I costi della politica : i nuovi sottosegretari ci costeranno tre milioni di euro

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angelico
00martedì 12 luglio 2011 00:15
Doppi incarichi, tutti i nomidi Mauro Munafò in collaborazione con OpenpolisFassino ha promesso di dimettersi in questi giorni. Ma intanto è in buona compagnia: una trentina abbondante di sindaci, 13 presidenti di provincia, quattro assessori e 54 consiglieri comunali si tengono ben stretta anche la poltrona (e soprattutto lo stipendio) di deputato o di senatore. Ecco chi sono(07 luglio 2011)Meglio di una poltrona c'è solo una doppia poltrona, magari con annesso raddoppio dell'indennità e dei privilegi. I parlamentari nostrani, europei e nazionali, hanno preso il vizio di accumulare su di sé più cariche elettive, tanto che sono oggi oltre un centinaio quelli che possono vantare nel proprio curriculum un seggio a Roma o a Strasburgo e, contemporaneamente, una fascia tricolore, un assessorato o un ruolo di consigliere in qualche comune e provincia d'Italia.

Secondo i dati elaborati da OpenPolis, che l'Espresso pubblica in esclusiva, ci sono centoventuno casi di doppi incarichi nei nostri parlamenti, molto spesso legati a personalità semisconosciute del panorama politico, ma con qualche eccezione di rilievo.

A ogni tornata elettorale la storia è sempre la stessa: alcuni di questi esempi finiscono sulla stampa e alimentano la polemica, salvo poi tornare nell'ombra dopo qualche settimana. I casi più piccoli si meritano invece qualche appunto dalla stampa locale e poi finiscono nel dimenticatoio. Dai dati di OpenPolis pare che ad andare di moda siano soprattutto i seggi nei consigli comunali piccoli e grandi della Penisola, poltrone "locali" che non dispiacciono a cinquantaquattro parlamentari.

Tra tanti nomi che non dicono nulla al grande pubblico ci sono anche politici di primo piano come Francesco Rutelli, senatore del Terzo polo e consigliere comunale a Roma (dopo aver perso la corsa per il Campidoglio) e Riccardo de Corato, deputato Pdl e consigliere a Milano dopo aver perso la carica di vicesindaco.

Sempre nel consiglio del capoluogo lombardo siede Matteo Salvini, consigliere della Lega Nord ed europarlamentare, mentre bisogna andare ancora più a Nord per trovare l'ultras berlusconiana Michaela Biancofiore, deputata Pdl e consigliere comunale a Bolzano.

Se i nomi dei politici possono dire poco, la disposizione geografica di questi doppi incarichi può essere interessante. Ne sanno qualcosa i cittadini di Olbia, che hanno prestato alla politica nazionale tre dei loro consiglieri comunali, o quelli di Borgomanero, paesino in provincia di Novara: 21mila abitanti e la fortuna di avere ben due consiglieri comunali che fanno anche i deputati a Roma (uno per la Lega e l'altro per il Pd). Meno folta la schiera degli assessori che conta solo quattro esponenti (tre del Pdl): tra questi emerge il caso del centrista Bruno Tabacci da poco nominato assessore nella giunta milanese di Giuliano Pisapia.

Risalendo la gerarchia degli incarichi cambiano i numeri e i nomi iniziano a farsi via via più interessanti. Nel nostro paese ci sono ben trentadue comuni che possono vantarsi di avere un primo cittadino onorevole. In molti casi si tratta di paesi di provincia che premiano il proprio candidato nella speranza di ricevere dei privilegi da Roma: non è un caso se 16 dei 32 primi cittadini sono esponenti della Lega Nord (che conta anche due dei tre vicesindaci), attaccata al territorio quanto alle poltrone.

Tra gli altri nomi che meritano una citazione ci sono il sottosegretario alle infrastrutture Mario Mantovani che, oltre all'incarico nella squadra di Governo, tiene nel cassetto anche la fascia di Arconate, paese da seimila anime nel milanese.

Nella lista appaiono anche due new entry del calibro di Luigi De Magistris, europarlamentare Idv e sindaco di Napoli, e Piero Fassino, deputato del Pd e primo cittadino a Torino. Proprio Fassino ha annunciato da alcuni giorni le sue dimissioni da parlamentare, mentre De Magistris dichiara di essere in attesa della ratifica formale della Cassazione che lo farà decadere dall'incarico a Strasburgo per incompatibilità. Ma visto che il ruolo di sindaco poco si addice a un vero leader politico, tredici parlamentari hanno preferito quello di presidente o vicepresidente della Provincia.

In questo caso sono gli esponenti del Pdl a dettare legge con otto poltrone, seguiti a debita distanza dai colleghi leghisti (tre province) e dai casi singoli di Udc e Pd. Non cambia molto guardando ai consigli provinciali, in cui i casi di doppio incarico sono in totale undici con solida prima posizione per il Pdl con quattro suoi deputati-consiglieri.

Alla fine di questo viaggio tra i doppi incarichi vale la pena tirare le somme: se nessun partito presente in Parlamento può infatti definirsi completamente escluso da questo malcostume, è anche vero che vanno fatte delle proporzioni. Sui centoventuno casi trovati da OpenPolis, più di un terzo (47) sono legati a parlamentari del Pdl, seguiti a poca distanza dai compagni di maggioranza della Lega, che possono contare su 42 "doppio-incarichisti" (il grafico).

Le formazioni di opposizione guardano da lontano, con il Pd fermo a quota quattordici casi (incluso Fassino), il Terzo Polo a nove, e l'Italia dei Valori a tre (incluso De Magistris). C'è però spazio e gloria anche per Iniziativa Responsabile, che nel suo piccolo riesce ad accumulare ben tre casi di doppi incarichi.

espresso.repubblica.it/dettaglio/doppi-incarichi-tutti-i-nomi/21...



angelico
00martedì 12 luglio 2011 00:28
Quasi due miliardi al mese. È il conto presentato dalla politica e istituzioni nazionali e locali, e da ciò che le gira negli immediati paraggi (da consulenze e incarichi al personale che gestisce le varie assemblee), alla finanza pubblica. Più del valore assoluto, la domanda chiave quando si parla di costi della politica è: si può risparmiare qualcosa, soprattutto in tempi bui quando per salvare i conti pubblici si bloccano gli stipendi dei dipendenti pubblici, si rimandano le pensioni e si super-tassano i risparmi? La manovra approvata la scorsa settimana offre una risposta chiara: sì, si possono risparmiare un centinaio di milioni. Cioè qualcosa meno del 5 per mille, purché non si abbia fretta, si mettano in campo misure che fruttano qualche titolo di giornale ora ma portano i primi risparmi fra alcuni anni, e non si travolgano davvero le anomalie più profonde del sistema italiano.
Questi sono i frutti misurabili al momento dell'applicazione diretta delle misure. Dei complessivi 23 miliardi di euro, i costi della politica propriamente detta sfiorano i 20, e sono accumulati dagli 1,7 miliardi di Camera e Senato, dai 4 miliardi impiegati per le assemblee (e il personale che le gestisce) in Regioni, Province e Comuni, le auto blu e le consulenze censite dal ministero della Pubblica amministrazione, a cui si aggiungono incarichi e consigli di amministrazione in partecipate ed enti intermedi; il resto arriva dal funzionamento di organi costituzionali e Authority.


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Indennità
Molti di questi costi, com'è ovvio, sono indispensabili, perché un conto è chiedere più sobrietà alla politica e altro conto è mettere in dubbio le necessità della democrazia espressa dal Senato al consiglio comunale. Di fronte a questa mole di risorse, però, l'unico intervento potenzialmente significativo, fra quelli scritti negli articoli "nobili" della manovra, è quello sulle indennità dei parlamentari. Una commissione di «esperti» sarà chiamata a ridurli alla media dell'area Euro, ovviamente dalla prossima legislatura.
In realtà per capire la posta in gioco non occorre una commissione di studio, ma basta un semplice viaggio telematico fra i siti istituzionali dei diversi parlamenti. Da lì si scopre che i quasi 12mila euro mensili di «trattamento economico» mensile lordo (il resto sono rimborsi per le segreterie e contributi vari, che portano il totale a circa 23mila euro) rappresentano un po' più del doppio rispetto ai 5.339 euro europei: Camera e Senato spendono 144 milioni all'anno in indennità, che diventerebbero 62 milioni una volta raggiunte le indennità europee. Il seggio, se la regola sarà applicata in modo letterale, varrà quindi il 53,5% meno di oggi. Dal 1° gennaio scorso, invece, sono entrate in vigore le assai più tenui limature a retribuzioni e rimborsi, i cui effetti si vedranno solo nei prossimi bilanci.


www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-07-11/stipendio-parlamentari-sara-dimezzato-063551.shtml?uuid=...
angelico
00giovedì 14 luglio 2011 19:07
Corruzione, B. è un bluff'di Stefania MauriziUn nuovo file di WikiLeaks rivela che nel 2008 il governo Usa cercò di capire cosa stesse facendo il premier italiano per combattere le tangenti. E la risposta fu: niente, anzi ha smantellato l'unico organismo che c'era(13 luglio 2011)La lotta alla corruzione? Silvio Berlusconi non ha deluso soltanto gli italiani, ma anche il suo migliore alleato: l'America di George W. Bush. Che esamina con sgomento come sia stato smantellato persino il timido tentativo di un organismo anti-mazzette.

Al posto dell'Alto Commissario il Cavaliere ha improvvisato un ufficio senza arte ne parte: meno efficace della struttura già debole che ha rimpiazzato. Dipendente da un ministro dello stesso governo su cui deve sorvegliare. Con un mandato così ristretto da non potersi occupare nemmeno delle corruttele dei membri del parlamento italiano.

Una bocciatura netta, senza appello, che porta la firma di Ronald Spogli, l'ambasciatore romano di Bush.

Il file segreto ottenuto da WikiLeaks, che "l'Espresso" pubblica in esclusiva, mostra quanto sia bassa la credibilità dell'esecutivo sulle questioni morali.

L'argomento del rapporto mandato a Washington è il SaeT, acronimo che sta per "Servizio anticorruzione e Trasparenza". E' stato creato nel 2008 dal governo Berlusconi che, appena tornato al potere, aveva abolito l'Alto Commissariato anticorruzione, sostituendolo con il SaeT.

L'eliminazione del Commissariato era stata criticata da più parti in Italia e nel mondo. L'Ocse, che subito aveva chiesto chiarimenti a Roma. Ma gli americani non si fidano delle parole e per abitudine vanno a controllare di persona.

Così nel novembre 2008, l'ambasciatore Ronald Spogli visita gli uffici del nuovo ente e trasmette le sue conclusioni al Dipartimento di Stato: «Ci ha deluso. Crediamo probabile che il SaeT giocherà un ruolo meno efficace dell'organizzazione che ha rimpiazzato».

La critica si basa su un lungo elenco di dati. «Le attività del SaeT arrivano solo fino al governo», un mandato che quindi non gli consente di occuparsi della corruzione nelle aziende private, ma addirittura neppure di quella dei membri del parlamento, «a meno che questi ultimi sono svolgano un ruolo pubblico in istituzioni governative».

La nuova struttura anti-mazzette ha un staff «di appena 15 esperti e due direttori» mentre «l'Alto Commissariato aveva 60 persone». Inoltre il Saet non ha «alcun potere di supervisione: opererà come "hub di coordinamento" che spera di "delegare" molto del suo lavoro ad altre istituzioni (carabinieri, dogane, Banca d'Italia e altri)».

E anche se l'Alto Commissariato «non è mai stato veramente efficace, perlomeno sembrava avere un minimo di indipendenza», perché finanziato e dipendente dal Parlamento, «il SaeT, al contrario, è stato messo sotto un ministro del governo» e «non ha fondi indipendenti». Dipende, infatti, dal ministero della Pubblica amministrazione di Renato Brunetta.

Spogli chiude con un commento negativo. «Nel nostro lavoro con l'Alto Commissariato avevamo capito che si trattava era un'organizzazione piena di buone intenzioni, ma largamente inefficace. Siamo andati a visitare il SaeT sperando di vedere il debutto di un ente capace di affrontare seriamente il problema della corruzione dilagante in Italia».

E il diplomatico spiega che ad alimentare la speranza era anche la stima per Brunetta, ritenuto nel 2008 «il più energico dei riformatori del governo italiano». E invece no, il Saet si rivela un bluff: «La nostra visita ci ha deluso». E in Italia ne è stata dimenticata persino l'esistenza.


espresso.repubblica.it/dettaglio/corruzione-b-e-un-bluff/2155902#comme...
angelico
00sabato 16 luglio 2011 22:49
I senatori nella notte si salvano i privilegi
“Si produce disaffezione, non parliamone” In seduta notturna e lontano dalle telecamere la commissione bilancio boccia i tagli ai costi della politica. Con motivazioni diverse. Per Pastore del Pdl: "La dignità dei parlamentari è lesa da campagne diffamatorie che non rappresentano la realtà" Come i ladri nella notte. A telecamere spente e in seduta notturna, scrive Libero venerdì mattina, i senatori hanno bocciato i tagli ai privilegi della Casta. Il giorno prima che la manovra finanziaria arrivasse a Palazzo Madama, la commissione Bilancio ha votato i provvedimenti da adottare per ridurre i costi della politica annunciati dal ministro Giulio Tremonti. E non li ha fatti passare. Davanti alla Commissione Affari Costituzionali, in precedenza, era pure avvenuta una lunga discussione sugli stipendi degli eletti. Ricca di accenti quasi surreali. Come quello di Andrea Pastore (Pdl) arrivato ad invocare “che si levino voci in difesa del prestigio del parlamento e della dignità della funzione parlamentare, gravemente lesa da campagne diffamatorie che non rappresentano la realtà e alimentano sfiducia nelle istituzioni e in chi le rappresenta” . O quello del senatore Giuseppe Saro (stesso partito) il quale “ritiene che le misure di contenimento dei costi della politica e degli apparati pubblici siano frutto di una deriva populista”. Ma escluso Francesco Pancho Pardi dell’Idv che, racconta il verbale di una delle sedute (mattina del 13 luglio), propone dei tagli a benefit e vitalizi, tutti gli altri componenti della commissione fanno, chi più chi meno, i pesci in barile. L’idea di percepire semplicemente quello che prendono in media i parlamentari delle altre nazioni europee, come proposto dal ministro dell’Economia non piace.

Lo si capisce quando Francesco Sanna, (PD) illustra il suo punto di vista “circa la quantificazione del trattamento economico omni-comprensivo dei parlamentari, in riferimento alla media europea”. Nel resoconto si legge che Sanna propone di “tenere conto dei necessari fattori di ponderazione, con particolare riguardo alla consistenza demografica dei diversi Paesi”. La sua collega di partito Marilena Adamo è d’accordo. Lei infatti “ritiene che la definizione del trattamento economico debba tenere conto del costo della vita che è diverso da un Paese all’altro dell’area euro”. Tradotto: non si può portare la nostra busta paga (la più alta nella Ue) ai livelli medi degli altri Paesi membri. Una considerazione che riempie di gioia Lucio Malan. Il senatore Pdl si “associa” a quanto detto dalla senatrice e “osserva che , in alcuni paesi europei, l’indennità è al netto di altri benefit tra cui, per esempio, l’alloggio gratuito nella Capitale”. Così, poco dopo, il relatore Gabriele Boschetto (Pdl), “manifesta la sua disponibilità ad accogliere gli ulteriori rilievi del senatore Sanna”. Il blitz avviene poi in commissione Bilancio dove il relatore Gilberto Pichetto (Pdl) prevede un adeguamento alla paga non dei 17 paesi euro, ma dei sei “principali”, e i senatori siciliani Fleres e Ferrara inseriscono un altro emendamento che lega gli emolumenti al Pil. Alla fine, come ilfattoquotidiano.it ha avuto modo di accorgersi nel pomeriggio di venerdì, verrà approvato dalla maggioranza un testo che reciterà esattamente queste parole:

“Il trattamento economico di titolari di cariche elettive e i vertici di enti e istituzioni non può superare la media, ponderata rispetto al PIL, degli analoghi trattamenti economici percepiti dai titolari di omologhe cariche negli altri sei principali Stati dell’area euro”.

E qui sorgono i dubbi: cosa deve essere ponderato? La retribuzione del parlamentare rispetto al Pil del singolo stato? O il peso del singolo paese nel concorrere a creare la media delle retribuzioni? E il Pil di riferimento è quello nazionale o quello pro-capite? E poi ancora: quali sono i sei principali stati europei? Quelli con più abitanti o quelli con il Pil (Pil pro-capite??) maggiore? Insomma, un guazzabuglio talmente interpretabile da risultare aperto a qualsiasi futura determinazione.

Al di là degli interrogativi (con una lettera inviata in serata a ilfattoquotidiano.it Sanna e Adamo sosteranno di non avere nulla a che fare con la norma) il resoconto del Senato, in cui si trovano gli interventi integrali, dei membri della commissione Affari Costituzionali è istruttivo sul clima che si respira in parlamento. Leggendolo si scopre, tra l’altro, che Raffaele Lauro del Pdl “per quanto riguarda la questione dei costi della politica, lamenta come tale questione sia affrontata con modalità improprie, così alimentando la pubblicistica antiparlamentarista che produce una pericolosa disaffezione dei cittadini nei confronti delle pubbliche istituzioni e dei suoi rappresentanti”. In linea con Pastore, che dopo aver invocato“che si levino voci in difesa del prestigio del parlamento e della dignità della funzione parlamentare”, spiega: “L’indennità parlamentare è infatti un istituto necessario per assicurare a deputati e senatori autonomia e indipendenza, e per scongiurare il rischio che alla vita politica accedano soltanto i titolari di redditi particolarmente elevati”.

Merita poi essere letto l’intervento di Barbara Saltamartini del Pdl. La senatrice “ritiene che ciascuno debba assumere con senso di responsabilità i compiti ai quali è chiamato, nell’interesse esclusivo della Nazione. In primo luogo occorre ribadire, di fronte all’opinione pubblica, la legittimazione storica e giuridica dell’istituto dell’indennità parlamentare, nato per assicurare ai rappresentanti del popolo l’autonomia e l’indipendenza necessarie per svolgere con equilibrio – e senza condizionamenti – il mandato politico. Inoltre, l’indennità parlamentare serve al deputato e al senatore per poter svolgere con la massima efficacia la propria attività politica. Ciò che, a suo avviso, rappresenta un intollerabile onere a carico della finanza pubblica, difficilmente giustificabile davanti ai cittadini, è da una parte l’attribuzione di ulteriori indennità ad alcuni parlamentari in ragione di particolari cariche ricoperte all’interno della Camera di appartenenza e, dall’altra, l’insieme delle spese e dei costi per gli apparati burocratici, i quali spesso godono di trattamenti privilegiati. Di fronte all’esigenza di ridurre il debito pubblico, che grava ormai da diversi decenni sull’Italia, occorre a suo avviso dare piena attuazione al combinato disposto degli articoli 53 e 81 della Costituzione, responsabilizzando coloro che amministrano la cosa pubblica, a tutti i livelli di governo, ad un uso virtuoso delle risorse. Ciò anche al fine di rendere quanto più credibili gli interventi di contenimento della spesa, con gli inevitabili effetti a carico dei cittadini e delle famiglie”.

Articolo aggiornato alle 10.30 di sabato 16 luglio


www.ilfattoquotidiano.it/2011/07/15/i-senatori-nella-notte-si-salvano-i-privilegi-si-produce-disaffezione-non-parliamone...
angelico
00sabato 16 luglio 2011 22:52


Le condizioni speciali di acquisto riservate ai deputati! poverini: mica possono comprare un auto a prezzo di mercato
Questo è solo lo sconto della peaugeot, al quale va aggiungersi poi quello che ogni concessionaria liberamente applica ai comuni mortali (figuriamoci al parlamentare)! poveri deputati: mica possono comprarsi un auto al prezzo di mercato!!! con quel poco che guadagnano!!!...



Le condizioni tariffarie esclusive della TIM per i parlamentari italiani
Questo invece sono le condizioni tariffarie riservate per i deputati!!sono del 2008, oggi sono ancora più vantaggione! Anche qui, mica possono spendere come i comuni mortali!!! l'unico negozio abilitato ad attivare questa tariffa è il negozio tim in Largo Chigi: io sarei per boicottarlo!

www.facebook.com/pages/I-segreti-della-casta-di-Montecitorio/2326431...
angelico
00sabato 16 luglio 2011 22:53
Qui di ladri non ce ne sono tanti, ma uno solo, che però risulta molto più scaltro dei tanti parlamentari che sopravvivono con "solo" 14.000 euro al mese. Lui intasca dalla Camera dei deputati all'incirca 2 milioni di euro al mese.
Il suo nome è Sergio Scarpellini, un noto palazzinaro romano che guadagna, solo attraverso l'affare di Palazzo Marini, 150 volte più del "misero" stipendio parlamentare.
Lo scandalo già alcuni anni fà venne fuori.
In pratica la camera dei deputati paga 25 milioni l'anno per l'affitto dell'intero Palazzo Marini, per 20 anni.
Il palazzo Scarpellini l'ha comprato con un mutuo, le cui rate vengono pagate dalla Camera dei Deputati.
Geniale, vero?
Ma non è finita qui.
Il vero scandalo non è solo regalare a questo signore qualcosa come 150 stipendi parlamentari al mese, o 2000 stipendi normali, ma è anche e soprattuto nella misera funzionalità di questa struttura.
Qui infatti hanno gli uffici i parlamentari "sfigati": i segretari di partito, i capigruppo, i presidenti di commissione hanno gli uffici all'interno di Montecitorio, ma essendo gli spazi limitati (limitati un corno: ho visto finanche 10 stanze con centinaia di metri quadri a disposizione di un singolo capogruppo d'opposizione), restavano qualche centinaio di deputati da sistemare.
questi li hanno spediti a palazzo Marini, che è in piazza san silvestro, sono 500 metri o poco meno da montecitorio, ma essendo che i peones sono a roma solo dal martedì pomeriggio al giovedì per le votazioni, ed essendo il loro mestiere in quei giorni incentrato essenzialmente nel premere il pulsantino del voto al suono della campana, non possono permettersi il lusso di allontanarsi così tanto.
E così quel palazzo è sempre vuoto, spettrale, cammini per centinaia di metri per i suoi labirintici corridoi senza trovare mai un'essere umano, un segno di vita.
I corridoi sono sempre vuoti, le tasche dei palazzinari collusi invece sono sempre piene!

www.facebook.com/notes/i-segreti-della-casta-di-montecitorio/i-noti-ladri-che-si-aggirano-a-palazzo-marini-sede-degli-uffici-dei-singoli-parl/2327490...
angelico
00sabato 16 luglio 2011 22:54
I poliziotti di servizio presso l'ufficio di polizia all'interno di Palazzo Montecitorio ci sono ormai abituati.Ogni giorno c'è sempre un deputato che denuncia il furto del suo costosissimo computer portatile , così come non disdegnano alcune giovani deputate dal denunciare il furto della propria pelliccia di valore.
Ma come mai, malgrado i rigidi controlli all'ingresso di montecitorio, continuano ad agire indisturbati questo manipolo di ladri nel transatlantico e delle aule di Montecitorio?
Forse perchè probabilmente i ladri sono coloro i quali entrano ed escono dall'ingresso principale quando vogliono: i deputati infatti sono gli unici esentati dai controlli. Ma perchè i deputati dovrebbero denunciare furti a montecitorio?????
Semplicemente perchè c'è una polizza assicurativa che copre qualsiasi furto di qualsiasi entità che avviene all'interno di Palazzo Montecitorio.
Poi si offendono se uno parla di quel palazzo come un covo di ladri!


www.facebook.com/notes/i-segreti-della-casta-di-montecitorio/i-misteriosi-ladri-che-si-aggirano-nel-transatlantico/2327101...

angelico
00sabato 16 luglio 2011 22:55
i tanti che mi allarmavano sulla censura, avevano ragione: mi è arrivata una mail di intimazione da facebook di rimozione dei contenuti. nel giro di una ventina di minuti spero di riuscire a trasferire tutto qui. datemi una mano ad avvisare ai 1000 iscritti alla pagina e a far circolare il link! isegretidellacasta.blog​spot.com/



www.facebook.com/pages/I-segreti-della-casta-di-Montecitorio/2326431...
angelico
00sabato 16 luglio 2011 22:57
Quando vedete un autoblu che sfreccia a sirene spiegate, sappiate che a volte dentro c'è solo una signora che va a fare la spesa o accompagna i figli a scuola.
Vi spiego qual'è il trucco attraverso il quale gli onorevoli parlamentari si arrogano e si appropriano di questo servizio.
Le autoblu a Montecitorio sono solo venti, a disposizione dell'ufficio di presidenza (presidente e vicepresidenti della camera) e dei presidenti delle commissioni parlamentari. E gli altri 600 deputati?
Ecco come fanno.
Il meccanismo è ormai ben collaudato.
Se all'origine era solo uno stratagemma di un giovane deputato democristiano di un paesino del beneventano che l'ha tenuto in piedi per 30 anni di onorato servizio allo stato (e lo tiene tuttora) oggi ormai è dilagato molto tra i frequentatori di montecitorio.
Basta trovare una persona fidata che si prenda l'impegno, con le dovute precauzioni di intracciabilità, di inviare una lettera anonima di insulti e minacce, meglio ancora anche verso i familiari, riportando alcuni dettagli della vita privata (il nome della scuola del figlio, ad esempio).
Il giorno seguente, mentre lui va ad informare i carabinieri, io sono già a scrivere.....in verità faccio il taglia e incolla di un vecchio comunicato stampa che mi ha passato un altro servo di montecitorio che si chiama minacce.doc che tanto il succo è sempre lo stesso:"profonda indignazione per le minacce ricevute, ma continuerò per la strada delle riforme e del rinnovamento, non ci lasceremo intimidire", chiamo i miei colleghi che anche loro hanno un bel file prestampato solidarieta.doc con il quale il capogruppo, il segretario, ecc.... esprimono solidarietà e vicinanza.
Il caso finisce sui giornali, il prefetto chiama al padrone per assicurargli una protezione maggiore.
Quel prefetto sà bene che l'avvicinamento, il trasferimento e la promozione dipendono dal ministro degli interni di turno e quindi dipende molto dalle amicizie che si sarà saputo costruire nei suoi anni di carriera prefettizia: nel successivo COMITATO PROVINCIALE PER L'ORDINE PUBBLICO E LA SICUREZZA non mancherà l'ok per concedere la dovuta protezione al padrone-deputato minacciato.
E così per magia ecco a voi un auto blu e una squadra di scorta!


www.facebook.com/notes/i-segreti-della-casta-di-montecitorio/auto-blu-e-scorta-per-tutti-ecco-il-segreto-di-come-vengono-assegnate/2326581...
angelico
00sabato 16 luglio 2011 22:58
C'è un agenzia di viaggio all'interno di montecitorio, alla quale tutti i deputati si rivolgono per fare qualsiasi biglietto aereo (naturalmente gratis) da e per qualsiasi destinazione italiana. La prima volta che sono andato a fare i biglietti, il funzionario parlamentare adibito all'agenzia (7000 euro al mese) mi ha chiesto il codice millemiglia, che con accortezza il deputato-padrone mi aveva fornito.
Cosa ho scoperto: che lor signori non solo si fanno i viaggi gratis, ma con quei viaggi accumulano punti su punti che poi utilizzano per far viaggiare gratis anche mogli, amici e parenti sui voli alitalia.
L'assuefazione alla casta ci può portare qui in Italia anche a sminuire il peso di quest'atteggiamento truffaldino, ma per comprendere il valore di queste azioni, forse è il caso di ricordare lo scandalo "miglia aeree" che ha portato alle dimissioni di tre ministri in Germania, colpevoli di aver fatto quello che da decenni continuano a fare impunemente i deputati italiani:
archiviostorico.corriere.it/2002/agosto/01/Berlino_scandalo_miglia_aeree_dimette_co_0_02080113...


www.facebook.com/notes/i-segreti-della-casta-di-montecitorio/non-solo-per-loro-come-far-viaggiare-gratis-anche-amici-e-parenti/2326530...
angelico
00domenica 17 luglio 2011 14:09
IL CASO
Psicoterapie, cure termali e rimborso dei ticket
costa 10 milioni l'assistenza sanitaria ai deputati
Mentre scatta la stretta sui cittadini, Montecitorio pubblica la spesa 2010 per onorevoli e famiglie: 30 mila euro al giorno. Dentista e ricoveri le voci più grosse, insieme alla fisioterapia, gratis anche gli occhiali
di CARMELO LOPAPA
Il palazzo di Montecitorio, sede della Camera dei deputati
ROMA - Subito la stangata sui ticket per almeno 15 milioni di italiani, 10 euro sulle ricette, 25 per gli interventi in pronto soccorso. Potranno tirare un sospiro di sollievo i 630 deputati e 315 senatori con le loro famiglie, che viaggiano con un'assistenza tutta loro. E per una casuale e beffarda coincidenza, proprio alla vigilia della stretta sulle famiglie, la Camera dei deputati rende pubblici per la prima volta i costi della sanità integrativa sostenuta negli ultimi anni a beneficio degli onorevoli. Sufficiente a svelare un costo per le casse pubbliche che sfiora i 30 mila euro al giorno, quasi 850 mila euro al mese.

Già, perché solo nel 2010 la copertura finanziaria approntata per tutta una serie di interventi non esattamente salva-vita a beneficio dei 630 di Montecitorio, degli "ex" e delle loro famiglie ha toccato i 10 milioni 117 mila euro. Dati - sintetizzati nella tabella ufficiale pubblicata qui di fianco - che finora erano rimasti coperti nelle pieghe dell'amministrazione. Sono stati i sei deputati radicali guidati da Rita Bernardini a portare avanti la battaglia per la pubblicazione della spesa "al dettaglio", dopo molteplici istanze ai vertici della Camera. Finché il 13 luglio scorso, dagli uffici dei questori, parte con protocollo 19751 la tabella completa. Il meccanismo, va da sé, è analogo a Palazzo Madama per i 315 senatori (e famiglie). Si chiama Asi, Assistenza sanitaria integrativa e stando all'ultima rilevazione dei questori di Montecitorio risulta che ne beneficino oltre ai "630, anche 1.109 loro familiari, 1.329 titolari di assegni vitalizi e 1388 loro familiari, 484 titolari di assegno vitalizio di riversabilità e 25 loro familiari, 217 deputati in attesa di vitalizio diretto e 386 loro familiari, 2 giudici emeriti della Corte Costituzionale e 2 loro familiari, 2 familiari dei giudici della Corte titolari di reversibilità". In tutto una platea di 5.574 privilegiati.

Fragilità, insicurezze, disturbi della personalità, delusioni, amarezze. Dura la vita del deputato. Così, l'esborso forse più inatteso è quella che sbuca alla sesta voce della tabella, che rivela come i deputati nel 2010 hanno fatto spendere all'amministrazione 204 mila euro per "psicoterapia". Ma è solo il dato più curioso e assorbe appena il 2 per cento del totale. Il vero boom è da ricercare alla voce "odontoiatria", che da sola assorbe il 30 per cento dell'intero budget: 3 milioni 92 mila euro. Carie, piombature, dentiere per sorrisi smaglianti a beneficio di telecamere. Il plafond per 5 anni è di 23.240 euro per ciascun nucleo familire. Un esborso per i conti pubblici che segue di poco quello per "ricoveri e interventi", costati lo scorso anno alla Camera 3 milioni 173 mila.

Ma ci sono anche i ticket rimborsati agli onorevoli, per 153 mila euro, e gli accertamenti di varia natura per quasi mezzo milione di euro. "I trattamenti termali portano benefici all'apparato locomotore, respiratorio, cardiovascolare, alla circolazione sanguigna, coadiuvano la cura delle stomatologie, delle malattie dermatologiche: incrementano il turismo e creano posti di lavoro" raccomandava giusto ieri il "responsabile" Domenico Scilipoti nel suo milionesimo comunicato stampa. I suoi colleghi deputati lo sanno da tempo e solo lo scorso anno a spese della Camera hanno usufruito di cure termali per oltre 204 mila euro (plafond annuo da 1.240 euro ciascuno). Ma se è per questo, sembra che abbia molto a che fare con la chirurgia estetica (ma non solo quella per la verità) la chiusura delle vene varicose o comunque malate, così antiestetiche soprattutto per le deputate e mogli di parlamentari: va sotto la voce "sclerosante" e la spesa è di 28 mila euro (plafond da 775 euro l'anno).

Poca cosa rispetto per esempio al rimborso di cui gli inquilini di Montecitorio continuano a usufruire per l'acquisto dei loro occhiali da vista: si viaggia quasi sul mezzo milione di euro, 488 mila per l'esattezza. Ma è un crescendo. Non sarà tanto per l'età media elevata dei beneficiari, più probabilmente perché la voce "fisioterapia" comprende talassoterapia e altri generi di assistenza antistress, sta di fatto che per questo genere di trattamenti sono stati impiegati nel 2010 quasi un milione di euro, il dieci per cento del totale, con plafond annuo di tutto rispetto: 1.860 euro ciascuno. "A noi non interessa la demagogia, ma da anni portiamo avanti la nostra battaglia per la trasparenza delle spese sostenute dal Parlamento" spiega Rita Bernardini, nell'apprezzare il passo avanti compiuto comunque dalla presidenza Fini. È il secondo dossier reso pubblico dopo quello corposo sugli affitti.

(17 luglio 2011)

www.repubblica.it/politica/2011/07/17/news/psicoterapie_cure_termali_e_rimborso_dei_ticket_costa_10_milioni_l_assistenza_sanitaria_ai_deputati-19225101/?re...
rossijack
00domenica 17 luglio 2011 18:34
Grazie,angelico,per le "cattive"notizie postate!Sto apprendendo anche dai telegiornali tutta questa serie di privilegi economici che fa salire di molto il gia' altissimo stipendio da parlamentare,visti i rimborsi,gli sconti e le prestazioni gratuite;c'e' una pagina di facebook,al quale non sono iscritta, che specificamente tratta questo argomento e che sta crescendo a dismisura come iscritti.
Non ho capito,noi dovremmo fare mille sacrifici per mantenere questi papponi,queste sanguisughe che si arrogano il diritto inespugnabile di avere tutte queste agevolazioni?Cioe' la gente deve rinunciare a mandare figli all'universita',a fare una vacanza ,alla propria salute,ecc ecc,per questi sfrutttatori matricolati senza dignita' che se ne fottono altamente di noi e che ci hanno mandato sul lastrico per la loro incapacita' e perche'tutto deve essere funzionale al loro potere?Una manovra fatta sempre e solo sulle spalle dei piu'poveri e delle classi medie che ormai medie non sono piu'...ma dove credono che arriveremo cosi'?Se a pagare sono sempre gli stessi non ci sara' piu' nessuno sviluppo perche' nessuno ha soldi per comprare e quindi l'economia crolla ulteriormente,la conseguenza e' lo sfascio totale!Non bisogna essere esperti di economia per capirlo! [SM=x47926]
angelico
00domenica 17 luglio 2011 18:41
Re:
rossijack, 17/07/2011 18.34:

Grazie,angelico,per le "cattive"notizie postate!Sto apprendendo anche dai telegiornali tutta questa serie di privilegi economici che fa salire di molto il gia' altissimo stipendio da parlamentare,visti i rimborsi,gli sconti e le prestazioni gratuite;c'e' una pagina di facebook,al quale non sono iscritta, che specificamente tratta questo argomento e che sta crescendo a dismisura come iscritti.
Non ho capito,noi dovremmo fare mille sacrifici per mantenere questi papponi,queste sanguisughe che si arrogano il diritto inespugnabile di avere tutte queste agevolazioni?Cioe' la gente deve rinunciare a mandare figli all'universita',a fare una vacanza ,alla propria salute,ecc ecc,per questi sfrutttatori matricolati senza dignita' che se ne fottono altamente di noi e che ci hanno mandato sul lastrico per la loro incapacita' e perche'tutto deve essere funzionale al loro potere?Una manovra fatta sempre e solo sulle spalle dei piu'poveri e delle classi medie che ormai medie non sono piu'...ma dove credono che arriveremo cosi'?Se a pagare sono sempre gli stessi non ci sara' piu' nessuno sviluppo perche' nessuno ha soldi per comprare e quindi l'economia crolla ulteriormente,la conseguenza e' lo sfascio totale!Non bisogna essere esperti di economia per capirlo! [SM=x47926]




l unica risposta e Movimento 5 stelle...


fatto da cittadini comuni....cioe noi!

cittadini che una volta eletti rinunciano ai rimborsi elettorali e si riducono lo stpendio!


l alternativa c e!
rossijack
00domenica 17 luglio 2011 19:46
Re: Re:
angelico, 17/07/2011 18.41:




l unica risposta e Movimento 5 stelle...


fatto da cittadini comuni....cioe noi!

cittadini che una volta eletti rinunciano ai rimborsi elettorali e si riducono lo stpendio!


l alternativa c e!







Sono d'accoro con te,ma capirai bene che prima che possa decollare ulteriormente il M a 5 stelle e diventare un punto solido di riferimento bisogna correre ai ripari subito!Bisogna che i papponi rinuncino a tutti questi privilegi e abbiano rispetto dei nostri sacrifici,o che scendiamo in piazza e cominciamo a fare dure proteste,invece di piegare con rassegnazione la testa ancora una volta! [SM=g27830] [SM=g27825]
angelico
00domenica 17 luglio 2011 21:44
Re: Re: Re:
rossijack, 17/07/2011 19.46:







Sono d'accoro con te,ma capirai bene che prima che possa decollare ulteriormente il M a 5 stelle e diventare un punto solido di riferimento bisogna correre ai ripari subito!Bisogna che i papponi rinuncino a tutti questi privilegi e abbiano rispetto dei nostri sacrifici,o che scendiamo in piazza e cominciamo a fare dure proteste,invece di piegare con rassegnazione la testa ancora una volta! [SM=g27830] [SM=g27825]




beh guarda se il PD vince alle elezioni nn cambiera nulla....



pensa che il PD sicilia , 3 su 5, si sono astenuti per una mozione di condanna per la dedica a cuffaro....

www.ilfattoquotidiano.it/2011/07/17/agrigento-riapre-una-chiesa-con-dedica-a-cuffaro-e-mezzo-pd-non-vota-la-censura...
rossijack
00domenica 17 luglio 2011 22:20
beh guarda se il PD vince alle elezioni nn cambiera nulla....





Questo lo penso anch'io,purtroppo!Del resto non e' che quando stavano al Governo abbiano fatto questi miracoi,la scuola l'hanno cominciata ad uccidere quelli di sx con delle leggi assurde,finche' questi ultimi e la finta suora che trama con Bisignani non hanno dato la stoccata finale!!!!

angelico
00lunedì 18 luglio 2011 17:45
La bacchetta magica dell'immunità "stradale" per amici e parenti.
Quello che vedete in questa foto è il permesso ZTL della Camera dei Deputati. Sullo sfondo c'è un articolo di ieri sul tema della casta e dei suoi costi.
Pubblico il permesso ZTL qui per due motivi. Descrivere il potere magico che incarna quel cartoncino, ma anche e soprattutto per rispondere alle critiche di chi ritenga che alcune notizie qui riportate sia possibile ritrovarle anche in qualche libro di denuncia sui costi della politica.
Se ciò può anche essere parzialmente vero (non ho letto la sterminata bibliografia in merito, ma credo che le nefandezze sono sempre le stesse e prima o poi escono fuori: tutto sta nella capacità di lor signori di nascondere e insabbiare la verità), tuttavia certamente non danno in omaggio con il libro il permesso ZTL Camera dei Deputati!!
Ma cos'è questo cartoncino magico?
Quello che in apparenza sembra uno dei tanti semplici contrassegni per accedere nelle aree a traffico limitato del centro di Roma, è invece una bacchetta magica
in grado di rivestire non solo il conducente ma anche l'auto di una qualità molto ricercata negli ambienti di Montecitorio: l'impunità.
Tutor e autovelox, vigili e poliziotti, divieti e sanzioni, nulla possono fare contro questo potente sortilegio.
Qui non parliamo delle auto blu, per quelle già era scontato: i tagliandi vanno posti invece su una qualsiasi altra auto a discrezione di ogni deputato.
Che sia il suv del suo bamboccione o l'auto dell'amante, poco importa.
A volte succede che il figlio bamboccione (sembra incredibile ma ho conosciuto diversi figli di deputati, cretini almeno quanto Renzo Bossi: chissà se faranno anche loro carriera politica) venga pizzicato dall'autovelox a 180km/h sull'autostrada o con l'auto parcheggiata nel bel mezzo di una isola pedonale.
Poco importa.
Ci sarà sempre un servo dei servi, come il sottoscritto, a cui consegnare multe e verbali.
Costui sa già quel che bisogna fare: raccomandata A/r a Sua Eccellenza Illustrissimo Gentilissimo Prefetto....si comunica che in data x all'ora x...bla bla bla.... il sottoscritto travolgeva un'anziana sulle strisce (questa è una battuta, per carità)....improrogabili impegni istituzionali (la discoteca del bamboccione, l'appuntamento con l'amante, lo shopping della figlia)...esercizio delle sue funzioni.....cordiali saluti....on.dott.ing.Cettolaqualunque.
In allegato al ricorso, lo schiavo non deve far altro che allegare la fotocopia del permesso ZTL Camera dei Deputati, che reca il numero di targa del veicolo incriminato, e il gioco è fatto!
Veniamo al secondo motivo della foto.
Si tratta di un vecchio permesso scaduto (il nuovo è sempre sul parabrezza dell'auto del figlio, almeno credo) che metto su internet non solo e non tanto per raccontarvi di questi oscuri sortilegi postmoderni, ma anche perchè all'oggi non credo che questo tagliando sia uscito in omaggio con qualche libro.


isegretidellacasta.blogspot.com/
angelico
00lunedì 25 luglio 2011 13:39
Noi, onorevoli e nullafacenti'di Emiliano Fittipaldi

Un parlamentare accompagna L'Espresso nei privilegi di Montecitorio.

Ecco la prima puntata del suo racconto: dove ci spiega che si lavora pochissimo, si comprano auto scontate e per viaggiare si sceglie sempre Alitalia, che è la più cara, tanto paga lo Stato e così si accumulano punti per portare la famiglia in vacanza(21 luglio 2011)Carlo Monai è l'unico, dopo sette tentativi andati a vuoto, che ha accettato di raccontare a "l'Espresso" com'è cambiata la sua vita da quando è entrato nella casta. E' un avvocato di Cividale del Friuli, ex consigliere regionale e oggi deputato dell'Idv al primo mandato parlamentare. Uno dei peones, a tutti gli effetti.

Uno coraggioso, direbbe qualcuno, visto che ha deciso di metterci la faccia e guidarci come novello Virgilio nella bolgia di indennità, vitalizi, doppi incarichi, regali, sconti e privilegi in cui sguazzano politici di ogni risma. Un paradiso per pochi, un inferno per le tasche dei contribuenti italiani, stressati da quattro anni di crisi economica e da una Finanziaria lacrime e sangue che chiederà ulteriori sacrifici. «Per tutti, ma non per noi», chiarisce Monai. «I costi della politica sono stati ridotti di pochissimo, e alcuni sprechi sono immorali. Non possiamo chiedere rinunce agli elettori se per primi non tagliamo franchigie e sperperi».

L'incontro è al bar La Caffettiera, martedì mattina, davanti a Montecitorio. Difficile ottenere un appuntamento di lunedì. «Noi siamo a Roma da martedì al giovedì sera», spiega. «Ma in questa legislatura pare che stiamo facendo peggio che mai: spesso lavoriamo due giorni a settimana, e il mercoledì già torniamo a casa. Nel 2010 e nel 2011 l'aula non è mai stata convocata di venerdì. Le sembra possibile?».

Anche in commissione l'assenteismo è da record. «Su una quarantina di membri, se ce ne sono una decina presenti è grasso che cola. Io credo che lo stipendio che prendiamo sia giusto, ma a condizione che l'impegno sia reale. Se il mio studio fosse aperto quanto la Camera, avrei davvero pochi clienti».

La busta paga di Monai è identica a quella dei suoi colleghi: l'indennità netta è di 5.486,58 euro, a cui bisogna aggiungere una diaria di 3.503,11 euro. Per ogni giorno di assenza la voce viene decurtata di 206 euro, ma solo per le sedute in cui si svolgono le votazioni. E se quel giorno hai proprio altro da fare, poco male: basta essere presenti anche a una votazione su tre, e il gettone di presenza è assicurato ugualmente. Lo stipendio è arricchito con il rimborso spese forfettario per garantire il rapporto tra l'eletto e il suo collegio (3.690 euro al mese), e gli emolumenti che coprono le uscite per trasporti, spese di viaggio e telefoni (altri 1.500 all'incirca). In tutto, oltre 14 mila euro al mese netti. Ai quali molti suoi colleghi con galloni possono aggiungere altre indennità di carica.

Monai inizia il suo viaggio. «Non bisogna essere demagogici. Parliamo solo di fatti. Partiamo dagli assistenti parlamentari: molti non li hanno. Visto che le spese non vanno documentate, preferiscono intascarsi altri 3.690 euro destinati ai portaborse e fare tutto da soli. Altri colleghi per risparmiare si mettono insieme e ne pagano uno che fa il triplo lavoro».

Ecco così svelata la sproporzione tra il numero dei deputati (630) e i contratti in corso per i segretari (230). «Non c'è più tanto nero come qualche anno fa. Anche un altro mito va sfatato: la Camera non ci regala cellulari, come molti credono, ma ogni deputato può avere altri 3.098 euro l'anno per pagare le telefonate. La Telecom ci offre poi dei contratti, chiamati "Tim Top Business Class", destinati a deputati e senatori. Per i computer? Abbiamo un plafond di altri 1.500 euro». Anche quand'era in consiglio regionale del Friuli le telefonate non erano un problema: «La Regione copriva tutto. Se non ti fai scrupoli puoi spendere quanto vuoi. Lo sa che lì c'è pure un indennizzo forfettario per l'utilizzo della propria macchina? Per chi vive fuori Trieste, 1.800 euro in più al mese. Tutti prendevano il treno regionale, e si intascavano la differenza». Portandosi a casa solo grazie a questa voce lo stipendio di un operaio specializzato.

Già. I trasporti gratis sono un must dei politici. Monai elenca i vantaggi di cui può usufruire. «Il precario che su Internet ha svelato gli sconti che ci fa la Peugeot s'è dimenticato che anche altre case offrono benefit simili: ho ricevuto offerte dalla Fiat, dalla Mercedes, dalla Renault. Dal 10 al 25 per cento in meno. Credo che lo facciano per una questione di marketing».

Ogni parlamentare ha una tessera che gli consente di non pagare l'autostrada, i treni e gli aerei (sempre prima classe) e le navi, in modo da potersi spostare liberamente sul territorio nazionale. «Tutto gratis, anche se devo andare al compleanno della nonna», chiosa l'onorevole. «Dovrebbero essere pagati solo i viaggi legati al nostro incarico pubblico».

Oltre a questi soldi è previsto un ulteriore rimborso mensile per taxi e varie che va, a secondo della distanza tra l'abitazione e l'aeroporto, da 1.007 a 1.331 euro al mese. Questa è una cosa nota. Pochi sanno però che quasi tutti i deputati, per comprare i biglietti aerei, fanno riferimento esclusivamente all'agenzia americana (con sede in Minnesota) Carlson Wagonlit. «A loro noi chiediamo sempre di volare con Alitalia, che è la più cara di tutte. Nessuno ci vieterebbe, però, di scegliere compagnie low cost».

I politici se ne guardano bene: da un lato il prezzo di un biglietto low cost lo devi anticipare tu (mentre con Alitalia anticipa il Parlamento), dall'altro perderesti i punti per la carta fedeltà "Millemiglia". «I punti li giriamo a mogli e figli, ma in genere i deputati li usano per andare gratis all'estero: perché tranne qualche missione coordinata con il presidente della commissione», ragiona Monai, «i viaggi all'estero dobbiamo pagarceli di tasca nostra».



espresso.repubblica.it/dettaglio/noi-onorevoli-e-nullafacenti/21...
angelico
00lunedì 8 agosto 2011 19:36
L'AGENDA PROVINCE, VITALIZI, TRASPARENZA: GLI INTERVENTI POSSIBILI. E DOVEROSI
Costi della politica: tutti i tagli
che si possono fare subito
Riduzione dei parlamentari: l'intesa è solo a parole

Vogliono la fiducia dei cittadini in questo momento nero? Se la guadagnino. Il governo, la maggioranza e la stessa opposizione non possono chiedere un centesimo agli italiani senza parallelamente (anzi: prima) tagliare qualcosa di loro. Conosciamo l'obiezione: non sarà un taglio di 1000 euro dallo stipendio reale (l'indennità è solo una parte) di deputati e senatori a risolvere il problema. Perfino se tutti fossero condannati a lavorare gratis risolveremmo un settemillesimo della manovra. Vero. Ma stavolta non hanno scelta: è in gioco la loro credibilità.
Per partire devono aver chiaro un punto: il perfetto è nemico del bene. In attesa di una ridefinizione generale dello Stato (campa cavallo) certe cose si possono fare subito. Alcune simboliche, altre di sostanza.


Sono stati presentati nove progetti di legge, dall'inizio della legislatura, per ridurre o addirittura dimezzare il numero dei parlamentari. Da destra, da sinistra... Dove sono finiti? Boh... Sono tutti d'accordo, a parole? Lo facciano, quel taglio. Senza allegarci niente. Sennò finisce come sempre finisce: la sinistra ci aggancia una cosa inaccettabile dalla destra, la destra ci aggancia una cosa inaccettabile dalla sinistra. E tutto resta come prima. Esattamente il giochino della riforma bocciata al referendum del 2006, che vedeva sì una modesta riduzione da 630 a 518 deputati, da 315 a 252 senatori (non il dimezzamento sbandierato: quella è una frottola) ma anche uno svuotamento dei poteri del Quirinale e un aumento dei poteri del premier. Dettagli che garantivano la bocciatura: la sinistra non l'avrebbe votato mai. Vogliono ridurre davvero? Trovino un accordo e lo votino tutti insieme: non servirà neanche il referendum confermativo. Sennò i cittadini sono autorizzati a pensare che sia solo propaganda. Come propaganda appare per ora la mega-maxi-super-riforma votata dal Consiglio dei ministri il 22 luglio. Se era così urgente perché non risulta ancora depositata e non se ne trova traccia neanche nel sito di Palazzo Chigi? Era sufficiente l'annuncio stampa? Forse erano più urgenti le vacanze.


Non si possono abolire subito le province senza ripartire parallelamente le competenze e i dipendenti? Comincino a toglierle dal tabù della Costituzione e a sopprimere quelle che hanno come capoluogo la capitale regionale destinata a diventare area metropolitana o non arrivano a un numero minimo di abitanti.


Vogliono inserire il pareggio di bilancio nella Costituzione? Inizino col riconoscere, concretamente, che la cosa oggi più lontana dal pareggio sono le pensioni dei parlamentari: alla Regione Lazio i contributi versati sono un decimo di quanto esce per i vitalizi. Alla Camera e al Senato un undicesimo. Al netto dei reciproci versamenti addirittura un tredicesimo. Immaginiamo la rivolta: non si toccano i diritti acquisiti! Sarà, ma quelli dei cittadini sono già stati toccati più volte.
Deve partire una stagione di liberalizzazione? Partano introducendo una regoletta esistente nei Paesi più seri: un deputato pagato per fare il deputato può far solo il deputato. Un caso come quello di Antonio Gaglione, il parlamentare pugliese espulso dal Pd per avere bucato il 93% delle sedute e così assenteista («preferisco fare il medico»), da bigiare addirittura il passaggio chiave del 14 dicembre scorso che vide Berlusconi salvarsi per pochissimi voti dalla mozione di sfiducia, in America è impensabile. E così quelli dei tanti avvocati (uno su sette alla Camera, uno su sette al Senato) e professionisti di ogni genere che pretendono di fare l'una e l'altra cosa. Dice uno studio de «lavoce.info» che un professionista che continua a fare il suo lavoro anche dopo l'elezione «bigia» in media il 37% in più degli altri parlamentari. Basta.


Negano di intascare i soldi destinati ai collaboratori non messi in regola e pagati in nero? La riforma è già pronta e depositata: il deputato o il senatore fornisce al Parlamento il nome del collaboratore di fiducia e questi viene pagato direttamente dal Parlamento. Ed ecco che l'«equivoco infamante» su certe furbizie sarebbe all'istante risolto.


Il vero cambiamento, però, quella rivoluzionario, sarebbe la decisione di spalancare finalmente le porte alla legittima curiosità dei cittadini. Massima trasparenza: quella sarebbe la svolta epocale. Se un americano vuole vedere se «quel» deputato che si batte per la ricerca farmaceutica ha avuto finanziamenti, commesse, incarichi professionali da un'azienda di prodotti farmaceutici va su Internet e trova tutto. Se un tedesco vuol sapere se «quel» deputato ha guadagnato dei soldi fuori dal Parlamento e in che modo, va su Internet e trova tutto. Se un inglese vuole conoscere i nomi di chi quel giorno ha viaggiato su quel volo blu dal 1997 ad oggi o quanto spendono a Buckingham Palace per le bottiglie di vino va su Internet e trova tutto.


Da noi per avere le sole dichiarazioni dei redditi dei parlamentari un cittadino di Vipiteno o di Capo Passero deve andare a Roma, presentarsi in un certo ufficio della Camera o del Senato, dimostrare di essere iscritto alle liste elettorali e poi accontentarsi di sfogliare un volume senza manco la possibilità di fare fotocopie. Per non dire del Quirinale dove ogni presidente, per quanto galantuomo sia, pur di non smentire la cautela del predecessore, mantiene riservato il bilancio del Colle limitandosi a dare delle linee generali. Che magari sono sempre meno oscure ma certo sono lontanissime dalla trasparenza britannica.



Cosa risparmieremmo? Moltissimo. Un solo esempio: sapere che il passaggio dato su un volo di Stato a una ballerina di flamenco finirebbe all'istante sui giornali, spingerebbe automaticamente a ridurre se non a eliminare del tutto certi «piacerini». Lo stesso vale per certi voli elettorali vietati, come ricorda una dura polemica sui giornali, anche in Turchia. Il governo, la maggioranza e l'opposizione (per quanto possa incidere) ritengono di avere, sui costi della politica, la coscienza a posto? Pensano di avere tagliato il massimo del massimo e che non si possa tagliare di più? Mettano tutto online. Con un linguaggio non inespugnabile. Ma soprattutto, vale per la destra e per la sinistra, la smettano una volta per tutte di gettare fumo fingendo di fare confusione (confusione voluta, ipocrita, pelosa) tra il qualunquismo, la demagogia e il diritto di sapere dei cittadini. Che sudditi non sono.

Sergio Rizzo
Gian Antonio Stella
08 agosto 2011 18:02

www.corriere.it/politica/11_agosto_08/rizzo-stella-costi-politica_b01dca7c-c17e-11e0-9d6c-129de315fa...
angelico
00martedì 16 agosto 2011 00:14
Ai parlamentari la «super-tassa» sull'Irpef regala uno sconto del 77%

articoli di Gianni Trovati e Saverio Fossati
Cronologia articolo15 agosto 2011Commenti (16)
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Argomenti: Irpef | Gianni Trovati Raddoppiato | Roberto Calderoli | Camera dei deputati




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di Gianni Trovati
Raddoppiato, ma super-scontato. Il «contributo di solidarietà» introdotto dalla manovra bis rappresenta, nel caso dei parlamentari, la prima violazione documentata del principio aristotelico della non contraddizione. Vediamo perché.

Come rivendicato in conferenza stampa dal ministro della Semplificazione Roberto Calderoli, la politica si è raddoppiata l'aliquota dell'«Eurotassa 2» rispetto a quella prevista per tutti gli altri cittadini, per dare un segnale di responsabilità. Quando si chiedono sacrifici, chi li impone deve dare il buon esempio. Giusto.

AUDIO
Prodi sulla Manovra: sbagliato non combattere l'evasione (Radio24)

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Sulla scorta di questo ragionamento, la manovra bis prevede per parlamentari, giudici costituzionali e presidenza della Repubblica un contributo di solidarietà doppio: la quota di reddito superiore ai 90mila euro viene ridotta del 10% e non del 5, quella superiore a 150mila euro del 20% e non del 10.

Ottimo, e lo sconto? Ad attenuare drasticamente gli effetti di questa previsione ci pensa la composizione della busta paga del deputato. L'indennità lorda mensile alla Camera dei deputati è di 11.703,64 euro, ma le entrate degli «eletti» comprendono anche la diaria (3503,11 euro), il rimborso spese telefoniche (258,22 euro) e il «rimborso per le spese inerenti il rapporto fra eletto ed elettori» (3690 euro). Tutte voci che, appunto, sono considerate rimborsi spese, per cui non entrano nell'imponibile.

Risultato: applicata all'indennità, l'«Eurotassa 2» costa al deputato 5.044,37 euro all'anno, mentre se si estendesse a tutte le entrate ne chiederebbe 21971,95. Alla fine dei conti, uno "sconto" del 77 per cento: niente male, in tempi di crisi.


www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-08-15/parlamentari-supertassa-irpef-regala-1717...
angelico
00martedì 16 agosto 2011 20:01
Pensioni d'oro? Ce le teniamo'di Silvia Cerami"Non è tagliando i nostri vitalizi che si risolvono i problemi economici dell'Italia", dicono in coro gli ex parlamentari pizzicati dall'inchiesta dell'Espresso. Pochissime le autocritiche e qualcuno si rifiuta di rispondere(15 agosto 2011)2307 vitalizi erogati, un esercito di pensionati che costa ogni anno allo Stato 200 milioni di euro. un esercito di pensionati che costa ogni anno allo Stato 200 milioni di euro. Parlamentari che riscuotono la pensione già a cinquant'anni, anche per un solo anno di legislatura. Calciatori, industriali, giornalisti, professori universitari, principi del foro con uno stipendio che oscilla dai 1.700 ai 7 mila euro al mese, nonostante molti di loro continuino a lavorare. "E' sbagliato", " se l'aboliscono sarebbe una bella cosa", fanno sapere alcuni suggerendo "una sostituzione con i contributi figurativi". Ma per altri "è giusto" ed "è una cazzata pensare che cancellando il vitalizio si riducano i costi della politica". Insomma nessun privilegio, anzi. Perché ridurli comporterebbe persino il rischio "di proletarizzare i parlamentari".

Ecco alcune delle reazioni all'articolo inchiesta de l'Espresso sull'eldorado pensioni:


Oliviero Diliberto, segretario dei Comunisti italiani, ex ministro della Giustizia, uscito di scena nel 2008 dopo il tonfo elettorale della sinistra, a soli 55 anni percepisce 5.305 euro netti. Una pensione che si va aggiungere al suo stipendio da professore universitario di diritto romano all'Università La Sapienza, ma per lui: "è sbagliato che ci sia il vitalizio. Dovrebbe essere sostituito con i contributi figurativi, in modo da non perdere gli anni dedicati alla politica quando si va in pensione". Non sappiamo come Diliberto utilizzi gli oltre cinque mila euro di vitalizio, ma ci tiene a far presente la sua magnanimità: "Con la liquidazione dell'indennità parlamentare, 150 mila euro, ho creato una biblioteca a Roma di diritto romano e cinese".

Paolo Cirino Pomicino, protagonista della prima e della seconda Repubblica, negli anni Ottanta ministro democristiano del Bilancio e della Funzione pubblica, oggi dirigente dell'Udc di Pierferdinando Casini, trova l'argomento tedioso. Il problema non è certo il suo vitalizio da 5.934 euro. "Che noia. E' una banalità dinanzi al Paese che brucia. Geronimo (lo pseudonimo che Pomicino usa per Libero e Il Giornale n.d.r.), quando scriveva, riceveva di più di quello che è lo stipendio da parlamentare. Perché non mi dite quanto prende di pensione un direttore di giornale? E non ditemi che si tratta di aziende private, visto che diamo un miliardo di euro di soldi pubblici alla stampa italiana. E' giusto parlare di riduzione dei costi della politica, ma ridurre stipendi e vitalizi dei parlamentari significa solo proletarizzarli per meglio comprarli. Si iniziasse piuttosto eliminando gli orpelli burocratici, come le province e alcune circoscrizioni, e liberalizzando il contributo dei privati ai partiti".

Secondo Vittorio Dotti, ex avvocato di Fininvest e capogruppo di Forza Italia nel '94, uno dei primi ad abbandonare Berlusconi e la carriera politica "c'è molta demagogia sulla questione vitalizi. Non si tratta di una regalia, i parlamentari versano i contributi per averli e di certo, in un periodo in cui sono necessarie riduzioni dei costi, sarebbe più opportuno parlare di altri tagli alla spesa pubblica". Per l'avvocato milanese inoltre "sarebbe un'ingiustizia far pagare le colpe dell'attuale classe politica, sempre più travolta da scandali e da mal governo, agli ex parlamentari".

Cesare Salvi, senatore dei Ds fino al 2008, insigne giurista e alfiere della lotta contro i costi della politica, tanto da aver scritto cinque anni fa insieme a Massimo Villone "Il costo della democrazia. Eliminare sprechi, clientele e privilegi per riformare la politica", con i suoi 5.346 euro al mese di pensione, ha le idee chiare: "Occorre un passaggio al sistema contributivo e l'ho già denunciato anni fa nel mio libro. Basta con gli scandalosi trattamenti di favore. Ad ogni modo guadagnavo di più facendo l'avvocato che la vita politica".

Per Tiziana Parenti, forzista della prima ora, ex magistrato che indagò sulle tangenti rosse, oggi avvocato a Roma, non è un privilegio senza ragione: "il vitalizio è giusto perché io ho rinunciato al mestiere di magistrato per fare politica. Avrei guadagnato tre volte di più a fare il magistrato". Semmai, secondo Titti la Rossa, 3.190 euro di pensione per i suoi dieci anni di contribuzione, il problema è che "il vitalizio non è indicizzato e come avvocato non vedrò mai la pensione perché servono quarant'anni di contributi".




Luciano Benetton, l'industriale del casual, eletto senatore nelle file del Partito Repubblicano nel 1992, nonostante una carriera politica di soli due anni riceve un assegno mensile di 3.108 euro. Un vitalizio a cui per legge non si può rinunciare e così, dal quartier generale di Ponzano Veneto, già quattro anni fa, hanno fatto sapere che "ogni mese quando arriva l'assegno la somma viene automaticamente girata a una persona di fiducia. E' una signora, che da anni si occupa personalmente di destinare il denaro a diverse associazioni benefiche della zona. A rotazione".

Vittorio Sgarbi, il non ancora sessantenne sindaco di Salemi, reduce da una trasmissione flop su Rai Uno, si consola con oltre 5 mila euro al mese e ricorda: "Il parlamentare era considerato classe dirigente e i compensi dovevano essere parametrati a quelli degli alti dirigenti pubblici. In tempi recenti si è posto il problema della necessità di ridurre i costi, ma non capisco perché nessuno si interroghi sugli stipendi dei magistrati, dei dirigenti di società partecipate, sul perché l'amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, abbia un compenso di oltre 4 milioni di euro all'anno o quello di Ferrovie, Mauro Moretti, di oltre 2 milioni. Più che sul vitalizio, che potrebbe essere ridotto, bisognerebbe tagliare sui rimborsi elettorali. Non si può dare un rimborso elettorale 5/6 volte più alto di quanto un partito spenda. Il Pdl ha un rimborso da 300 milioni di euro a fronte di una spesa di 70 e così il Pd". Da ultimo Sgarbi tiene a precisare che il doppio incarico non è incompatibile e il vitalizio ha la sua utilità: "senza quel compenso non potrei fare il sindaco di Salemi gratuitamente".

Gianni Rivera, mito del calcio, primo calciatore italiano a vincere il Pallone d'Oro e deputato della Democrazia Cristiana prima e dell'Ulivo poi, rinuncerebbe tranquillamente al suo assegno da oltre cinque mila euro. "Potrei farne a meno, soprattutto se si pensa che in questo modo si possano risollevare i problemi del Paese. Ma a patto che si azzeri tutto e che tutti rinuncino al privilegio".

Raffaele Della Valle, avvocato penalista di successo, tra i primi ad aderire al progetto berlusconiano, al suo vitalizio rinuncerebbe volentieri. "Se l'aboliscono sarebbe una bella cosa. Così come dovrebbero abolire tutti i privilegi a partire dai rimborsi di treni e aerei. Io rinuncerei al compenso, ma dovrebbero restituirmi i 70 milioni di lire che ho versato all'epoca come integrazione contributiva per aver svolto solo due anni e mezzo di legislatura. Ad ogni modo è assurdo e paradossale che come avvocato prenda, dopo 47 anni di contributi, una pensione di 2.500 euro, mentre come parlamentare per mezza legislatura, seppur con l'integrazione, dai 1.950 ai 2.100 euro netti".

Secondo Gianni De Michelis, una carriera nel Psi, pluri ministro della prima Repubblica, travolto dagli scandali di Tangentopoli (35 procedimenti giudiziari e due condanne in via definitiva), oggi consulente del ministro Renato Brunetta, si accontenta di 6 mila euro al mese. Ma per lui "le pensioni di ex deputati e senatori dovrebbero sottostare alle stesse regole di qualunque altra categoria professionale. Sia per quanto riguarda l'età pensionabile sia in termini di retribuzione".

Willer Bordon, politico di lungo corso, entrato alla Camera dei deputati nel 1987 con il Partito Comunista Italiano, passato poi ai Radicali, quindi ad Alleanza Democratica, a La Margherita, infine ad Unione Democratica, per poi dimettersi nel 2008 come "atto forte di testimonianza di chi sente il dovere di difendere le istituzioni dalla deriva di sfiducia", "il vitalizio dopo trent'anni di contributi non è un privilegio, ma non dovrebbe chiamarsi vitalizio e non dovrebbe essere corrisposto a chi svolge solo un paio di legislature o ancor meno". Per Bordon, che oggi si dedica alle energie pulite e ha recentemente aperto ad Alicante il più grande impianto industriale al mondo di biopetrolio dalle alghe, "la situazione è insostenibile, i costi della politica andrebbero drasticamente ridotti e Stella e Rizzo hanno ragione quando dicono che si parla tanto, ma si fa poco. La cosa più incredibile è il numero dei parlamentari. La situazione è insostenibile, occorre riportare la normalità".


Massimo Mauro, ex calciatore di Catanzaro, Juventus e Napoli, oggi apprezzato commentatore sportivo per Sky, con una parentesi politica alla Camera per le liste dell'Ulivo nel 1996, metterebbe volentieri "a disposizione il vitalizio per il risanamento del nostro Paese, perché è vergognoso chiedere sacrifici ai ceti più deboli, quando in questi trent'anni c'è gente che si è molto arricchita. Sarebbe opportuno piuttosto applicare la patrimoniale proposta da Nichi Vendola. Sono stato uno sportivo prestato alla politica e l'ho fatto con grande senso del dovere".

Francesco De Lorenzo, ministro liberale della Sanità, uscito dalla scena politica dopo una condanna per associazione per delinquere e corruzione finalizzata al finanziamento illecito dei partiti durante Mani Pulite, oggi professore universitario in pensione, ritiene che: "in linea di principio il vitalizio sia un diritto che va garantito a tutti per assicurare a ogni cittadino italiano di aver accesso alla politica e cancellarlo significherebbe andar contro i padri costituenti e la democrazia. Ma occorre far sì che il taglio dei vitalizi sia omologo a quello delle pensioni, che sia calcolato secondo il metodo Inps e che l'età pensionabile sia uguale per tutti, anche per i parlamentari".

Alessandro Meluzzi, sceso in politica nel '94, quando da sconosciuto psichiatra diventò famoso perché alle elezioni riuscì a battere il giovane segretario del Pds torinese Sergio Chiamparino, nel collegio ultra-rosso e operaio di Mirafiori, non è contrario al privilegio: "Ricevo la pensione perché ho pagato un contributo integrativo a fronte di un'assicurazione. Inoltre come parlamentare ho subito un danno economico enorme. Basta confrontare i miei 740: quando ho fatto politica ho guadagnato molto meno".

Per Massimo Cacciari , filosofo ex sindaco di Venezia, due legislature alla Camera con il Partito Comunista Italiano, "è una cazzata pensare che cancellando il vitalizio o eliminando dieci auto blu si riducano i costi della politica". Piuttosto "sarebbe necessario dimezzare il numero dei rappresentanti in ogni tipo di assemblea, eliminare le province, provvedere allo smobilizzo delle proprietà". L'intellettuale comunque ci tiene a sottolineare che "il vitalizio dovrebbe essere dato solo a chi ha lavorato per almeno due o tre legislature e l'età andrebbe omologata a quella delle altre pensioni".

Ottaviano Del Turco chiosa con un "no comment". Lui, ultimo segretario nazionale del Partito Socialista, ministro delle Finanze del governo Amato, ex presidente della Regione Abruzzo, arrestato e poi scagionato nell'ambito di un'inchiesta sulla gestione della sanità in regione, invitato a commentare l'opportunità del suo vitalizio di oltre 4 mila euro al mese si limita a dire: "Non intendo rispondere agli articoli del dottor Primo di Nicola. Per me è un argomento tabù".

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angelico
00martedì 16 agosto 2011 20:05
Pensioni d'oro, tutti i nomiEcco i 1464 ex deputati egli 843 ex senatori che intascano il vitalizio. Il database completo con tutti i parlamentari pensionati, gli importi netti mensili e gli anni di contributi
(04 agosto 2011) Giovanotti con un grande avvenire dietro le spalle che si godono la vita dopo gli anni di militanza parlamentare. Come Alfonso Pecoraro Scanio, ex leader dei Verdi ed ex ministro dell'Agricoltura e dell'Ambiente. Presente alla Camera dal 1992, nel 2008 non è riuscito a farsi rieleggere e con cinque legislature nel carniere è stato costretto alla pensione anticipata. Ma nessun rimpianto. Da allora, cioè da quando aveva appena 49 anni, Pecoraro Scanio riscuote il vitalizio assicuratogli dalla Camera: ben 5.802 euro netti al mese che gli consentono di girare il mondo in attesa dell'occasione giusta per tornare a fare politica. Oliviero Diliberto è un altro grande ex uscito di scena nel 2008 causa tonfo elettorale della sinistra. Segretario dei Comunisti italiani ed ex ministro della Giustizia, con quattro legislature alle spalle e ad appena 55 anni, anche lui si consola riscuotendo una ricca pensione di 5.305 euro netti. Euro in più, euro in meno, la stessa cifra che spetta a un altro pensionato-baby della sinistra, addirittura più giovane di Diliberto: Pietro Folena... Continua a leggere: Un privilegio da duecento milioni di Primo Di Nicola

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angelico
00martedì 16 agosto 2011 20:07
Un privilegio da 200 milionidi Primo Di NicolaLa Casta taglia le pensioni degli italiani, ma non tocca le proprie. Per i parlamentari il diritto al vitalizio scatta dopo soli cinque anni di mandato. Con contributi molto bassi. E con compensi incassati anche prima dei 50 anni. Così 2.307 tra ex deputati ed ex senatori si mettono in tasca ogni mese fino a settemila euro netti(04 agosto 2011)Giovanotti con un grande avvenire dietro le spalle che si godono la vita dopo gli anni di militanza parlamentare. Come Alfonso Pecoraro Scanio, ex leader dei Verdi ed ex ministro dell'Agricoltura e dell'Ambiente. Presente alla Camera dal 1992, nel 2008 non è riuscito a farsi rieleggere e con cinque legislature nel carniere è stato costretto alla pensione anticipata. Ma nessun rimpianto. Da allora, cioè da quando aveva appena 49 anni, Pecoraro Scanio riscuote il vitalizio assicuratogli dalla Camera: ben 5.802 euro netti al mese che gli consentono di girare il mondo in attesa dell'occasione giusta per tornare a fare politica.

Oliviero Diliberto è un altro grande ex uscito di scena nel 2008 causa tonfo elettorale della sinistra. Segretario dei Comunisti italiani ed ex ministro della Giustizia, con quattro legislature alle spalle e ad appena 55 anni, anche lui si consola riscuotendo una ricca pensione di 5.305 euro netti. Euro in più, euro in meno, la stessa cifra che spetta a un altro pensionato-baby della sinistra, addirittura più giovane di Diliberto: Pietro Folena, ex enfant prodige del Pci-Pds, passato a Rifondazione e trombato nel 2008 quando, con le cinque legislature collezionate, a soli 51 anni ha cominciato a riscuotere 5.527 euro netti al mese.

Davvero niente male, considerando le norme restrittive che le varie riforme pensionistiche dal 1992 hanno cominciato ad introdurre per i comuni cittadini. Norme ferree per tutti, naturalmente, ma non per deputati e senatori che, quando si è trattato di ridimensionare le proprie pensioni, si sono ben guardati dal farlo. Certo, hanno accettato di decurtarsi il vitalizio con il contributo di solidarietà voluto da Tremonti per le "pensioni d'oro" e pari al 5 per cento per i trattamenti compresi fra i 90 e i 150 mila euro (una penalizzazione che tocca solo i parlamentari con oltre i 15 anni di mandato), ma per il resto hanno evitato i sacrifici imposti agli altri italiani. Tutto rinviato alla prossima legislatura quando, almeno stando all'annuncio del questore della Camera Francesco Colucci, e a una proposta del Pd, potrebbe entrare in vigore un nuovo modello pensionistico contributivo. A Montecitorio, però, il clima è rovente. Pochi giorni fa il presidente Gianfranco Fini non ha ammesso un ordine del giorno dell'Idv, che chiedeva l'abolizione dei vitalizi ("Un furto della casta", secondo il dipietrista Massimo Donadi). Secondo Fini, i diritti acquisiti non si toccano, al massimo si potrà discutere della riforma.

IL CLUB DEI CINQUE
Nel frattempo, l'andazzo continua, con l'esercito dei parlamentari pensionati che si ingrossa sempre più, fino a toccare il record dei 3.356 vitalizi erogati fra le 2.308 pensioni dirette e le reversibilità, divise tra le 625 alla Camera e 423 al Senato. Un fardello che si traduce ogni anno in una spesa di 200 milioni di euro, oltre 61 dei quali pagati da palazzo Madama e i restanti 138 da Montecitorio. In questo pozzo senza fondo del privilegio ci sono anzitutto i superfortunati che con una sola legislatura, cioè appena cinque anni di contribuzione, portano a casa il loro bravo vitalizio. Personaggi anche molto noti e quasi sempre ancora nel pieno dell'attività professionale. Nell'elenco compare Toni Negri, ex leader di Potere operaio, docente universitario e scrittore. Venne fatto eleggere mentre era in carcere per terrorismo nel 1983 dai radicali di Marco Pannella. Approdato a Montecitorio, Negri ci restò il tempo necessario per preparare la fuga e rifugiarsi in Francia. Ciononostante, oggi percepisce una pensione di 2.199 euro netti. Stesso importo all'incirca riscosso da un capitano d'industria come Luciano Benetton (al Senato nel 1992, restò in carica solo due anni per lo scioglimento anticipato della legislatura) e da un avvocato di grido come Carlo Taormina. E sono solo due casi tra i tanti. Nel "club dei cinque" sono presenti quasi tutte le categorie lavorative, con nomi spesso altisonanti. Compaiono intellettuali come Alberto Arbasino, Alberto Asor Rosa

e Mario Tronti. Giornalisti di razza come Enzo Bettiza, Eugenio Scalfari, Alberto La Volpe, Federico Orlando; altri avvocati di grido come Raffaele Della Valle, Alfredo Galasso e Giuseppe Guarino; star dello spettacolo come Gino Paoli, Carla Gravina e Pasquale Squitieri. Tutti incassano l'assegno calcolato con criteri tanto generosi quanto lontani da quelli in vigore per i comuni lavoratori.

GIOCHI DI PRESTIGIO
Per i deputati eletti prima del 2008 (per quelli nominati dopo è stata introdotta una modesta riforma di cui solo tra qualche anno vedremo gli effetti) vale il vecchio regolamento varato dall'Ufficio di presidenza di Montecitorio nel 1997. Dice che i deputati il cui incarico sia cominciato dopo il '96 maturano il diritto al vitalizio a 65 anni, basta aver versato contributi per cinque. Fin qui, nulla da dire: il requisito dei 65 pone i deputati sulla stessa linea stabilita per la pensione di vecchiaia dei comuni cittadini. Ma basta scorrere il regolamento per scoprire le prime sorprese. L'età minima dei 65 anni si abbassa di una annualità per ogni anno di mandato oltre i cinque prima indicati, sino a toccare la soglia dei 60. E non è finita. Alla Camera ci sono ancora un gran numero di eletti prima del '96 e per questi valgono le norme precedenti. Secondo queste norme il diritto alla pensione si matura sempre a 65 anni, ma il limite è riducibile a 50 anni e ancor meno (come nel caso di Pecoraro Scanio), facendo cioè valere le altre annualità di permanenza in Parlamento oltre ai cinque anni del minimo richiesto. Questo accade nell'Eldorado di Montecitorio.

A palazzo Madama gli eletti si trattano altrettanto bene. Un regolamento del 1997 stabilisce che i senatori in carica dal 2001 possono, come alla Camera, andare in pensione al compimento del sessantacinquesimo anno con cinque anni di contributi versati. Ma attenzione, anche qui dal tetto dei 65 si può scendere eccome. Possono farlo tutti i parlamentari eletti prima del 2001. Per costoro, il diritto alla pensione scatta a 60 anni se si vanta una sola legislatura, ma scende a 55 con due mandati e a 50 con tre o più legislature alle spalle.


IL BABY ONOREVOLE
Dall'età pensionabile alla contribuzione necessaria per la pensione, ecco un altro capitolo che riporta agli anni bui delle pensioni baby. Si tratta delle pensioni che consentivano alle impiegate pubbliche con figli di smettere di lavorare dopo 14 anni, sei mesi e un giorno (i loro colleghi potevano invece farlo dopo 19 anni e sei mesi). Ci volle la riforma Amato del '92 per cancellare lo sfacciato privilegio. Ma cassate per gli statali, le pensioni baby proliferano tra i parlamentari. Secondo il trattamento Inps in vigore per tutti i lavoratori, ci vogliono almeno 35 anni di contributi per acquisire il diritto alla pensione. I parlamentari invece acquisiscono il diritto appena dopo cinque anni e il pagamento di una quota mensile dell'8,6 per cento dell'indennità lorda (1.006 euro). Fino alla scorsa legislatura le cose andavano addirittura meglio per la casta. Bastava durare in carica due anni e mezzo per assicurarsi il vitalizio (è il caso di Benetton). Il restante delle annualità mancanti per arrivare a cinque potevano essere riscattate in comode rate. Nel 2007 è arrivato un colpo basso: i cinque anni dovranno essere effettivi. Una mazzata per Lorsignori, che si rifanno con la manica larga con la quale si calcola il vitalizio.

RIVALUTAZIONE D'ORO
Sino agli anni Novanta, tutti i lavoratori avevano diritto a calcolare la pensione sui migliori livelli retributivi, cioè quelli degli ultimi anni (sistema retributivo). Successivamente, si è passati al sistema contributivo per cui la pensione è legata invece all'importo dei contributi effettivamente versati. Il salasso è stato pesante. Per tutti, ma non per i parlamentari. Che sono rimasti ancorati a un vantaggiosissimo marchingegno. Invece che sulla base dei contributi versati, deputati e senatori calcolano il vitalizio sulla scorta dell'indennità lorda (11 mila 703 euro alla Camera) e della percentuale legata agli anni di presenza in Parlamento. Con 5 anni di mandato si riscuote così una pensione pari al 25 per cento dell'indennità, cioè 2 mila 926 euro lordi. Raggiungendo invece i 30 anni di presenza si tocca il massimo, l'80 per cento dell'indennità che in soldoni vuol dire 9 mila 362 euro lordi. Vero che con una riforma del 2007 Camera e Senato hanno ridimensionato i criteri di calcolo dei vitalizi riducendo le percentuali: si va da un minimo del 20 dopo cinque anni al 60 per 15 anni e oltre di presenza in Parlamento. Ma a parte questa riduzione, gli altri privilegi restano intatti. Con una ulteriore blindatura, che mette al sicuro dall'inflazione e dalle altre forme di svalutazione: la cosiddetta "clausola d'oro", per cui i vitalizi si rivalutano automaticamente grazie all'ancoraggio al valore dell'indennità lorda del parlamentare ancora in servizio.

espresso.repubblica.it/dettaglio/un-privilegio-da-200-milioni/21...
angelico
00giovedì 18 agosto 2011 22:08
Contributi all’editoria: 150 milioni nel 2010


Il dipartimento per l’Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha pubblicato nelle scorse settimane i numeri relativi ai contributi versati dallo Stato agli editori di giornali e periodici nel corso del 2010, in relazione al 2009.

Otto elenchi, in formato .pdf con i nomi degli editori che hanno beneficiato dei contributi, il nome della testata e l’importo loro riconosciuto.

Nessuna possibilità per il cittadino – salva l’ipotesi di utenti informaticamente più smaliziati e capaci di esportare i dati contenuti nelle tabelle in fogli excel – di sommare ed incrociare le informazioni pubblicate.

Un classico esempio di trasparenza all’italiana: si pubblicano centinaia di migliaia di bit di informazione online con modalità tali da rendere l’operazione pressoché inutile.

Anni luce lontani dalla politica dell’open data che, partita negli Stati Uniti d’America di Barack Obama sta, fortunatamente, contagiando il resto del mondo.

Ma al dipartimento dell’Editoria si sono, evidentemente vergognati di pubblicare anche subtotali e totali relativi all’importo complessivamente liquidato a titolo di contributi.

Avrebbero dovuto raccontare ad un Paese al quale, da ogni parte, si chiede di stringere la cinta e nel quale si mettono, costantemente, le mani nelle tasche dei cittadini che, nel solo 2010, oltre 150 milioni di euro sono andati a finanziare editori di giornali, il più delle volte, poco conosciuti o niente affatto conosciuti.

Quasi tre milioni e mezzo di euro al minuscolo Il Foglio di Giuliano Ferrara ed altrettanti al Primorski Dnevnik, quotidiano in sloveno, pubblicato a Trieste.

E’ di più di sei milioni di euro, invece, il contributo versato a L’Unità mentre deve accontentarsi di poco meno di quattro milioni di euro quello a La Padania, organo di stampa della Lega Nord.

Quasi tre milioni di euro per le Cronache di Liberal, mentre oltre tre e mezzo sono quelli per Europa.

Numeri e cifre che lasciano senza parole, così come senza parole lasciano i milioni di euro distribuiti tra editori piccoli o piccolissimi per la pubblicazione di minuscoli giornali e periodici di settore.

Oltre 500 mila euro all’editore di Carta mentre appena 277 mila sono andati all’editore di Chitarre, solo per fare qualche esempio.

Un fiume di denaro che con l’alibi di dover garantire il diritto a fare informazione, lo Stato, ogni anno, regala – naturalmente con i nostri soldi – a centinaia di editori e a cooperative di giornalisti più o meno reali, ad amici e amici degli amici.

Sono contributi e finanziamenti dei quali, peraltro, si fa fatica a seguire le tracce fino ai reali beneficiari: i soci degli editori e, spesso, delle cooperative giornalistiche che si nascondono dietro ai nomi delle società editrici.

Basterebbe integrare le tabelle rese disponibili dal dipartimento dell’Editoria con i dati relativi alla titolarità di quote e azioni delle società e cooperative che beneficiano dei contributi o, ancora più semplicemente, con un link alla scheda di ogni editore contenuta nel Registro unico degli operatori di comunicazione tenuto dall’Autorità Garante per le comunicazioni.

Nessuno, tuttavia, ha voglia e interesse a rendere accessibili questo genere di dati e, d’altra parte, la stessa Autorità Garante consente – peraltro solo da pochi mesi – di accedere al registro degli operatori di comunicazione, unicamente per sapere se un editore vi è iscritto oppure no, ma non permette – con decisione di dubbia opportunità – l’accesso ad altre aree del registro relative, appunto, alla titolarità delle quote degli editori di giornali.

Perché un cittadino non dovrebbe poter sapere a chi appartiene, davvero, un giornale che pur non avendo mai letto e, magari, del quale non ha mai neppure incrociato in edicola la copertina, è costretto a finanziare?

Che senso ha pubblicare i dati relativi ai contributi all’editoria senza porre i cittadini nella condizione di conoscere le dimensioni del fenomeno, quali sono i criteri in base ai quali fiumi e rivoli di denaro finiscono nelle tasche di questo o quell’editore, quante copie dei giornali e periodici sovvenzionati con risorse pubbliche sono state davvero distribuite nel Paese, in quanti hanno beneficiato dell’informazione prodotta con i soldi dello Stato?

Ma, ancor prima, che senso ha, nel 2011, sovvenzionare con ingenti risorse pubbliche di un Paese in piena crisi economica, decine e decine di giornali di carta e inchiostro…

Nel secolo della Rete, per garantire a tutti la libertà di fare informazione basta molto meno: risorse di connettività a volontà, piattaforme di blogging e qualche euro di pubblicità per farsi conoscere online.

L’informazione che vale troverà lettori e mercato e sopravvivrà mentre quella che, a giudizio dei lettori, varrà di meno, scomparirà come è giusto che sia e come avviene in ogni altro mercato.

Che senso ha tenere in vita dinosauri del vecchio impero dei media che danno poco al Paese e prendono e pretendono molto.

Quali e quanti giornali e periodici, negli ultimi mesi, hanno inserito i contributi all’editoria nei loro interminabili elenchi di sprechi e sperperi di Stato da arginare ed eliminare?

Di “caste” nel nostro Paese, ce ne sono tante e quella degli editori di giornali difende se stessa esattamente come quella dei politici e di certi imprenditori: sono sempre i soldi destinati agli altri a dover essere risparmiati.


www.ilfattoquotidiano.it/2011/08/18/contributi-alleditoria-150-milioni-di-euro-nel-2010...
angelico
00sabato 20 agosto 2011 14:17
Contenziosi, leggine e altre astuzie
Così B. non paga 500 milioni di tasse

Mondadori potrebbe versare i 300 milioni chiesti da vent'anni dalle Agenzie delle Entrate. Da Mediolanum, che paga in Irlanda un tax rate pari al 18 per cento, potrebbero arrivare circa 200 milioni di euro tra tasse, sovrattasse e sanzioni.Mezzo miliardo di tasse. È quello che Silvio Berlusconi potrebbe, anzi dovrebbe, pagare per contribuire a risanare le casse devastate dell’Erario. Il Cavaliere e il suo ex fiscalista, ora ministro, Giulio Tremonti si dannano da giorni per trovare il modo di risanare le finanze senza pesare troppo sui cittadini. Invece di guardare alle buste paga dei lavoratori che pagano già un’aliquota marginale del 43 per cento, dovrebbero riprendere in mano le carte delle cause del gruppo Berlusconi. Scoprirebbero così l’uovo di Colombo: basterebbe che i legali, capeggiati dallo studio fondato dal ministro Tremonti, smettessero di impedire al Cavaliere, (con le loro consulenze e i loro cavilli) di fare fino in fondo il suo dovere di contribuente, per ridurre il contributo di solidarietà in un colpo solo dal 5 al 2,5 per cento nel 2011.

Se la “bancassicurazione” Mediolanum, controllata da Silvio Berlusconi e da Ennio Doris, con quote di un terzo ciascuno, ottemperasse agli accertamenti fiscali delle Fiamme Gialle e dell’ Agenzia delle Entrate, immediatamente nelle casse dello Stato entrerebbe una somma che oscilla tra i 188 milioni di euro e i 282 milioni di euro. A quel punto il Governo potrebbe battere cassa anche nella provincia editoriale dell’impero di Berlusconi. Mondadori potrebbe finalmente versare i 300 milioni (173 di imposte più sanzioni e interessi) chiesti da venti anni dall’Agenzia delle Entrate di Milano per l’antica fusione con la Amef del 1991.

Il processo in Cassazione (dopo che la società aveva vinto i primi due gradi) è stato ucciso sul più bello – quando la Cassazione aveva cominciato a fare “la faccia feroce”, mediante una leggina ad aziendam. Mondadori ha già versato 8,6 milioni per chiudere il contenzioso pagando solo il 5 per cento delle imposte contestate. Ma non è mai troppo tardi. Se il Cavaliere e la figlia Marina volessero, potrebbero approfittare dell’ultimo treno: il ricorso della Corte italiana alla Corte di Giustizia europea. Se fosse accolto, la Cassazione rientrerebbe in gioco e il Cavaliere potrebbe finalmente contribuire al risanamento.

È stato lui, in fondo, leccando il gelato con i nipotini sul molo di Porto Rotondo, la location giusta per pronunciare un simile discorso alla nazione, a dichiarare sotto il solleone di ferragosto: “Il contributo di solidarietà è stato introdotto non perché dia un grande introito, visto che secondo i nostri calcoli darà un gettito di molto meno di un miliardo di euro, ma per un fattore di giustizia, per equilibrare i sacrifici”. Parlando con il cuore, ancora “grondante di sangue” perché aveva dovuto “mettere le mani nelle tasche degli italiani”, il nostro B. ha pronunciato due parole, che stanno alla sua bocca come la parola “scusa” su quella del vecchio Fonzie di Happy days: “giustizia” ed “equilibrio”.

Una soluzione ci sarebbe per non mettere più le mani nelle tasche degli italiani: provare a frugare meglio nelle proprie. Il presidente a dire il vero paga un grande ammontare di imposte e non manca mai di ricordarlo. Anche perché è l’uomo più ricco d’Italia. Ma se si va a verificare quanto pagano alcune sue società, come, e soprattutto a chi, si scoprono delle sorprese. L’uomo che prometteva l’aliquota doppia al 23-33 per cento (salvo pretendere il 48 dai contribuenti onesti) paga con la sua società Mediolanum il 18 per cento di aliquota reale, come si può leggere sui bilanci. Non basta: in questo caso il proverbiale pulpito da cui viene la predica si trova a Dublino. Grazie alla controllata irlandese Mediolanum International Funds che amministra oltre 17 miliardi di euro raccolti per lo più in Italia sotto forma di sottoscrizioni di fondi comuni d’investimento, il gruppo Mediolanum paga sui 257 milioni di profitti lordi made in Dublin, solo 32 milioni di tasse. Ma soprattutto quei soldi vanno a ripianare il debito irlandese, non quello italiano. Grazie alla zavorra dell’esoso erario nostrano, alla fine il tax rate si aggirava nel 2010 intorno al 18 per cento, mentre in Irlanda non arrivava al 13 per cento.

La situazione non è piaciuta all’Agenzia delle entrate e alla Guardia di Finanza. Peccato che quando gli uomini del colonnello Vincenzo Tomei sono entrati nella sede della società nel settembre 2010 hanno trovano una mail nella quale i dipendenti si chiedevano cosa fare perché qualcuno li aveva avvertiti. La relazione semestrale del 5 agosto di Mediolanum racconta il seguito: “Il 28 febbraio 2011 si è conclusa l’attività ispettiva del Nucleo di Polizia Tributaria con l’emissione di un verbale per le annualità dal 2006 al 2009, con il quale sono stati contestati maggiori imponibili per complessivi 121,4 milioni di euro, tutti aventi a riguardo i livelli di retrocessioni commissionali da parte della controllata irlandese MIFL. …il 29 ottobre 2010 la Guardia di Finanza”, prosegue la relazione, “aveva emesso un analogo verbale per l’anno 2005, contestando in quel caso maggiori imponibili ai fini dell’Ires e dell’Irap per 48,3 milioni di euro. … è stata inoltre contestata alla Banca la mancata regolarizzazione dell’IVA nelle fatture emesse dai promotori finanziari con previsione di sanzioni pari a 64 milioni di euro”.

La banca ha presentato una memoria il 29 aprile nella quale afferma la “correttezza del comportamento”. Anche la parte assicurativa di Mediolanum è stata sottoposta ad accertamento da parte dell’Agenzia delle entrate. Per uscirne, scrivono gli amministratori nella relazione: “Il 18 febbraio 2011 Mediolanum Vita ha presentato istanza di “accertamento con adesione” a fronte della notifica di due avvisi relativi al periodo di imposta 2005,(rispettivamente ai fini IRES e IRAP) emessi dall’Agenzia delle Entrate, notificati in data 23 dicembre 2010 e con i quali sono state confermate le riprese a tassazione di maggiori imponibili per 47,9 milioni di euro”. Il fisco però non ha voluto conciliare e così ”in data 23 maggio 2011, Mediolanum ha opposto ricorso presso la Commissione Tributaria Provinciale di Milano”. Ora ci riproverà chiedendo la “conciliazione giudiziale”.

L’azione dell’Agenzia delle Entrate si somma a quella delle Fiamme gialle ed era già stata anticipata con un primo verbale per gli anni precedenti, 2006 e 2005, con contestazione di “maggiori imponibili ai fini IRES e IRAP per complessivi 86 milioni di euro (47,9 milioni di euro per il 2005 e 38,1 milioni di euro per il 2006)”. Cosa accadrà se il Fisco non farà nessuna conciliazione e se Mediolanum perderà i suoi ricorsi? Lo hanno chiesto gli azionisti agli amministratori. Ecco la risposta di Mediolanum, (che non teneva conto dell’ultimo verbale della Finanza di Milano) “i maggiori imponibili contestati ammontano complessivamente a 255 milioni … le maggiori imposte teoriche sono pari a 94 milioni di euro e sanzioni da 94 milioni a 188 milioni”. Sempre che non arrivi un condono, come è accaduto per Mediaset. Sempre che non arrivi una leggina ad aziendam, come per Mondadori, o una prescrizione, come per Mediatrade.

da Il Fatto Quotidiano del 18 agosto 2011



www.ilfattoquotidiano.it/2011/08/19/contenziosi-leggine-e-altre-astuzie-cosi-b-non-paga-500-milioni-di-tasse...
angelico
00sabato 20 agosto 2011 22:32
Tasse locali, in quindici anni
sono cresciute del 138 %
Sono passate da 40,58 miliardi a 96,55 miliardi di euro. L'amministrazione centrale ha incrementato le entrate solo del 6,8 %. E ora i comuni saranno costretti o ad aumentare le imposte, o a tagliare i servizi. "A rimetterci sarà sempre il cittadino"
MESTRE - Una crescita addirittura a tre cifre: tra il 1995 e il 2010 la tassazione a livello locale è aumentata del 137,9%. In termini assoluti, le entrate fiscali delle Amministrazioni locali (Comuni, Province, Regioni) sono passate da 40,58 miliardi a 96,55 miliardi di euro. Sono questi i principali risultati emersi da una elaborazione realizzata dalla Cgia di Mestre, dati a prezzi costanti 2010, ovvero al netto dell'inflazione.
Secondo La Cgia, inoltre, l'amministrazione centrale ha invece ha incrementato le entrate "solo" del 6,8%. Se nel 1995 il gettito era di 326,69 miliardi, nel 2010 ha raggiunto i 348,92 miliardi di euro, mentre il Pil, sempre in questi ultimi 15 anni, è cresciuto nel nostro Paese del 19,1%.

"L'aumento della tassazione locale - commenta Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia - è il risultato del forte decentramento fiscale iniziato negli anni '90. L'introduzione dell'Ici, dell'Irap e delle addizionali comunali e regionali Irpef hanno fatto impennare il gettito della tassazione locale che è servito a coprire le nuove funzioni e le nuove competenze che sono state trasferite alle Autonomie locali. Non dobbiamo dimenticare che negli ultimi 20 anni Regioni e Comuni - prosegue Bortolussi - sono diventate responsabili della gestione di settori importanti come la sanità, il sociale e il trasporto pubblico locale, senza aver ricevuto un corrispondente aumento dei trasferimenti. Anzi. La situazione dei nostri conti pubblici ha costretto lo Stato centrale a ridurli progressivamente, creando non pochi problemi di bilancio a tante piccole realtà amministrative locali che si sono 'difese' aumentando le tasse locali. I fortissimi tagli imposti dalle manovre correttive di luglio e di Ferragosto rischiano di peggiorare la situazione e di demolire lo strumento che in qualche modo poteva invertire la tendenza, ovvero il federalismo fiscale. Pertanto, nei prossimi anni, alle Autonomie locali non resteranno che due strade da percorrere: o tagliare i servizi erogati o aumentare le entrate locali. In entrambi i casi a rimetterci saranno comunque i cittadini e le imprese".
(20 agosto 2011)

www.repubblica.it/economia/2011/08/20/news/tasse_locali_in_quindici_anni_sono_cresciute_del_138_-2...
angelico
00sabato 20 agosto 2011 22:33
E Facebook "chiama" il Vaticano
"Paga tu la manovra finanziaria"
Decine di migliaia di adesioni in 48 ore per un gruppo che chiede di abolire i privilegi fiscali della Chiesa cattolica, "visti i miliardi di euro che noi italiani gli versiamo da tanto tempo". E i finiani di Il Futurista lanciano una campagna online: "Facciamo pagare l'Ici alla Chiesa"
di CARMINE SAVIANO
Il gruppo su Facebook
L'OBIETTIVO è messo nero su bianco. Far pagare la manovra di ferragosto anche al Vaticano, "visti i miliardi di euro che noi italiani gli versiamo da tanto tempo". E' questa la ragione sociale di "Vaticano pagaci tu la manovra finanziaria 1" gruppo che su Facebook ha raccolto oltre 50 mila adesioni in poco più di 48 ore. Centinaia di commenti, suggerimenti, indicazioni. Per portare alla classe politica italiana un solo messaggio: in tempi di crisi economica, i privilegi fiscali della Chiesa Cattolica vanno aboliti. "Con le nuove misure varate dal governo Berlusconi pagano tutti: i dipendenti pubblici, i comuni, chi lavora nel sociale. E loro nulla. Non è giusto, ora basta".

Le tasse. Ripristinare l'Ici e l'Ires, abolire l'8xmille. Sono numerose le misure suggerite dagli utenti. Domande e interrogativi, critiche e attacchi si susseguono a ritmo serrato. Si va da "ma perché nessuno dei nostri politici dice che la chiesa deve tornare a pagare l'Ici?", fino a chi propone una sospensione temporanea dei Patti Lateranensi: "Non sarebbe meglio che venisse revocato per 5 anni il Concordato, in modo che la Chiesa possa devolvere in beneficenza i miliardi di euro che riceve dalla Stato Italiano?". E c'è chi prova a ricostruire i privilegi fiscali della Santa Sede: "Il Vaticano non paga Ici, Irpef, l'Ires e tutte le tasse immobiliari anche se possiede quasi il 30% del patrimonio immobiliare italiano".

Bagnasco e l'evasione fiscale. Non manca chi interviene per difendere la posizione della Chiesa: "Sono davvero dispiaciuto per quanto ho letto in questa pagina: si confonde Chiesa, fede, Papa, Dio". E ancora: "Ogni parrocchia ha le sue bollette da pagare, e continua a offrire servizi di solidarietà pari a pochi altri enti". Ma la maggior parte degli interventi conserva toni molto critici. In tanti prendono di mira l'intervento sull'evasione fiscale del presidente della Cei Angelo Bagnasco 2. C'è chi scrive: "Ma guarda cosa ci tocca sentire. Per di più detto da gente che non paga niente ed è esentata da tutto".

Studenti e agit prop. E sono decine i commenti di studenti fuorisede. Che mettono sotto accusa la politica immobiliare del Vaticano. "Loro possono utilizzare i conventi come degli alberghi, lucrandoci profumatamente e a costo zero. Io, stedentessa fuori sede che tra tasse universitarie, affitto, spese varie e un lavoretto part-time fotocopio un libro per un esame, rischio una multa. La legge non è affatto uguale per tutti". Poi le proposte, numerose, per spostare la protesta dalla rete alle piazze: "Potremmo indire una protesta generale, organizzare una manifestazione o iniziare con un volantinaggio per far conoscere a tutti i cittadini l'elenco dei loro privilegi".

I finiani: "Sacrifici anche Oltretevere". Poi il fronte delle petizioni online. Con raccolte di firme indirizzate al governo italiano: "Chiediamo a Berlusconi e al Ministro Tremonti, di modificare la legislazione per non esentare la Chiesa dal pagamento dell'ICI in nome di un sacrificio collettivo invocato dai vertici Vaticani stessi". E i finiani de Il Futurista hanno lanciato "Facciamo pagare l'Ici alla Chiesa Cattolica 3", una campagna di sensibilizzazione online. "Sarebbe il momento giusto per eliminare sacche di privilegio, cancellando innanzitutto l'esenzione dall'Ici. Uno Stato serio ha il dovere, mentre chiede lacrime e sangue ai suoi cittadini, di pretendere qualche sacrificio anche da chi vive Oltretevere".
(20 agosto 2011)

www.repubblica.it/economia/2011/08/20/news/vaticano_finanziaria-2...
angelico
00domenica 21 agosto 2011 10:11
LO SCONTRO
Tv, sei frequenze digitali in regalo
così lo Stato rinuncia a 3 miliardi
La procedura scelta prevede la concessione a chi ne ha i requisiti, in corsa Rai e Mediaset. Pd all'attacco: "Il governo deve metterle all'asta". Vita: "Lottiamo dal 2009 per evitare un simile scempio, c'è il precedente della gara per l'Umts"
di ALDO FONTANAROSA
ROMA - E se una volta tanto a pagare fossero le televisioni? Ora che la manovra di Tremonti chiede sacrifici ai pensionati, agli insegnanti e alle piccole imprese, viene alle mente chiara una strada alternativa che il governo può percorrere se solo vuole: mettere all'asta le frequenze che ha in mano e incassare tanti milioni dalle emittenti che se le aggiudicheranno. Al momento, le frequenze stanno per essere regalate alle tv senza il minimo corrispettivo in cambio.

Nell'Italia dell'etere selvaggio, il Garante per le Comunicazioni è riuscito in un piccolo miracolo. Ha scovato 6 nuove frequenze nazionali che possono ospitare ripetitori e portare programmi tv agli italiani. Cinque frequenze sono buone per il digitale terrestre mentre la sesta frequenza può veicolare la televisione in mobilità (il Dvbh) che si vede - metti - su un cellulare o su un tablet.

"Di questi tempi, con questi chiari di luna, il governo ha un preciso obbligo morale - spiega il senatore Vincenzo Vita dei Ds - vendere all'asta queste frequenze e incassare il più possibile. In questo modo, potrà ridurre i sacrifici che oggi vuole imporre alla parte debole del Paese con i suoi prelievi dissennati. Io, il senatore Luigi Zanda, mi auguro anche l'Idv e l'Udc proporremo tre cose in un emendamento alla manovra di Tremonti: asta delle frequenze, asta delle frequenze e asta delle frequenze, prima che sia troppo tardi".

Questa battaglia, spalleggiata anche da Giuseppe Giulietti, è iniziata nel 2009 quando lo stesso Garante per le Comunicazioni - organo che vede il centrodestra in maggioranza - diede il via libera al "concorso di bellezza" (beauty contest). In altre parole, il Garante ritenne legittimo e possibile che le frequenze venissero regalate agli editori - nuovi o vecchi, come Rai e Mediaset - forti di alcuni requisiti, di alcune qualità imprenditoriali. Poi sono arrivati il bando e il disciplinare di gara. Ed ora, il 6 settembre prossimo, partirà la preselezione delle emittenti candidate ad ottenere le frequenze.

Il treno è lanciato in corsa, a meno che l'emendamento delle opposizioni non trovi la maggioranza dei voti in Parlamento. In questo caso, il governo dovrà riportare l'intera pratica alla casella di partenza, rinunciare a regalare frequenze e organizzare, appunto, un'asta.

Un precedente, d'altra parte, c'è stato ed è ben noto a tutti. A Natale del 1999, il Garante per le Comunicazioni spiegò come assegnare agli operatori della telefonia un certo tipo di frequenze: quelle che avrebbero permesso il lancio dei servizi di tipo Umts. In quella occasione, il Garante si spese per la "licitazione provata". Suggerì, in altre parole, che le frequenze venissero date agli operatori attraverso una gara ad inviti. A marzo del 2000, il ministero per le Comunicazioni stimò in 3000 miliardi (di lire) i soldi che sarebbero arrivati in cassa alla fine della gara. Un mese dopo, il presidente del Consiglio Giuliano Amato lasciò i deputati a bocca aperta. In un suo intervento alla Camera, annunciò il dietrofront. Le regole andavano cambiate, spiegò, e le frequenze assegnate attraverso un'asta con rilanci.

A gennaio del 2001, la Befana portò in regalo al governo Amato la bellezza di 26.750 miliardi di lire, effetto proprio dell'asta competitiva.

Dice ancora Vincenzo Vita: "Le nostre stime dicono che oggi il governo Berlusconi può avvicinare quel successo. Organizzare un'asta con rilanci per le frequenze stavolta televisive porterà in cassa dai 3 ai 4 miliardi di euro". Tanta roba. E sempre meglio di un regalo.

(21 agosto 2011)

www.repubblica.it/politica/2011/08/21/news/tv_sei_frequenze_digitali_in_regalo_cos_lo_stato_rinuncia_a_3_miliardi-20684265/?ref...
angelico
00lunedì 22 agosto 2011 17:09
Si mangiano 5,5 milioni di euro

di Emiliano Fittipaldi


Dopo la pubblicazione sul nostro sito dei menù di Camera e Senato, gli onorevoli si sono difesi sostenendo che i loro ristoranti non pesano sui contribuenti. Balle: ecco quanto ci costano, ogni anno, le lombatine e i branzini serviti in livrea ai nostri parlamentari(19 agosto 2011)La buvette di Montecitorio"The pen is on the table". Sono molti i deputati che hanno fatto una figura barbina davanti alla docente d'inglese venuta a fargli lezione privata nei loro uffici. D'altronde, è noto che il livello di conoscenza delle lingue straniere dei nostri politici è da sempre piuttosto bassino: nel 2006 Berlusconi fu preso in giro in mondovisione dall'ex presidente Bush per il suo inglese maccheronico.

"Proprio per questo", spiega un funzionario della Camera, "esiste un fondo di 400 mila euro l'anno per i corsi di formazione dei parlamentari. Pensi che figuracce se non riuscissero a spiccicare mezza parola d'inglese durante gli incontri internazionali". Così, nonostante molti onorevoli abbiano seri problemi in primis con la loro lingua madre, la casta di Montecitorio non bada a spese per l'aggiornamento culturale dei suoi fortunati membri: nel 2011 tra consulenze, formazione del personale e corsi di lingue e computer si spenderanno 1,3 milioni di euro. Serviranno a qualcosa? Difficile dirlo: di sicuro quest'anno verranno spesi 415mila euro per chiamare interpreti e traduttori capaci di destreggiarsi tra le insidie del tedesco o del francese.

Il fondo per le lezioni private è solo una delle centinaia voci di spesa che saltano agli occhi spulciando il bilancio pluriennale 2011-2013 della Camera. Il 21 luglio scorso Fini e colleghi hanno annunciato in pompa magna un ridimensionamento degli sprechi, e hanno varato una serie di tagli per ammansire l'opinione pubblica nauseata da vitalizi record e privilegi inattaccabili. Spulciando il dossier sulle spese correnti, però, ci si chiede se non potessero fare qualche sforzo in più. La grande maggioranza dei risparmi previsti (150 milioni in tre anni) arriveranno infatti non da tagli di spesa, ma attraverso il blocco degli aumenti già previsti per gli anni 2012 e 2013. Altro denaro sarà accantonato grazie all'abbandono anticipato dei costosissimi uffici di Palazzo Marini (che consentiranno un risparmio di 29 milioni di euro nel biennio), dalla chiusura di un self service e dalla forbice sugli abbonamenti di quotidiani e riviste. I deputati hanno promesso anche una "riduzione di offerte del menu" dei ristoranti interni, quelli con camerieri in livrea che servono spaghettini con alici a 1,60 euro. Qualche settimana fa, dopo un'inchiesta de "l'Espresso", qualche onorevole s'è difeso spiegando che i contribuenti non ci rimettono un euro, visto che i locali sono gestiti da privati. In realtà leggendo i documenti ufficiali si scopre che la differenza tra il costo effettivo dei piatti (almeno una cinquantina di euro) e quello che pagano i deputati (pochi spiccioli) ce la mettono proprio gli italiani: nella previsione al bilancio 2011 la voce "servizi di ristorazione gestiti da terzi" vale ben 5,5 milioni di euro. Una cifra enorme. Nel 2007 senatori e deputati mangiavano meno: la spesa superava di poco i 4 milioni.

(Prima puntata. La seconda sarà pubblicata on line lunedì mattina. Su L'Espresso in edicola l'inchiesta completa)

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