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[FAN FICTION] » Tʀᴜe coᴌoʀs . Terminata: 25 capitoli. Rating: arancione

Ultimo Aggiornamento: 18/05/2013 20:27
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15/03/2010 21:11
 
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Il grassetto corsivo sono dei flashback :)




● Ͼapitolo Due








-Eva-


Buio. Buio pesto.
Il vento gelido sfiorava come una lama tagliente il mio corpo, coperto dal minimo necessario. I piedi scalzi su quest'asfalto continuavano a farmi male. Le gambe indolenzite. Il fiato corto. Ma non potevo fermarmi adesso, ero troppo vicina ancora. Mi avrebbero trovato subito e non osavo immaginare cosa sarebbe potuto succedere.
Correvo. Correvo più che potevo, ormai indifferente al dolore. Un unico pensiero nella testa: fuggire da lì.
Ancora buio davanti a me, su questa maledetta strada deserta non c'era nemmeno un lampione, non passava mai una macchina. Aiuto, ma dov'ero finita!? Dove mi avevano portato?!
Una lacrima scese traditrice, e si fece spazio in quegli occhi verdi troppo truccati, rigandomi il viso di nero. Mi asciugai subito con una mano. Non era questo il momento di piangere Eva, forza stringi i denti e corri più che puoi, non mollare proprio adesso. Mi tornavano in mente le parole che la mamma mi diceva sempre "Non mollare piccola, non smettere di sognare anche quando tutto il mondo è contro di te. Credi nelle tue potenzialità, credi nei tuoi sogni, sempre!" .
Presi un lungo respiro e accellerai la velocità della mia corsa. Era da un po' che non mi allenavo, ma il mio corpo era comunque in forma in modo tale da permettermi di correre ancora più veloce.
Da lontano si intravedevano dei lampioni, finalmente! Ero esausta, tremavo tutta, causa della stanchezza e di quel freddo che ti penetra nelle ossa..

***

Il viso tra le mani, l'asfalto era davvero gelido, ma non importava. Seduta a terra sotto il fascio di luce fioco di un lampione, non sapevo cosa fare. Davanti a me solo strada, strada e ancora strada. Che avrei potuto fare?! Le altre ragazze mi staranno odiando in questo momento, sicuramente quegli schifosi se la prenderanno con loro, ma non potevo restare anche solo un secondo di più lì, non potevo..
Immersa nei miei pensieri alzai lo sguardo e in lontananza vidi le luci di una macchina percorrere questa strada. Okok, calma Eva. Mi piazzai immediatamente in mezzo alla strada e quando vidi quella macchina completamente nera avvicinarsi con quei fari enormi puntati su di me iniziai ad agitarmi e a farmi notare con dei movimenti di braccia, fancendo segno di fermarsi. Il cuore in gola. Mi avrebbe sicuramente messo sotto, ma ormai non potevo muovermi, non passerà nessuna macchina per il resto della notte, e restando qui sarei morta di freddo. Chiusi gli occhi agitando ancora le braccia, quando sentii una frenata brusca a pochi metri da me. La vita sembrava scorrermi tutta nella mente, quando aprii gli occhi vidi l'auto ferma a 2 centimetri dalle mie gambe quasi completamente nude. Esausta da quegli attimi di panico appoggiai le mani sul cofano, procurando un rumore metallico. Dentro il veicolo, il ragazzo con giacca e cravatta che era al volante era praticamente sconvolto.
Mi assicurai che la macchina nera non partisse subito e così mi avvicinai al primo finestrino:
"La prego signore, mi porti via da qui. La scongiuro." Le lacrime mi rigavano di nero il viso, e non cessavano a scendere, ero terrorizzata "Non importa dove, basta che mi allontano da qui. Se mi prendono non sò cosa potrebbe succedere. Non mi lasci in mano di quegli uomini orrendi. La prego."Vedevo quel ragazzo di fronte a me con la fronte corrugata che si allentava la cravatta nera, ancora in panico
"ehm..I Speak english"
Parlava inglese? Era per caso straniero? Bah. Ripetei tutto nella sua lingua e ringraziai mentalmente i miei cinque anni di corso di inglese extrascolastico, mia mamma mi diceva sempre sarebbe servito a qualcosa, e così fu. Parlai di getto, tutto d'un fiato.
Vedevo quel ragazzo serio ma con una faccia preoccupata adesso
" Signorina, bè veramente mi dispiace ma.."
Parlava con un tono di voce incerto, un po' titubante, quando dai sedili dietro avvertii una vocina cauta
"No George, falla accomodare. Non lo vedi com'è spaventata?! Non vorrai che la lasciamo qui da sola?".
Il ragazzo alla guida mi aprì subito lo sportello facendomi accomodare, però ancora la voce flebile di dietro mi disse di accomodarmi sui sedili posteriori insieme a lui.
Così salii nel buio di quell'auto sconosciuta..

-Michael-


Oh mio Dio. Avevo sbattuto la testa con il sedile davanti acciaccandomi la lingua tra i denti. Davanti ai miei occhi vedevo una ragazza non molto alta, con una minuscola gonnellina fucsia e un piccolo top nero che le copriva solo il seno prosperoso. La luce dei fari dell'auto la illuminava completamente mettendo in mostra quel fisico davvero ben fatto. Aveva un paio di scarpe con dei tacchi altissimi in mano. Era praticamente sconvolta, e stava piangendo. Lo si capiva dal viso rigato di nero dal troppo trucco. Aveva dei capelli lunghi castani chiari fino a metà schiena. Aveva un aspetto molto familiare, mi sembra di averla vista da qualche parte, o magari era solo una mia impressione. Poggiò le mani sul cofano e dopo un po' si precipitò verso il primo finestrino rivolgendosi al mio autista.
Chiedeva aiuto, era disperata. Voleva scappare da lì.
La feci accomodare nei sedili posteriori vicino a me. Il buio della macchina non mi permise di distinguere bene il suo viso. Si sedette e con una voce scossa pronunciò una sola parola
"Grazie"
rivolgendo lo sguardo verso di me.
Si appoggiò al finestrino e pianse silenziosamente. Rivolgeva i suoi occhi al paesaggio che scorreva dietro quel fresco vetro. Mi chiedo cosa le fosse successo, avrei voluto chiederle mille cose, aiutarla. Ma avevo deciso di lasciarla un pò sfogare con se stessa, avrei avuto tempo di parlare durante il lungo tragitto per tornare a casa. Dopo circa mezz'ora George si fermò a fare rifornimento e sotto la luce dei lampioni accecanti di quel posto potei notare il suo viso sbalordito mentre mi osservava
"Ma ci vedo male io o tu sei davvero quello che penso che tu sia??"
Mi fece ridere, almeno non si è messa a gridare, già è tanto
"Piacere, sono Michael, Michael Jackson, eh già. Tu invece?"
La vidi ancora più incredula dopo aver avuto la conferma alle sue domande
"Ehm, io sono Eva, il mio nome è Eva Angelucci."
"Ma..ma tu.."

La vedevo inarcare le sopracciglia, non capendo cosa volessi dire, in quanto sembravo più sbalordito io che lei in quel momento
"Io cosaa?!"
Presi fiato e mi tranquillizai, ma non sapevo cosa fare, avrei dovuto chiamare la polizia? Dopo una manciata di secondi in cui rimasi a guardarla sotto il suo sguardo scioccato, le porsi un fazzolettino per asciugarsi il viso.
Rimasi imbambolato in quegli occhi enormi e verdi, pieni di sofferenza, lo si leggeva benissimo. Lei mi guardava un pò incuriosita da questa mia reazione, non capendo nulla, stava per dire qualcosa quando la anticipai
"Sai, ho sentito parlare di te durante queste 2 settimane al telegiornale. Sei Eva la ragazza italiana non è vero?"
Lei spalancò gli occhi mostrando in viso uno stupore evidente.
" Co..cosa? Al telegiornale? Oddio, ma dove sono finita? Dove siamo adesso Signor Jack.."
"Chiamami Michael, per favore"

La interruppi immediatamente
"Ehm, Michael, ti prego, dimmi tutto quello che sta succedendo. Io non sò dove sono. Ti prego dammi una mano"
La guardavo e notavo confusione così le spiegai quello che avevo sentito al TG, e dove eravamo.
"Ma, dimmi Eva, cosa ti è successo? Come ci sei finita qui? Ti stanno cercando tutti, e ti danno per dispersa!"
"Michael, io vorrei raccontarti tutto davvero perchè è da due settimane che vivo nello schifo più totale. Non avrei mai immaginato di finire in questo giro senza nemmeno volerlo, ma non voglio sembrare invadente nei tuoi confronti.."
"Non pensarlo nemmeno, dimmi pure quello che vuoi, ti aiuterò."
Avanzai verso di lei, le presi la mano e lei spaventata la ritrasse
subito. Rimasi un pò male per quel gesto, non volevo pensasse che avessi cattive intenzioni. Poi notai che sulle gambe e sulle braccia aveva dei lividi e alcuni graffi molto evidenti, cercati di coprire con del fondo tinta. La vedevo a disagio così tornai nella mia posizione senza dire niente. Dopo qualche minuto di imbarazzo totale incominciò a parlare..



-Eva-


-CERCASI SEGRETARIA PER UNO STUDIO DI UN GEOMETRA-
lessi quella notizia stupenda sul quotidiano di oggi. Finalmente un lavoro decente. Chiamai immediatamente il numero.
. . .
"Ok perfetto, quindi è a Firenze, giusto?"
"Si esatto signorina Angelucci, o sbaglio?"
"Si Angelucci. Allora ci vediamo alla stazione alle 8:00 venerdì. La ringrazio infinitamente. Arrivederci"
Chiusi il telefono dopo quell'ora straziante passata a colloquiare con quell'uomo. Non mi sembrava vero! Finalmente potrò lasciare questa minuscola città, Ascoli Piceno, e trasferirmi a Firenze, con un lavoro fisso! Ahhh, un sogno che si avvera! Mi toccherà trovare una squadra femminile lì dove giocare, sicuramente sarà possibile trovarla con più facilità. E' da tanto che non sento Camilla e Aida, le mie due compagne di gioco, ora che ci penso. Ma credo che sarà un'ottima sorpresa per loro sapere che mi trasferirò a Firenze a breve, visto che anche loro sono di lì nei paraggi. Le mie migliori amiche finalmente al mio fianco! Mi scocciava poterle vedere solo una volta ogni due settimane, non che non le sentissi mai, però sapere che ci sono le tue amiche vicino si è più tranquilli.
Già, di certo questo appartamento in questa città che amo e odio non è il massimo per me. Amo Ascoli perchè in fondo ho passato qui la mia infanzia, e ho tanti ricordi legati a lei. La odio perchè qui è dove la mamma mi ha lasciata sola, o meglio dove me l'hanno portati via, quel lontano pomeriggio di Novembre inoltrato. Uccisa atrocemente da un camionista ubriaco mentre tornava a casa, passeggiando sul marciapiede non poco lontano dalla nostra abitazione. Poi il mio papà, che non ho mai conosciuto, troppo codardo, stupido, incoscente e non maturo per crescere una bambina. Così appena nata abbandonò mamma, completamente sola. Ma vabene, questa è un'altra storia, non mi va nemmeno di pensarci. Troppo dolore racchiudevano queste mura di quest'antica città.

***

Quella mattina alle 8 in punto ero scesa dal treno. Il ragazzo mi aveva detto che avrei dovuto tenere un cartello con sù scritto EVA ANGELUCCI, in modo da farmi riconoscere dai tizi che sarebbero venuti a prendermi. Poco dopo, girando in cerca di quegli uomini sconosciuti mi sentii afferrare di fretta alle spalle e così facendo mi trascinarono in un'auto. Non feci in tempo a dire niente che dentro la macchina con i vetri accuratamente oscurati un uomo mi copri la bocca con un fazzoletto. Aspirando quella sostanza mi accasciai sul sedile in preda a un sonno profondo.

***

Buio, ancora buio. Odio questo nero intorno a me. Quanto tempo è che sono qui, cos'è questo rumore?!
Cercai di muovermi quando notai che avevo le mani legate. Cosa cavolo mi sta succedendo?! Cazzo cazzo, ma dove sono? Cercavo risposte, ma più mi facevo domande e più capii che non sapevo nulla di quello che stavo passando.
Mi mancava l'aria, quel rumore di strada dentro quella specie di stanza minuscola sembrava 10 volte più forte. Un senso di nausa mi prese all'improvviso. Cercavo di urlare, ma quella maledetta fascia di tessuto sulla mia bocca non me lo permetteva, anzi mi faceva anche male!
Caddi a terra completamente disorientata, in preda a un attacco di panico. Ero in stato confusionale e in lontananza oltre a quel rumore di macchine, sentivo delle voci di uomini, non riconoscevo nessuno, poi STOP.
Un colpo improvviso, e capii che ero probabilmente su un furgonicino. Sbattei la testa contro una parete di metallo, e mi lasciai cadere a terra priva di sensi, quando da lontano riuscivo a vedere una luce..

Buio, sempre buio. Avevo paura, avevo freddo, avevo fame, avevo sete, avevo dolori dappertutto.
Ero su una brandina cigolante, e una finestrella in alto, minuscola, mi fece capire che ormai si era fatta notte. Un odore acre mi arrivò al naso, creandomi una forte sensazione di rigetto. Toccai le pareti intorno in cerca di un bagno. Cavolo, ma questa stanza è minuscola! C'è spazio per il letto e un piccolo armadietto, come quelli di scuola credo. Ma il bagno dov'è?! Continuai a vagare in quella stanzetta in cerca di qualche altro oggetto. Quando proprio vicino al letto potei toccare un water. Lì nella stanza, letto e water. Ma dove sono?!
Sconvolta iniziai a gridare a più non posso.
Ad un tratto una luce si accese in una specie di corridoio, la si poteva intravedere dallo spiraglio sotto la porta della stanza. Un rumore di passi. Sentivo che si stavano avvicinando alla mia stanza. Impaurita mi misi a sedere sul letto, appoggiando le spalle alla parete. Mi tenevo le ginocchia con le braccia, e la testa chiusa in quella specie di gabbia, sperando di farmi forza da sola. Cazzo cazzo Eva, ma in che guai ti sei cacciata?!
La porta si spalancò invadendo la stanza di una luce fioca, e io abituata al buio fino ad adesso, vedendo quel forte bagliore dovetti richiudere gli occhi per la sensazione di dolore.
Due secondi dopo alzai il capo e vidi davanti a me due figure nere, enormi. Due uomini grandi e grossi mi guardavano incazzati come non mai. Ma chi sono questi tizi?! Poi ricollegai: erano gli stessi che mi erano venuti a prendere alla stazione! Ma adesso che vogliono?!
"Cos'è hai paura?"
Disse uno avidamente, mentre l'altro rise divertito
"Ma che cazzo vuoi, portami a casa, adesso!"
Gli urlai in faccia, prendendo un po' di coraggio.
"Ehi bella bimba, non ti permettere di alzare la voce con me, hai capito?"
E mi diete uno schiaffo con quella sua mano enorme. Per il colpo ricaddi sul letto a sedere
"Oh, Giò, vai dall'altra, io mi diverto un pò con questa ragazzetta"
Disse lui avvicinandosi sempre più a me.
"Ok, a tra poco!"
Così dicendo l'altro se ne andò, chiudendo la porta alle sue spalle, portando via con se anche la luce del corridoio, l'unica luce. Ancora buio. Vedevo la sagoma enorme di quell'uomo avvicinarsi al mio letto. Cercai di divincolarmi, però mi prese per un braccio, stringendo la presa
"Non ti azzardare a muoverti."
Rimasi pietrificata. Sentivo le sue viscide e avide mani percorrere ogni centimetro del mio corpo. Cercai ancora di liberarmi ma mi diede un altro schiaffo, questa volta più forte.
"La prossima volta che ci provi passerò a maniere più forti, e non ti conviene"
Continuava con voce roca, insensibile. Mi baciava, mi leccava avidamente per tutto il corpo, togliendomi i vestiti. Io ero più dura di una roccia. Immobile, pietrificata. Mille pensieri per la mia testa. Io, eterna romanticona, non avevo mai fatto l'amore con nessuno. Aspettavo l'amore, quello vero, per concedermi del tutto, e ho sempre sognato e fantasticato su come sarebbe potuto essere quel momento, magico, unico, irripetibile : la mia prima volta. Mi immaginavo lui sussurrarmi parole dolci all'orecchio, ripetendomi che mi amava, che faceva tutto con estrema calma e dolcezza.
Ora invece mi ritrovavo in una lurida cantina, su una lurida brandina, con un lurido e schifoso uomo sconosciuto. Chi se lo sarebbe mai immaginato che la mia prima volta sarebbe stata così?! Male, tanto dolore, amarezza, lacrime di rabbia, di disgusto. Mille sensazioni addosso mi pervadevano. E mentre quello schifoso gigante si tirava sù la cerniera dei pantaloni dopo aver goduto e sfruttato il mio corpo, se ne andò lasciandomi sola, nuda, tremante e sconvolta in quell'oscurità. Guardai in alto verso quell'unica finestrella minuscola: non c'era nemmeno la luna a farmi compagnia quella sera.
"Mamma, ti prego aiutami.:"

***

Le sere passarono una dopo l'altra su quella maledetta strada sterrata.
Quegli uomini mi davano a mangiare 2 volte al giorno, in porzioni veramente ridotte. Vivevo in quella stanza da credo due settimane più o meno, e da due settimane non vedevo la luce del sole.
Ero sbattuta a tarda notte su una strada sporca, schifosa con delle mini gonne addosso, top minuscoli, pronti per essere sfilati via da clienti avidi, e tacchi altissimi. Si, è da due settimane che sono costretta a prostituirmi.
Poco prima che il sole sorgesse i 3 uomini mi venivano a riprendere con la loro macchina nera, insieme a 2 ragazze. Ci riportavano in quello scantinato, e venivano da noi perquisendoci, per controllare che non avessimo cellulari, strani biglietti, o soldi che non avevamo consegnato, e poi, se ne avevano voglia, usufruivano anche loro del nostro corpo.
Dovevamo portare ogni sera a casa una modica cifra, e se non la raggiungevamo ci picchiavano, a volte davvero pesantemente. Di tutte le sere che sono stata sbattuta su quella maledette strada, non ho mai riportato la cifra richiesta, o perchè mi nascondevo dietro un albero cercando di non farmi vedere dai clienti, scappando da quello schifo che mi avrebbe aspettato, o le pochissime volte che sono dovuta salire in macchina di qualcuno, costretta da lui stesso con le maniere forti, il cliente dopo aver sfruttato il mio corpo, mi gettava fuori dalla macchina senza nemmeno pagarmi, dandosela a gambe, approfittandosene.
Ho vissuto nello schifo totale queste settimane, non pensavo ci fosse questo in giro, o meglio non pensavo potesse capitare proprio a me. Proprio quando avevo perso anche la piu minima speranza, mi tornavano in mente le parole della mamma, -Non mollare piccola, non smettere di sognare anche quando tutto il mondo è contro di te. Credi nelle tue potenzialità, credi nei tuoi sogni, sempre!-, ed era quel pensiero a farmi andare avanti, io il mio sogno lo volevo realizzare! Avevo sudato, mi ero sbucciata le ginocchia, preso calci e gomitate per rincorrere quel pallone e farlo entrare in quella rete! Mi ero guadagata con tanta voglia quel posto in Nazionale, avrei finalmente giocato gli europei, poi chissà, magari una vittoria.. Il mister Travaglini, allenatore della nazionale femminile, mi aveva seguito per questi 2 anni, e si complimentava sempre, perchè allenamento dopo allenamento, giorno dopo giorno, i miglioramente si vedevano. E io ci iniziavo a credere a quel mio sogno di entrare a far parte della nazionale, di indossare finalmente quella maglia azzurra, che ero solita mettere quando scendevo al campetto sotto casa per fare qualche partitella..
Ora stasera, seduta dietro questa enorme pianta, sto prendendo fiato. Stanotte nessuno mi potrà fermare mamma, stanotte andrò via.
Un ultimo respiro. Tolsi dai miei piedi quegli altissimi tacchi, e sfrecciai a più non posso verso una meta non definita. Correvo e le ragazze a cui passavo davanti mi gridavano e si incazzavano perchè sarebbe successo un macello, e sapevano che io non ce l'avrei potuta fare, non sarei riuscita a scappare. Chissà loro da quanto tempo erano richiuse in quel giro, chissa quante volte avevano provato a fuggire non riuscendoci. Ma io no, io ce l'avrei fatta, ne ero sicura..


I ricordi vennero a galla, come spine pungenti per la mia memoria, troppo dolore anche solo nel ricordale. Ora è tutto più chiaro.
Michael mi prese la mano avvicinandosi a me, io spaventata, ricordando tutto quello che avevo passato queste due maledette settimane, istintivamente tirai indietro il braccio, in maniera molto brusca, nonostanze mi infondesse sicurezza, nonostante quegli occhioni dolci, io avevo paura. Quei quattordici giorni passati per strada a fare cose che la mia mente nemmeno avrebbe mai calcolato non me li sarei dimenticati nel giro di un minuto.
Vidi il suo viso e notai che c'era rimasto male per questo mio gesto, mi dispiaceva, in fondo era lui che adesso mi stava dando una mano per fuggire. Senza pensarci troppo, visto che era calato un silenzio imbarazzante, mentre George aveva ripreso a guidare, io raccontai tutto, tutto tutto a Michael. Vedevo i suoi occhi sconvolti, poi pieni di rabbia, poi pieni di disgusto e poi pieni di compassione. Finii il mio racconto in lacrime, e lui mi porse un fazzoletto
"Dai Eva, ti prego non piangere ancora. Hai pianto fin troppo fino ad adesso. Ora sei salva, ti porterò dove tu vuoi. Dimmi, vuoi andare a denunciare tutto alla polizia?"
Io mi bloccai subito
"Ma sei matto? E' un giro troppo grande Michael, pensa che mi hanno fatto arrivare fino in America, non so come. Ho paura. Quegli uomini sono capaci di tutto. Per adesso preferisco non dire niente."
"Come vuoi tu..Ma dimmi, adesso dove andrai?"

Vedevo la sua espressione particolarmente preoccupata. Io impacciatissima non sapevo cosa rispondere, mi incartai circa quattro volte prima di formulare una frase di senso compiuto
"Bhè..io non ci ho ancora pensato. Volevo solo andarmene da lì"
Sentivo i suoi occhi puntati sul mio viso, mi trasmettevano calore, comprenzione. Avevo la testa bassa e presi a tremare, lui istintivamente mi mise la sua giacca sulle spalle, pensando avessi freddo. Abbozzai un mezzo sorriso poi la sua voce interruppe quel silenzio che imponente era calato tra noi
"Ti ospito io, c'è anche mia sorella Janet. Per adesso i miei genitori e gli altri non ci sono. Quindi potrai stare con me e lei. "
No, non potevo accettare, anche se l'avrei voluto più di ogni altra cosa al mondo
"Ma..Io veramente non so che dire. Non posso, non potrei mai accettare una richiesta del genere. Ma ti ringrazio, perchè mi stai aiutando. Vedrai che risolverò i miei problemi. Troverò un posto dove stare" Feci una pausa e mi infilai quegli stupidi tacchi di fretta "Ehm, mi scusi signor autista..Può farmi scendere qui?"
Vedevo lui con la coda dell'occhio guardarmi sbigottito
"Ma cosa fai Eva, fermati"
"Mi sono allontanata abbastanza da quel posto. Ora vedrò dove posso andare. Ti ringrazio per avermi ascoltato e aiutato Michael"
Mi congedai con un finto sorriso e feci per uscire. Certo incontrare Michael Jackson che ti vuole ospitare a casa sua non era certo una cosa che capita tutti i giorni, però non volevo che la mia sofferenza potesse gravare su qualcun'altro. A un tratto sentii la sua mano prendermi il braccio e facendomi ricadere sul sedile
"No, Eva, tu resti qui. Hai bisogno di riposarti. Hai bisogno di una doccia, hai bisogno di mangiare, hai bisogno anche di essere ascoltata. Ti prego, così ti fai del male da sola, e io non te lo permetterò"
Sotto ordine del capo Jackson l'auto continuò il suo tragitto incurante del mio parere
"Grazie Michael, non credevo che fossi così gentile. Non ho parole per ringraziarti"
Infatti non avrei mai pensato che una persona dello spettacolo così importante potesse prendersi cura di una ragazza qualunque trovata su una strada in una notte di settembre. Poi all'improvviso sentì un calore sopra la mia mano posata sul sedile e dopo una stretta potei capire che era la sua. Questa volta non la ritrassi, ma con il capo un po' chino per l'imbarazzo gli sorrisi e lui fece lo stesso, regalandomi quella visione celestiale che si era appena dipinta sul suo volto.
La macchina si era fermata davanti a un grande cancello dove da dietro si poteva scorgere solo l'estremità della grande villa. Avanzammo all'interno e mentre George parcheggiava la macchina ci disse che potevamo scendere. Aprii subito la portiera, e mi persi in quell'immenso giardino illuminato da dei piccoli lampioni sparsi qua e là. Era ancora buio e purtroppo non riuscivo a scorgere bene tutto quello che mi circondava. Michael mi guardava divertito, ero rimasta a bocca aperta, sembravo una bambina .
"Dai vieni, entriamo"
Lo seguivo, mentre continuavo a guardarmi attorno, era troppo per me. Appena dentro c'era un enorme salone accogliente, ma Michael non mi fece nemmeno finire di guardare che mi prese per un braccio
"Dai, susu la vedrai bene domani, ora ti porto al piano mio e di Janet, così la conoscerai."
"Oddio Michael, no ti prego, mi vergogno a presentarmi così"
dissi abbassando la testa per nascondere il rossore che aveva colto all'improvviso il mio viso
"Ahh, ma dai, le spiegherò tutto mentre tu vai a farti un bel bagno caldo! Fidati. Su dai andiamoo!" Così dicendo continuava a trascinarmi per il braccio. "Qui al secondo piano dormono Mamma, Joe e due mie sorelle, al terzo i miei 5 fratelli e all'ultimo, il piu piccolo piano, io e Janet. Però Rebbie, la sorella più grande, Tito e Jermanie sono sposati, quindi non alloggiano più qui"
Ero incantata nel guardare, non tanto la casa, ma lui. Dalle poche volte che l'avevo visto in televisione, certo mi era sempre sembrato un bel ragazzo, ma adesso a vederlo a 1 metro da me, che mi sorrideva in continuazione e con quegli occhioni, ho capito perchè tutte dicono che Michael Jackson è proprio figo. Ma ok, Eva tu sei ospite, devi comportarti come una persona normale, come hai fatto fin'ora, non come una fan scatenati. Mi trascinò fino all'ultimo piano, dove c'era un salottino con un televisore e un divano enorme, dove vi era distesa Janet presumo. Mi nascosi un pò dietro la figura di Michael mentre lui salutava la sorella
"Janet, ti presento Eva. Lei è la ragazza italiana che dicevano al telegiornale. L'abbiamo ritrovata, poi ti spiego cosa è successo, ora aiutala a farsi una doccia, e dalle un pigiama."
così dicendo le diede un caloroso bacio sulla guancia. Io volevo sparire, chissà cosa avrà pensato quando mi vide con questa poca stoffa addosso che copriva proprio il minimo.
"Oddio, Eva! Sei davvero tu?? Ohh che sollievo, stai bene? Vieni forza, ti accompagno verso il bagno"
Rimasi a bocca aperta per tutto quell'entusiasmo. Mentre mi trascinava verso un piccolo corridoio mi voltai verso Michael che era seduto sul divano, e lo vedevo guardarmi con l'aria come per dirmi 'te l'avevo detto! '


Entrai nel bagno, era praticamente grande come il mio salotto della vecchia casa in Italia. Janet mi portò tutto il necessario : mutandine, reggiseno, canottiera, pigiama e calzetti!
"Grazie Janet.."
"Ahh, ma stai scerzando? Non devi ringraziarmi"

Così dicendo uscì posando l'accappatoio su un appendino. Io mi immersi in quella vasca enorme e non pensai a nulla. Pensavo solo a godermi quel bagno caldo, dopo non si sà quanto tempo! Cercai di sbrigarmi ad asciugarmi i lunghi capelli, lasciandoli mossi, così al naturale. Non volevo sembrare scortese iniziando la mia permanenza qui stando 3 ore in bagno!!
Uscii e mi trovai davanti Janet, che mi condusse verso una stanza
"Eccoci qua, questa è la mia stanza, ma per oggi io dormo di sotto! Per ogni cosa, fai come se fossi a casa tua! "
Mi stampò un bacio sulla guancia, quasi fossi sua amica da sempre. La ringraziai e mi misi alla finestra per guardare fuori.
Quella sera la luna c'era ..
Poco dopo sentii dei passi avvicinarsi alla stanza, ma non mi voltai assopita da quello spettacolo che mi si presentava davanti, dopo non sò quanto tempo che non avevo avuto l'occasione di godermi una luna così lucente. Poi mi voltai e lo vidi lì appoggiato allo stipite della porta e subito un rossore mi pervase
"Non vai a dormire?"
Disse avvicinadosi alla finestra vicino a me. Anche lui scostò una tendina e puntò il suo nasino verso quell'oceano stellato che giaceva sopra noi
"Si, adesso vado"
Distolsi lo sguardo dalla finestra e andai verso il letto, dove mi mise a sedere. Avevo lo sguardo stanco e perso in un punto indefinito della stanza. Avevo bisogno di riposo
"Ora dormi Eva, sarai sicuramente esausta "
"Già, allora buonanotte Michael, e grazie"

arrossii ancora una volta
"Non devi più ringraziarmi, da adesso sei una di noi ok? Buonanotte Eva, dormi bene"
Fece per uscire e vidi la sua mano posarsi sullinterruttore per spegnere la luce. All'improvviso mi spaventai, no ancora il buio no
"No, fermati" Rimase immobile con la mano sopra il pulsante, forse avevo alzato troppo il tono di voce "Non spegnere la luce, ti prego. Odio il buio."
Aveva corrugato la fronte, non capendo la mia improvvisa paura, poi incrociando il mio sguardo si sciolse in un sorriso
"Tutto quello che vuoi"
Così dicendo se ne andò, lasciando dietro se una scia di profumo che pervase quella stanza e il rumore dei suoi passi scalzi che riecheggiavano in quel buio corridoio.

Alter Bridge O2.12.10

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