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LITTLE SUSIE © (in corso). Rating: verde

Ultimo Aggiornamento: 11/02/2012 17:51
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04/02/2012 18:48
 
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La storia prosegue ...
Capitolo 26

-Pronto? – domandò quella voce che tanto mi terrorizzava all’altro capo della cornetta. Probabilmente lui, in quel momento, si trovava a centinaia di chilometri da me.
Ma nemmeno la distanza tra noi poteva rassicurarmi. Avrebbe potuto annullarla in qualsiasi momento, ne ero più che certa. Eppure, finora non l’aveva ancora fatto. Forse non ero così importante per lui da indurlo a scomodarsi per venire a cercarmi.
-Sono io. – sussurrai, impaurita.
Anche se ci fossero voluti mesi prima che venissero risolte tutte le questioni legali, io e Michael ci saremmo sposati. In gran segreto, lontano da sguardi indiscreti, magari in qualche municipio di un qualche sperduto paesino fuori dal mondo, senza invitati, né fiori, né grandi cerimonie, ma saremmo diventati marito e moglie.
-Oh, che piacere risentirti dopo così tanto tempo,mogliettina mia!- esclamò ironico Liam, con la sua voce roca e ruvida.
Rabbrividii. Nonostante Mike si fosse opposto fermamente all’idea sin dal principio, avevo deciso di occuparmi io del mio divorzio, ovviamente circondata da uno stuolo di avvocati che probabilmente costavano, alle tasche del mio futuro marito, più di quanto avrebbe richiesto la manutenzione di Neverland per due anni o forse più.
Ma era una causa importante, da vincere anche in breve tempo,se possibile: Michael la pensava così e non avrebbe badato a spese, se ciò fosse servito a liberarmi per sempre dall’uomo che avevo sposato in preda alla confusione e alla disperazione tempo prima.
-Ho bisogno di parlarti. – annunciai, al telefono.
Non potevo comunicargli subito le mie intenzioni, altrimenti sarebbero stati guai seri. Secondo gli avvocati, spettava a me cercare di renderlo un poco più disponibile a trattare.
Inutile dire che non ci sarei mai riuscita, ma perlomeno ci avrei provato.
-Dimmi, tesoro. – mormorò, ghignando ma leggermente nervoso.
Capii che aveva fretta e che non era esattamente un buon momento per discutere, ma non avevo altra scelta.
-Vorrei venire a patti con te. Pacificamente. –
Misi un po’ d’enfasi nell’ultima parola, per sottolinearla.
-Benissimo. Allora, quando torni? Sai … mi sei mancata. – confessò, pieno di odioso sarcasmo.
Sentii un brivido corrermi lungo la schiena.
-Io non torno, Liam. – sibilai, poi mi ricomposi. Non dovevo perdere la pazienza.
-Susan … calmati, okay? Altrimenti rischi di farmi arrabbiare. – mi avvertì, con voce pacata e per questo ancora più spaventosa.
-Voglio il divorzio, Liam. – annunciai.
Il silenzio che durò qualche secondo all’altro capo della cornetta mi chiuse la bocca dello stomaco e tutto il coraggio che avevo raccolto sembrò scemare all’improvviso quando Liam abbaiò:
-No! Tu sei mia! –
Fui costretta a sedermi sulla poltrona poco distante per non crollare a terra. Dovevo essere forte, ferma, irremovibile.
-Senti,Liam, conto poco più di niente per te, giusto? Che senso ha continuare così? – domandai, retorica, cercando di appellarmi alla sua ragione.
Desideravo indurlo a riflettere: ero sicura che se l’avesse fatto sarebbe stato d’accordo con me. Non era affatto stupido: crudele,spietato, odioso … tutto, meno che un sempliciotto: sapeva bene distinguere ciò che gli conveniva da ciò che invece lo avrebbe trascinato a fondo.
Per questo si era arricchito così tanto e i suoi affari andavano sempre a gonfie vele: aveva intuito e un’intelligenza sottile.
Che poi non usasse queste sue doti a fin di bene, quello era un altro discorso.
-Non ha senso, effettivamente. – concordò, pacificamente.
Sospirai, rassicurata. Forse l’obiettivo che mi ero preposta non era così irraggiungibile.
-Concedimi il divorzio. Gioverà sia a te, che a me. – gli feci notare, con tono un poco malizioso. Dovevo giocare tutte le carte a mia disposizione.
-No,cara. Gioverà a te. A me non ne viene in tasca assolutamente nulla. Anzi … Ci perdo una moglie. – osservò, serio. Educato. Inflessibile.
Il respiro mi si bloccò in gola. La speranza di poco prima sfumò, lasciandomi intravedere la realtà dei fatti.
Povera sciocca! Mi ero illusa che sarei riuscita a convincerlo in qualche modo ad uscire per sempre dalla mia vita: e invece ero ancora nelle sue mani. Poteva decidere di disintegrarmi con un solo gesto e io non avrei opposto resistenza, perché non ne ero capace e perché sarebbe stato inutile.
Avrebbe vinto lui, sempre.
Nessuno poteva convincerlo a fare nulla che lui non volesse, tantomeno io.
-Una moglie non ti serve a niente quando vive a chilometri di distanza. – sibilai, irritata.
Mi sentivo in trappola e tentavo di difendermi come potevo, a parole.
Liam non rispose alla mia provocazione. Rideva, spensierato. Sapeva di avere in pugno la situazione.
-Allora? Ti diverti a fare la sua puttana, non è così? – chiese dunque, sempre ghignando.
Resistetti all’impulso di chiudere la comunicazione.
-Ti farò arrivare i moduli. – comunicai, seccata.
-Non li firmerò. – ribattè.
Stavo per perdere la pazienza. Respirai a fondo.
“Ora basta” pensai, tra me e me. Dovevo chiudere definitivamente quella faccenda.
-Non importa. Se non lo farai, ti denuncerò. Sai, sei furbo, ma hai un difetto: non badi a ciò che è legale o meno. Per te non fa alcuna differenza, sei convinto che il mondo sia tuo. Ti dimostrerò il contrario. Ti farò passare le pene dell’inferno, Liam. Firma quel maledetto documento e chiuderò un occhio. – contrattai.
Avevo sperato di ammansirlo o,perlomeno, di far sì che mettesse da parte, per una volta, la sua arrogante spavalderia e la sua spietata crudeltà invece, sfortunatamente, ottenni l’effetto contrario.
-D’accordo, Susie. Sfodera tutte le tue forze, invia il tuo esercito di avvocati fin qui. Ma ti avverto: se mi denunci, io lo ammazzo. Lo uccido con le mie stesse mani. Poco importa che si tratti del Re del Pop. E’ umano e mortale come lo erano tutti quelli che ho mandato all’altro mondo. Sai, hai ragione: la legalità e l’illegalità per me non contano, sono solo concetti astratti. In realtà, ciò che conta per me è ciò che voglio: perché lo ottengo, sempre. Quindi, se desiderassi sgattaiolare nella reggia in cui vi rinchiudete, codardi e patetici, lo posso fare. Se per capriccio progettassi bruciare vivi quei suoi due angioletti che tanto si ostina a portare in giro coperti da un velo, come se questo bastasse a proteggerli, lo posso fare. E se volessi piantarvi una pallottola in testa, mentre dormite abbracciati, io lo posso fare. E lo farò, credimi. –
Il mio cuore smise di battere per un momento interminabile, pochi secondi che mi bastarono per prendere una decisione.
Avrei voluto urlare, ma avevo la gola secca per il terrore.
Liam sapeva tutto, probabilmente ci stava osservando già da tempo, senza intervenire, aspettando l’occasione giusta. E adesso che questa si era presentata, sul piatto della bilancia c’era tutto ciò che amavo e che non avrei mai immaginato di poter perdere.
La mia vita, contro quella di Michael e dei suoi figli.
Mi sembrava impossibile che proprio io avrei potuto essere la causa di immensi dolori e sofferenze per quei bambini, che tanto avevo amato, sin dal principio. E dipendeva da me scegliere la loro sorte. Tutto ciò che desideravo era stare con l’uomo che amavo e con la sua famiglia, che ormai era diventata anche la mia. Ma il mio egoismo avrebbe sicuramente portato ad un disastro, un dramma familiare, una tragedia che avrebbe turbato l’infanzia dei piccoli, stroncandola. Solo il pensiero di quel mostro di Liam vicino a Prince e a Paris in lacrime mi faceva rabbrividire.
No, non potevo accettarlo. Non valevo un prezzo così alto.
-D’accordo. Dove ci vediamo? – domandai, in un soffio, con voce da automa, ormai determinata a farla finita una volta per tutte.

















Capitolo 27

Il cielo si chiudeva scuro e minaccioso sulla città addormentata, immersa in un silenzio spezzato solo di tanto in tanto dai passi frettolosi di una signora di passaggio, da un’automobile che rallentava, da un magnaccia che picchiava una sua prostituta in lacrime.
Mi guardai attorno spaurita, incrociando le braccia sul petto, come per proteggermi, per creare una sorta di barriera tra me e quel mondo sconosciuto e terrificante. Da un vicolo dall’aria decisamente poco attraente provenivano un tanfo terribile e le risate sguaiate di una combriccola di uomini la cui lucidità era ormai offuscata dall’alcool.
I condomini e i palazzi che si affacciavano su quel tratto di strada erano probabilmente quasi completamente disabitati, giganti grigi abbandonati a se stessi, che proiettavano ombre lunghe e scure sull’asfalto.
Tenevo gli occhi incollati al marciapiede, per evitare di incrociare qualche sguardo sconosciuto o qualche sorriso di apprezzamento inopportuno ed inquietante.
Dopo la telefonata di Liam, ero stata costretta a fare una doccia per rilassarmi: ma nemmeno il getto d’acqua bollente era riuscito a calmarmi del tutto.
Ciò che più mi turbava non era la decisione che avevo preso, ma come avrei potuto tenerla nascosta a Michael, per non farlo soffrire e per preservare lui e la sua famiglia, la mia famiglia dal pericolo.
Questo era quello che contava: la serenità e la quiete di Neverland non dovevano essere spezzate o sconvolte a causa mia. Non valevo così tanto.
Liam era riuscito a toccare il tasto giusto: sapeva quanto tenevo a Michael e ai suoi bambini. Era stato meschino, in realtà, da parte sua, ma molto furbo. Avrei dovuto prevederlo, forse.
Se solo non fossi stata così ingenua …
Ma ormai era troppo tardi per guardare indietro e farmi assalire dalla nostalgia: ciò che avevo perso per sempre non sarebbe mai tornato. Io stessa ero fuggita da quella promessa di amore, calore e felicità che Mike rappresentava.
In fondo, non avevo avuto altra scelta. O l’annientamento o il rimpianto: e io avevo scelto quest’ultimo. Perché se fosse successo qualcosa all’uomo che amavo o ai suoi figli, sarei morta. Ne ero certa. Non avrei potuto sopportare una sofferenza così grande. Meglio allora farsi tormentare dal dolore del ricordo, sapendo però la mia famiglia al sicuro.
L’unica vittima così sarei stata io, insieme a mio figlio, quel bambino che mi portavo dentro, frutto di un amore più grande e più forte di qualsiasi cosa, al quale però non ero riuscita ad aggrapparmi: perché, se l’avessi fatto, sarebbe intervenuto qualcun altro ad ucciderlo, a distruggerlo, a sgretolarlo.
Mi morsi il labbro, trattenendo le lacrime.
Ciò che più mi aveva lasciata perplessa era stato il possibile futuro del bambino: non volevo che gli accadesse nulla di male, ma sembrava quasi inevitabile. Ma l’alternativa era l’aborto e non avevo nemmeno preso in considerazione quest’opzione, mai: ora che Mike era lontano, quel bambino era l’unica cosa in grado di tenermi in vita, una medicina il cui solo pensiero leniva anche il dolore più intenso e insopportabile.
Spostai una mano, accarezzandomi quasi inconsciamente il ventre. Fui sorpresa di sentire, sotto le dita, la pancia piatta e sorrisi mesta tra me e me. Con la mente mi ero proiettata più volte avanti nel tempo, immaginandomi con il pancione, con il braccio sicuro di Michael a cingere i miei fianchi, protettivo come sempre: quelle fantasie erano l’unico rifugio per scappare dalla realtà. Quelle immagini felici mi perseguitavano ed era difficile non credere nella loro concretezza.
La gravidanza in quel momento non era evidente, ovviamente, ma presto la pancia avrebbe cominciato ad aumentare di volume. A quel punto avrei dovuto trovare un modo per allontanarmi, dare alla luce mio figlio e affidarlo in seguito a suo padre.
Era l’unico modo per assicurargli un futuro sereno e pieno di gioia.
-Buonasera, principessa. – sussurrò all’improvviso una voce roca e familiare. Sussultai e alzai lo sguardo.
Quando i miei occhi incontrarono quelli verdi e famelici di Liam, sentii la mia determinazione vacillare.
Davvero ero disposta a vivere accanto a lui il resto della mia esistenza?
Cercai di convincermi che era l’unica soluzione per non veder crollare il mio mondo, ma la morsa della paura mi attanagliava e le schegge di ghiaccio che avevo nello stomaco presero ad agitarsi disordinatamente.
-Oh, non ci starai mica ripensando vero? In fondo, questa è la scelta più indolore. – mi fece notare, sorridendo.
In quei tratti non riconobbi nulla di caro, nulla di amato.
-Hai ragione. – sospirai, sconfitta e sconsolata.
Gli occhi di Liam si accesero. Ma quel guizzo, quella scintilla, non risvegliarono nessuna emozione in me.
Provai a guardarmi dentro, come attraverso un tunnel, alla ricerca del mio cuore. E lo trovai.
Ma era completamente, ineluttabilmente e assurdamente muto.






Capitolo 28

-Allora … che cosa hai raccontato al tuo Michael? Come sei riuscita a convincerlo a lasciarti andare? – domandò Liam, quasi divertito mentre immaginava la scena.
Scossi il capo impercettibilmente: per una volta, l’ingenuo mi parve lui.
Non avevo rivelato a Mike le mie intenzioni, ovviamente, altrimenti non mi avrebbe permesso di andare incontro al pericolo. Liam avrebbe dovuto intuirlo, no?
-Fammi indovinare: addii struggenti, baci appassionati, fiumi di lacrime …? – s’informò mio marito, allontanando con un gesto secco della mano due persone che si stavano avvicinando e che evidentemente conosceva. Forse erano un paio dei suoi scagnozzi. Ma era troppo buio, non riuscivo a distinguere nulla: il tenue bagliore emanato dalla luna non bastava ad illuminare quei due visi. Così sparirono dietro l’angolo prima ancora che potessi identificarli. Li seguii con lo sguardo per un breve momento.
-No. – mormorai poi, in risposta a Liam, che mi fissava incuriosito e lievemente irritato dal mio silenzio prolungato.
-No? – fece eco lui. Vedendo che non proseguivo, mi si avvicinò ulteriormente, percorrendo con due dita il profilo delle mie labbra. –Bhè, meglio così … - continuò, -cominciava a darmi sui nervi l’idea che qualcun altro potesse godere di così tanta bellezza. Tu sei mia. Solo mia. Capito? –
Feci un passo indietro, allontanandomi tremante dalla sua mano, che rimase sospesa ad afferrare l’aria.
Gli leggevo negli occhi quello che sarebbe successo di lì a qualche minuto, ma cercai di ritardare il più possibile quel momento.
-Senti, Liam … - sussurrai, impaurita. –Sono tornata. Ma … questo non cambia nulla. Tu hai le tue prostitute, io il ricordo costante del mio cuore assente. Non voglio … che tu fraintenda, ecco. Io … vedi, tra me e te, oltre la vicinanza, non c’è assolutamente nulla … -
Mentre cercavo di spiegarmi, balbettando, lui fece qualche passo avanti.
Ormai avevo il suo viso a pochi centimetri dal mio.
-Bhè, allora dovremmo rimediare. – osservò, calmo.
Appoggiai entrambe le mani sul suo petto, cercando di spingerlo indietro, per creare una sorta di distanza di sicurezza tra me e quel mostro: ma non ero abbastanza forte e riuscii solo a peggiorare la situazione.
-No, Liam … ti prego. Perché, perché io? – domandai, retorica, scoppiando in lacrime. La tensione accumulata era decisamente troppa: i miei nervi non avrebbero potuto reggere un attimo di più.
Lui ghignò, ironico. Odioso.
-In realtà, forse hai ragione. Sei un esserino piuttosto insignificante. Ma il fatto che io non possa averti, ti rende decisamente più intrigante ed eccitante. – confessò, alitandomi in faccia.
Non fui in grado di rispondere, o di affannarmi alla ricerca di altre scuse che mi permettessero di salvarmi in qualche modo.
Mi sentivo indifesa, smarrita …
Così chiusi gli occhi, aspettando che sopraggiungesse la fine.
Ma questa non arrivò.
Ci fu dapprima uno spostamento d’aria, un tonfo, e poi un grido gutturale e terrificante, che mi fece rabbrividire.
Qualcosa – una mano, forse – mi trascinò per qualche metro, poi mi spinse a terra, dove rimasi, rannicchiata su me stessa, per qualche interminabile minuto, mentre alcune voci, in lontananza, si confondevano, sovrapponendosi e squarciando il silenzio della notte.
Mi tappai le orecchie con le mani, spaventata, appoggiando una guancia sull’asfalto freddo e ruvido.
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