bene ragazze, l'attesa è finita!!
incredibilmente sono riuscita a terminare il capitolo, è stato veramente un parto!!
spero ne sia valsa la pena
a voi i commenti!!
Capitolo 14
Michael
Lentamente mi stavo riprendendo, ma i miei occhi non accennavano a voler smettere di far uscire quelle gocce salate, che strabordavano rincorrendosi come se volessero fare una gara tra loro. Se dovessi spiegare come mi sentivo in quel momento credo che non ci riuscirei in un tempo breve… mesto forse è l’aggettivo più giusto…triste non renderebbe bene l’idea perché è una cosa più esteriore, mentre il dolore che sentivo io, così forte che mi bloccava il respiro, proveniva da dentro, dritto dal cuore. Non riuscivo a capire come mi ero potuto ficcare in una situazione così, come avevo potuto essere così avventato, incosciente, irresponsabile…volevo che lei sapesse chi io fossi in realtà, ma non in questo modo…il senso di colpa mi attanagliava, volevo chiamarla, parlarle, vederla per spiegarle tutto, ma sapevo che non ce l’avrei mai fatta, e poi avevo paura di vedere il suo sguardo accusatorio…
A quel pensiero abbracciai ancora più stretto Brian. Mi sentivo al sicuro, capito tra le braccia di quell’omone palestrato; non c’era mai stato un rapporto così forte tra noi, come in quel momento…era stata una benedizione per me, l’aver trovato una persona così fedele, buona. Mi sentivo anche in colpa e mi vergognavo per avergli detto tutte quelle cattiverie, lui non se le meritava, non le pensavo neanche, in quel momento ero veramente fuori di me. Mi allontanai da lui per scusarmi
- B-Brian scusami, per prima…io veramente non so che mi ha preso…non…-
- ehi amico, smettila, non devi scusarti. Ho capito tutto, non preoccuparti...- rispose alle mie scuse impacciate con un sorrisone sincero
- grazie…non so veramente come farei senza di te…sei mio amico, mi proteggi, e io te ne sono immensamente grato. Che Dio ti benedica, sempre. Ti voglio bene.-
- anche io Mike, ti voglio bene, e sappi che per qualunque cosa tu potrai contare su di me- mi guardò, probabilmente per capire se mi ero ripreso. Cercai di ricompormi alla meno peggio, ma non riuscii a togliermi dagli occhi quello sguardo mesto e malinconico.
- Mike, non riesco a vederti così, mi si spezza il cuore…dimmi ti prego, c’è qualcosa che posso fare per te?-
- ehm, non credo…- risposi con una risata senza allegria – a meno che tu non riesca a tornare indietro nel tempo…non voglio farti fare il lavoro sporco andando da lei a scusarti a nome mio…no, è una cosa che devo fare io…- mi si spense la voce sulle ultime parole…avrei mai trovato il coraggio? Avevo così fiducia in me stesso?
Erano state le ultime parole che gli avevo detto, poi era calata su di me una stanchezza improvvisa, e mi ero addormentato così, ancora tutto vestito, sul letto, circondato dalle pillole alle quali quel giorno, grazie al mio grande amico, ero riuscito a resistere…
Lauren
Rimasi su quell’altalena a lungo, fissando il display del cellulare, mentre il cielo si faceva sempre più scuro, e le timide gocce di pioggia che mi bagnavano il viso diventarono, più numerose e violenti. Alzai il cappuccio della felpa per proteggermi un po’ dall’acqua che scrosciava dal cielo.
Solo quando mi accorsi che stavo sbattendo i denti dal freddo, decisi di alzarmi per tornare in casa. Per chissà quale stupido motivo spensi il cellulare e mi avviai silenziosamente. Raggiunto il tepore familiare della mia casa, andai subito in bagno, senza guardarmi attorno, decisa a farmi una bella doccia calda per togliermi di dosso quel freddo che, sempre più prepotentemente, si stava impossessando di me. Perché ero ancora così triste? Sapevo quello che volevo, ma allora perché quel piccolo tasto verde non ero riuscita a schiacciarlo?
Frustrata, incominciai a strofinarmi con vigore la spugna addosso, fino a quando, scendendo più in basso per arrivare ai piedi, non mi scappò una risata. Il mio sguardo si era posato nel punto in cui, poco prima, Michael aveva salvato quel piccolo millepiedi dai miei attacchi di isteria che, probabilmente, se fossi stata da sola si sarebbero protratti a lungo fino a quando Katie, allarmata da una mia telefonata senza senso, non fosse arrivata a “salvarmi”. Che stupida, più passava il tempo, e più magari Michael si convinceva che io non lo volevo più vedere. Incominciai ad immaginare come sarebbe stata la mia vita senza di lui. È stupido,lo so, ne faceva parte solo da un mesetto, ma ne era diventato una parte troppo importante ormai. Il mio cuore rifiutò tutto il dolore che si scatenò in me a quel pensiero. Dovevo fare qualcosa, subito…
Uscii dalla doccia, rimanendo però a lungo sul tappeto avvolta nell’asciugamano per non far scappare il calore che mi avvolgeva. Il mio sguardo cadde sulla catenina che Michael mi aveva donato; l’avevo appoggiata vicino allo specchio prima della doccia e della rivelazione. Mi si gonfiò il cuore nel petto. La chiusi attorno al mio collo. Quello era il suo posto. Mi rinfilai velocemente il pigiama e mi diressi verso la mia stanza. Erano le 7, forse un po’ troppo presto per chiamarlo…decisi di aspettare, magari anche per trovare le parole giuste da dirgli. Incominciai a riflettere, rannicchiata sotto le coperte, ma più cercavo di mettere insieme un pensiero che avesse senso, più mi sfuggiva, si faceva sempre più sottile e sfumato. Un rumoroso tuono mi risvegliò da quello strano stato di incoscienza in cui ero finita. Mi alzai di scatto, e andai ad accendere il Pc nel piccolo studio accanto alla mia stanza. Dopo un’attesa snervante finalmente riuscii ad andare su YouTube. E adesso? Scrissi solo due parole, Michael Jackson. La lista dei risultati era ricchissima: dalle interviste, ai suoi video musicali, dai video fatti dalle fans, ai video fatti da chi aveva proprio tempo da perdere e, mettendo insieme foto e spezzoni di video, raccontava di quanto fosse strano, quel personaggio. Provai un vero senso di fastidio leggendo Wako Jacko, un brivido di rabbia mi percorse la schiena. Certo, loro sapevano che in realtà lui fosse…
Optai subito per i suoi video, per togliermi di dosso quella rabbia improvvisa, e in rapida successione me li sparai tutti, dai più famosi come Thriller, ai meno conosciuti come Cry. Mi misi a piangere come una ragazzina sulle note di Heal the world; guardando quei bambini che portavano dei fiori ai soldati per far finire la guerra, accompagnati da quella musica melodica, capii tutto il suo amore per i bambini, per l’umanità, per il mondo che lentamente si stava sgretolando. Con ancora la lacrime agli occhi e il cuore gonfio di emozioni, mi guardai The way you make me feel, e non riuscii a trattenermi dal ridere quando vidi tutte le sue mossettine per far colpo su quella ragazza; cosa più lontana dalla realtà…proprio non ce lo vedevo… sarebbe arrossito, avrebbe messo la mano sulla sua bocca dolcissima, proprio come i bambini, per cercare di nascondere l’imbarazzo. Quando cliccai su Dirty Diana l’atmosfera cambiò completamente…mi sembrava impossibile che una sola persona potesse contenere tutte quelle personalità: passava dalla dolcezza infinta di You are not alone, alle mosse sensuali, sfregandosi sull’asta del microfono, strappandosi la maglietta sudata in Dirty Diana e Give in to me. Ne ero veramente affascinata…
L’occhio mi cadde in basso, sull’orologio: 9:00. Come cavolo erano passate quelle due ore? Basta, non avevo più scuse per rimandare, presi il cellulare, lo accesi e finalmente riuscii a schiacciare quel piccolo tasto verde.
Michael
Ero sveglio ormai da molto e, per non rimanere a lungo nel luogo in cui la sera prima c’era stata la mia imbarazzante scenata, ero andato in terrazza, a guardare il temporale, senza in realtà vederlo, immerso nei miei torbidi pensieri, riflettendo su ciò che significava per me la fiducia, questo sentimento così complesso e sfuggente in cui spesso mi ritrovavo impigliato, come un pesce nella rete del pescatore. Ad interrompere i miei pensieri fu la suoneria del mio cellulare. Lo sfilai dalla tasca e guardai il nome sul display. Il mio cuore incominciò a battere freneticamente, desideroso di sentire la sua voce. Che fare, rispondere? Sarebbe stato più saggio non farlo…
Lauren
Quando ormai stavo per arrendermi e il mio cuore, ad ogni squillo andato a vuoto, si faceva sempre più pesante, finalmente sentii che qualcuno dall’altra parte del telefono aveva accettato la chiamata…
- M-Michael?-
Silenzio. Ma sapevo che era lui
- Michael ti prego, rispondimi.-
Ma ancora niente, solo una specie di rantolo soffocato.
Mi feci forza
- Michael, ho bisogno di vederti, parlarti, non voglio che finisca così…io, credo di essermi innamorata di te…- non ci potevo credere, l’avevo detto!
- Lau-Lauren…- fu appena un sussurro, ma ero sicura di averlo sentito
- Michael, ti prego, vieni qui…ho bisogno di te- implorai.
- m-mi dispiace…-
- vieni qui, ti aspetto- e senza aspettare chiusi la telefonata, con la testa che mi girava e le orecchie che mi ronzavano. Mi misi una mano sul cuore, per sentire il suo battito frenetico e impaziente…anche lui sapeva che tra poco lui sarebbe arrivato.
Cercai un po’ di ricompormi guardandomi allo specchio. Mi sciacquai il viso con dell’acqua fresca e mi pettinai i capelli lasciandoli sciolti; forse era meglio togliermi il pigiama…oppure no. Volevo che mi vedesse come prima che tutta questa situazione nascesse, come se non fosse successo nulla.
Non sapevo quanto tempo ci avrebbe messo ad arrivare, perciò andai in cucina e mi preparai un bel bicchierone di aranciata che bevvi distesa sul divano. Il mio sguardo cadde sul suo cappello che evidentemente, quando se ne era andato in fretta e furia, aveva dimenticato. Lo presi e annusai il suo odore; mi sentivo una sciocca, ma non riuscivo a smettere di annusare la sua delicata fragranza perdendomi in essa. Il cuore mi batteva dolorosamente nel petto…lo so, rilassati, tra un po’ arriva…
Ero quasi riuscita a calmarmi quando il campanello della mia casa suonò, annullando tutto il processo. Scattai in piedi nervosissima, e corsi alla porta. Quando la aprii mi apparve un uomo con il viso avvolto da una sciarpa dal quale spuntava solo un paio di occhiali da sole, circondato da un omone grande e grosso che mi sorrise gentilmente. Lo feci entrare silenziosamente, senza dire una parola. Quando la porta si richiuse alle nostre spalle e finalmente fummo da soli, lentamente si tolse la sciarpa, rivelandomi il suo viso magnifico che, sicuramente, non mi sarei mai stancata di guardare. Gli occhi però, mi rimanevano sconosciuti, dietro quegli occhiali.
Probabilmente capì il mio desiderio di vederli, per leggere le sue emozioni, perché con una piccola smorfia se li tolse, rivelandomi tutto il suo tormento. Il suo sguardo era inquieto, insicuro. Vedevo che mi studiava come per capire quello che stavo provando, perciò gli rivolsi un sorrido di incoraggiamento. C’era ancora una distanza di sicurezza tra di noi, e non mi piaceva molto…
Incomincia a parlare, facendo un piccolo passo in avanti, dicendo quello che solo in quel momento capivo
- Michael, ho cercato parole che mi sfuggivano, versi poetici per farti capire come mi sento, ma ogni volta che formulavo un pensiero, questo mi sfuggiva. Potrei scrivere le cose che vorrei dirti, ma potresti fraintendere se pensassi che suoni premeditato. Quindi preferirei che tu lo sentissi prima da me, estemporaneo. Non mi importa chi sei, non mi importa quanti dischi hai venduto, quanto sia grande la tua casa, quanti record hai battuto. Quello che mi importa è il dolce, timido, caloroso uomo che in questo mese mi ha fatto andare fuori di testa, facendomi provare sentimenti mai sentiti prima. Io voglio stare con te, è l’unica cosa che desidero…io…ti amo…!-
Mentre parlavo acquistavo sempre maggiore sicurezza, perché sapevo che le cose che stavo dicendo erano vere, e mi provenivano dritte dal cuore. Perciò mi feci avanti afferrandogli le mani e guardando intensamente nei suoi occhi. Lo vedevo, erano colpiti dalle mie parole, potevo scorgere senso di colpa, frustrazione, insicurezza, ma anche riconoscenza, gratitudine e…amore. Mi baciò dolcemente le mani, e poi parlò, e le sue parole non le dimenticherò mai.
- Lauren, bimba mia, io voglio che tu sappia la verità. Ho sempre voluto dirti tutto, ho odiato ogni singola bugia che ti ho detto, ma temevo che ti saresti allontanata da me, o, viceversa, che saresti voluta rimanere al mio fianco solo perché ero Michael Jackson. Io ti devo delle scuse, anzi no, ti devo molto di più. Ho sofferto tanto nella mia vita, e per questo ho mentito, per paura. Ma ora ho capito. La fiducia è così, sembra sempre che sia legata all’aver fiducia in se stessi. Gli altri non possono affrontare la paura per te; devi farlo tu stesso. È difficile, perché la paura e i dubbi sono duri a cadere. Abbiamo paura di essere rifiutati, di essere feriti nuovamente. Per questo manteniamo una distanza di sicurezza. Crediamo che rimanere separati dagli altri possa proteggerci, ma neanche questo funziona. Finiamo per rimanere soli e senza amore. L’aver fiducia in se stessi inizia col capire che non c’è niente di male ad avere paura. Il problema non è l’aver paura, perché capita a tutti di sentirsi ansiosi o insicuri a volte. Il problema non è essere abbastanza onesti da ammettere di aver paura. Ogniqualvolta che accetto i miei dubbi e le mie insicurezze, sono più aperto con le altre persone. Quanto più scendo dentro me stesso, tanto più divento forte, perché capisco che il mio essere è molto più forte di qualsiasi paura. Accettando completamente se stessi, la fiducia è completa. Non vi è più separazione dalla gente, perché non vi è più separazione dall’interno. Dove una volta c’era la paura, può crescervi l’amore. Ti amo bimba mia.-
Mentre parlava i miei occhi si riempirono di lacrime che scivolarono silenziose lungo le mie guance. Proprio in quel momento capii tutto di lui, e le sue parole cancellarono ogni insicurezza. Con vigore, quasi con violenza, le nostre labbra si riappropriarono le une delle altre, e quel freddo che sentivo dentro lasciò spazio ad un calore indescrivibile, l’Amore.