Vi presento il mio gioiello...
Sono consapevole del potere emozionale che la parola scritta possa avere, anche più di quella proferita verbalmente. Per questo motivo, dal momento che ho a cuore la salute dei miei lettori (in questo caso più delle mie lettrici
), prima di leggere quanto segue occorre prendere delle precauzionI.
CAPITOLO 11- ISTRUZIONI PERL'USO:
QUESTO CAPITOLO PUò DARE EFFETTI COLLATERALI. TENERE FUORI DALLA PORTATA DEI BAMBINI. SCONSIGLIATO A SOGGETTI CARDIOPATICI; SE NE SUGGERISCE LA LETTURA SOLO PREVIA ABBONDANTE ASSUNZIONE DI CAMOMILLA.
P.S. è il mio capitolo preferito, trattatelo con cura
.
Buona lettura...
Cap 11
Il lupo era crepato.
La conferenza stampa era andata come previsto. Le solite domande insidiose; i soliti riferimenti alla vita privata, ai pettegolezzi. Mike odiava tutto questo, perché a volte la sua arte sembrava quasi passare inosservata rispetto alle stramberie che giravano sul suo conto. Questa cosa lo faceva andare in bestia e allo stesso tempo lo mortificava.
Durante tutta l’intervista me ne ero stata in disparte, in un angolino. Talvolta i nostri occhi sembravano incollarsi come due magneti. In quegli occhi vedevo voglia di fuga…e forse iniziavo a leggerci anche qualcos’altro. Cercai di regalargli i sorrisi più rasserenanti che potessi esprimere…Non sapevo cosa altro fare…Anzi forse in quel momento non sapevo proprio niente.
Ero avvolta in un limbo tiepido. Sentivo le orecchie ovattate. A tratti ebbi l’impressione che tutta quella folla chiassosa fosse sparita…Che intorno a noi ci fossimo solo noi. Noi due.
-Finalmente il calvario è finito…- disse Mike emettendo un respiro profondo
-Te la sei cavata benissimo!!! Sei stato grande!!…- esclamò Jim con voce entusiasta mentre di fretta ci dirigevamo verso la macchina.
Silenziosa, senza proferire parola, li seguivo. In quel caos nessuno di loro si era ancora accorto della mia presenza. Quando ad un tratto –Oh cavolo Jim…dov’è?...Se ne è andata?...ti prego non dirmi che è andata via…
-Ma chi? –rispose Jim confuso
-Susanna!
Era la prima volta che pronunciava il mio nome per intero e per giunta con un tono serio e accorato che non conoscevo. Del resto di lui non conoscevo ancora nulla. Sembrava agitato e preoccupato come un papà che aveva smarrito la figlia piccola in un parco giochi. Ricordo che con gli anni questo suo senso di protezione nei miei confronti è rimasto immutato. Forse perché ero lontana da casa, ero sola in un paese che non era il mio, forse perché lui è stato una delle poche cose belle che la vita mi ha riservato. Pareva sentirsi responsabile nei miei confronti.
-Sono qua…!- esclamai quasi divertita dalla sua reazione.
-Ma che fai ti nascondi? –disse voltandosi di scatto- Mi hai fatto preoccupare. Credevo di averti persa…
Allungò il braccio verso di me. Gli tesi la mano e le nostre dita si intrecciarono. Avrei voluto che il mondo si fosse fermato in quell’istante. Una morsa allo stomaco mi prese d’improvviso.
Ecco…un’altra risposta…quella definitiva.
-Ti va di mangiare qualcosa?- mi disse mentre prendevamo la strada del ritorno
-Mhmhm…veramente ho lo stomaco un po’ chiuso- risposi. Quanto era vero!
-Ok dai, prendo lo stesso due hamburger…L’appetito vien mangiando…
- Ah no guarda…di quelle schifezze ne ho abbastanza. Da quando ho messo piede in America sto per trasformarmi in un Big Mc. Ascolta, mi bastano pasta, pomodorini e un po’ di basilico…fidati ti faccio “arricreà”!
E con un’espressione ingenua e smarrita mi disse -Pasta, pomodori e basilico posso procurarmeli…Ma mi sono perso un passaggio…”Arricreà”?
Scoppiammo a ridere come dei pazzi. Ecco di nuovo comparire quel sorriso. Era tornato.
Quella sera cenammo in pigiama. Me ne diede uno dei suoi, era rosso a righe, di seta leggerissima e profumata.
–Indossalo..- mi disse sorridente –è un’usanza di casa mia…diciamo così. Sono convinto che per divertirsi e rilassarsi bisogna stare comodi.
Mangiammo seduti a terra mentre giocavamo al monopoly. Poi guardammo un film…”Neverending story”…Niente di più appropriato.
Erano le due e mezzo di notte e poco prima della fine crollò addormentato. Sentii la sua testa poggiarsi appesantita sulla mia spalla; il calore del suo respiro accarezzarmi delicatamente l’incavo del collo.
Ero pietrificata! Avevo le mani congelate.
Il cuore batteva all’impazzata come un tamburo. Avevo l’impressione che il suo suono rimbombasse nell’intera stanza…-come fa a non sentirlo e svegliarsi…-pensai…
Erano circa le tre. Tutte quelle emozioni mi avevano tramortita…ero esausta.
Quel mattino fui svegliata dall’odore del caffè e dallo scroscio della doccia; il risveglio più bello della mia vita.
Mi guardai intorno con la testa ancora appoggiata al bracciolo del divano; ero confusa. Poi realizzai. Non avevo sognato!...Era successo davvero!…-Un attimo- pensai- che è successo?
Niente; non era successo niente avevamo dormito e pure tanto. Erano le dodici.
La porta del bagno era semiaperta. Bussai.
-Posso?
-Vieni, vieni. Ho finito.
Entrai con discrezione. Aveva appena finito la doccia.
Mi accolse un vapore denso e caldo, poi comparve lui, regalandomi una dolce e audace agonia.
Un asciugamano candido gli cingeva la vita poco sotto l’ombelico dal taglio rotondo; i capelli bagnati gli coprivano parte del viso, cadevano pesanti, corvini, ondulati come di loro natura. Gettai uno sguardo ai suoi piedi; ho sempre avuto una certa fissazione quasi feticista per i piedi. Il mio primo maestro di danza diceva sempre che nei piedi dei ballerini c’è conoscenza…Nei piedi di Michael Jackson c’era l’apoteosi del sapere. Erano belli, affusolati, alla greca, di quelli con il secondo dito leggermente più lungo del primo.
Ero imbarazzata, timorosa, estasiata, felice, eccitata…
-Scusami – dissi mentre paonazza in viso indietreggiavo per uscire
-Figurati entra, adesso siamo pari no? Buongiorno…-sorrise e mi venne in mente l’episodio del camerino. In effetti aveva ragione, eravamo pari. Poi si avvicinò baciandomi la fronte.
Si rivolse allo specchio frizionandosi i capelli con l’asciugamano. Da dietro quelle spalle mi parvero le ampie spianate di una montagna, così protettive, così forti, così consapevoli. Non sembrava minimamente in imbarazzo; era come se fosse una cosa naturalissima che io entrassi nel suo bagno quando era praticamente semi nudo.
Mi sentivo le farfalle nello stomaco…10, 100, 1000 farfalle.
Io quell’uomo lo volevo…lo desideravo…e con l’incoscienza dei vent’anni seguii il mio istinto.
Mi avvicinai a lui e gli stinsi le braccia intorno alla vita. Lo abbracciai nel modo più dolce e passionale…Sentivo la sua pelle ancora umida e profumatissima sfiorarmi le guance, ma quello che sentivo non era l’odore del bagnoschiuma ma profumo di lui, profumo di uomo. I nostri sguardi si incrociarono nel riflesso dello specchio e ci guardammo per qualche secondo di eterno. Non una parola…gli occhi parlavano da sé. Si girò, sicuro ed esitante allo stesso tempo. Le sue mani grandi tra la nuca e il collo mi provocarono un brivido che mi percorse spietato e delicatamente…quasi come se avesse paura di rompermi…quasi come se io fossi di cristallo, mi baciò con passione.
L’uno nell’altra ci amammo…con ardore…con rispetto…con garbo…con vigore…Quella mattina ci amammo per la prima volta; io e lui come fossimo una cosa sola.
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