PUNTO DI VISTA: SHARON
Ohhhh eccomi finalmente :D Spero di non aver fatto spazientire non avendo aggiornato molto presto. In ogni caso, sono felice di aver spostato e, come sempre, spero vi piaccia! Un bacione,
Ambra
CAPITOLO IV
Mi diressi fuori dall’edificio saltando come una pazza furiosa, quasi mi fossi appena fatta di una droga insostituibile e imparagonabile alle altre. Sentivo il mio umore alle stelle, la felicità che scoppiettava da ogni poro del mio corpo, e il mio corpo ballare a ritmo dell’adrenalina che mi scorreva al posto del sangue. Non ero più me. Ero una Sharon felice. Libera.
Tutte le mie speranze e i sogni gettati e chiusi nei cassetti, le delusioni e le amarezze, il desiderio di diventare qualcuno, un giorno, ora sembravano poter finalmente diventare realtà. Ora non sarei più stata quella sciocca ragazza dalle aspettative impossibili, mai più quella screditata da chi aveva più tecnica di me, ma solo una ballerina che non aveva mai smesso di credere e di continuare con la sua passione. Ora nessuno avrebbe detto che ero stata una stupida pazza a sperare nei miei sogni.
Mi diressi subito verso il bar – sebbene fossero solo le 18,00 del pomeriggio – correndo come un’ossessa, senza prendere automezzi. Semplicemente correvo, ero troppo entusiasmata per stare ferma in un momento del genere. Non mi importava di tutti gli sguardi che i passanti mi rivolgevano, pensando che fossi solamente una svitata, ma solo di me stessa. Di quello che avrei detto a John e a Ilary, una volta arrivata anche lei, la sera stessa. Della loro reazione. Della mia felicità.
Una volta all’entrata del “Saturday Night”, spalancai la porta e mi diressi velocemente verso il bancone, sotto lo sguardo di alcuni clienti confusi e scioccati. Quando arrivai al mobile di legno, cercai con lo sguardo John, che all’inizio non sembrò notarmi. Nel momento che si voltò verso di me, mi chiamò per nome e poi rimase a fissarmi incredulo.
«John…», dissi ansimando a causa della corsa dalla scuola al locale, «Michael Jac… Cioè, mi ha preso! Mi ha preso come ballerina del suo video! Ti rendi conto?»
John rimase al momento immobile, disorientato, poi d’improvviso comparve sul suo volto un’espressione allegra, sorpresa. «No! Non ci credo!»
Dall’altra parte del bancone, si protese ad abbracciarmi, sebbene facessimo entrambi una fatica bestiale. Dopo la stretta, con un enorme sorriso in volto, mi disse che non avrebbe detto parola fino a quando non sarebbe arrivata anche Ilary. Io sorrisi e mi diressi rapida verso i camerini. Dovevo far sapere di questa novità anche ad Isabel. Lei non potevo non informarla.
Aprii la porta del suo camerino e la vidi scegliere i vestiti da indossare per quella sera, fin quando non mi guardò sorridente, una volta accortasi della mia presenza. «Sharon, ma che ci fai qui così presto,
darling?»
Io l’andai ad abbracciare senza esitazioni, tanto da rischiare di fare cadere entrambe. Ero troppo emozionata da riuscire a contenere la mia gioia e quello non ero proprio il momento per essere delle contenute. Ero così contenta per me stessa che non riuscivo a pensare a qualcosa di veramente concreto.
«Cara, ma… Che è successo?», mi chiese Isabel, soffocando una risata divertita da quel mio gesto così irrequieto ed istantaneo. Le stampai un bacio stampo sulla guancia.
«Isabel, mi hanno preso! Michael Jackson mi ha preso per il suo video! Ho passato il provino! Me lo ha detto lui di persona!», le dissi non contenendo un’evidente eccitazione nella mia tonalità di voce tremante. Avrei potuto toccare benissimo il cielo con un dito.
Lei spalancò gli occhi – siccome sapeva già del provino, siccome lei era una delle vere e uniche persone di cui mi potessi fidare – e si mise le mani sul volto, emozionata quanto me. «
Darling, non ci posso credere! Non mi prendi in giro, vero?»
«Te lo giuro, Isabel! È tutto vero! Il mio sogno si è realizzato!», esclamai con occhi lucidi, mentre osservai che anche nei suoi si stavano formando gocce di commozione miste a contentezza. Mi abbracciò di nuovo, questa volta più possentemente, e mi baciò in fronte.
«Te lo avevo detto, tesoro, che un giorno il tuo sogno sarebbe diventato realtà! Ora devi solo stare attenta… Nel modo del
business i pericoli sono molti, e nascosti. Non credere mai a nessuno che dice di conoscerti e poi ti parla male alle spalle. Non raccontare mai i tuoi segreti a nessuno, e continua sempre a fare quello per cui tu combatti da sempre!»
Io annuii soltanto, un po' intimorita da quel consiglio, e a quel punto il suo sorriso si fece più grande. «Ma davvero hai conosciuto Michael Jackson? Che tipo è?»
Rimasi un momento immobile, a riflettere. In effetti era un ragazzo abbastanza misterioso, almeno ad una prima visione soggettiva, siccome non avevo avuto ancora molte possibilità di parlargli in modo chiaro e conciso, se non quel pomeriggio per qualche minuto. Mi venne in mente il suo sorriso, e d’improvviso sorrisi anche io. Aveva un sorriso illuminante, dolce.
«Sembra una persona buona. Ma come hai detto tu mai fidarsi dello
show business, no? Siccome da oggi in poi sarà il mio capo, be’… Penso che avrò tutto il tempo di conoscerlo meglio», dissi, astenendomi ad una valutazione corretta.
Avrei voluto aggiungere che era bellissimo, stupendo, ma era meglio stare zitti e mantenere quel commento per me. Fortunatamente non avevo detto a nessuno che avrei lavorato per Michael Jackson, perciò non avevo ricevuto commenti del tipo “Com’è?”, “E’ carino?”, “E’ strano oppure no?”. Mi sentivo in dovere di farlo per un gesto di rispetto nei suoi confronti, ma anche perché non volevo sbilanciarmi con miei commenti. Non lo conoscevo ancora. Non tanto da poterlo giudicare.
Lei mi sorrise e mi prese le mani, congiungendole alle sue. «Ti piace, per caso?»
«Ma che cosa dici, Isabel?», dissi arrossendo, pur non di mia spontanea volontà. Come poteva piacermi? «Te lo detto, non lo conosco. Non so che persona è, e tu sai il carattere che ho io…», dissi abbassando sempre di più la mia voce.
Non sembravo convincente nemmeno a me stessa, sebbene davvero io non provassi niente per lui. Eppure, quando lo sentivo vicino o capivo che mi stava osservando, provavo quasi una scossa di elettricità. Sentivo una sensazione che non avevo mai provato con nessuno, forse perché non ero mai stata innamorata di nessuno in vita mia. Come se fossimo posseduti entrambi da
feeling reciproco.<br>
La sera arrivò presto – forse anche troppo – perché potessi essere ancora convinta che quello che stavo vivendo era tutto vero. Ilary, come prevedevo, mi abbracciò, così forte da essere capace di farmi venire le cervicali, e per tutta la serata sembrava positiva, sebbene un po’ dispiaciuta che un’opportunità del genere avrebbe finito per separarci. E io la compativo.
Finito di lavorare me ne tornai a casa, stanca ma ancora euforica. Il giorno successivo sarebbe stato uno fra i più importanti della mia vita. Sarebbe stato il primo giorno delle prove.
L’indomani mi svegliai alle 6,00 di mattina. Neanche dovessi partire per un lungo viaggio in Arizona, o chissà dove. Mi preparai con vestiti semplici, ma faticai nella scelta. Non volevo sembrare una poveraccia, però non potevo dimostrare di essere una ricca sfondata. Perciò, alla fine, dopo quasi un’ora di tempo mi decisi a mettere i miei fuseaux neri preferiti e una camicetta rossa – tipo Flashdance, tanto per cambiare.
Aspettai per un bel po' d'ore - in effetti non ricordavo a che ora mi avesse detto che sarebbe venuto a prendermi -, un tempo che fu riempito dalle mie paranoie personali. Ogni secondo mi ritrovavo a guardare fuori dalla finestra, in cerca di una macchina possibilmente elegante che arrivasse, prima o poi. Proprio in un momento che avevo perso la speranza che
lui arrivasse, sentii suonare il campanello.
Dallo spavento rischiai di inciampare nelle mie stesse scarpe – siccome camminavo come una disperata avanti ed indietro per la mia stanza d’appartamento – ma riuscii ad arrivare sana e salva fin giù dalle scale, fuori dall’appartamento. Appoggiato al cancelletto, ci stava Michael, ovviamente travestito, che sembrava osservarmi.
Io, facendo finta il più possibile di niente, proseguii fin quando non lo ebbi di fronte a me, una volta spalancato e chiuso il cancello.
«Buongiorno», disse, con occhi splendenti di una luce che si rispecchiava ai miei. Io sorrisi, salutandolo di rimando. Aprii la portiera della macchina e mi fece accomodare, prima che anche lui si sedesse.
La macchina partì e subito lo vidi togliersi travestimento completo di sciarpa e cappello. Per interrompere il silenzio istantaneo, mi propensi a fargli una domanda.
«Posso… Posso chiederti una cosa?»
Quando lo guardai in volto, scoprii che mi stava già osservando da prima che parlassi.
«Certo Sharon, dimmi pure», rispose con voce vellutata.
Evitai inutilmente di arrossire, mentre un lieve brivido mi attraversò la nuca al suono della sua voce. Annuii per dimostrare di aver capito – non volevo pensasse avessi qualche problema fisico e psicofisico - e allora mi sorrise, con un sorriso che temevo avrebbe illuminato perfino il sole.
«Lo so, sembrerà una domanda idiota ma... Come facevi a sapere dove abitavo? Insomma… Mi hai visto solo una volta al provino, noi non ci conosciamo…» chiesi con voce sottile, mentre fissavo attentamente il suo volto contrarsi, per poi assumere una strana espressione di dubbio. Qualcosa mi diceva che nascondeva chissà cosa.
«Oh, be’, lo chiesto alla segretaria della tua ex scuola» mi rispose rivolgendomi di nuovo il suo sguardo, sorridendo nuovamente. Io feci lo stesso, ma temei che il mio sembrasse più ad un sorriso da idiota.
Il giorno prima avevo parlato con lui come se niente fosse, dovevo continuare come avevo sempre fatto prima che mi avesse dato quella notizia. Non era da me, eppure credevo che tutto quello che mi stava succedendo non dipendessi dal riguardo nei suoi confronti. Piuttosto era a causa sua – il modo in cui sorrideva, il modo delicato e dolce con cui mi rivolgeva parola, la sua maniera di atteggiarsi – a farmi sentire una grande ebete.
«Come ti senti all’idea che ora diventerai una persona conosciuta?», mi chiese, attirando immediatamente i miei occhi ai suoi. Era quasi una calamita al quale non potevo che non rimanerne attirata.
«Emozionati. E soprattutto ricompensati.», risposi calma, sospirando. Lui inclinò leggermente la testa, curioso. «Mi sento bene perché so che ora forse, dopo tutto il dolore patito, una via d’uscita c’è. Nonostante sia una persona positiva, avevo rinunciato da tempo a tutto questo».
«Non rinunciare mai ai tuoi sogni. Un’esistenza senza sogni non è mai abbastanza vissuta», disse lui, guardandomi dolcemente. Io lo osservai, sorridendo, cominciando a sentir sciogliere dentro di me quella sensazione di freddezza che mi attanagliava.
Non potevo non essere me stessa, quando stavo in sua presenza. Questa cosa ormai l’avevo capita da tempo, e non potevo negarla. Inoltre, non ero una brava attrice, non lo ero mai stata. Era più forte di me. Con lui tutte le mie barriere di diffidenza e preoccupazione sembravano rompersi all’istante, anche non appena incrociavo i suoi occhi. Mi chiedevo come facesse. Era straordinario.
«Non ho mai smesso di sognare, purtroppo», dissi sistemandomi più comodamente sul sedile, accennando ad un sorriso. «E anche quando mi sembrava essere troppo debole per rialzarmi, alla fine riuscivo ad abbandonarmi a quelle sensazioni di timore grazie alla musica. Quando ballo sono felice».
Lo osservai guardarmi attentamente, con un sorriso sul volto e allo stesso tempo un’espressione incredula. Pensai di aver detto qualcosa che non poteva capire, perciò mi propensi a dire: «… Ho detto qualcosa che non va?»
Lui aggrottò le sopracciglia, per poi accennare ad una risata soffocata. Certo che anche lui non era normale. Forse tanto strano quanto me. Avevo questo dubbio da ieri, quando mi aveva detto quelle cose che mi avevano preso magicamente il cuore, e ora ne avevo quasi la convinzione. Che fosse simile a me, caratterialmente? Sharon, che sciocchezze dici. Nessuno ti può capire…
«Affatto. Provo le tue stesse sensazioni di libertà ed energia quando ballo, quelle emozioni forti che ti fanno sentire leggero e ti portano in un altro mondo. Un posto lontano da questo, nel quale nessuno sembra mai capirti veramente per come sei», mi disse, con un leggero sorrisino.
Io lo guardavo allibita. Le parole che aveva appena pronunciato avrebbero avuto il potere di farmi sollevare, se non fosse stata una cosa scientificamente impossibile. Ma, tuttavia, qualcosa dentro di me si era mosso. Nel suo volto potevo percepire le mie stesse percezioni del ballo, le stesse che nessuno prima di me – quando le avevo raccontate di persona – sembrava capire. Nessuno, fuorché lui.
Rimasi in silenzio, sorridendo e basta. Non c’erano parole per esprimere il mio concordo, la verità che sentivo nel suo discorso. Arrivammo più presto del previsto nello studio di prove, in un posto di Los Angeles che non avevo mai visitato prima di allora. Scendemmo entrambi non appena lui si fu rimesso il travestimento e con cautela – accompagnati da dei signori che era evidente erano le guardie del corpo, ma ben non riconosciute – avanzammo all’interno dell’edificio.
Salimmo di qualche piano con l’ascensore ed attraversammo dopodiché un corridoio in marmo bianco, fino ad arrivare ad una stanza particolare, che sembrava tanto l’aula dove mi allenavo per ballare, ma ovviamente molto più bella ed elegante. Ne rimasi affascinata. Pavimento in legno, lucido, specchio ogni dove, muri perfettamente bianchi e due finestre all’angolo sinistro della parete di specchi principale. Erano gli studi delle prove ballo delle star di Los Angeles, quelli, altroché.
All’interno della stanza si trovavano un paio di ragazzi – che se non sbagliavo contai fossero sette in tutto – e tre ragazze, fra cui una molto famigliare. Peccato mi fossi dimenticata dove l’avessi già vista. La musica risuonava leggera nella stanza, mentre gli altri non accorgendosi della presenza mia e di Michael continuavano a chiacchierare tranquilli. Per un momento, mi sentii un pesce fuor d’acqua, di nuovo nella mia vita.
Michael notò evidentemente il mio sguardo preoccupato e confuso, e con un lieve cenno sulla spalla richiamò i miei occhi. Lui mi sorrise dolce e apertamente, sussurrando. «Tranquilla, ora ti presento io».
Accennai un sì con un cenno impercettibile del mio capo e mi feci coraggio. Non dovevo temere niente. Michael avanzò di qualche passo oltre a me, prendendomi improvvisamente la mano. Questo gesto mi provocò brividi lungo tutte le braccia e la schiena, dandomi una sensazione di sicurezza innata. Sebbene la situazione doveva essere imbarazzante, non arrossii. Ero sicura. Protetta, in un certo modo. Mi sentii di nuovo capace di toccare il cielo con un dito.
«Ragazzi, ragazze», pronunciò, attirando l’attenzione di tutti. «Vi presento Sharon, la ragazza protagonista del video».
«Piacere di conoscervi», dissi sorridendo, comportandomi come mi comportavo sempre. La stretta di Michael mi faceva sentire senza paura. C’era lui – sembrava significare – e perciò non dovevo temere niente.
Tutti mi si avvicinarono contenti, stringendomi la mano. Purtroppo dovetti mollare quella di Michael, ma ora non ero più impaurita. Mi sentivo bene. Una volta salutati tutti mancò la presentazione di una sola ragazza, quella che avevo già visto da qualche parte. Michael avanzò, contento, con un sorriso d’angelo in volto. Guardò me e poi lei. E se fosse la sua ragazza? Il mio stomaco ne risentì le conseguenze, a quella domanda.
«La Toya, ti presento Sharon. Sharon, ti presento mia sorella». Oh, ecco dove l’avevo già vista! Risi di me stessa.
Sorrisi, quasi sollevata che non fosse la sua fidanzata – perché poi doveva importarmi? -, e le strinsi la mano. Lei accennò ad un sorriso, osservandomi bene. Michael, chiamato da quello che avevo riconosciuto fosse lo stesso coreografo dei provini, se ne andò, lasciandoci sole per un istante.
«Quindi», iniziò lei, docilmente. «Tu sei Sharon. Ho sentito molto parlare di te da mio fratello. Vedrai che non sarà niente d’impegnativo, dovrai solo cercare di non cadere alle sue avance», mi disse ridendo.
Ora ero confusa. Che voleva dire? Non cadere alle sue avance? Io dovevo ballare, che cosa intendeva…? Uno strano presentimento cominciò a vagarmi irrequieto per la testa, ma cercai di mantenermi il più calma possibile. Così, feci una domanda.
«In che senso?», chiesi, cercando di controllare il mio disorientamento. Lei mi fissò – siccome nel frattempo aveva voltato il suo sguardo verso un altro ballerino della sala – e dopodiché sorrise, gentile.
«Oh, mio fratello non te ne ha parlato. Devi solo camminare avanti e indietro per il video, tutto qui. Non sarà difficile».
Improvvisamente, sentii una frase che Isabel mi aveva ripetuto tante volte, ronzare nella mia testa: "
Non ti illudere mai dei bei sogni ad occhi aperti".