E bene, eccomi di nuovo qui a presentarvi il capitolo 12, perdonatemi (anke se so di essere stata imperdonabile) x il ritardo che si è proteso per più di un mese (ancora una volta! [SM=x47926] ), non voglio dilungarmi oltre anke perché vi ho fatto aspettare già troppo, l'unica cosa di cui non posso fare a meno è quella di ringraziarvi per il vostro sostegno e la vostra presenza, quali sono i motivi per cui ho continuato a scrivere sino ad oggi; siete davvero importanti per me!
vi voglio un mondo di bene!!!
Non mi resta altro che augurarvi buona lettura e auto-augurarmi che vi piaccia.
Capitolo 12
Le giornante si stavano accorciando, il sole svaniva a poco a poco oltre le nuvole rossastre, le cangianti macchie dorate preannunciavano la sua dissoluzione oltre il cielo presto colore della notte, la sfera incandescente diffondeva tonalità carminie imponendosi su ogni cosa, il suo respiro luminoso abbracciava in sordina l'orizzonte. La fine del corso luminescente e un nuovo inizio dopo la conclusione di questo, la causa della presenza della luce è l'assenza di se stessa, frutto e conseguenza dell'opposto.
In mancanza dell'una non si più riconoscere la natura dell'altra, la solitudine sembra una costante, fissa, scontata, ma se la identifichiamo come parte oscura, anche se prevalente, della nostra vita ciò significa che non ne saremo mai completamente schiavi, poiché siamo in cerca dell'antitesi: conforto e sicurezza.
Il rifugio, la risposta agli sterminati punti interrogativi, la richiesta di consapevolezza nella confusione interiore, si erano fatte spazio in me nel momento in cui ebbi la certezza che non sarei mai rimasta di nuovo sola, Michael c'era. Era lì con me come mai nessun altro lo era stato prima.
Mancavano pochi minuti all'arrivo e nonostante ciò Michael continuava a riposare appoggiato a me, mi voltai verso di lui per chiamarlo, stavo per pronunciare il suo nome, ma lo scorgere il suo viso mi privò delle parole. La sua pelle era rosea e liscia, il respiro leggero e regolare, le sue labbra alludevano ad un lieve sorriso trattenuto poiché celato nella segretezza dei sogni che aleggiavano nel suo animo. Le ciglia scure e lucide preannunciavano il profondo ed ammaliante sguardo che sin dal primo momento aveva rapito il mio ingenuamente, schiettamente, non curante di null'altro cui ci circondasse.
Io estasiata ed in balia delle onde della sua disinteressata leggiadrìa osservavo e percepivo ogni suo movimento mentre schiudeva lentamente gli occhi in tutta calma, inconsapevole della sua insita beltà.
Non esitò ancora una volta a nascondere la più delicata sensibilità celava dentro, preoccupandosi prima del prossimo che di se stesso, esprimendo rammarico per essersi appisolato sulla mia spalla, con l'innocenza di un bambino.
- Scusami..- tentò di giustificarsi per il gesto involontario, ma non gliene lasciai il tempo, giacché non avevo bisogno di alcuna spiegazione al suo affetto. Gli posai un dito sulle labbra, in segno di rassicurazione.
- Non devi Michael, tranquillo – parlai con tutta la delicatezza che avevo in corpo, il suo bisogno di giustificarsi nasceva dalla situazione in cui era stato trascinato per anni, in cui le persone che gli stavano intorno non facevano altro che manipolare ogni sua azione o asserzione.
- Sei una ragazza speciale... - anche con quattro semplici parole era in grado di sconvolgere il mio piccolo universo facendomi ricadere in un vortice di travolgenti emozioni.
- E tu finisci sempre per farmi arrossire...
I nostri cuori comunicavano silenziosi fra loro, due fasci di luce che si attraggono per cercare il conforto l'uno dell'altro, i nostri mondi segreti si stavano comparando, si fondevano in un'unica entità foggiata tra sguardi ed intese percettibili solo a loro stessi.
L'aereo stava atterrando, potevamo già scorgere gli ombrosi alberi dei giardini di Neverland davanti a noi, i fiori libravano la loro essenza attraverso migliaia di colori sopraffatti dagli ultimi raggi rossastri del sole in lontananza.
Una volta entrati, oltre il grande cancello dorato, si aprì davanti a noi uno scenario capace di stravolgere ogni aspettativa, sul viso di Michael si fece spazio un luminoso sorriso, esito della gioia di essere tornato a casa, nel suo magico rifugio in cui trovava conforto dalle insidie del mondo esterno.
Percorremmo una stradina che attraversava prati di grandezze oceaniche fino a quando non fummo davanti alla sua magnifica reggia. Una favola? No, questa volta non era frutto della mia immaginazione, non un sogno fantasioso, ma soltanto la realtà che ora mi sorrideva limpida.
- Eccoci qui... come ti sembra?
- È meravigliosa.. non è difficile pensare che l'abbia ideata tu. - dalle sue labbra uscì un risolino sommesso.
- Perché? Sono così tanto megalomane?
- No, sei perfetto – ed ecco che mi stavo perdendo ancora nei suoi profondi occhi, ma poi rimediai concludendo la frase per non darlo a vedere – sei continuamente alla ricerca della perfezione, ti ammiro per questo.
Lui rispose con un sorriso e per quanto fosse silenzioso, era più espressivo di qualunque cosa avesse potuto trasmettermi a parole.
Entrammo a Neverland, davanti a me si presentò un ampio salone arredato in legno chiaro, un lampadario straripante di cristalli che corruscavano riflessi di ogni colore e forma sui muri tinti in pesca ed in fondo all'arcata che dava su un corridoio illuminato a giorno vidi due distinte signore, che si fecero avanti appena videro arrivare Michael.
- Casa dolce casa! – sospirò, profondamente sollevato, rivolgendo in un secondo tempo l'attenzione alle due composte figure che sostavano pazienti.
- Eccovi qua, come state mie care? Vi sono mancato?
- E come potresti non esserci mancato..
- E tu tutto bene? ma... - le due signore risposero a Michael e la seconda si fermò incerta vedendo me.
- Oh, scusatemi, stavo dimenticando le presentazioni: lei è Alice, la ragazza di cui vi avevo già parlato e Aly, loro sono Beth e Charlotte.
- Piacere di conoscerla – sorridevano nel pronunciare ciò, avvolte da un'aura soave e già familiare.
- Il piacere è tutto mio – strinsi la mano ad entrambe, abbigliavano di un'uniforme color panna adornata da pizzi e merletti sul girocollo stondato delle camicette di lino, mentre gli stessi ornamenti si ripresentavano anche sulla loro gonna che scendeva oltre il ginocchio.
Sin dal primo colpo d'occhio si poteva notare la loro riservatezza, precisione ed esperienza, due visi sorridenti segnati dagli anni; tanto attaccate all'ordine quanto estremamente ospitali e amichevoli.
- È un piacere averti qui, Michael non fa altro che parlare di te, Alice di qua, Alice di là..
- Ok, ok, non è meglio che andiate a prepararle una stanza? - disse lui tutto rosso ed imbarazzato, nel tentativo di sviare il discorso.
- Come vuoi, sarà fatto – ribatté Charlotte, la più anziana, dopo avregli lanciato uno sguardo d'intesa. Entrambe le donne scomparvero dietro l'arcata, mentre io e Michael rimanemmo soli.
Mi osservò fino a quando mi propose di seguirlo in soggiorno, dall'interno Neverland sembrava essere di misure ancora più somme, impregnata dall'essenza di Michael, non c'era angolo, non esisteva stanza che non fosse caratterizzata da qualcosa di suo, lì tutto era parte di lui e lui era parte del tutto.
- Vieni, vieni. - mi supplicò una volta arrivati all'ingresso del soggiorno – qui ci passo la maggior parte delle giornate, quando sono a casa.
La sala ambra-intenso era illuminata da fasci di luce dorata più chiari ricadenti sulle mensole dell'ombrosa biblioteca che si estendeva in fronte a me ed occupava metà della parete interrompendosi sullo spigolo della finestra oltre la quale si vaneggiava un sontuoso balcone in marmo bianco pregno di gradevoli fiori; la vista sostava sulle chiome di un albero frondoso e prati smeraldini e vellutati. Si imponeva un camino in cotto, tornando a descrivere il resto della stanza, ove sul bordo all'origine della cappa erano ordinatamente posizionate fotografie ed oggetti di vario genere e dimensione, mentre ai piedi si disponevano una moltitudine di cuscinotti colorati celanti parte della bordatura del tappeto rosso purpureo quale ricopriva gran parte del parquet e creava un tuttuno con un soffice divanetto del medesimo colore. Brillava il legno nero e lucido del pianoforte a coda disposto angolarmente dando un tocco di astratta magia a quell'incanto.
- Michael si sedette sul divano facendomi cenno di accomodarmi accanto a lui.
Michael, è tutto fantastico qui... tu sei fantastico. Grazie.. - la sua candida pelle arrossì ed abbassò lo sguardo nascondendosi dietro ai perfetti ricci che gli ricadevano lucenti sul viso.
Erano spontanei e puri il suo sorriso ed il suo volto, mi calavano in un mondo solo suo e mio al quale nessun altro aveva accesso, nutrito di sguardi e gesti percettibili solo a noi. Conoscendo le conseguenze che sarebbero scaturite se i nostri occhi si fossero incrociati dopo che lui avesse alzato il viso decisi di riportarlo alla realtà infrangendo la bolla cristallina generata dalle sue fantasie.
- Allora sei sicuro? Non è che ti disturbo?
- No affatto, io voglio restarti accanto.. non sai quanto mi sei mancata e quanto ora sia felice per essere con te..
- Anche tu mi sei mancato tanto e ti confesso che ho avuto paura..
- Aly, ehi, non devi fare così e poi io non ti lascerò mai, sarò sempre con te. Tu sei la mia stellina che quando mi è vicina sa illuminarmi, ma non voglio che la tua luce si affievolisca.
- Tu invece sei un angelo... cos'ho fatto di così speciale per meritarti?
- Tutto ciò che fai è un dono venuto dal cielo. Ti conosco da così poco tempo, sei entrata nella mia vita come un uragano, sento che in me è cambiato qualcosa, sto rinascendo, sto riprendendo a vivere. Quando ti ho incontrata la prima volta avevo percepito un legame fra noi, mi sembrava di conoscerti da tempo e più ti guardavo più si indebolivano i dubbi che mi tenevano lontano da te e dal tuo mondo. Ti sento parte della mia vita come nessuno mai lo era stato prima. Ti prometto che resteremo sempre insieme e non dovrai temere nulla, imparerò e saprò proteggerti da tutto e da tutti, proprio come meriti tu.
I suoi palmi stringevano le mie mani fra di essi, intenzionati ad infondermi di tutto il loro calore facente parte dell'affetto che Michael nutriva nei miei confronti.
- Tra poco ti mostro la tua stanza, intanto che desideri per cena?
- Sinceramente non ho molta fame... ti fa niente se non mangio questa sera?
- Nessun problema, infatti non ho fame neanch'io.
- E invece dovresti nutrirti un po' di più... sai che anche i cantanti più instancabili hanno bisogno di mangiare qualcosa ogni tanto? E vedo che il problema non ti sfiora minimamente.
- Potrei dire la stessa cosa di te..
- Sì, con la differenza che io ieri non ero a ballare su di un palco scenico.. aspetta ma, io non ho portato assolutamente niente con me, sono senza vestiti a parte la camicia da notte e questi che indosso.
- No problem, ho provveduto io, in camera troverai nuove magliette, indumenti vari e tutto il necessario.
- Grazie... pensi sempre a tutto tu. Come posso sdebitarmi?
- Non devi assolutamente. È il minimo che possa fare per te.
- Sei un tesoro. - risposi per poi poggiargli un bacio sulla guancia liscia e rosea.
Restammo lì fino a sera, poi raggiunsi la stanza che Michael mi aveva destinato: era accogliente, la bajour era accesa e le sue correnti luminose si imbattevano lucide sul copriletto color crema evidenziandone le pieghe in prossimità dei cuscini con flussi più chiari e le pieghe scozzesi sulle estremità con tratti più intensi.
Dopo aver riordinato le mie cose mi infilai sotto le coperte con l'intento di attendere che il sonno avesse la meglio, tuttavia non riuscivo a trovare pace: mi sentivo fuori posto ero entrata in un mondo che sino a poco tempo prima non mi apparteneva. Mentre mi giravo ripetutamente fra le coperte aumentava anche la percezione che qualcosa non funzionasse, non capivo cosa, ma sentivo disorientamento. Quella stanza l'avevo sentita mia sin dal primo momento, ma nonostante ciò sentivo il bisogno di cambiare aria, mi alzai prendendo la vestaglia ed uscii richiudendo la porta alle mie spalle cautamente. Percorsi qualche corridoio alla cieca finché non vidi un barlume provenire dalla cucina, mi avvicinai incuriosita all'entrata e vidi Michael che gironzolava distratto intorno al tavolo immerso nella bolla cristallina che avvolgeva la sua mente.
- Michael!
- Aly, cosa ci fai ancora in piedi?
- Non ho molto sonno questa notte.. - la sua visione mi svuotò da qualunque altra riflessione non fosse incentrata su di lui senza darmi modo di potermi opporre a quella reazione incontrollabile che permetteva di far convergere l'attenzione soltanto su di lui.
- C'è qualcosa che ti turba?
- No, è una sciocchezza, non preoccuparti, ma tu in invece? - mi appoggiai con la spalla allo stipite della porta ed inclinai il capo verso essa.
- Io... solo brutti pensieri, tutto qui.
Abbassò lo sguardo, timoroso, la gelida coltre di ghiaccio che si insidiava espandendosi sempre più nel suo animo labile ed indifeso si leggeva chiaramente attraverso i suoi occhi vaganti nel vuoto: sprazzi di cielo privo di stelle, scomposti in piccoli frammenti foggianti un mosaico desolato. Non mi servì altro per comprendere a fondo lo stato d'animo che stava imperando in lui.
I pesieri che gli passavano per la mente mi erano oscuri e ciò diventava un ostacolo che desideravo infrangere al più presto, così tentai di dargli modo di condividere ciò che stava scatenando cotanta disperazione nel suo cuore. Mi avvicinai a lui mentre il suo volto era ancora oscurato da alcune ciocche di ricci corvini.
- Michael, sai cosa diceva mia mamma quando ero piccola e mi vedeva giù? Mi diceva sempre che quando c'è qualcosa che ti turba se ne parli e la condividi con qualcuno la tristezza si dissolve e vola via come i petali di un fiore. - seguì un attimo di silenzio, finché il suo respiro non rallentò gradualmente il ritmo adducendolo a ritrovare regolarità. Parlare con me non avrebbe di certo modificato la sua situazione, ma sarebbe stato più sollevato, anche se di poco, a sapere che l'avrei ascoltato pure nei momenti più difficili.
- Tua madre è saggia... ma.. credi che funzioni sempre?
- Mentirei se ti dicessi di si, ma spesso funziona..
Presi il suo viso tra le mani e portai il suo sguardo a incrociarsi con il mio.
- Sai che a me puoi parlare di qualsiasi cosa. Stai pensando a loro, non è vero? - I muscoli del suo volto si distesero consapevoli di non avere la necessità di nascondermi ciò che realmente provava. I suoi occhi erano sopraffatti dal vuoto e dal timore, timore di ciò che lo circondava, timore della sua stessa esistenza mentre essi si riempivano di lacrime calde e pesanti che tentava invano di trattenere. Lo abbracciai così da trasmettergli tutto il mio amore, l'amore che solo un'amicizia pura e sincera come la nostra poteva dare e recepire attraverso tanta naturalezza. Accarezzai le lunghe ciocche di capelli che scivolavano leggere sulla sua schiena, mentre lui si stringeva a me in cerca di conforto, pur sempre mantenendo la delicatezza che sempre lo contraddistingueva.
- Ho paura... ho paura di ciò che sono e che mi hanno fatto diventare... non ce la faccio più. - mentre parlava l'abbraccio si sciolse lasciando spazio al suo sfogo - Che motivo ho per continuare? Nulla ha più senso ormai... E ora, sto trascinando anche te in questa dimensione.. tu che sei l'unica persona per la quale vale la pena di continuare ad andare avanti, l'unica che non si merita tutto questo... - le sue parole martellavano i miei timpani scatenando meccanismi dolenti dai quali non trovavo la via d'uscita e, anche se non avrei mai voluto, mi lasciai scappare quella convinzione che non riuscivo a togliermi dal pensiero.
- Ma perché non li ignori? Ti è così difficile? Santo cielo, non riesci a schiodarteli dalla testa neanche di notte? - ecco glie l'avevo detto, e avevo combinato il disastro, mi maledissi interiormente subito dopo aver proferito le acide ed aspre parole delle quali mi servii per esporne il pensiero che le aveva generate con cotanta schiettezza.
- Ci ho provato, è da anni che tento di ignorarli, ma non ci riesco.. - la sua voce era flebile e spezzata dal dolore ed io me ne sentii colpevole. Rabbrividì e le mani divennero gelide allorché non potei evitare di correggermi.
- Lo so, scusami, non avrei mai dovuto dirlo... tu hai bisogno di conforto e io che faccio? Ho detto una terribile sciocchezza, mi sento una stupida.
- No, aspetta, tu non dici mai sciocchezze, e non voglio che ti consideri in questo modo, non posso accettare che ti reputi una stupida, perché non lo sei affatto e fra l'altro, ora sei l'unica persona che vorrei avere accanto. In fondo non posso darti torto, neanch'io riesco a spiegarmene il perché.. forse ci sono talmente dentro da non poter fare a meno di starci male e di attirare la loro sete di notizia su cose fondamentalmente banali. - Stava calando gradualmente nell'oblio di pochi attimi prima ma non glielo permisi di nuovo.
- Michael, non provare a pensare a una cosa del genere neanche per un secondo! Non ne hai colpa, capisci? È inutile che ti crei dei complessi inutili. È gente meschina che tenta di farti sentire in difetto e se ti lasci sopraffare allora raggiungeranno il loro obbiettivo. Loro non ti conoscono, non fanno altro che raccontare menzogne, non sanno cosa sia il bene sono soltanto in grado di sporcare il nome di chi sa amare. Ma pensaci bene, in fondo loro non contano niente, sono in torto e non ce n'è uno che non ne sia consapevole. Stanno facendo un gioco che li rovinerà con le loro stesse mani perché prima o poi la verità verrà a galla. Io non ho certamente bisogno di acquistare riviste o giornali di gossip per conoscere il vero Michael, perché cel'ho qui di fronte e so che sei l'uomo più dolce che esista al mondo e ringrazio il cielo ogni giorno per averci fatti incontrare. Ora sono qui e non ti lascerò mai perché sei troppo importante per me.
- Trovi sempre le parole giuste.. ma come fai?
- Ehi, ti sto dicendo solo quello che penso, niente di più niente di meno...
- Eppure mi sorprendi... Io non posso più vivere senza di te, senza il tuo sorriso, i tuoi occhi innocenti e profondi, la tua voce delicata... quando siamo insieme mi sento rinascere. Sei la mia migliore amica.. - avvicinò lentamente le sue mani alle mie per poi stringerle infondendole del calore che si generò nel contatto e supplì ai brividi di freddo che prima pervadevano il suo corpo. Fra le nostre anime non esistevano ostacoli gli sguardi assorti naufragavano reciprocamente gli occhi dell'una in quelli dell'altro mentre la melodia della sua voce stava per conquistare ancora una volta il mio ascolto. - Dimmi che resterai sempre con me... - il suo cuore mi parlava attraverso le sue note amene, ne conobbi l'origine e la provenienza, nuove, poiché nessuno le aveva mai pronunciate con una tale purezza rivolgendosi a me.
- Di questo non devi dubitarne. Ti sarò accanto finché tu lo vorrai e nulla potrà dividerci.
- Se sarà fino a quando lo vorrò io, allora sappi che sarà per sempre.
- Per sempre?
- Sì, per sempre.
Si accinse a me coinvolgendomi in un abbraccio del quale i protagonisti eravamo soltanto io e lui, non c'era spazio per altro, né per ciò che ci circondava. Soltanto noi accompagnati dall'inizio di qualcosa di ancora sconosciuto ma che ci legava talmente tanto da non potercene sottrarre. Era un nastro che avvolgeva i battiti dei nostri cuori leggero, sottile ma indissolubile.