La vera storia di un racconto inventato...[FanFiction]14
Consiglio vivamente a tutte le lettrici una rispolverata alle istruzioni per l'uso valide per il capitolo 11.
Buona lettura...e tenetevi forte!!!
Cap 14
Insomma tra litigi e riappacificazioni non fu facile gestire la nostra storia in quella situazione, ma anche quello faceva parte del gioco e lo sapevamo fin dall’inizio. A volte sembravamo due ragazzini quindicenni che si sbaciucchiano di nascosto dai genitori…Di questo avevamo bisogno; lui più di me.
Era bambino quando iniziò a solcare i primi palchi; non visse infanzia, né gioco, né adolescenza.
-Sei la mia giovinezza spensierata- mi disse una sera nella penombra della mia camera d’albergo- tu sei quello che avrei sempre desiderato e che mi è stato strappato…Sei la mia piccola ragazza normale…
Quando mi chiamava così mi abbracciava forte forte quasi da farmi mancare il respiro…
-Te ne andrai Susie…?- mi chiedeva come timoroso di sentire la risposta- te ne andrai via da me?
-No Mike…
-Voglio che tu mi dica che è per sempre…Susie…
-Sarà per sempre…Te lo giuro…- ci credevo davvero, ci ho sempre creduto.
Adorava venirmi a svegliare la mattina, anche perché sono una dormigliona e quindi ho sempre bisogno di essere buttata giù dal letto. Una volta mi portò anche la colazione in camera; non me lo aspettavo.
-Sorpresa!!!- disse allegro quando aprii la porta ancora assonnata.
Presi il vassoio e ci andammo a sedere sul letto e mentre sorseggiavo il succo d’arancia che mi aveva portato si mise alle mi spalle.
-Che fai Mike?- gli chiesi ingenuamente.
-Schhhhh…-mi sussurrò all’orecchio come per invitarmi al silenzio.
Spostò i miei capelli su di un lato e delicatamente iniziò a baciarmi il collo.
-Che intenzioni hai Mike?- gli dissi meno ingenuamente.
-Schhhh…
Prese dalla tasca un foulard e mi coprì gli occhi. Poco dopo senti qualcosa di leggermente freddo cingermi il collo.
-Ecco, adesso puoi guardare…-mi disse compiaciuto.
Un ciondolo stupendo… Un cuore incorniciato di diamanti luccicantissimi. Dietro c’era inciso qualcosa, lo girai…”Per sempre…29 agosto 1987” .
-Ma perché Mike?…-gli chiesi sorpresa. Non avevo mai posseduto un gioiello così prezioso né tantomeno nessuno mi aveva mai fatto un regalo con così tanto amore.
-Perché te lo meriti…Perché sei tu…- mi rispose placido.
Ci tenne a spiegarmi il significato di quella data. Non era semplicemente il giorno del nostro compleanno. Mi disse che quella in realtà era la data che segnava il momento in cui aveva capito di aver trovato una persona speciale. Ricordai quella torta a forma di Italia, il mio imbarazzo, il batticuore…per me quel giorno aveva avuto lo stesso medesimo significato. Lo ribattezzammo il “Nostro Anniversario Di Vita”.
Lo accompagnai verso la porta, ma sembrava non volesse andare via.
-Dai Mike fammi preparare, è tardi…
Sorrise a mezza bocca. Faceva finta di opporre resistenza…e poi…faceva quegli occhi…lo sapeva che quegli occhi…
-La smetti…su…non fare lo scemo è tardissimooo…-facevo finta si respingerlo, tanto lo sapevo come andava a finire; non vedevo l’ora che andasse a finire…
-Dai…solo cinque minuti…- mi disse ironicamente con le mani congiunte come per pregarmi-…e poi lo merito anche io un regalo no?
-Ma sono ancora in pigiama…
Con un leggero colpo spinse la porta ancora socchiusa, mi prese in braccio…
-Facciamo prima…-disse.
Mi lanciò sul letto facendo quasi rimbalzare il materasso.
-Addirittura tutto questo ardore…?- gli dissi maliziosa mentre lentamente si avvicinava con uno sguardo che lasciava poco all’immaginazione.
-Signorina, ma qualcuno te lo ha mai detto che sono un cattivone?- rispose con voce impostata e un sorriso eloquente.
-Beh negli ultimi mesi in giro non si parla d’altro- gli feci spiritosa e allusiva- ma sai com’è, se non vedo non credo…
Lentamente indietreggiavo, mi piaceva questo gioco di sguardi e di movimenti e sapevo che lui adorava rincorrermi per poi farmi cedere alle nostre voglie.
-Piccola non mi istigare…potrei essere pericoloso…
Scesi dall’altro capo del letto mentre lui si avvicinava lento lento.
-Uuuhhh che paura…e che mi faresti…?-lo stuzzicavo e lui si faceva stuzzicare.
Con un abbraccio sicuro e deciso mi cinse le spalle da dietro, ero un fremito.
-Potrei cominciare col mangiarti…a partire da qui…
morse leggermente il lobo dell’orecchio…
-…per poi passare qui…
e sentii i suoi denti sfiorarmi umidi e avidi il collo…
-…e ancora qui…
poi la spalla…
Quel dolce divorarmi mi procurò un solletico irresistibile e tra risate e pelle d’oca mi piegai a terra. Distesa supina con i gomiti poggiati sulla moquette lo tenevo di fronte, bello e maestoso come un Apollo musagete. Con delicatezza mi sfilò il pantalone del pigiama. In effetti aveva ragione, facevamo prima. Avevo le gambe nude e l’emozione mi fece rabbrividire quasi al punto di tremare. Mi sfiorò leggermente la coscia ed ebbi come l’istinto di serrare le ginocchia, forse ancora per qualche ingenuo residuo di pudicizia, forse perché mi piaceva l’idea di opporre una maliziosa resistenza, o forse perché quella volta mi andava di vederlo un po’ “cattivo”. Ma poi mi bastò cogliere nelle sue mani l’ardore con cui si aprì la camicia e leggere nel suo sguardo il desiderio fisico di noi, che mi concessi estasiata a quella sublime invasione.
Il resto fu amore.
Il ritorno a casa fu trionfante.
Nel giro di pochi mesi lo accompagnai a decine di premiazioni. Voleva che fossi sempre presente. Diceva che quei premi erano anche un po’ miei perché in quei due anni gli avevo donato la serenità, la sicurezza, il rispetto e la sollecitudine che gli avevano permesso di fare un buon lavoro. Sinceramente non ricordavo di aver fatto tutto questo; era così naturale per me darmi a lui con tutta me stessa. Non desideravo nessun premio, nessun riconoscimento; la sua felicità era per me la più grande ricompensa.
Ma quelli non furono solo anni di successo.
Il tour fu stressantissimo. Talvolta si sentiva abbattuto per qualche critica di troppo; fuori forma; fisicamente stremato.
Il suo perfezionismo era alle volte deleterio più che migliorativo. Quando era troppo sotto pressione perdeva di lucidità, vedeva tutto storto, e in quei momenti cercavo di stargli vicino come potevo. Spesso e volentieri discutevamo perché talvolta era irascibile, mi rispondeva sgarbatamente nonostante i miei sforzi di comprenderlo. Ma non mi lasciavo piegare, piuttosto lo lasciavo sbraitare da solo e me ne andavo. Su questo ero intransigente,non mi facevo mettere i piedi intesta da nessuno, almeno allora.
Mantieni i piedi per terra…rimani sempre te stessa…
Le parole di mia madre in quei momenti mi risuonavano nella mente, sentenziose.
Ma nonostante tutto quell’uomo trovava sempre il modo di farsi perdonare e non necessariamente con cose eclatanti e regali costosi, sebbene per quelle cose fosse sempre stato portato, ma anche con la semplicità, con la sincerità. Sapeva chiedere scusa e quando lo faceva gli dicevo- Ecco! È tornato il mio piccolo grande uomo normale…
Quella frase dopo ogni litigio era il segno che pace era stata fatta e allora ci lasciavamo prendere dalle coccole. In quelle occasioni ricordo che amava molto accarezzarmi i capelli e massaggiarmi delicatamente le tempie e così appoggiandomi a lui lasciavo che mi sfiorasse con le sue lunghe dita affusolate, che in maniera sapiente mi intrecciavano capelli e pensieri.