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LITTLE SUSIE © (in corso). Rating: verde

Ultimo Aggiornamento: 11/02/2012 17:51
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20/01/2012 17:49
 
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La storia prosegue ...
Capitolo 18

-Vorrei restare così per sempre. – mormorai, con aria trasognata.
Appoggiai delicatamente la testa sul petto nudo di Michael, segnato da macchie color caffelatte che si mescolavano a chiazze più chiare, bianche, presenti ormai in netta maggioranza sulla sua pelle rispetto alle loro sorelle più scure.
Erano le tracce inconfondibili della vitiligine, di cui Mike soffrì per tutta la vita. Lo dichiarò per la prima volta al pubblico durante un’intervista con Oprah, ma i media continuarono a preferire l’altra versione, quella che avevano formulato e consolidato da soli nel corso degli anni, secondo cui il Re del Pop aveva schiarito gradatamente, per mezzo d’interventi chirurgici, il colore della propria pelle per diventare bianco.
Ciò che forse ignoravano era che Michael era molto più che orgoglioso di essere nero. Ebbi l’occasione di constatarlo più volte e, fortunatamente, seppi dare ascolto alla mia mente e al mio cuore, invece che ai giornali, spesso capaci d’infangare il buon nome di una brava persona come Michael diffondendo notizie prive di qualsiasi fondamento.
-Per sempre è davvero tanto, tantissimo tempo. – osservò lui, ridacchiando.
Il suo volto era illuminato dalla luce fioca della luna, che si stagliava pallida sul cielo nero ed uniforme ed emetteva, attraverso la finestra aperta della camera di Mike, insoliti bagliori argentei che bastavano a rischiarare l’intera stanza.
-Sembra che l’idea di trascorrere l’eternità con me ti rattristi. – notai, delusa, abbassando lo sguardo sul mio indice che sfiorava leggero la sua pelle, tracciando il profilo fantasioso e incostante di svolazzi e ghiribizzi immaginari.
Michael mi strinse forte tra le sue braccia e mi baciò i capelli.
-No. Io ti amo, Susie. Più di quanto abbia mai amato qualcun altro. Più di quanto io ami fare musica. Solo che … non credo più nel “per sempre”. La vita mi ha insegnato che raramente esiste qualcosa d’immutato e d’immutabile. – mi spiegò, paziente.
Mi lasciai cullare per qualche istante dalla sua voce vellutata, sebbene in quel momento accompagnasse parole e ragionamenti che non condividevo affatto.
-L’amore non è immutabile. L’amore si trasforma. – gli concessi.
-Ma cambiamento non è sinonimo di “fine”. – aggiunsi, pensosa.
Con la coda dell’occhio vidi Michael sorridere.
Mi appoggiai sul gomito per osservarlo meglio.
-Ascoltami bene, signor Jackson. – cominciai, scherzando. – Io con te non voglio una storia a lieto fine, d’accordo? –
Aggrottai le sopracciglia, imitando l’espressione burbera che talvolta assumeva mio fratello Javier con me, quando eravamo più piccoli, per impartirmi una qualche lezione. Peccato che gli risultasse impossibile non apparire alquanto buffo.
Michael non rise. Sembrava concentrato a capire quali pensieri mi passassero per la testa, prima ancora che li trasformassi in parole.
Sbuffai.
-Io con te voglio una favola senza fine. – conclusi, in un sussurro.
Nell’aria, per qualche secondo, rimase l’eco dell’aura di infinita dolcezza in cui era stata avvolta quella frase, sgorgata come un fiume di sincerità, amore e speranza dalle mie labbra.
Poi Michael parlò.
-Io ti prometto, Susan, che farò tutto ciò che si rivelerà necessario per assecondare ogni tuo desiderio e renderti una donna felice. È la tua felicità, la tua vita che mi sta a cuore. La mia non vale nulla: prendila, è tutto ciò che ho da darti. Ma la tua è così preziosa per me, che non potrei mai in nessun modo abusarne, o distruggerla. Desidero solo proteggerla e custodirla. E sono così immensamente onorato che tu me l’abbia affidata in questo modo che non saprei come ringraziarti. – mormorò.
Lacrime di gioia mi rigarono le guance.
Le asciugai con il dorso della mano, senza staccare gli occhi da Michael.
-Perché piangi? – mi chiese, sorpreso, accarezzandomi la schiena.
Scossi la testa impercettibilmente.
-Non lo sai? – domandai, in un soffio.
Lui tacque. E annuì, serio.
Poi le sue labbra sfiorarono le mie e riprendemmo da dove ci eravamo interrotti poco prima.
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