiderland) , a giudizio di molti (e anche il mio), produce l’album del decennio. Tanto si può ancora dire, basti dire che nasce in quei giorni il Web ed il primo mp3 è in fase sperimentale.
Quindi mai così tanti diversi linguaggi pop come appaiono già ai primi dei ’90, mai così tanti fenomeni di sincretismo musicale
La stessa MTV, la cui vicenda è legata a MJ ed inizia un decennio prima di Dangerous, altro non è che una commistione di generi diversi: guardare la TV e ascoltare musica. E’ un semplice ed efficace strumento di diffusione commerciale della musica. Oltretutto l’immagine veicola sentimenti fortissimi e fissa il ricordo degli ascoltatori. MTV è al suo picco massimo nel ’91.
MTV a sua volta ha completamente sostituito, nel ’91, la vecchia e superata “rivista musicale”: per informarsi su un nuovo gruppo o su un artista il pubblico si rivolge alla Tv nel ‘91.
Quest’ultima pare in grado di influenzare perfino il suo fratello maggiore, il cinema e la stessa produzione cinematografica struttura i film destinati ad un pubblico sensibile commercialmente alla musica pop concependo un momento musicale staccato dalla sceneggiatura, e ciò proprio in previsione della sua circolazione su MTV quale video a sé stante, (pensiamo a Top Gun, Breakfast Club).
Per finire una breve introduzione sul “tempo che regge Dangerous” vale ricordare una considerazione condivisa nella critica musicale: le nuove tecnologie che avanzano negli anni ‘90 non hanno determinato la rivoluzione della sfera privata e della fruizione della musica, o della comunicazione in senso lato, pensiamo ai cellulari. E’ l’esatto opposto.
Video da una parte, dall’altra MP3, internet e cellulari di lì a poco tutti disponibili, sono tecnologie rese possibili e frutto di una trasformazione della sfera pubblica che è in atto ed in rapidissimo sviluppo nei ‘90s. Una rivoluzione della sfera pubblica epocale ed irreversibile che si concretizzerà pochi anni dopo con i blog ed il music sharing e che farà crollare l’industria discografica. Prima cadono i muri e poi la gente comunica liberamente.
Se su MTV all’epoca di Thriller vi erano programmi che occupavano l’intera notte del sabato mostrando, a telecamera fissa, una moltitudine di ragazzi mentre ballano un dj-set, all’epoca di Dangerous vi sono in atto i primi forti segnali di reazione, di una dissoluzione della sfera pubblica della comunicazione, rimpiazzata da un uso personale della fruizione di contenuti: la gente si siede al pc tutti i giorni, le informazioni vengono stipate in Cd, il senso esasperatamente glamour (se non addirittura trash) di certa parte degli anni ’80 è definitivamente cessato.
Un ultimo appunto introduttivo, fondamentale e che a questo punto può sembrare paradossale con quanto detto poc’anzi: sono i ’90 che recano con sé l’etichetta della globalizzazione, asserzione che va di portata ben al di là del semplice dato musicale.
Ben lungi da potere affrontare in una riga l’argomento di libri interi di critica musicale, nei secoli a venire gli anni ’90 saranno indicati come l’epoca di creazione di una mediatizzazione planetaria, dove l’elemento tecnologico è l’approdo naturale che consente di accogliere e fruire l’ipertrofica ascesa di innumerevoli mode, culture, ad ognuna delle quali corrisponde un (sotto)genere pop ben preciso.

E MJ ? Bè, lui nel 11991 è il N. 1. Il re delle vendite, quantomeno.
La domanda è: può il re degli anni ’80 mantenere lo scettro in un tempo completamente diverso e in fase di rivoluzione, come quello dei ’90?
Se c’è una domanda forse c’è anche la risposta, prima però facciamo un passo indietro, e stavolta andiamo specificamente a MJ.
Esile, infantile, umile e controverso quando intervistato, aggressivo e strafottente quando balla, nervoso e sexy quando canta, la formula vincente di MJ è nota a qualunque abitante nel pianeta terra nell’anno 1991.
La rendita di Thriller e Bad dovrebbe garantire il successo a MJ. Si direbbe facile a dirsi. Ma fare un disco nel 1991 non è facile; farlo nelle condizioni di MJ il quale deve bissare i successi di Bad e Thriller è una missione al limite dell’impossibile.
Di qui prende le mosse Dangerous, dove il titolo rivela la propensione di MJ per la drammatizzazione, costante che accompagna sempre e da vicino la vita del cantante. Qui il titolo è azzeccato e la sensazione che portano con sé le 14 tracce del disco è che MJ affronti con coscienza la propria missione: affrontare aspettative della propria audience, che è necessariamente globalizzata ed indifferenziata, come sopra ricordato.
Non voglio anticipare un giudizio, ma se l’obiettivo di MJ è quello di venire incontro al proprio pubblico e di incontrare il tempo che cambia, Dangerous diviene una risposta quasi obbligata, e non mi pare casuale più nulla nella vita e nella musica di MJ. Forse MJ ha sempre guardato il segno dei tempi, molto più di quello che la critica più severa è disposta ad attribuirgli. Forse non si può giudicare severamente un comportamento necessitato. MJ doveva piacere a tutti ed i suoi dischi dovevano assolvere questa funzione.

Hic sunt leones
Jam è il biglietto da visita di Dangerous: una intro dal valore programmatico, con un asciutto algido fascino ritmico che è costituito da un’intensa drum pattern, scandita esplosivamente al volgere ciclico delle battute.
Il pezzo mostra subito dove va a posare lo sguardo di MJ. Niente post rock, niente grunge, nessun abbraccio di ciò che pare esplosivo al momento sulla scena musicale. Quella che poteva sembrare una incomprensione da parte di MJ all’epoca, si rivelerà una chiarissima visione del pop di lì a 20 anni. E oltre, perché al tempo in cui scrivo queste righe sulla scena musicale non vi è traccia di superamento di ciò che Dangerous mette in scena: una “jam” di dancefloor. Ed il sincretismo di generi diretti alle dancefloor sarà per gli anni a venire il pop vincente nelle chart universali: una commistione indefinibile di generi dove l’elettronica e l’hip hop saranno protagonisti, declinando –vedi sopra- in una miriade di sottogeneri.
Tutt’altro destino per il post rock, oppure il grunge ed altri movimenti, arrivati come un tornado a sconvolgere le classifiche americane e poi di mezzo mondo: questi passeranno altrettanto velocemente così come sono venuti, lasciando un ricordo tra macerie che nessuno oggi pare rimpiangere. E’ agli Einsturzende Neubaten che guarda MJ, non ai divi pop degli anni ’80. La cosa non può passare inosservata, perché MJ fa citazioni dirette, non causali, trattandosi di produzione accuratissima.
Si diceva dell’intensità ritmica di JAm: in realtà si tratta di un pezzo misurato, scandito da un numero di bpm molto contenuto e sincopato in modo da consentire a Mj di inserire i tipici urli e sospiri in levare ed in falsetto, così da lasciare la propria tipica ed universale impronta. Anche in questo caso, il brano ha acquistato con il tempo un valore diverso dal significato originale, trasformandosi in una melodia da ricordare con nostalgia, piuttosto che un pezzo funzionale ai dancefloor.
MJ interpreta con il solito stile affannato e nevrotico la melodia che cerca di rimanere il più possibile su una sola nota, dando forza alla nevrosi urbana che contraddistingue tutto l’album. I rumori scelti per il collage sono del resto in linea con la tinta cupa dell’intero album: questo prende le mosse con un vetro rotto e gli inserti concreti paiono ricordare un ambiente sonoro che è quello della periferia urbana americana. Le premesse sono intese a graffiare, ma l’inserto più tipicamente hip hop è lontano mille anni luce dal gangsta rap che proprio in quel momento vede gli albori e che accompagnerà nel ’92 le rivolte suburbane in america. Scelta condivisibile o deprecabile a seconda dei punti di vista, MJ sceglie una via di mezzo con un approccio intenzionalmente morbido alla prevedibile rappata. Questa poi appare più sofisticata rispetto alla complessiva interpretazione del brano, più grezza, forse a rimarcare la propria incisivissima performance.

Why You Wanna Trip On Me
Scompare lo scratch di Jam, ed appare una chitarra con compressore dal suono morbido che si produce in una paio di scale. Ma non c’è intenzione di stupire: l’assolo annuncia un pezzo tipicamente jacksoniano. Da tempo ho la convinzione che la forma canzone scelta da MJ non sia quella tipicamente convenzionale costituita da chorus bridge, beatlesiana per intenderci, ma quella dylaniana, per così dire: Strofa-Ritornello. La scelta di una struttura di forma-canzone si riverbera sulla differente strategia del piacere. E why you wanna trip on me è esattamente così: la forma canzone è quella esplosiva, S-R, e fa durare le canzoni ben oltre 6 minuti. Ne tengano conto coloro che ritengono che solo chi ha pretese artistiche possa spingersi oltre i 4 minuti. Catturare l’attenzione è una tattica complessa, ma chi sta dietro a MJ non è nato ieri: il pezzo a ben vedere ha l’intro in simil heavy metal, un tempo di attesa di sedici battute prima della comparsa delle strofe cantate. L’indugio è intenzionale e le strofe se ne stanno rigorosamente in minore, come da copione, in attesa di arrivare alla tonica, cosicché dopo tanta attesa, quando il basso comincia a salire e l’armonia ci porta alla dominante, compaiono finalmente i sintetizzatori a dare pace all’ascolto. Questi poi sembrano quelli presi da tanto synth pop degli anni ’80 (non sembrano esattamente quelli di view to a kill dei duran duran?? chi se la ricorda?) cosicché, quando arriva il chorus, il senso di ansia generato dalle strofe sussurrate viene stemperato da armonie assolutamente ipnagogiche. Una considerazione: anche se MJ fosse una star prodotta dall’industria discografica, come sostengono i detrattori di MJ, cosa cambia? Ci sono sofisticatissime soluzioni, come qui, tali da soddisfare ogni tipo di ascolto. Quello proprio dell’ascoltatore distratto, in cerca di un motivo da canticchiare, ae quello di chi, piegato in due su sé stesso e con le mani sulle cuffie, cerca di cogliere e separare tutti i suoni di un pezzo. Si possono fare critiche, certo. Se solo avesse osato premere sull’acceleratore, se solo avesse puntato di più sull’effetto ipnotico delle strofe, se solo avesse sottratto qualcosa da uno spettro musicale esageratamente ricco, se solo se solo…Ma il disco perfetto non si crea, lo si porta giù dalla dimensione dove sta già.

In The Closet
Intro come da aspettative, questa volta lussureggiante sezione di archi, ed una trama ritmica che ricorda molto da vicino il pezzo che precede. Ancora una volta, il pezzo è estremamente curato. Basti dire che, come da copione, il titolo viene dall’hook del ritornello. Fin qui tutto normale. Il punto è che l’hook se ne sta nascosto al termine di uno dei diversi momenti narrati e quando viene è all’improvviso, recitato più che cantato, e così il climax del brano è declinato in modo da sorprendere. Nella coda ritornano gli inserti sonori che hanno l’effetto di controbilanciare, quale contraltare, la tendenza del pezzo a virare verso soluzioni pericolose zuccherose. In effetti è la voce di MJ a dare compostezza ad un arrangiamento altrimenti esagerato nel pathos. Si tratta di un pezzo che guarda agli anni ’80 da vicino. E forse proprio per questo Keep in The Closet può raccogliere i maggiori consensi della critica, godendo oggi di quell’onda lunga che abbraccia i generi Urban, il nuovo apprezzamento per il pop ‘80s (“lo sdoganamento”), anche quello più trash.

A questo punto viene da chiedersi chi o cosa ci sia dietro (o a fianco) di MJ. Con She Drives Me Wild finalmente riconosco qualcosa di deja Vu per le mie orecchie: parte il pezzo e sento l’inizio di Autobahn. La stessa accensione di un motore. Non simile, si badi bene: identica. Ora cosa ci facciano i tedeschi Kraftwerk del 1974 in un disco della più grande star internazionale negli anni ’90, che si rivolge a tutto un altro pubblico è presto detto. Qui qualcuno gioca sporco e riproduce soluzioni assolutamente alternative dandole in pasto ad un pubblico universale. Certo, è passato il tempo che tutto distrugge e rende inoffensivo ciò che prima aveva senso e significato diverso: come le ragazzette che indossano gli stivali punk per andare in centro il sabato. Non è un furto, si tratta di citare e prendere a prestito. Sono i Kraftwerk a ringraziare, suppongo. Fa sorridere che il motore acceso là servisse per sottolineare la componente meccanica delle canzoni, qui per conferire l’aura di “strada”, coessenziale ad un pezzo di hip hop, quale cultura urbana. Stesso suono, due finalità diverse (due pubblici diversi? Non più direi, da quando c’è internet e il file sharing) Detto questo, si tratta di un pezzo dance dalle pulsazioni regolari e dal timbro melodico. Le semplici armonie di MJ sembrano perfettamente adattarsi ad un pezzo che è certamente più sereno e convenzionale di quelli precedenti. Tutto sommato direi che molti l’amino, visto che la semplicità è un dono. Ma non so, si tratta di pura illazione.

Il quinto pezzo è Remember The Time, che inizia parendomi If I ever lose my faith in you di Sting. “Deo gratias, non è sting” proseguo , rinvenendo dallo shock e mettendo via una serie di brividi di terrore. In effetti, l’involontario lapsus mi convince su una certa seminalità da parte di questo brano da classifica. Vibranti armonie, un beat incisivo. MJ canta sempre strillando, accenna a beatbox, ci mette arte e mestiere, tutto suppongo per costruire un brano diretto al N. 1 delle chart. A pensare male si può aggiungere che c’è molto manierismo ed un pelo di ripetitività che tende alla lunga ad annoiare. Ma la fruizione del brano è immediata e la capacità di creare melodie del marchio MJ pare immutata dai tempi di thriller.

Dopo una breve intro che non riesco ad inquadrare bene e che mi pare il pop cosmico dei Popol Vuh di Hosianna Mantra i (ma è un caso che MJ si rifaccia all’elottronica tedesca, capostipite dell’intero genere? Ne dubito) inizia Can’t Let Her Go Away, che credo di non avere mai sentito prima. Ma dovrei dire lo stesso per Why you wanna trip on me. Ancora una volta mi si presenta quello sciame ritmico che risulta a questo punto omogeneo all’intero album. Ovvero quello che ho letto sulle critiche essere un “tappeto sonoro” per tutto Dangerous: intricato ma costante. Il brano è un ibrido fra un pezzo tipicamente dance anni 70’ per armonie ed arrangiamento, mischiato ad una ritmica aggressiva, fra scratch ed esplosioni al sintetizzatore, che non lascia dubbi sull’intento di mixare la soluzione vintage con il nuovo. Per una volta la voce di MJ non se ne sta sopra la strumentazione, ma si confonde con questa ed è una buona intuizione. Nel chorus MJ prima va in falsetto e poi produce le solite consumate armonie, ma si tratta di un ritornello che non risolve l’ansia armonica portata dalle strofe. Il risultato è un pezzo che ha solo movimento orizzontale, omogeneo, tutto sommato atipico nella concezione per un prodotto mainstream e non riscontrabile altrove su Dangerous, perfettamente inquadrabile nell’esigenza di essere un esercizio dance, sottratto dalla necessità di un capo e di una coda.

E poi c’è Heal The World. Che è vibrante come la voce di MJ per questo brano, tra i più famosi della sua discografia. Si tratta di un pop che non richiede presentazione. Chi mi conosce, chi conosce la persona reale che risponde e sta dietro al nome presuntuoso di Mark Lanegan, sa che preferirei mangiare un merluzzo crudo, ancora vivo, con l’occhio azzurro e l’amo ficcato in bocca, piuttosto che ascoltare un brano del genere. Farlo due volte di fila, mi porta diretto ad usufruire dei servizi di Pronto Soccorso. Quando parte il coro finale mi si elettrizzano perfino i capelli e mi pare perfino di vanificare il moment che ho preso per combattere la consueta emicrania del weekend. Ma ok, chissenefrega del recensore. Quello che onestamente va detto, indossando per un breve attimo la toga del critico, è che MJ ha l’irrepetibile dono di confezionare incisi anche di 15 – 20 secondi di assoluta perfezione melodica che se la sognano perfino Bacharach, Gershwin oppure gli XTC. Il risultato complessivo presenta però, ancora una volta chiari e scuri. Da un lato la linea melodica così come detta, dall’altro un’assoluta ridondanza di forma e addirittura di contenuti. Di forma, perché dalla voce del bambino, al suono da piano bar delle tastiere, al vibrato della voce di MJ, alle armonie cacofoniche, tutto contribuisce a creare un arrangiamento troppo ricco e barocco. Di contenuto, perché una popstar dovrebbe sempre sottrarsi all’accusa di mancanza di autenticità. E Heal the World è un messaggio che racconta la sfera pubblica del dover essere, ma la popular music è una forma di comunicazione confidenziale, che dovrebbe consentire il risparmio di energia psichica, proprio come una risata, per cui f**k the world funziona più e meglio che “vogliamoci bene”. E ciò a prescindere da ciò che poi, tolte le cuffie, si vada a fare nel mondo reale. Questo proprio perché il divertimento è, per stesso etimo, qualcosa che va a divergere con la sfera pubblica di ogni individuo. E fa sì che se Albano parla di ecologia, per dirla come Grillo, allora io vado ad inquinare il Polo Nord (ecologia Albano? Con quello che la natura ha fatto a lui?)

Track n. 8, Black Or White. Francamente va tutto bene così, chiediamo pure ai grandi artisti del rock alternativo di scendere a competere con MJ su questo piano di puro intrattenimento per vedere chi esce con le ossa rotte. 3:15 ed il suono non è sovrabbondante come nel resto dell’album. Fosse stata un minuto più breve, sarebbe stata perfetta. Perfino MJ non sente la necessità di cantarla caricandola con un’interpretazione pesante e la lascia brillare di propria luce. La canzone si regge sul riff di una chitarra con un probabile effetto di delay/chorus ed è di immediata presa. Sulla capacità di creare melodie di MJ vada quanto detto sopra, e per una volta anche il middle eight è sullo stesso livello. Si tratta di un pezzo costruito attorno ad un riff ed una strofa, e ciò attrae le antipatie di tutti i critici seri, per cui se non c’è una dissonanza non vale la pena di sentire nulla. Ma il pop si accompagna splendidamente a soluzioni così immediate.

Lo sforzo di MJ di piacere ad ogni persona e ad ogni costo comporta che a Black and white segua, un pezzo di segno diverso. Who Is It prende le mosse da un intro onirica ma presto (non è una sorpresa) espone un cupo beat ed un giro di basso che pulsa sopra ogni altro strumento. Buone le pause nel pezzo, i fiati molto meno. In generale la scelta degli arrangiamenti è di quelle discutibili, destinate a dividere.

N. 10, Give In It To Me è costruita attorno ad un arpeggio tipicamente anni ’80. Qui si tratta di un’operazione pericolosissima per MJ il quale veramente ha inteso fare un pezzo per ogni tipo di audience. Peraltro, ad onore del vero, la melodia ed il suono spingono la canzone in un pericoloso genere che assomiglia più a quello di Bon Jovi che a quello dei guns and roses per i quali slash è stato probabilmente ingaggiato. Potrebbe essere una canzone per cui si potrebbero vantare gli Europe a fine anni ’80. MJ la interpreta pure bene ma il senso ultimo è che MJ non possa fare tutto e per tutti. Sono sicuro che abbia fornito e riempito le aspettative di qualche milione di persone non necessariamente interessate all’hard rock, ma fare questo tentativo nel momento dell’esplosione del grunge è veramente qualcosa di “dangerous” ed ha segnato l’arretratezza del brano sotto questo profilo. Forse suona meglio oggi che al tempo.

Con Will You Be There la voce ritorna immediatamente vibrata ed l’interpretazione soul pare ben congegnata. Almeno l’arrangiamento dapprima non pare troppo ingombrante e non vi è l’effetto surround che opprime quasi tutto l’album con risultati alterni. Se non possono farsi critiche alla linea melodica, come al solita ispirata per almeno metà brano, da un certo punto in poi MJ si fa francamente prendere la mano, parte per la tangente e finisce con un parlato singhiozzante francamente imbarazzante per chi crede nell’understatement come forma di manifestazione del dolore. La rappresentazione del dolore in quanto finzione scenica è addirittura incomprensibile e mi ricorda certe arie della canzone popolare italiana. E’ mia personale convinzione che in Mj convivano congiuntamente anime diverse ed idee decisamente positive ed altrettanto negative. In realtà, trattandosi dell’artista più amato degli ultimi anni, il saldo è essenzialmente positivo, certo non mi riesce strano comprendere perché molta gente l’abbia denigrato in vita. Peccato perché la parte simil-gospel avrebbe potuto essere sviluppata efficacemente, forse semplicemente togliendo invece che abbondando.

Keep The Faith. Inizia come un pezzo ‘synth pop 80’s, ma per fortuna MJ presto si ferma e parte un ritmo pulsante. Ma si tratta perfino di una falsa partenza e la canzone ritorna indietro con un ottimo senso dell’architettura complessiva. E quando riparte trova finalmente il bridge più ispirato dell’intero album, che finalmente scende di quel mezzo tono dovuto alle leggi dell’armonia e che consente mille possibilità diverse di declinare efficacemente la sua conclusione. In effetti MJ a quel punto non si lascia perdere l’occasione ed il coro che fino al bridge forniva delicati accompagnamenti armonici, surrettiziamente si trasforma in un oratorio gospel. E finalmente, mi ripeto. La canzone vive di due o tre momenti trascinanti e, ancora finalmente, c’è qualcosa che fa dire chapeau, come quando il coro in contrappunto su MJ aumenta di volume. A trovare il pelo nell’uovo, Keep The Faith è cantata senza soluzione di continuità dall’inizio alla fine. Siamo di fronte al mondo, non di fronte ad una platea tipicamente mediterranea ed abituata all’opera. Probabilmente MJ è consapevole dell’efficacia del pezzo e ci starebbe sopra un mese intero se potesse. Peccato, perché sono gli stop le cose più potenti della canzone. Ma si tratta di appunti marginali, e per quanto si tratti di un pezzo secondario di MJ (non a caso la massa rifugge), si tratta di una produzione estremamente convincente.

Mi ha dato fastidio staccare da Keep the Faith e trovare il pezzo n. 13, Gone too Soon. Lo recensisco al volo mentre lo sento la prima (e unica volta). A me pare un riempitivo ed il timbro del piano fa rammentare un piano bar più che un ambiente onirico. Non basta essere ispirati quando si canta, e se le note sono lunghe una battuta intera… hai voglia a mettere del genio: semplicemente ti sei tagliato ogni possibilità di fare qualcosa di originale. Ha il pregio di durare molto poco e questo mi fa pensare che si tratti di una sapiente mossa nel layout dell’intero album.

Dangerous, il famoso midtempo, come avevo letto sulla mia rivista preferita online. Il commiato di MJ ha il beat che contraddistingue l’intero album. Non sarebbe nulla di particolare, ma è incisivo perché è scarno e le esplosioni contenute, così da preservare l’effetto ipnotico. Addirittura la voce di MJ non è eternamente presente, confidando gli autori nelle doti autonome del pezzo.

Tempo di scuola, tempo di giudizi.
Non comprendo MJ, lo ammetto. Ma è imprescindibile per la conoscenza del pop, addirittura tutti presumiamo di conoscerlo. Io lo confesso, non ho mai sentito per intero un album di MJ. Cioè, non lo avevo fino a che un napoletano invasato mi ha costretto a scaricarmi 3 giorni fa questo dangerous e ad informarmi su questa presunta pietra miliare della musica. Io ritengo che la figura di MJ sia una fondamentale presenza dei libri di musica pop per le infinite connessioni fra musica, globalizzazione, industria discografica. Non è un caso che la vicenda di MJ si concluda con il collasso di quest’ultima, in aperto dissapore e perfino in presenza di enormi debiti da parte di entrambi. Oh basta così. A 8,50 metterei solo il mio disco preferito di musica. A Dangerous darei, ma sì, un più che discreto 7,00. Che mi pentirò tra due ore di averlo dato, per eccesso o per difetto, a seconda di come mi gira.

Millie Jean83
00domenica 19 settembre 2010 12:52
Re:
(MarkLanegan), 19.09.2010 07:40:

Dangerous





wow. ti informo che ho provveduto a copiare ed incollare la tua recensione in un file word, in modo tale da impedire che vada disperso questo documento qualora decidessi di cancellare l'intervento [SM=g27827].

No, perchè a me sembra di sognare.non so se ci stai prendendo tutti per i fondelli [SM=g27824] , ma credo di no.Le tue osservazioni su ogni brano mi sono sembrate troppo azzeccate ed oculate.
soprattutto mi sento di condividere cio' che hai scritto a proposito di Can't let her get away e Give in to me.la pigrizia non mi ha permesso di fare una recensione degna di questo album, e credo che vada bene cosi', perchè sostanzialemente non c'è molto da aggiungere a cio'che hai scritto tu. il modo in cui hai collocato Dangerous nella sua epoca, svelando o portando all'attanzione aspetti che molti non conoscono, è stato ottimo.

ciononostante mi sento incredula [SM=g27827]. Al di la' del giudizio (7), cui addirittura io, da fan, non giungerei a dare, mi pare strano che dopo un ascolto(forse 2, 3) tu possa aver colto con tale perspicacia tutti questi aspetti.Non fraintendermi. dici che non ascolti il pop da classifica, ma ne conosci molto bene i meccanismi. dici che è una tortura ascoltare brani semplici o ripetitivi ma giudichi positiva una remember the time. intendo perfettamente che hai voluto cimentarti nel recensire roba mainstream, e quindi con le dovute precauzioni del caso. ad ogni modo, ti faccio i complimenti.
spero che contriburai ancora!
Keep the faith
00lunedì 20 settembre 2010 09:52
Re:
(MarkLanegan), 19/09/2010 7.40:

Dangerous

Tempus Regit Actum
Il 1991 è un anno importante nella storia della popular music internazionale; la gente ha la percezione che qualcosa stia davvero cambiando. Vi è la epocale consacrazione del grunge che raggiunge in una sua prevedibile declinazione melodica la vetta delle charts e ciò ad anni di distanza dai Screaming Trees ed i Mudhoney che ne avevano gettato le basi.
Ma è anche l’epoca in cui i dischi house giungono regolarmente al primo posto delle classifiche americane ed in Europa vi è la definitiva esplosione di un linguaggio iniziato qualche anno prima dai La’s e dal Madchester sound, ovvero il Brit pop, destinato a fama internazionale, oltre il merito dei singoli artisti.
Si tratta della decade in cui tipicamente gli stili si fondono fino a rimanere difficilmente distinguibili.
Nel 1991 l’house e la techno formano oramai talmente tanti e numerosi sottogeneri e specie particolari da divenire alla fine essi stessi indifferenziabili (big beat, IDM, body music, ambient house ecc).
E’ un anno ove regolarmente MTV propone commistioni conclamate fra funk, hard rock, rap ed heavy metal (Beastie boys, Run DMC).
Ma anche nel rock più tradizionale vi sono sconvolgimenti degni di nota, come le fusioni di rock gothic ed industrial dei Type o’ Negative, la nascita dello slow core dei Codeine, l’impronta dei Kyuss fa proseliti per la fondazione dello stoner rock, eccetera, ma è soprattutto l’anno del massimo splendore del post-rock che, grazie agli Slint (Spiderland) , a giudizio di molti (e anche il mio), produce l’album del decennio. Tanto si può ancora dire, basti dire che nasce in quei giorni il Web ed il primo mp3 è in fase sperimentale.
Quindi mai così tanti diversi linguaggi pop come appaiono già ai primi dei ’90, mai così tanti fenomeni di sincretismo musicale
La stessa MTV, la cui vicenda è legata a MJ ed inizia un decennio prima di Dangerous, altro non è che una commistione di generi diversi: guardare la TV e ascoltare musica. E’ un semplice ed efficace strumento di diffusione commerciale della musica. Oltretutto l’immagine veicola sentimenti fortissimi e fissa il ricordo degli ascoltatori. MTV è al suo picco massimo nel ’91.
MTV a sua volta ha completamente sostituito, nel ’91, la vecchia e superata “rivista musicale”: per informarsi su un nuovo gruppo o su un artista il pubblico si rivolge alla Tv nel ‘91.
Quest’ultima pare in grado di influenzare perfino il suo fratello maggiore, il cinema e la stessa produzione cinematografica struttura i film destinati ad un pubblico sensibile commercialmente alla musica pop concependo un momento musicale staccato dalla sceneggiatura, e ciò proprio in previsione della sua circolazione su MTV quale video a sé stante, (pensiamo a Top Gun, Breakfast Club).
Per finire una breve introduzione sul “tempo che regge Dangerous” vale ricordare una considerazione condivisa nella critica musicale: le nuove tecnologie che avanzano negli anni ‘90 non hanno determinato la rivoluzione della sfera privata e della fruizione della musica, o della comunicazione in senso lato, pensiamo ai cellulari. E’ l’esatto opposto.
Video da una parte, dall’altra MP3, internet e cellulari di lì a poco tutti disponibili, sono tecnologie rese possibili e frutto di una trasformazione della sfera pubblica che è in atto ed in rapidissimo sviluppo nei ‘90s. Una rivoluzione della sfera pubblica epocale ed irreversibile che si concretizzerà pochi anni dopo con i blog ed il music sharing e che farà crollare l’industria discografica. Prima cadono i muri e poi la gente comunica liberamente.
Se su MTV all’epoca di Thriller vi erano programmi che occupavano l’intera notte del sabato mostrando, a telecamera fissa, una moltitudine di ragazzi mentre ballano un dj-set, all’epoca di Dangerous vi sono in atto i primi forti segnali di reazione, di una dissoluzione della sfera pubblica della comunicazione, rimpiazzata da un uso personale della fruizione di contenuti: la gente si siede al pc tutti i giorni, le informazioni vengono stipate in Cd, il senso esasperatamente glamour (se non addirittura trash) di certa parte degli anni ’80 è definitivamente cessato.
Un ultimo appunto introduttivo, fondamentale e che a questo punto può sembrare paradossale con quanto detto poc’anzi: sono i ’90 che recano con sé l’etichetta della globalizzazione, asserzione che va di portata ben al di là del semplice dato musicale.
Ben lungi da potere affrontare in una riga l’argomento di libri interi di critica musicale, nei secoli a venire gli anni ’90 saranno indicati come l’epoca di creazione di una mediatizzazione planetaria, dove l’elemento tecnologico è l’approdo naturale che consente di accogliere e fruire l’ipertrofica ascesa di innumerevoli mode, culture, ad ognuna delle quali corrisponde un (sotto)genere pop ben preciso.

E MJ ? Bè, lui nel 11991 è il N. 1. Il re delle vendite, quantomeno.
La domanda è: può il re degli anni ’80 mantenere lo scettro in un tempo completamente diverso e in fase di rivoluzione, come quello dei ’90?
Se c’è una domanda forse c’è anche la risposta, prima però facciamo un passo indietro, e stavolta andiamo specificamente a MJ.
Esile, infantile, umile e controverso quando intervistato, aggressivo e strafottente quando balla, nervoso e sexy quando canta, la formula vincente di MJ è nota a qualunque abitante nel pianeta terra nell’anno 1991.
La rendita di Thriller e Bad dovrebbe garantire il successo a MJ. Si direbbe facile a dirsi. Ma fare un disco nel 1991 non è facile; farlo nelle condizioni di MJ il quale deve bissare i successi di Bad e Thriller è una missione al limite dell’impossibile.
Di qui prende le mosse Dangerous, dove il titolo rivela la propensione di MJ per la drammatizzazione, costante che accompagna sempre e da vicino la vita del cantante. Qui il titolo è azzeccato e la sensazione che portano con sé le 14 tracce del disco è che MJ affronti con coscienza la propria missione: affrontare aspettative della propria audience, che è necessariamente globalizzata ed indifferenziata, come sopra ricordato.
Non voglio anticipare un giudizio, ma se l’obiettivo di MJ è quello di venire incontro al proprio pubblico e di incontrare il tempo che cambia, Dangerous diviene una risposta quasi obbligata, e non mi pare casuale più nulla nella vita e nella musica di MJ. Forse MJ ha sempre guardato il segno dei tempi, molto più di quello che la critica più severa è disposta ad attribuirgli. Forse non si può giudicare severamente un comportamento necessitato. MJ doveva piacere a tutti ed i suoi dischi dovevano assolvere questa funzione.

Hic sunt leones
Jam è il biglietto da visita di Dangerous: una intro dal valore programmatico, con un asciutto algido fascino ritmico che è costituito da un’intensa drum pattern, scandita esplosivamente al volgere ciclico delle battute.
Il pezzo mostra subito dove va a posare lo sguardo di MJ. Niente post rock, niente grunge, nessun abbraccio di ciò che pare esplosivo al momento sulla scena musicale. Quella che poteva sembrare una incomprensione da parte di MJ all’epoca, si rivelerà una chiarissima visione del pop di lì a 20 anni. E oltre, perché al tempo in cui scrivo queste righe sulla scena musicale non vi è traccia di superamento di ciò che Dangerous mette in scena: una “jam” di dancefloor. Ed il sincretismo di generi diretti alle dancefloor sarà per gli anni a venire il pop vincente nelle chart universali: una commistione indefinibile di generi dove l’elettronica e l’hip hop saranno protagonisti, declinando –vedi sopra- in una miriade di sottogeneri.
Tutt’altro destino per il post rock, oppure il grunge ed altri movimenti, arrivati come un tornado a sconvolgere le classifiche americane e poi di mezzo mondo: questi passeranno altrettanto velocemente così come sono venuti, lasciando un ricordo tra macerie che nessuno oggi pare rimpiangere. E’ agli Einsturzende Neubaten che guarda MJ, non ai divi pop degli anni ’80. La cosa non può passare inosservata, perché MJ fa citazioni dirette, non causali, trattandosi di produzione accuratissima.
Si diceva dell’intensità ritmica di JAm: in realtà si tratta di un pezzo misurato, scandito da un numero di bpm molto contenuto e sincopato in modo da consentire a Mj di inserire i tipici urli e sospiri in levare ed in falsetto, così da lasciare la propria tipica ed universale impronta. Anche in questo caso, il brano ha acquistato con il tempo un valore diverso dal significato originale, trasformandosi in una melodia da ricordare con nostalgia, piuttosto che un pezzo funzionale ai dancefloor.
MJ interpreta con il solito stile affannato e nevrotico la melodia che cerca di rimanere il più possibile su una sola nota, dando forza alla nevrosi urbana che contraddistingue tutto l’album. I rumori scelti per il collage sono del resto in linea con la tinta cupa dell’intero album: questo prende le mosse con un vetro rotto e gli inserti concreti paiono ricordare un ambiente sonoro che è quello della periferia urbana americana. Le premesse sono intese a graffiare, ma l’inserto più tipicamente hip hop è lontano mille anni luce dal gangsta rap che proprio in quel momento vede gli albori e che accompagnerà nel ’92 le rivolte suburbane in america. Scelta condivisibile o deprecabile a seconda dei punti di vista, MJ sceglie una via di mezzo con un approccio intenzionalmente morbido alla prevedibile rappata. Questa poi appare più sofisticata rispetto alla complessiva interpretazione del brano, più grezza, forse a rimarcare la propria incisivissima performance.

Why You Wanna Trip On Me
Scompare lo scratch di Jam, ed appare una chitarra con compressore dal suono morbido che si produce in una paio di scale. Ma non c’è intenzione di stupire: l’assolo annuncia un pezzo tipicamente jacksoniano. Da tempo ho la convinzione che la forma canzone scelta da MJ non sia quella tipicamente convenzionale costituita da chorus bridge, beatlesiana per intenderci, ma quella dylaniana, per così dire: Strofa-Ritornello. La scelta di una struttura di forma-canzone si riverbera sulla differente strategia del piacere. E why you wanna trip on me è esattamente così: la forma canzone è quella esplosiva, S-R, e fa durare le canzoni ben oltre 6 minuti. Ne tengano conto coloro che ritengono che solo chi ha pretese artistiche possa spingersi oltre i 4 minuti. Catturare l’attenzione è una tattica complessa, ma chi sta dietro a MJ non è nato ieri: il pezzo a ben vedere ha l’intro in simil heavy metal, un tempo di attesa di sedici battute prima della comparsa delle strofe cantate. L’indugio è intenzionale e le strofe se ne stanno rigorosamente in minore, come da copione, in attesa di arrivare alla tonica, cosicché dopo tanta attesa, quando il basso comincia a salire e l’armonia ci porta alla dominante, compaiono finalmente i sintetizzatori a dare pace all’ascolto. Questi poi sembrano quelli presi da tanto synth pop degli anni ’80 (non sembrano esattamente quelli di view to a kill dei duran duran?? chi se la ricorda?) cosicché, quando arriva il chorus, il senso di ansia generato dalle strofe sussurrate viene stemperato da armonie assolutamente ipnagogiche. Una considerazione: anche se MJ fosse una star prodotta dall’industria discografica, come sostengono i detrattori di MJ, cosa cambia? Ci sono sofisticatissime soluzioni, come qui, tali da soddisfare ogni tipo di ascolto. Quello proprio dell’ascoltatore distratto, in cerca di un motivo da canticchiare, ae quello di chi, piegato in due su sé stesso e con le mani sulle cuffie, cerca di cogliere e separare tutti i suoni di un pezzo. Si possono fare critiche, certo. Se solo avesse osato premere sull’acceleratore, se solo avesse puntato di più sull’effetto ipnotico delle strofe, se solo avesse sottratto qualcosa da uno spettro musicale esageratamente ricco, se solo se solo…Ma il disco perfetto non si crea, lo si porta giù dalla dimensione dove sta già.

In The Closet
Intro come da aspettative, questa volta lussureggiante sezione di archi, ed una trama ritmica che ricorda molto da vicino il pezzo che precede. Ancora una volta, il pezzo è estremamente curato. Basti dire che, come da copione, il titolo viene dall’hook del ritornello. Fin qui tutto normale. Il punto è che l’hook se ne sta nascosto al termine di uno dei diversi momenti narrati e quando viene è all’improvviso, recitato più che cantato, e così il climax del brano è declinato in modo da sorprendere. Nella coda ritornano gli inserti sonori che hanno l’effetto di controbilanciare, quale contraltare, la tendenza del pezzo a virare verso soluzioni pericolose zuccherose. In effetti è la voce di MJ a dare compostezza ad un arrangiamento altrimenti esagerato nel pathos. Si tratta di un pezzo che guarda agli anni ’80 da vicino. E forse proprio per questo Keep in The Closet può raccogliere i maggiori consensi della critica, godendo oggi di quell’onda lunga che abbraccia i generi Urban, il nuovo apprezzamento per il pop ‘80s (“lo sdoganamento”), anche quello più trash.

A questo punto viene da chiedersi chi o cosa ci sia dietro (o a fianco) di MJ. Con She Drives Me Wild finalmente riconosco qualcosa di deja Vu per le mie orecchie: parte il pezzo e sento l’inizio di Autobahn. La stessa accensione di un motore. Non simile, si badi bene: identica. Ora cosa ci facciano i tedeschi Kraftwerk del 1974 in un disco della più grande star internazionale negli anni ’90, che si rivolge a tutto un altro pubblico è presto detto. Qui qualcuno gioca sporco e riproduce soluzioni assolutamente alternative dandole in pasto ad un pubblico universale. Certo, è passato il tempo che tutto distrugge e rende inoffensivo ciò che prima aveva senso e significato diverso: come le ragazzette che indossano gli stivali punk per andare in centro il sabato. Non è un furto, si tratta di citare e prendere a prestito. Sono i Kraftwerk a ringraziare, suppongo. Fa sorridere che il motore acceso là servisse per sottolineare la componente meccanica delle canzoni, qui per conferire l’aura di “strada”, coessenziale ad un pezzo di hip hop, quale cultura urbana. Stesso suono, due finalità diverse (due pubblici diversi? Non più direi, da quando c’è internet e il file sharing) Detto questo, si tratta di un pezzo dance dalle pulsazioni regolari e dal timbro melodico. Le semplici armonie di MJ sembrano perfettamente adattarsi ad un pezzo che è certamente più sereno e convenzionale di quelli precedenti. Tutto sommato direi che molti l’amino, visto che la semplicità è un dono. Ma non so, si tratta di pura illazione.

Il quinto pezzo è Remember The Time, che inizia parendomi If I ever lose my faith in you di Sting. “Deo gratias, non è sting” proseguo , rinvenendo dallo shock e mettendo via una serie di brividi di terrore. In effetti, l’involontario lapsus mi convince su una certa seminalità da parte di questo brano da classifica. Vibranti armonie, un beat incisivo. MJ canta sempre strillando, accenna a beatbox, ci mette arte e mestiere, tutto suppongo per costruire un brano diretto al N. 1 delle chart. A pensare male si può aggiungere che c’è molto manierismo ed un pelo di ripetitività che tende alla lunga ad annoiare. Ma la fruizione del brano è immediata e la capacità di creare melodie del marchio MJ pare immutata dai tempi di thriller.

Dopo una breve intro che non riesco ad inquadrare bene e che mi pare il pop cosmico dei Popol Vuh di Hosianna Mantra i (ma è un caso che MJ si rifaccia all’elottronica tedesca, capostipite dell’intero genere? Ne dubito) inizia Can’t Let Her Go Away, che credo di non avere mai sentito prima. Ma dovrei dire lo stesso per Why you wanna trip on me. Ancora una volta mi si presenta quello sciame ritmico che risulta a questo punto omogeneo all’intero album. Ovvero quello che ho letto sulle critiche essere un “tappeto sonoro” per tutto Dangerous: intricato ma costante. Il brano è un ibrido fra un pezzo tipicamente dance anni 70’ per armonie ed arrangiamento, mischiato ad una ritmica aggressiva, fra scratch ed esplosioni al sintetizzatore, che non lascia dubbi sull’intento di mixare la soluzione vintage con il nuovo. Per una volta la voce di MJ non se ne sta sopra la strumentazione, ma si confonde con questa ed è una buona intuizione. Nel chorus MJ prima va in falsetto e poi produce le solite consumate armonie, ma si tratta di un ritornello che non risolve l’ansia armonica portata dalle strofe. Il risultato è un pezzo che ha solo movimento orizzontale, omogeneo, tutto sommato atipico nella concezione per un prodotto mainstream e non riscontrabile altrove su Dangerous, perfettamente inquadrabile nell’esigenza di essere un esercizio dance, sottratto dalla necessità di un capo e di una coda.

E poi c’è Heal The World. Che è vibrante come la voce di MJ per questo brano, tra i più famosi della sua discografia. Si tratta di un pop che non richiede presentazione. Chi mi conosce, chi conosce la persona reale che risponde e sta dietro al nome presuntuoso di Mark Lanegan, sa che preferirei mangiare un merluzzo crudo, ancora vivo, con l’occhio azzurro e l’amo ficcato in bocca, piuttosto che ascoltare un brano del genere. Farlo due volte di fila, mi porta diretto ad usufruire dei servizi di Pronto Soccorso. Quando parte il coro finale mi si elettrizzano perfino i capelli e mi pare perfino di vanificare il moment che ho preso per combattere la consueta emicrania del weekend. Ma ok, chissenefrega del recensore. Quello che onestamente va detto, indossando per un breve attimo la toga del critico, è che MJ ha l’irrepetibile dono di confezionare incisi anche di 15 – 20 secondi di assoluta perfezione melodica che se la sognano perfino Bacharach, Gershwin oppure gli XTC. Il risultato complessivo presenta però, ancora una volta chiari e scuri. Da un lato la linea melodica così come detta, dall’altro un’assoluta ridondanza di forma e addirittura di contenuti. Di forma, perché dalla voce del bambino, al suono da piano bar delle tastiere, al vibrato della voce di MJ, alle armonie cacofoniche, tutto contribuisce a creare un arrangiamento troppo ricco e barocco. Di contenuto, perché una popstar dovrebbe sempre sottrarsi all’accusa di mancanza di autenticità. E Heal the World è un messaggio che racconta la sfera pubblica del dover essere, ma la popular music è una forma di comunicazione confidenziale, che dovrebbe consentire il risparmio di energia psichica, proprio come una risata, per cui f**k the world funziona più e meglio che “vogliamoci bene”. E ciò a prescindere da ciò che poi, tolte le cuffie, si vada a fare nel mondo reale. Questo proprio perché il divertimento è, per stesso etimo, qualcosa che va a divergere con la sfera pubblica di ogni individuo. E fa sì che se Albano parla di ecologia, per dirla come Grillo, allora io vado ad inquinare il Polo Nord (ecologia Albano? Con quello che la natura ha fatto a lui?)

Track n. 8, Black and White. Francamente va tutto bene così, chiediamo pure ai grandi artisti del rock alternativo di scendere a competere con MJ su questo piano di puro intrattenimento per vedere chi esce con le ossa rotte. 3:15 ed il suono non è sovrabbondante come nel resto dell’album. Fosse stata un minuto più breve, sarebbe stata perfetta. Perfino MJ non sente la necessità di cantarla caricandola con un’interpretazione pesante e la lascia brillare di propria luce. La canzone si regge sul riff di una chitarra con un probabile effetto di delay/chorus ed è di immediata presa. Sulla capacità di creare melodie di MJ vada quanto detto sopra, e per una volta anche il middle eight è sullo stesso livello. Si tratta di un pezzo costruito attorno ad un riff ed una strofa, e ciò attrae le antipatie di tutti i critici seri, per cui se non c’è una dissonanza non vale la pena di sentire nulla. Ma il pop si accompagna splendidamente a soluzioni così immediate.

Lo sforzo di MJ di piacere ad ogni persona e ad ogni costo comporta che a Black and white segua, un pezzo di segno diverso. Who Is It prende le mosse da un intro onirica ma presto (non è una sorpresa) espone un cupo beat ed un giro di basso che pulsa sopra ogni altro strumento. Buone le pause nel pezzo, i fiati molto meno. In generale la scelta degli arrangiamenti è di quelle discutibili, destinate a dividere.

N. 10, Give In It To Me è costruita attorno ad un arpeggio tipicamente anni ’80. Qui si tratta di un’operazione pericolosissima per MJ il quale veramente ha inteso fare un pezzo per ogni tipo di audience. Peraltro, ad onore del vero, la melodia ed il suono spingono la canzone in un pericoloso genere che assomiglia più a quello di Bon Jovi che a quello dei guns and roses per i quali slash è stato probabilmente ingaggiato. Potrebbe essere una canzone per cui si potrebbero vantare gli Europe a fine anni ’80. MJ la interpreta pure bene ma il senso ultimo è che MJ non possa fare tutto e per tutti. Sono sicuro che abbia fornito e riempito le aspettative di qualche milione di persone non necessariamente interessate all’hard rock, ma fare questo tentativo nel momento dell’esplosione del grunge è veramente qualcosa di “dangerous” ed ha segnato l’arretratezza del brano sotto questo profilo. Forse suona meglio oggi che al tempo.

Con Will You Be There la voce ritorna immediatamente vibrata ed l’interpretazione soul pare ben congegnata. Almeno l’arrangiamento dapprima non pare troppo ingombrante e non vi è l’effetto surround che opprime quasi tutto l’album con risultati alterni. Se non possono farsi critiche alla linea melodica, come al solita ispirata per almeno metà brano, da un certo punto in poi MJ si fa francamente prendere la mano, parte per la tangente e finisce con un parlato singhiozzante francamente imbarazzante per chi crede nell’understatement come forma di manifestazione del dolore. La rappresentazione del dolore in quanto finzione scenica è addirittura incomprensibile e mi ricorda certe arie della canzone popolare italiana. E’ mia personale convinzione che in Mj convivano congiuntamente anime diverse ed idee decisamente positive ed altrettanto negative. In realtà, trattandosi dell’artista più amato degli ultimi anni, il saldo è essenzialmente positivo, certo non mi riesce strano comprendere perché molta gente l’abbia denigrato in vita. Peccato perché la parte simil-gospel avrebbe potuto essere sviluppata efficacemente, forse semplicemente togliendo invece che abbondando.

Keep The Faith. Inizia come un pezzo ‘synth pop 80’s, ma per fortuna MJ presto si ferma e parte un ritmo pulsante. Ma si tratta perfino di una falsa partenza e la canzone ritorna indietro con un ottimo senso dell’architettura complessiva. E quando riparte trova finalmente il bridge più ispirato dell’intero album, che finalmente scende di quel mezzo tono dovuto alle leggi dell’armonia e che consente mille possibilità diverse di declinare efficacemente la sua conclusione. In effetti MJ a quel punto non si lascia perdere l’occasione ed il coro che fino al bridge forniva delicati accompagnamenti armonici, surrettiziamente si trasforma in un oratorio gospel. E finalmente, mi ripeto. La canzone vive di due o tre momenti trascinanti e, ancora finalmente, c’è qualcosa che fa dire chapeau, come quando il coro in contrappunto su MJ aumenta di volume. A trovare il pelo nell’uovo, Keep The Faith è cantata senza soluzione di continuità dall’inizio alla fine. Siamo di fronte al mondo, non di fronte ad una platea tipicamente mediterranea ed abituata all’opera. Probabilmente MJ è consapevole dell’efficacia del pezzo e ci starebbe sopra un mese intero se potesse. Peccato, perché sono gli stop le cose più potenti della canzone. Ma si tratta di appunti marginali, e per quanto si tratti di un pezzo secondario di MJ (non a caso la massa rifugge), si tratta di una produzione estremamente convincente.

Mi ha dato fastidio staccare da Keep the Faith e trovare il pezzo n. 13, Gone to Soon. Lo recensisco al volo mentre lo sento la prima (e unica volta). A me pare un riempitivo ed il timbro del piano fa rammentare un piano bar più che un ambiente onirico. Non basta essere ispirati quando si canta, e se le note sono lunghe una battuta intera… hai voglia a mettere del genio: semplicemente ti sei tagliato ogni possibilità di fare qualcosa di originale. Ha il pregio di durare molto poco e questo mi fa pensare che si tratti di una sapiente mossa nel layout dell’intero album.

Dangerous, il famoso midtempo, come avevo letto sulla mia rivista preferita online. Il commiato di MJ ha il beat che contraddistingue l’intero album. Non sarebbe nulla di particolare, ma è incisivo perché è scarno e le esplosioni contenute, così da preservare l’effetto ipnotico. Addirittura la voce di MJ non è eternamente presente, confidando gli autori nelle doti autonome del pezzo.

Tempo di scuola, tempo di giudizi.
Non comprendo MJ, lo ammetto. Ma è imprescindibile per la conoscenza del pop, addirittura tutti presumiamo di conoscerlo. Io lo confesso, non ho mai sentito per intero un album di MJ. Cioè, non lo avevo fino a che un napoletano invasato mi ha costretto a scaricarmi 3 giorni fa questo dangerous e ad informarmi su questa presunta pietra miliare della musica. Io ritengo che la figura di MJ sia una fondamentale presenza dei libri di musica pop per le infinite connessioni fra musica, globalizzazione, industria discografica. Non è un caso che la vicenda di MJ si concluda con il collasso di quest’ultima, in aperto dissapore e perfino in presenza di enormi debiti da parte di entrambi. Oh basta così. A 8,50 metterei solo il mio disco preferito di musica. A Dangerous darei, ma sì, un più che discreto 7,00. Che mi pentirò tra due ore di averlo dato, per eccesso o per difetto, a seconda di come mi gira.




Hai presente la soddisfazione fisica che si prova quando si beve un bicchiere di Amarone della Valpolicella? sono certo che conosci quella sensazione.....
e provo quel tipo di sensazione, non tanto o non solo, per quello che hai scritto e per come lo hai scritto, ma la provo perchè "HO VINTO IO", per l'ennesima volta...
ed ho vinto non perchè tu hai dato un compiacente 7 a Dangerous, non credo che sia il voto reale che tu gli daresti fuori di qui, ma perchè tu, fino a ieri l'altro, ad un qualsiasi album di MJ avresti dato 4 a priori, e invece oggi, ti sei preso la briga di studiarlo, lo hai preso sul serio, lo hai considerato qualcosa di piu di un prodotto.....
capita spesso sai, d'altra parte i pregiudizi si vincono con la conoscenza....
venendo alla tua recensione, per la quale avrai attinto ad un bel pò di letteratura musicale (come è giusto che sia),a parte alcuni errori sui titoli delle song (spero nessuno voglia andare a vedere la pagliuzza nel'occhio di Mark!!!!), credo possa essere qualificata come un'analisi lucida e precisa, nonchè tecnicamente ineccepibile dell'album in questione, sono, peraltro, d'accordo su quasi tutto ciò che hai scritto, senonchè ritengo la voce di MJ un vuoto e non un pieno, sebbene sia spasmodicamente presente, ma lì è davvero solo questione di gusti....
volevo chiederti, siccome sei un fine conoscitore dell'underground...
ho letto da qualche parte che il riff di Black or White sarebbe stato preso in prestito da un pezzo alternative rock degli anni 70, se riesci a scovarlo mi piacerebbe sapere qual'è....
è vero ciò che dici di Keep the faith, dalla prima all'utlima parola, la canzone ritorna indietro, eh si è proprio così, devi sapere che, a proposito di KTF, la parte finale, venne registrata da MJ, una sera di inverno, dopo qualche ora, un tecnico del suono telefonò a mj, dicendogli che la parte in questione era andata perduta, orbene, pare che il nostro sia andato su tutte le furie, e sia scoppiato in lacrime, ma prontamente sia ritornato in sala di incisione, e abbia tirato fuori tutta la sua rabbia....
......"quello di chi, piegato in due su sé stesso e con le mani sulle cuffie, cerca di cogliere e separare tutti i suoni di un pezzo"
Quel tizio piegato in due sono io, tuttavia, l'immagine che hai dato non è del tutto veritiera, nel senso che, il mio tentativo di cogliere e separare, riesce ad essere soddisfatto anche da un semplice ascolto automobilistico, beninteso con i finestrini sigillati....
Chiudendo ti ringrazio per l'invasato napoletano, molto meglio del napoletano medio che mi avevi appioppato qualche tempo fà, ora io ho due curiosità, vorrei leggere di Off the wall, e vorrei leggere almeno su alcuni pezzi di History, in particolare, Little Susie, This Time Around, History, They don't care about us, Money e Earth Song, ovviamente quando avrai tempo e se ne avrai voglia....
in ogni caso grazie a nome mio e di tutti coloro che amano la musica
(MarkLanegan)
00lunedì 20 settembre 2010 14:59
Re: Re:
Keep the faith, 20/09/2010 9.52:




Hai presente la soddisfazione fisica che si prova quando si beve un bicchiere di Amarone della Valpolicella? sono certo che conosci quella sensazione.....
e provo quel tipo di sensazione, non tanto o non solo, per quello che hai scritto e per come lo hai scritto, ma la provo perchè "HO VINTO IO", per l'ennesima volta...
ed ho vinto non perchè tu hai dato un compiacente 7 a Dangerous, non credo che sia il voto reale che tu gli daresti fuori di qui, ma perchè tu, fino a ieri l'altro, ad un qualsiasi album di MJ avresti dato 4 a priori, e invece oggi, ti sei preso la briga di studiarlo, lo hai preso sul serio, lo hai considerato qualcosa di piu di un prodotto.....
capita spesso sai, d'altra parte i pregiudizi si vincono con la conoscenza....
venendo alla tua recensione, per la quale avrai attinto ad un bel pò di letteratura musicale (come è giusto che sia),a parte alcuni errori sui titoli delle song (spero nessuno voglia andare a vedere la pagliuzza nel'occhio di Mark!!!!), credo possa essere qualificata come un'analisi lucida e precisa, nonchè tecnicamente ineccepibile dell'album in questione, sono, peraltro, d'accordo su quasi tutto ciò che hai scritto, senonchè ritengo la voce di MJ un vuoto e non un pieno, sebbene sia spasmodicamente presente, ma lì è davvero solo questione di gusti....
volevo chiederti, siccome sei un fine conoscitore dell'underground...
ho letto da qualche parte che il riff di Black or White sarebbe stato preso in prestito da un pezzo alternative rock degli anni 70, se riesci a scovarlo mi piacerebbe sapere qual'è....
è vero ciò che dici di Keep the faith, dalla prima all'utlima parola, la canzone ritorna indietro, eh si è proprio così, devi sapere che, a proposito di KTF, la parte finale, venne registrata da MJ, una sera di inverno, dopo qualche ora, un tecnico del suono telefonò a mj, dicendogli che la parte in questione era andata perduta, orbene, pare che il nostro sia andato su tutte le furie, e sia scoppiato in lacrime, ma prontamente sia ritornato in sala di incisione, e abbia tirato fuori tutta la sua rabbia....
......"quello di chi, piegato in due su sé stesso e con le mani sulle cuffie, cerca di cogliere e separare tutti i suoni di un pezzo"
Quel tizio piegato in due sono io, tuttavia, l'immagine che hai dato non è del tutto veritiera, nel senso che, il mio tentativo di cogliere e separare, riesce ad essere soddisfatto anche da un semplice ascolto automobilistico, beninteso con i finestrini sigillati....
Chiudendo ti ringrazio per l'invasato napoletano, molto meglio del napoletano medio che mi avevi appioppato qualche tempo fà, ora io ho due curiosità, vorrei leggere di Off the wall, e vorrei leggere almeno su alcuni pezzi di History, in particolare, Little Susie, This Time Around, History, They don't care about us, Money e Earth Song, ovviamente quando avrai tempo e se ne avrai voglia....
in ogni caso grazie a nome mio e di tutti coloro che amano la musica



Uè, grazie a Te !
Hmm, sì sono stato su tutta la notte di sabato per ascoltarmi Dangerous e l'intervento l'ho infine scritto in prima mattinata. Ma ho fatto tante cose, come leggermi tutto un libro su Syd Barrett. E non è poi tanto strano per me stare su fino a tardissimo per ascoltare musica o scrivere. E sì, necessariamente ho dovuto leggere alcune cose, il più possibile sui libri che ho perché online non si trova tanto su Dangerous.
Comunque, volevo dire che il voto di 7,00 non è "captatio benevolentiae". E' la mia opinione, suscettibile di un più o meno 0,5 a seconda del momento e del criterio di ragionamento seguito. Quindi sarebbe tale anche fuori di qui ed è comunque parametrato a tutto il pop, mainstream o alternativo che sia.
Un'altra cosa ancora.
Io ho pregiudizi, come tutti. Ma cerco di ragionare. Ascoltare è ragionare, riflettere. Anche chi ama MJ di passione e dice "lo ascolto perché mi piace! MA quante menate fanno questi qui 2!! in realtà non lo sa, ma sta facendo un ragionamento. Che è tacito, implicito, ma il suono passa nel cecervello di tutti ed i meccanismi di ascolto e di piacere sono uguali per tutti. Il punto è che per passare da un suono all'altro ci vuole un'educazione e non è così semplice.
A me Keep the faith mi è piaciuta non subito al primo ascolto di giovedì notte, ma al secondo, quello di sabato notte.
Adesso, incredibilmente, ho keep the faith sul blackberry che mi fa da lettore mp3 e ieri ho ascoltato quel famoso inciso una ventina di volte.
Quindi grazie a te. Poi, devo chiedere venia per gli errori ma sono sicuro che la scheda tecnica del disco la conoscano tutti meglio di me.
Ah, vedrò per il resto! Farò quello che mi hai chiesto molto volentieri.
Ora anche io ho qualche richiesta diabolica....non è che, quando hai tempo te ne vai nell'altro thread e recensisci mgari un dsco recente, tipo....Philip Selway "Familial" (se ti piace il folk rock), oppure Robyn "Body talk pt 1 (se preferisci la pop dance? he he he...ma no dai, sono due titoli proprio affini a MJ (bè, il primo un po' meno ma volevo vedere quanto può interessarti una cosa un pelo più minimale)
ciao a presto
Keep the faith
00lunedì 20 settembre 2010 15:05
Re: Re: Re:
(MarkLanegan), 20/09/2010 14.59:



Uè, grazie a Te !
Hmm, sì sono stato su tutta la notte di sabato per ascoltarmi Dangerous e l'intervento l'ho infine scritto in prima mattinata. Ma ho fatto tante cose, come leggermi tutto un libro su Syd Barrett. E non è poi tanto strano per me stare su fino a tardissimo per ascoltare musica o scrivere. E sì, necessariamente ho dovuto leggere alcune cose, il più possibile sui libri che ho perché online non si trova tanto su Dangerous.
Comunque, volevo dire che il voto di 7,00 non è "captatio benevolentiae". E' la mia opinione, suscettibile di un più o meno 0,5 a seconda del momento e del criterio di ragionamento seguito. Quindi sarebbe tale anche fuori di qui ed è comunque parametrato a tutto il pop, mainstream o alternativo che sia.
Un'altra cosa ancora.
Io ho pregiudizi, come tutti. Ma cerco di ragionare. Ascoltare è ragionare, riflettere. Anche chi ama MJ di passione e dice "lo ascolto perché mi piace! MA quante menate fanno questi qui 2!! in realtà non lo sa, ma sta facendo un ragionamento. Che è tacito, implicito, ma il suono passa nel cecervello di tutti ed i meccanismi di ascolto e di piacere sono uguali per tutti. Il punto è che per passare da un suono all'altro ci vuole un'educazione e non è così semplice.
A me Keep the faith mi è piaciuta non subito al primo ascolto di giovedì notte, ma al secondo, quello di sabato notte.
Adesso, incredibilmente, ho keep the faith sul blackberry che mi fa da lettore mp3 e ieri ho ascoltato quel famoso inciso una ventina di volte.
Quindi grazie a te. Poi, devo chiedere venia per gli errori ma sono sicuro che la scheda tecnica del disco la conoscano tutti meglio di me.
Ah, vedrò per il resto! Farò quello che mi hai chiesto molto volentieri.
Ora anche io ho qualche richiesta diabolica....non è che, quando hai tempo te ne vai nell'altro thread e recensisci mgari un dsco recente, tipo....Philip Selway "Familial" (se ti piace il folk rock), oppure Robyn "Body talk pt 1 (se preferisci la pop dance? he he he...ma no dai, sono due titoli proprio affini a MJ (bè, il primo un po' meno ma volevo vedere quanto può interessarti una cosa un pelo più minimale)
ciao a presto




Guarda i citati, dovrò farli scaricare dal mio collega amante del Filesharing, io purtroppo sono negato.
L'inciso di KTF 20 volte???????? hahahah no non ti ci vedo proprio....
non mi hai risposto sull'amarone [SM=g27823]

P.S. Ora che l'autore del topic ha recensito, tocca agli altri eh, non è che vogliamo far morire questa discussione così.........
P.P.S. La tua recensione mi offre un diverso angolo di visuale dal quale guardare Dangerous, veramente GRAZIE!!!
Ah avrei recensito anche nell'altro topic, una cosa vecchia però....
Keep the faith
00martedì 28 settembre 2010 17:12
Lontano dalla forza dirompente del suo predecessore, del quale, tuttavia, conserva l’eleganza, Discobolo di Mirone per il successivo Bad, distante anni luce dalla potenza sonora di Dangerous, e dalle istanze personalistiche di History………..

Nella discografia di quasi tutti gli artisti che, per convenzione, vengono definiti Mainstream, vi è un Album simbolo, quasi sempre, questo feticcio, non rappresenta il punto più alto della loro carriera, pur tuttavia, l’artista in questione viene riconosciuto con quel lavoro, ed in quel lavoro…
Capitava ai Nirvana con Nevermind, capitava ai Pink Floyd con The Wall, capita a Michael Jackson con Thriller.

Il sodalizio con Jones si rafforza, questa volta però l’idea è precisa e decisa, creare un album che possa essere considerato “crossover” in una accezione solo latamente musicale del termine, che possa cioè soddisfare il gusto del popolo nero e del popolo bianco, di uomini e donne, delle più diverse estrazioni sociali, gusti, sesso, razza e religioni, persone dalle più svariate capacità uditive;


la squadra è quella di Off the Wall, il geniale Louis Johnson è al suo posto, e si sente in uno degli ingressi di basso più famosi della storia della musica, quello di Billie Jean, Paulinho da costa è li al servizio del ragazzo nero, che intanto è diventato un giovane uomo, e si sente nella sezione ritmica più affascinante dell’intera discografia di Jackson, quella di Wanna be startin’ somethin’, e poi c’è l’ormai ospite fisso Mc Artney nella tanto elegante quanto prescindibile The girl is mine, ci sono le sorelline ad accompagnarlo nel coro della frizzante P.Y.T., unico pezzo fortemente 80’ dell’intero disco, e c’è Temperton a cui ancora una volta è dovuta la Title Track, e c’è l’ospitata di Van Halen, e…. tanto altro ancora….

Tempus regit actum diceva qualcuno poco più in alto di me, e questa splendida massima processual civilistica, vale in musica, come mirabilmente spiegatoci dal nostro professore, e vale, in questo caso, per un duplice ordine di motivi, anzi molteplice, senonchè qui questa massima viene musicalmente superata.

Invero, a questo lavoro possono essere mosse critiche di vario genere, ma di certo non si può dire che, l’album in questione, rincorra i gusti del proprio tempo, in questo senso, Thriller supera i suoi coevi Purple Rain e amici vari, album, quelli, fermamente radicati da un punto di vista spazio-temporale, album questo, internazional-popolare si, e dunque non radicato spazialmente, e viepiù senza tempo e senza etichetta sonora.

Indugio perché parlare di pezzi di storia è sempre molto difficile, dietro l’angolo è sempre presente il pericolo di una banalizzazione dell’opera, e in senso agiografico e in un senso ipercritico, sarebbe facile definirlo capolavoro, ancor più facile bollarlo come sopravvalutata opera di mero intrattenimento, ma, a ben vedere, siamo semplicemente di fronte ad un disco di buona musica, che tale deve essere considerato.

Una piccola chiosa sul valore ed il senso di questo lavoro e sugli sviluppi e le conseguenze per il suo autore, tuttavia, mi deve essere concessa.

A modesto modo di vedere di chi scrive, questo Album rappresenta la gabbia dorata dalla quale MJ riuscirà ad uscire, solo parzialmente, una decina di anni dopo la sua pubblicazione, marchio indelebile di un artista che ha pubblicato decine di album, scritto centinaia di canzoni, ed ancora oggi, viene ricordato per essere stato l’autore di Thriller, limite insuperabile e mai veramente superato, lavoro capace di condizionare l’intera carriera del nostro, che si è visto costretto a non fare mai il passo più lungo della gamba……….
Come un vitello, marchiato a vita, …..macchina per fare i soldi,…. artista sopravvalutato…., oppure, paradossalmente,……… non ha mai ripetuto i fasti di Thriller,………. dopo quel capolavoro ha perso smalto….., ……….la sa musica si è sbiadita come la sua pelle………. Ed altre varie ed eventuali sentenze, sputate da chi, il resto della discografia Jacksoniana, non sa neppure come sia composta.
Ah se solo Thriller avesse venduto qualche decina di milioni di copie in meno………dico io.

Wanna be startin’ somethin’: L’album si apre in perfetta linea con la tradizione antecedente e successiva, basti pensare a Don’t stop o a Jam, l’impatto è immediato, la costruzione ritmica geniale, c’è il classico gioco di strofa-ritornello-strofa, subito incalzante, poi quasi soporifera, infine travolgente, e quando credi che il pezzo sia finito, ecco che arriva, il colpo di genio Ma ma se, ma ma sa, ma ma coo sa Ma ma se, ma ma sa, ma ma coo sa .
Dicevamo, ad un certo punto quasi soporifero, senonchè, giunge quasi inaspettata una chitarra che spacca in due la canzone, e, proprio mentre pensavi che il brano avesse detto tutto ciò che aveva da dire, arriva i primo magico cambio di ritmo, PUM PUM, e le orecchie si aprono e il cervello comincia a meravigliarsi, viene svegliato, aveva calcolato dei tempi di reazione diversi, e invece no, deve rimettersi in moto e far muovere le gambe, poi stavolta si, il cervello si è finalmente chetato, la canzone è finita, altre poche battute e poi via potrà rilassarsi, e invece no, ancora una volta no………, sembra avviarsi sui titoli di coda il ritmo, sta per finire eh invece no, riparte 5:07 apoteosi afro, vieni a me MUSICISTA DILETTANTE, vieni a me………………………………
Ah il voto mi ero perso nel ritmo tribale sorry, 9,5



Baby be mine: Dopo lo stravolgimento ritmico del precedente brano era necessario inserire qualcosa di gradevole, non stucchevole, frizzante, leggero, divertente, un Funkettino come diceva qualcuno prima di me, si gradevole, in parte ovvio, senza le dissonanze che piacciono tanto a molti me compreso, un pezzo con poche pretese, ma un interpretazione vocale davvero di altri tempi, altri tempi non rispetto ad oggi ma rispetto al 1983,
Voto 7


The girl is mine: La coppia si riunisce ancora, stavolta a scrivere è MJ, il risultato è decisamente superiore a Girlfriend, tuttavia, a parte l’eleganza sonora ed interpretativa poco vi è da salvare in questo brano, voto l’eleganza 6


Thriller: “Per gli effetti sonori di Thriller ci siamo ispirati ai Pink Floyd” parole di MJ tratte da una intervista del 1987, io non è che li senta i PF in Thriller, ma se lo ha detto lui sarà vero.
Interessante è di certo l’inserimento dei rumori introduttivi, che lungi dal poter essere considerati una innovazione musicale, sembrano comunque ben sistemati nel tutto, un tutto che gira intorno ad un basso quasi dark, lo stesso di BJ, non esasperato, calmierizzato, nell’arrangiamento per il Bad Tour viene, invece, dato libero sfogo a questo basso, e i risultati si sentono e si apprezzano, se dovessi votare la versione live gli darei 8,5, cinematografica la voce di Price, e rende il pezzo immortale, forse ancora più del video stesso, e la risata finale, bollo e marchio del vitello poi mandato al macello
Dicevo dell’8,5 della versione live a questa non posso dare più di 7

Beat it: “E qui giungon le dolenti note” direbbe qualcuno, la definii come l’unico pezzo davvero innovativo dell’intera discografia Jacksoniana, e forse lo è stata davvero, non perché questo rappresenti il primo esempio di crossover, lungi da me pensare questo, ma ritengo che questo sia il primo esperimento di Crossover giunto alle masse, adoro la chitarra ritmica di Lutakher forse di più dell’assolo di Van Halen, che comunque risulta essere di pregevole fattura, bussano alla porta…….. …………aprite, voto 8


Billie jean: Qui è stato definito da illustri forumisti, che oggi non scrivono più il pezzo perfetto, io non amo la perfezione in musica e neppure credo che esista, tuttavia qui tutto e si preciso, deciso e conciso, sintetizzato direi, studiato, il risultato è una pagina di storia, inutile prenderci in giro. L’ingresso di basso, l’ingresso delle tastiere, l’ingresso della voce, tutto sembra avere un senso estetico ben preciso, la voce segue cadenzando il basso, lo crea in un certo senso, ed una spiegazione c’è, è una creazione di Beat Box, MJ non l’ha scritta ma l’ha cantata, uscita dalla sua bocca non dalle sue mani, poi c’è un lavoro di arrangiamento a dir poco funambolico, gli archi e le chitarre sono una goduria per chi vuole scindere un pezzo, così come da godere è la chitarra finale che ti riporta sulla terra……..
Preciso da ultimo che non è il mio pezzo preferito di MJ, il mio voto è 8,5

Humane Nature: Carino “electropop” tra virgolette eh Professò, targato Porcaro-Bettis, interessante e molto il testo, notevole l’interpretazione che nel live sfiora l’apoteosi mistica, per il resto null’altro a che pretendere, e abbandono del giudizio ex-art. 309 c.p.c., voto 6

P.Y.T.: Divertentissimo funk dal retrogusto 80’, le sorelline nei cori, una interpretazione lieve e fresca, il parlato iniziale è affascinante così come le battute incisive di inizio suono, è lieve e fresco il ragazzo come ai tempi di Off the wall, la mano di Q. si sente tutta e ciò nonostante il pezzo non è per nulla banale, sarà merito della voce metrica del nostro, che tutto ingoia e rigurgita e ci restituisce abbellito, una nota di merito alla chitarra, voto 7,5

The lady in my life: Una canzone d’amore, presagio di altre, che non sempre la eguaglieranno, ha il pregio di non essere 80’, ha un bridge elegante, affascinante, e sentito, un piacere per le orecchie di chi vuole anche rilassarsi con la musica, anche qui una nota di merito alla interpretazione e alla chitarra Hawaiana che dovrete sforzarvi di trovare da soli questa volta……….voto 7


Con questa ho recensito tutti gli album Sony-Epic, non considerando BOTDF come un album, essendo quello un album di remix, io la mia parola l’ho mantenuta adesso tocca agli altri mantenere la loro.
rossijack
00mercoledì 29 settembre 2010 12:55
E' vero che la valutazione e' personale,ma ,dopo tanti elogi,stavolta ti bastono,kEEP:un 6 a HUMAN NATURE non l'accetto!E' tra le sue canzoni piu' belle,quei WHY?,a seconda del momento che sta vivendo MJ,sono di stupore,meraviglia,dolore,disperazione come nel TII!!Se si ascolta in cuffia con attenzione,la parte piu' bella ,secondo me,e' il canto inframezzato dai sospiri,oltre all'interpretazione fantastica sia live che registrata.E' vero,live si arriva all'apoteosi mistica,credo sia stata una delle preferite del suo repertorio,visto che e'stata inserita in ogni tour.A me piace molto anche una cover che ne fece un gruppo al femminile,un po' disco.
Condivido il 9.5 per WBSS,un sound sempre attuale ,impossibile rimanere fermi!
shamona
00mercoledì 29 settembre 2010 13:50
Re:
rossijack, 29/09/2010 12.55:

Un 6 a HUMAN NATURE non l'accetto!E' tra le sue canzoni piu' belle,quei WHY?,a seconda del momento che sta vivendo MJ,sono di stupore,meraviglia,dolore,disperazione come nel TII!!Se si ascolta in cuffia con attenzione,la parte piu' bella ,secondo me,e' il canto inframezzato dai sospiri,oltre all'interpretazione fantastica sia live che registrata.E' vero,live si arriva all'apoteosi mistica,credo sia stata una delle preferite del suo repertorio,visto che e'stata inserita in ogni tour.



[SM=x47932] , e no , 6 a HN proprio no ... [SM=x47982] !

Keep the faith
00mercoledì 29 settembre 2010 16:49
Re:
rossijack, 29/09/2010 12.55:

E' vero che la valutazione e' personale,ma ,dopo tanti elogi,stavolta ti bastono,kEEP:un 6 a HUMAN NATURE non l'accetto!E' tra le sue canzoni piu' belle,quei WHY?,a seconda del momento che sta vivendo MJ,sono di stupore,meraviglia,dolore,disperazione come nel TII!!Se si ascolta in cuffia con attenzione,la parte piu' bella ,secondo me,e' il canto inframezzato dai sospiri,oltre all'interpretazione fantastica sia live che registrata.E' vero,live si arriva all'apoteosi mistica,credo sia stata una delle preferite del suo repertorio,visto che e'stata inserita in ogni tour.A me piace molto anche una cover che ne fece un gruppo al femminile,un po' disco.
Condivido il 9.5 per WBSS,un sound sempre attuale ,impossibile rimanere fermi!




Eh hai ragione, ma sai, ognuno ha le proprie idee, e io proprio non ci riesco a non dire quello che penso, a questo aggiungi che sono stato letteralmente fagocitato da Thriller nell'utlima settimana, e che tutto l'album ad un certo punto mi sapeva di fritto, tranne WBSS, ma sono momenti, cose passeggere, ho provato in ogni caso ad essere quanto piu possibile obiettivo, forse qualche 0,5 in meno è capitato, forse anche 1 nel caso di HN ma non di piu.
Pensa che sono stato talmente fagocitato da Thriller, che l'effetto è stato una voglia di contrasto assoluto, e per soddisfarla, stamattina ho portato cone me un album di Ella Fitzgerald ed uno dei Rage Against the Machine, ho detto tutto!!!!!
Esigenza pienamente soddisfatta dai predetti, comunque!!!
rossijack
00mercoledì 29 settembre 2010 17:31
Human nature Bad tour per me e' la migliore versione,sia per la voce,sia per come si muove ,ce l'ho tra i preferiti,a me fa venire i brividi!
Keep the faith
00mercoledì 29 settembre 2010 17:41
Re:
rossijack, 29/09/2010 17.31:

Human nature Bad tour per me e' la migliore versione,sia per la voce,sia per come si muove ,ce l'ho tra i preferiti,a me fa venire i brividi!




Sono d'accordo con te sul live, ho avuto l'onore di assistere dalla distanza di metri 7 circa alla interpretazione nel Dangerous Tour, apoteosi mistica è la definizione piu adatta.
Detto questo il mio giudizio sulla traccia vinilica resta quello, 6 o al massimo, in momenti di particolare esaltazione, 7
rossijack
00mercoledì 29 settembre 2010 17:54
Re: Re:
Keep the faith, 29/09/2010 17.41:




Sono d'accordo con te sul live, ho avuto l'onore di assistere dalla distanza di metri 7 circa alla interpretazione nel Dangerous Tour, apoteosi mistica è la definizione piu adatta.
Detto questo il mio giudizio sulla traccia vinilica resta quello, 6 o al massimo, in momenti di particolare esaltazione, 7

[/POSTQUOTE


Quella del Dangerous mi piace meno,la migliore per me e' quella,ma li',in quel concerto del Giappone,e' il miglior MJ.
Rispetto il tuo parere,ci mancherebbe! [SM=g27823]
Keep the faith
00mercoledì 29 settembre 2010 17:57
Re: Re: Re:
rossijack, 29/09/2010 17.54:

Keep the faith, 29/09/2010 17.41:




Sono d'accordo con te sul live, ho avuto l'onore di assistere dalla distanza di metri 7 circa alla interpretazione nel Dangerous Tour, apoteosi mistica è la definizione piu adatta.
Detto questo il mio giudizio sulla traccia vinilica resta quello, 6 o al massimo, in momenti di particolare esaltazione, 7

[/POSTQUOTE


Quella del Dangerous mi piace meno,la migliore per me e' quella,ma li',in quel concerto del Giappone,e' il miglior MJ.
Rispetto il tuo parere,ci mancherebbe! [SM=g27823]




Si ovvio che la migliore è quella del Bad Tour ma ero un bambino all'epoca, mi accontento di aver assistito dal vivo a quella del Dangerous, il che non è poco fidati
Miles75
00giovedì 30 settembre 2010 17:24
Come è già stato scritto, l'elemento principe di Off the wall è la gioia, la gioia di ballare, di vivere e godere la musica e l'amore, che prorompono dal sorriso della copertina, dalle note e dai testi.
Un album che è tanti stili, funky, dance, soul, ma mirabilmente amalgamati in modo da comporre qualcosa di armonico, senza stonature.
Un album che tocca in alcuni pezzi dei vertici assoluti della produzione di Michael, e, non so se sia la mia personale ammirazione per l'artista che obnubila le mie capacità di giudizio (ma non credo), o l'effettiva realtà delle cose (credo).. . perché essi corrispondono a quelli firmati dal Nostro... e tutto questo già in apertura, Don't stop til you get enough: un pezzo dal sound irresistibile senza essere stereotipato, un arrangiamento unico nell'album, bridge importante per lo stacco del timbro e per la durata, un falsetto mai stucchevole, chiusura con sottofondo ritmico in primo piano e dissolvenza della voce, anche questa soluzione unica nell'album. E la chicca degli urletti di Michael proprio quando il testo suggerisce l'imbarazzo del giovane nell'esplicitare l'abbandono (anche fisico) all'amore... una reticenza.
Per non parlare di Working day and night, pregevole il ritmo funky senza sconti, per la preziosità e la ricchezza degli arrangiamenti, impreziositi dall'uso ritmico e impeccabile che Michael fa della sua stessa voce e del suo beatbox: a seconda dei momenti risultano prevalere all'orecchio ora i fiati, ora la batteria, ora la chitarra, ora il basso.... non ci si stufa mai ad ascoltarla.
Get on the floor segue a ruota, e qui ancora ritmo, ancora beatbox , questa volta divenuto vero e proprio strumento, tuttavia è il basso a farla decisamente da padrone: pesante, “voluminoso”, eppure gradevolissimo.
Sono questi i pezzi che portano il guizzo del genio, così difficile da definire tecnicamente....

Rock with you e Off the wall rimangono appena un po' dietro, ma comunque di alto livello.
Nel primo, elegantissimo, è interessante il testo, poiché si fondono inno alla danza e abbandono all'amore, l'una trapassa nell'altro... anche il ritmo, più morbido, sembra rifletterne il significato.
Off the wall è un buon pezzo, accattivante il groove, solo è l'esecuzione strumentale che paga un'eccessiva “compostezza”, non se ne avverte la stessa imperiosa presenza dei pezzi precedenti... ed è quindi la voce di Michael a dettare spesso il ritmo.

Da questo punto in poi il livello è leggermente in discesa (sebbene la qualità esecutiva sia costante fino alla fine). D'altronde, difficile mantenere il livello dei pezzi della perfezione (o quasi)... ed è questo forse la sua unica pecca strutturale.
Fanno eccezione She's out of my life e Burn the disco out, il primo un lento ben interpretato, parrebbe anche sentitamente, e dalla durata limitata, di modo che il messaggio risulta concentrato e non diluito inutilmente; il secondo la degna chiusura dance dell'album che con la dance si era aperto. Pur senza regalare l'impatto del brano di apertura, è un buon pezzo, arrrangiato in modo mooolto interessante, per la sovrapposizione parziale dei piani delle voci, tra l'altro dal timbro diverso, per il rapporto tra basso e fiati, quello cadenzato anche se potente, questi trascinanti.

Girlfriend sembra non sapere che groove prendere... la variatio appare indecisione.. così anche il significato, l'ironia non decolla e rimane velleità... anche se il disprezzo riservatole da molti sembra un tantino eccessivo.
I can't help it ha un sound elegantissimo, grazie all'esecuzione strumentale misuratissima, nella strofa, dove la voce di Michael sembra trattenersi nella potenza proprio per rispettarne l'eleganza... che però si perde alquanto nel ritornello, che sembra voler inseguire un groove trascinante per forza. Molto bella la voce ritmata di Michael e i brevi insetri di beatbox nella parte precedente l'ultima ripetizione di ritornello (bridge?), quando essa sembra fare il verso agli strumenti, e l'elevazione del tono nella parte finale dell'ultimo ritornello.
It's the falling in love, il duetto dell'album, appare interessante nelle strofe, anche per la morbidezza della voce dell'interprete femminile, e quando le voci dei duettanti si sovrappongono,epperò risulta scontata nel ritornello, né particolarmente sorprendente nell'arrangiamento.


Voti.
Don't stop til you get enough: 9
Rock with you: 8,5
Working day and night: 10
Get on the floor: 10
Off the wall: 8
Girlfriend: 5
She's out of my life: 8
Can't help it.: 7
It's the falling in love: 6,5
Burn the disco out: 8
Keep the faith
00giovedì 30 settembre 2010 18:08
Re:
Miles75, 30/09/2010 17.24:

Come è già stato scritto, l'elemento principe di Off the wall è la gioia, la gioia di ballare, di vivere e godere la musica e l'amore, che prorompono dal sorriso della copertina, dalle note e dai testi.
Un album che è tanti stili, funky, dance, soul, ma mirabilmente amalgamati in modo da comporre qualcosa di armonico, senza stonature.
Un album che tocca in alcuni pezzi dei vertici assoluti della produzione di Michael, e, non so se sia la mia personale ammirazione per l'artista che obnubila le mie capacità di giudizio (ma non credo), o l'effettiva realtà delle cose (credo).. . perché essi corrispondono a quelli firmati dal Nostro... e tutto questo già in apertura, Don't stop til you get enough: un pezzo dal sound irresistibile senza essere stereotipato, un arrangiamento unico nell'album, bridge importante per lo stacco del timbro e per la durata, un falsetto mai stucchevole, chiusura con sottofondo ritmico in primo piano e dissolvenza della voce, anche questa soluzione unica nell'album. E la chicca degli urletti di Michael proprio quando il testo suggerisce l'imbarazzo del giovane nell'esplicitare l'abbandono (anche fisico) all'amore... una reticenza.
Per non parlare di Working day and night, pregevole il ritmo funky senza sconti, per la preziosità e la ricchezza degli arrangiamenti, impreziositi dall'uso ritmico e impeccabile che Michael fa della sua stessa voce e del suo beatbox: a seconda dei momenti risultano prevalere all'orecchio ora i fiati, ora la batteria, ora la chitarra, ora il basso.... non ci si stufa mai ad ascoltarla.
Get on the floor segue a ruota, e qui ancora ritmo, ancora beatbox , questa volta divenuto vero e proprio strumento, tuttavia è il basso a farla decisamente da padrone: pesante, “voluminoso”, eppure gradevolissimo.
Sono questi i pezzi che portano il guizzo del genio, così difficile da definire tecnicamente....

Rock with you e Off the wall rimangono appena un po' dietro, ma comunque di alto livello.
Nel primo, elegantissimo, è interessante il testo, poiché si fondono inno alla danza e abbandono all'amore, l'una trapassa nell'altro... anche il ritmo, più morbido, sembra rifletterne il significato.
Off the wall è un buon pezzo, accattivante il groove, solo è l'esecuzione strumentale che paga un'eccessiva “compostezza”, non se ne avverte la stessa imperiosa presenza dei pezzi precedenti... ed è quindi la voce di Michael a dettare spesso il ritmo.

Da questo punto in poi il livello è leggermente in discesa (sebbene la qualità esecutiva sia costante fino alla fine). D'altronde, difficile mantenere il livello dei pezzi della perfezione (o quasi)... ed è questo forse la sua unica pecca strutturale.
Fanno eccezione She's out of my life e Burn the disco out, il primo un lento ben interpretato, parrebbe anche sentitamente, e dalla durata limitata, di modo che il messaggio risulta concentrato e non diluito inutilmente; il secondo la degna chiusura dance dell'album che con la dance si era aperto. Pur senza regalare l'impatto del brano di apertura, è un buon pezzo, arrrangiato in modo mooolto interessante, per la sovrapposizione parziale dei piani delle voci, tra l'altro dal timbro diverso, per il rapporto tra basso e fiati, quello cadenzato anche se potente, questi trascinanti.

Girlfriend sembra non sapere che groove prendere... la variatio appare indecisione.. così anche il significato, l'ironia non decolla e rimane velleità... anche se il disprezzo riservatole da molti sembra un tantino eccessivo.
I can't help it ha un sound elegantissimo, grazie all'esecuzione strumentale misuratissima, nella strofa, dove la voce di Michael sembra trattenersi nella potenza proprio per rispettarne l'eleganza... che però si perde alquanto nel ritornello, che sembra voler inseguire un groove trascinante per forza. Molto bella la voce ritmata di Michael e i brevi insetri di beatbox nella parte precedente l'ultima ripetizione di ritornello (bridge?), quando essa sembra fare il verso agli strumenti, e l'elevazione del tono nella parte finale dell'ultimo ritornello.
It's the falling in love, il duetto dell'album, appare interessante nelle strofe, anche per la morbidezza della voce dell'interprete femminile, e quando le voci dei duettanti si sovrappongono,epperò risulta scontata nel ritornello, né particolarmente sorprendente nell'arrangiamento.


Voti.
Don't stop til you get enough: 9
Rock with you: 8,5
Working day and night: 10
Get on the floor: 10
Off the wall: 8
Girlfriend: 5
She's out of my life: 8
Can't help it.: 7
It's the falling in love: 6,5
Burn the disco out: 8




Bella, molto bella, la tua recensione.
Burn this disco out però credo sia Disco non Dance, ma va bene lo stesso, a Girlfriend hai dato 5 anche se sembrava quasi che ne stessi parlando bene, per I can't help it forse ho visto giusto quando io, ho detto che sarebbe stato meglio l'avesse cantata Wonder.
Per il resto sono pressochè d'accordo con te, a parte lo striminzito 6,5 del duetto.
Miles75
00giovedì 30 settembre 2010 18:27
Re: Re:
Keep the faith, 30/09/2010 18.08:




Bella, molto bella, la tua recensione.
Burn this disco out però credo sia Disco non Dance, ma va bene lo stesso, a Girlfriend hai dato 5 anche se sembrava quasi che ne stessi parlando bene, per I can't help it forse ho visto giusto quando io, ho detto che sarebbe stato meglio l'avesse cantata Wonder.
Per il resto sono pressochè d'accordo con te, a parte lo striminzito 6,5 del duetto.




Ammazza che tempismo!
certo che è disco... con tutta la dance che gira per la radio... [SM=g27828]
Sì forse sono stata un po' troppo strettina col duetto... è che non attribuisco molta importanza ai voti, non mi interessano, quasi non volevo metterli, servono solo a mettere chiarezza e ad evitare eventuali equivocità dei termini. Credo che in linea di massima anche solo dal giudizio si possa evincere ciò che è importante.
E se rileggi bene, non sono stata buona con Girlfriend. Diciamo che ci sarebbe l'intento di fare qualcosa di non scontato... ma poi l'esito è deludente.
Wonder... l'ho sentito cantare I can't help it. Maggior brio, maggior ritmo nella voce, ma il beatbox, o come si chiama l'uso della voce che fa Michael in questa song, credo gli dia comunque un valore aggiunto.
Keep the faith
00giovedì 30 settembre 2010 18:35
Re: Re: Re:
Miles75, 30/09/2010 18.27:




Ammazza che tempismo!
certo che è disco... con tutta la dance che gira per la radio... [SM=g27828]
Sì forse sono stata un po' troppo strettina col duetto... è che non attribuisco molta importanza ai voti, non mi interessano, quasi non volevo metterli, servono solo a mettere chiarezza e ad evitare eventuali equivocità dei termini. Credo che in linea di massima anche solo dal giudizio si possa evincere ciò che è importante.
E se rileggi bene, non sono stata buona con Girlfriend.
Wonder... l'ho sentito cantare I can't help it. Maggior brio, maggior ritmo nella voce, ma il beatbox, o come si chiama l'uso della voce che fa Michael in questa song, credo gli dia comunque un valore aggiunto.




Azz mi piacerebbe avere il link di Wonder che canta I can't help it se lo hai
Miles75
00giovedì 30 settembre 2010 19:01
Re: Re: Re: Re:
Keep the faith, 30/09/2010 18.35:




Azz mi piacerebbe avere il link di Wonder che canta I can't help it se lo hai




Tieni conto che la versione di Wonder è live: non so se si possa confrontare con la traccia registrata in Off the wall. probabilmente anche la versione live di MJ avrebbe reso meglio (come per HN).

Davvero molto bella:


www.youtube.com/watch?v=ZjzPT_JqorE
Keep the faith
00giovedì 30 settembre 2010 19:12
Re: Re: Re: Re: Re:
Miles75, 30/09/2010 19.01:




Tieni conto che la versione di Wonder è live: non so se si possa confrontare con la traccia registrata in Off the wall. probabilmente anche la versione live di MJ avrebbe reso meglio (come per HN).

Davvero molto bella:


www.youtube.com/watch?v=ZjzPT_JqorE




SI direi che è forse piu adatta al suo timbro, anche se qui ha un arrangiamento Jazz davvero niente niente male, grazie per il Link.
rossijack
00giovedì 30 settembre 2010 19:35
"I can't help it" fu eseguita bene anche da Beyonce',fu postata tempo fa nel forum.La sua versione mi piaceva molto,non so se sia su you tube,vado a controllare!
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