Eccomi qui, con questo piccolo capitolo :)))
Non era previsto, ma alla fine l'ho postato lo stesso XD.
Lo voglio dedicare a tutti: a voi, alle persone che ho conosciuto meglio tramite questo forum e che sono diventate quasi essenziali nella mia vita, a Chiara95 che oggi festeggia il suo compleanno insieme a me, ed infine a Michael.
Un abbraccio forte forte forte forte
(¯`v´¯)
`·.¸.·´
● Ͼapitolo Diciotto
- Eva -
Se ne era andato ancora una volta, con la promessa di un arrivederci e con il mio cuore tra le mani. Era volato via, come il tiepido vento primaverile spazza lontano tutte le rimanenti foglie gialle dalle strade, ormai illuminate da un sole acceso. Una toccata e fuga, una vacanza più breve del previsto. Quincy l'aveva chiamato e era dovuto tornare a casa per forza, motivi di lavoro. Dire che c'ero rimasta male non riuscirebbe a esprimere nemmeno un millesimo di delusione, amarezza che mi ardeva dentro. Mi ero illusa che potevo averlo solo per me, anche per un breve periodo. Avevo dimenticato che si trattasse di Michael Jackson, non del tizio del palazzo di fronte. Avevo dimenticato che avevo a che fare con una delle più grandi star di Hollywood, acclamata, desiderata, invidiata e amata all’eccesso. Ma nella sua vita così caotica, strana per me, così diversa, c’era spazio per la mia umile vita? Mi sentivo così inutile, forse illusa di aver creduto di poter vivere una storia finalmente normale. Ma c’era un oceano di mezzo, nove ore di fuso ci separavano.
Ero tornata a Firenze, dal mio lavoro, dalla mia passione, dalle mie vere amicizie. I giorni scorrevano inesorabilmente lenti, è sempre così quando si aspetta qualcosa. Più fissi quel maledetto orologio, più un secondo pare durare un’eternità. Ma cosa aspettavo io? Non avevo piani, non avevo motivazioni per star ferma, impalata, richiusa in una stanza ad ascoltare il ticchettio esasperante di quelle lancette. Lui era dalla sua famiglia, dalla sua vita, dalla sua America, dalla sua musica. Le frequenti chiamate mi tenevano sveglia la notte, l’unico momento di pausa per me, e per lui. Era difficile poterlo sentire solo dietro una cornetta di plastica. Come poteva quell’aggeggio fargli materialmente capire che il mio cuore scalpitava solo sentendo la sua vocina? Dovevo inevitabilmente accettare quella distanza che ci divideva, e accettare come un bacio della buonanotte le sue chiamate sempre puntuali. D’altronde non avevo altra scelta.
***
14 FEBBRAIO 1987
Riposo, relax, quel giorno l’avrei dedicato solamente a me stessa. Le mie compagne avevano i soliti appuntamenti sdolcinati con i propri partner, per quella che si è sempre festeggiata come la festa degli innamorati. Io dal mio canto avevo una sorta di riluttanza verso quell’inutile giorno. Non avevo mai sopportato quell’aria smielata che si percepiva, tutti pronti a regalare alle proprie amate orsacchiotti, cuoricini e bigliettini. E quell’anno l’aria che si respirava, come ogni santissimo anno, mi innervosiva, ancora più del solito. Sarà stato che volevo passare quella giornata in compagnia della persona che veramente amavo, trascorrere con lui anche una misera oretta mi sarebbe bastato. Quanto avrei pagato per un solo abbraccio solo Dio lo sa. Il cattivo destino invece remava contro, quella mattina nemmeno un messaggio avevo ricevuto. Forse per lui quella festa non aveva poi così tanta importanza, come per me, ma, non so per quale lontano motivo, la situazione mi straniva ulteriormente. Uscii di prima mattina, ero decisa a trascorrere tutta la giornata fuori. Parrucchiere, estetista, massaggi, in quelle ore assolate avrei dovuto riscoprire l’amore verso me stessa che per un po’ avevo lasciato in disparte. Mi fingevo spensierata, sorridente, davanti a tutte quelle situazioni di dimostrazione d’amore che mi mettevano a disagio e riportavano la mia attenzione a quel freddo che bramava dentro me. Ormai esausta ma allo stesso tempo rilassata, tornai a Coverciano, dove ci offrivano l’alloggio, con mille buste tra le mani. Era incredibile come lo shopping a volte riesca a distrarci da brutti pensieri.
“Eva ! Finalmente sei tornata ! “
La voce squillante di Camilla mi fece balzare per lo spavento. Era dietro di me, allegra e sorridente, preparata di tutto punto per una cenetta romantica. So che non è leale e quanto meno giusto, ma ero invidiosa di lei in quel momento. Mugugnai una risposta e filai dritta al piano di sopra, verso la mia stanza. Volevo restare sola. Nemmeno una chiamata, uno squillo si era degnato di farmi. Ero arrabbiata, e tutto questo solo perché mi aspettavo qualcosa per una festa di cui non mi interessava niente. Avevo le idee mooolto chiare devo dire èh. E se fosse uscito con qualcun altra? Scacciai immediatamente quel pensiero dalla testa se non volevo ritrovarmi nel giro di pochi minuti sotterrata in un lago di lacrime, le mie. Sentii il mio cucciolo abbaiare e battere le zampette contro la porta. Era incredibile come riuscisse a riconoscermi subito e dappertutto. Era un grande compagno di giochi e con lui riuscivo quasi sempre a sorridere. Non pensavo che un solo cane fosse capace di tanto bene nella mia vita. Infilai il mazzo di chiavi nella serratura ed entrai finalmente..
“Oh mio Dio”
Furono le sole parole che riuscii a sibilare. Nella stanza aleggiava quel soave e delicato profumo proveniente da tale splendore. Sopra il mio letto giacevano centinaia di rose, così come sopra la scrivania, sopra la poltrona e alcune anche a terra. Erano tantissime e coloratissime : gialle, rosse, rosa, lilla, bianche, blu, arancioni. Tutte di diverse sfumature, tutte con diverse tonalità di colori che le rendevano uniche nel loro genere. Il cuore inevitabilmente prese ad accelerare la sua corsa, prossimo a toccare con le proprie mani quelle che noi chiamiamo emozioni. Feci spazio tra quel mucchio di rose che era sopra il mio letto, e afferrai quella che aveva tutta l’aria di essere una lettera. Le mani cominciarono a tremare un poco, forse per il gesto inaspettato, forse perché mi sembrava tutto estremamente stupendo. I miei occhi velati da lacrime di gioia scorrevano tra quelle fitte righe di quella sua indimenticabile scrittura.
« … Con tutto il mio cuore, Michael »
Terminai di leggere quella che era la mia prima lettera d’amore ricevuta, la più bella, la più dolce, la più sorprendente, la più indimenticabile, la sua. Dentro la busta rossa dov’era il foglio trovai anche una foto che mi fece ridere. Era lui, in un immenso prato verde che porgeva le sue labbra in una buffa posa ad una statua di Biancaneve in dimensioni quasi naturali.
“ In tua assenza mi consolo così “
La sua scrittura ancora una volta mi fece ridere. Presi una rosa e la portai al naso, lasciandomi inebriare da quell’odore che mi faceva impazzire. Mi lasciai cadere in quel manto colorato, sembrava che un arcobaleno si fosse trasferito nella mia stanza. Tutti quei vivaci colori mi avevano illuminato la giornata, facendomi ripensare alle sfumature che acquista il mondo ai miei occhi soltanto quando lui mi stava accanto, quelli erano i suoi
veri colori.
***
9 APRILE 1987
Era un pomeriggio soleggiato e raggiante. Gli uccellini cinguettavano e tutto sembrava in una perfetta armonia paradisiaca. Eravamo a Berlino per le qualificazioni e mi attendeva il pranzo con la squadra prima di giocare. Lontano, dietro una dolce nuvola scorsi i teneri colori soffusi di un timido arcobaleno, e il pensiero piombò subito a lui. Afferrai il telefono per sentirlo prima di spegnerlo definitivamente, concentrandomi sul pre-partita. Avevo bisogno anche solo della sua voce, di sapere che semplicemente c’era, ovunque si trovasse.
-Pronto?-
-Scusa chi sei?-
-Io sono Tatiana -
-Cosa? E da quando rispondi tu al telefono di Michael?-
-Da quando me l’ha detto lui-
-Passamelo-
-Ora non può-
-Passamelo immediatamente-
-Ti ho detto che non può ades..-
Sentii delle voci parlare insieme, ma la rabbia mi offuscava l’udito e non riuscii a capire cosa stesse succedendo dall’altra parte della cornetta.
- Eva scusami è che ..-
- Ma vaffanculo Michael !-
Lanciai il telefono praticamente a terra, lasciandolo disfarsi in mille pezzi. L’ultima cosa che volevo sapere in quel momento era proprio quella che le mie povere orecchie avevano appena udito. Mi raggiunsero subito quelle decine di paia di occhi che mi guardavano incuriositi dalla mia reazione. Subito quattro calde braccia vennero ad accogliere le mie lacrime, soffocandole in un forte abbraccio. Camilla ed Aida. Non avevano bisogno di spiegazioni di cosa fosse successo, mi erano vicine qualsiasi fosse il motivo. Tamponai con una manica della tuta quelle gocce salate che ormai scendevano copiose. Attorno a noi si era radunata ormai tutta la squadra e mi fissavano tutti dispiaciuti per il mio stato in quel momento
“Eva ! Tutto ok? Come stai? E’ successo qualcosa di grave?”
Le parole di Alessio, il mister, mi arrivarono confuse e echeggianti. Stirai il più convincente dei sorrisi e risi asciugandomi ancora gli occhi
“Nono, niente di grave ! Susu andiamo a mangiare, il mio stomaco non resisterà a lungo”
Calai gli occhiali e con ancora una risata feci gesto di entrare tutto nel ristorante. Ridevo, sorridevo, scherzavo, ma solo due persone ed io sapevamo che in realtà dentro me stavo lentamente morendo. Spesso mi assentavo da discussioni e discorsi, ma cercavo di essere forte e riprendere le redini di me stessa. Quello non era proprio il momento di perdersi in piagnistei.
Quando entrammo in campo, per vedere come era e orientarci un po’, prima di iniziare il riscaldamento, l’ansia pre-partita riuscì a soffocare e reprimere quella voragine profonda che batteva e faceva male nel mio petto. Avrei sfogato tutte quelle sensazioni dando il meglio di me stessa quel giorno..
***
Era ormai un’ora che il telefono continuava a squillare imperterrito, senza ricevere alcuna risposta. I volti straziati dalla mia suoneria mi tormentavano ogni volta che riprendeva a suonare quell’esasperante musichetta in quel lussuoso pullman. I lamenti delle mie compagne esauste mi arrivavano ogni volta alle orecchie, ma io rispondevo con una sincera risata. Ero felice, un’ottima partita, oserei perfetta mi aveva risollevato il morale, o almeno in parte.
“Oh Eva, ti prego basta ! Non gliela faccio più e rispondi cazzo !”
“Tranquilla, adesso smette !”
E infatti dopo due secondi il telefono terminò i lunghi squilli della trecentesima chiamata. Ma come previsto riprese a suonare. Lei mi fulminò con lo sguardo, e così senza pensarci troppo premetti il tasto verde. Il cuore cominciò a fare brutti scherzi, ma lo dovevo fermare
-Pronto?-
- Eva ! -
-Si sono io. Che c’è? -
-Ti prego non trattarmi così-
-Senti non ho bisogno di una ramanzina da parte di Michael Jackson. Per quale motivo mi hai chiamato?-
-.. Io..io volevo spiegarti la situazione. Non è come credi –
-Oh, si non è mai come si crede !-
-Eravamo semplicemente in studio per montare il video, lei era con tutta la troupe ! Non era un appuntamento o qualcos’altro Eva! -
-Certo-
- ..Ti prego non fare così-
-Ho la libertà di comportarmi come voglio e con chi voglio. Ora se permetti ho bisogno di riposo. -
Non aspettai nessuna risposta e misi giù. Mi ritrovai tutte le facce sconvolte che mi puntavano con occhi sconcertati. Ormai sapevano tutti che c’era qualcosa tra me e lui, nonostante le mie continue smentite, gli occhi parlavano da soli. E puntualmente dopo ogni chiamata, in cui ovviamente ero costretta a parlare in Inglese, mi ammiccavano con occhiolini e sguardi eloquenti
“Tanto lo so che c’avete na tresca tu e il canterino Jackson èh !”
Frase che mi rivolgevano sempre e che riscuoteva sempre una bella risata di chi era intorno, e che ripensarci in quel momento mi faceva solo venire una forte nausea. Ignorai tutto quegli occhi che mi sentivo addosso, presi le mie cuffie e me ne andai nei posti vuoti in fondo al pullman. Ero stanca, volevo riposarmi e forse un po’ di musica mi avrebbe fatto bene. Purtroppo non ebbe l’effetto benefico che mi aspettavo, il pensiero picchiettava sempre lì, sulla sua voce dispiaciuta, che poi veniva sopraffatta da quella stridula di Tatiana. Mi faceva già male il cuore ..
***
Quattro giorni erano già scivolati via, quattro interminabili giorni che non avevo il coraggio, né la voglia di accendere quel maledetto telefono. La mia era solo paura, paura magari di sentire quella verità spiacevole che aveva accompagnato queste ultime giornate. Ma ero arrivata al limite, mi facevo male da sola mettendo sempre il dito nella piaga. Le mie amiche non miglioravano la situazione, qualunque discorso affrontassimo andava a finire sempre lì. Cercavo di distrarmi, di tenermi il più impegnata possibile per non rimanere nemmeno un attimo sola con me stessa, ma era tutto inutile. Quel giorno quando dopo gli allenamenti tornai in stanza per cena, sentii il mio cellulare squillare. Mi prese letteralmente un colpo, poiché non avevo acceso quel maledetto aggeggio ormai da giorni.
«Eva, mi potresti dare le chiavi della tua stanza un attimo? Ho lasciato lì la borsa !»
Mi tornarono in mente le parole di Camilla, e capii che era tutto un trucchetto. Ma voi ditemi se era possibile arrivare a questi giochetti pur di averla vinta sul mio orgoglio. Mi stesi sul letto, e guardai per bene quell’apparecchio che non la smetteva di vibrare e fare un rumore assordante, non ricordavo fosse così odioso. Ero incerta sul da farsi, ce l’avrei fatta a sentire ancora la sua sottile voce senza crollare in un pianto isterico?
-Pronto?-
Nemmeno il tempo di pensarci che avevo già premuto il tasto verde. Chiusi gli occhi, strizzandoli, aspettando la sua vocina come una coltellata al cuore, dritta e dolorosa. Dall’altro capo sentii dei sospiri
- Eva..Non riattaccare ti prego –
E come previsto quella coltellata arrivò puntuale e tagliente. Forse non era poi così dolorosa, forse stavo solo confondendo le mille emozioni che mi stavano dando alla testa
- No, non riattacco Michael. Non lo farò –
Potevo sembrare fredda, insensibile di fronte alla sua sofferenza, ma il cuore stava scoppiando, stava morendo per lui in quel momento
- Ti prego amore, hai solo frainteso tutta quella situazione. Lo sai benissimo che non ti farei mai del male. –
La sua voce arrivò roca e più bassa del solito al mio orecchio, che sembrava chiedere pietà per quella sofferenza nel sentirlo così. Non risposi, continuai così ad ascoltarlo parlare, in quella che sembrava l’unica cura per il mio mal di cuore
- Non so cosa puoi aver pensato, ma sappi che ti sbagli. Ero con Quincy per il video, lei era con gli altri e avevo lasciato il mio telefono su un tavolo. Non lo so come le sia saltato in mente di rispondere, di certo non era mio ordine. Eva, non so cosa fare davvero. Sono quattro giorni che sto male per qualcosa che non ho fatto.. Io, io non so più come dirti che niente di quello che hai potuto immaginare è vero, e so che il tuo cuore ne è a conoscenza. Ti prego, non negare al mio cuore di battere insieme al tuo. Lo sai che non puoi farlo.. –
Ma come era capace di tutto quello? Mi stavo mordendo la lingua per ributtare in gola quei singhiozzi che volevano uscire. Ero stata una stupida, in fondo come potevo non fidarmi di lui?! Ma direi che ero giustificabile, chi di voi non si sarebbe arrabbiato in quella situazione? Poi, l’impossibilità di non poterne parlare a voce, di non poterne discutere mi faceva solo star ancora più male. Avevo bisogno di lui, mi sentivo come una piccola piantina raggrinzita, disidratata, e lui era la mia acqua..
- Mi manchi amore mio –
Solo ciò riuscii a soffiare in quei fori di quella cornetta, solo quelle poche parole riuscivano ad esprimere anche solo minimamente lo stato in cui si trovava il mio cuore malato
- Vieni qui, vieni da me Eva. Ti scongiuro, ho bisogno di te -
-Lo sai che non posso adesso-
-Io non ce la faccio senza te, lo capisci?-
-Lo capisco, perché sento anch’io di non farcela. Questa distanza mi fa male Michael -
- Ti prego Eva, vieni qui, anche un giorno, un’ora, un minuto, il tempo di poter incontrare ancora i tuoi occhi –
-Come faccio?-
-Provvederò a tutto io. Tanto tra un po’ mi avevi detto che hai due settimane di stop, no?-
- Si –
- Perfetto. Devi essere tu la prima persona a cui mostrerò Neverland –
- E’ pronta? –
- Si, e ti sta aspettando amore –
***
E come una bambolina nelle sue mani, il mio cuore batteva al ritmo di quella musica che pulsava nelle orecchie, con la sua voce melodiosa che l’accompagnava in onde sinuose, tra gli acuti e parti smielate. Come c’ero finita su quell’aereo non lo so, era accaduto tutto così in fretta e furia, che non avevo avuto nemmeno il tempo di realizzare cosa stessi realmente facendo. Ma sinceramente non avrei mai perso tempo ad ascoltare le mille complicazioni e i ragionamenti contorti della mia mente estremamente realista. Non era più bello e emozionante ascoltare quei colpi incessanti nel mio petto andare a ritmo con la sua musica?
“Amore mio, sto arrivando “