È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!
 
Pagina precedente | 1 2 3 | Pagina successiva

LITTLE SUSIE © (in corso). Rating: verde

Ultimo Aggiornamento: 11/02/2012 17:51
Autore
Vota | Stampa | Notifica email    
07/01/2012 10:31
 
Quota
Post: 1
Registrato il: 10/07/2011
Età: 28
Sesso: Femminile
This Is It Fan
OFFLINE
Link: http://www.facebook.com/pages/MJ4ever/130325460375796?sk=notes
Capitolo 1


Era il 9 dicembre 1996. Sdraiata su uno scomodo letto di un ospedale di Manila,con le cuffiette dell’MP3 nelle orecchie,guardavo inorridita il liquido biancastro contenuto in un sacchetto trasparente appeso ad una specie di gruccia di metallo farsi strada lungo un tubicino che terminava in un ago,infilato direttamente nel mio braccio.
Erano passate quasi cinque settimane da quando i dottori mi avevano diagnosticato una leucemia mieloide acuta,in realtà piuttosto rara nei giovani,in uno stadio ormai avanzato. Mi avevano ricoverata immediatamente,sottoponendomi a cicli regolari di chemioterapia,ma in cuor mio sapevo che sarebbe stato inutile. Era come se fossi già morta.
Il mio fratello gemello Javier mi fissava terrorizzato dalla parte opposta della stanza,con la schiena appoggiata allo stipite della porta. Non osava nemmeno avvicinarsi.
Nei suoi occhi leggevo lo stesso dolore che riempiva i miei ormai da giorni. Ricordo che gli sorrisi per tranquillizzarlo. Gli volevo bene. E lui ne voleva a me. Ero pienamente cosciente del fatto che,se i miei genitori gliel’avessero permesso,si sarebbe immediatamente sottoposto ad un prelievo di midollo per salvarmi. La chemio non poteva tenermi in vita,ma un trapianto midollare sì. I nostri midolli ossei avevano una compatibilità di sei su sei. Non c’era alcun rischio per me,dunque,di contrarre la G.V.H.
Ma i miei genitori ,entrambi mezzosangue spagnoli,tutti e due ferventi cattolici,si erano opposti all’idea sin dal principio: in realtà, non avevano mai riposto troppa fiducia nella medicina e nella scienza in generale, che ritenevano un “affronto a Dio onnipotente”. L’uomo non doveva nemmeno osare elevarsi al livello del Padre: solo lui era in grado di stabilire le sorti delle sue creature. Inoltre, sebbene si rifiutassero di ammetterlo e nonostante la scienza dimostrasse il contrario, temevano che la malattia fosse contagiosa e che Javier avrebbe potuto contrarla. Erano molto superstiziosi a riguardo e il loro atteggiamento poteva anche venir considerato stupido e denotazione d’ignoranza, ma nulla poteva far cambiare loro idea.
-Il Signore ti sta mettendo alla prova,Susie. Devi essere forte. L’Altissimo ti salverà. – continuava a ripetermi la mamma,accarezzandomi la fronte madida di sudore.
Mio padre e mia madre mi amavano moltissimo e ovviamente non desideravano la mia morte: semplicemente credevano che il Padre avesse un piano per ognuno di noi e che nessuno dovesse interferire con esso. Bloccai qui il flusso dei miei pensieri,prima che divenissero troppo penosi per me.
In quel mentre nostro cugino Phil si precipitò all’interno della stanza e,visibilmente eccitato,sussurrò qualcosa all’orecchio di Javier accompagnando alle parole ampi gesti delle mani.
Mio fratello ascoltò attentamente,dopodiché sgranò gli occhi incredulo e sorrise.
-Cosa succede? – domandai,perplessa,fermando la musica dell’MP3. Riconoscevo quella luce negli occhi di Javier e quel suo sorriso furbesco: aveva in mente qualcosa.
-Non preoccuparti. Ehm … Io e Phil ... andiamo giù al primo piano a prendere qualcosa da bere. Torno subito. – mi promise.
Ero troppo stanca per indagare,quindi semplicemente chiusi gli occhi e strinsi i denti per combattere la nausea causata dai medicinali somministratimi.
Probabilmente mi addormentai,perché la prima cosa che percepii dopo quella breve conversazione furono le dita fredde e delicate di qualcuno che percorrevano leggere il profilo del mio viso,dalla tempia fino al mento.
Mi stropicciai gli occhi e sbadigliai. Avevo la vista ancora appannata dal sonno,ma riuscii a scorgere accanto al mio letto una figura scura,decisamente poco familiare. Socchiusi gli occhi,cercando di mettere a fuoco la persona che mi sorrideva,timida …
-Oh mio Dio! – gridai,sbalordita,mettendomi a sedere immediatamente e facendo cadere a terra l’MP3. Per qualche secondo,mentre il sangue rifluiva,mi girò la testa.
-Perdonami. Non avevo intenzione di spaventarti. – si scusò Michael Jackson,mentre giocherellava con le dita della mia mano.
Non riuscivo a spostare lo sguardo dal suo viso,così pallido e perfetto. I suoi tratti delicati non sembravano umani … Erano alieni,diversi e … bellissimi. Studiai il suo volto,contemplandolo a lungo, e mi piacque molto.
Javier si accostò a noi e mi spiegò:
-Phil mi aveva detto che Michael Jackson stava visitando l’ospedale,così ho pensato che ti sarebbe piaciuto incontrarlo. Non è stato facile avvicinarlo,ma n’è valsa la pena. –
Michael aggiunse,ridacchiando:
-Non ho mai visto un ragazzino tanto determinato quanto tuo fratello,Susie. Si è fatto largo tra la folla … Per un momento,le mie guardie del corpo hanno temuto che volesse assalirmi! –
Javier abbassò lo sguardo e arrossì,imbarazzato.
-Ehm … Vi lascio un po’ soli. – farfugliò,dopo qualche secondo.
Lo seguii con gli occhi finchè non richiuse la porta dietro di sé. In quel mentre capii che mi stava regalando l’istante più bello della mia breve vita: pochi ma preziosi minuti con il mio idolo.
-Ti vuole molto bene. – osservò Michael. Sospirai. I nostri pensieri erano sulla stessa lunghezza d’onda.
Si chinò per raccogliere l’MP3 che avevo fatto cadere prima. Invece di porgermelo,infilò una delle due cuffiette,ascoltando la musica assorto nelle sue riflessioni. Sorrise.
-You are not alone. La mia canzone. – mormorò compiaciuto e prese a canticchiarla tra sé e sé. Mi sentivo a disagio: non sapevo come comportarmi.
-E’ la mia preferita. – ammisi a bassa voce.
-Perché? – domandò lui,improvvisamente animato,sollevando il capo per potermi guardare negli occhi.
La mia mente si svuotò. Scrollai la testa per riordinare le idee.
-Ehm … non c’è un motivo preciso. – mentii,stringendomi nelle spalle,ma Michael non se la bevve.
-Secondo me sì. – sentenziò.
Arrossii violentemente. Imbarazzante.
-Ti vergogni?- mi chiese,perplesso.
Feci cenno di no con il capo.
-Allora,per favore,raccontami la storia di questa canzone … Perché ti piace tanto? –ripeté. Si sedette dolcemente sul bordo del letto,attento a non urtarmi e mi sorrise,incoraggiandomi. I suoi occhi neri ardevano di curiosità. Come resistere ad una così dolce supplica?
Feci un respiro profondo,poi lasciai che le parole sgorgassero in un flusso di verità:
-Penso sia molto rassicurante sapere di non essere soli nelle difficoltà che s’incontrano nel corso di una vita,breve o lunga che sia. Ci sarà sempre qualcuno al nostro fianco a sostenerci e a guidarci. Esistono momenti in cui ci sentiamo completamente abbandonati,situazioni che ci mettono a dura prova logorandoci e consumandoci. Ma c’è sempre qualcuno disposto a portare i nostri fardelli e questo è ciò che rende magica un’esistenza. Dobbiamo solo permettere a quel qualcuno di entrare nella nostra vita e ci porterà luce nei momenti più bui,ci terrà per mano lungo i sentieri più impervi … -
La mia voce si affievolì,sino a perdersi nel silenzio che riempiva la stanza. Chiusi gli occhi,concentrandomi per non cedere alla tentazione di piegarmi in due per il dolore lancinante allo stomaco.
-Ti senti bene? – mi domandò preoccupato Michael,scostando una ciocca dei miei lunghi capelli neri dalla fronte sudata e appiccicosa.
-Sì … Adesso passa. È solo la chemio. – sussurrai a denti stretti.
Odiavo l’idea che uno sconosciuto mi vedesse in quelle condizioni; a maggior ragione se quello sconosciuto era il Re del Pop.
Ma,nonostante l’avessi pregato più volte di andarsene,rimase con me stringendomi la mano e sussurrandomi all’orecchio le dolci parole della mia canzone preferita.
-Mi sembra che vada meglio. – osservò,più tranquillo.
Annuii. Il dolore era svanito cedendo il posto alla stanchezza.
Si alzò in piedi. Non era particolarmente alto,né tantomeno un uomo possente,eppure pareva circondato da un’aura impalpabile di solennità e regalità, tanto che si sarebbe distinto ovunque fosse andato anche se non fosse stato uno degli artisti più famosi del mondo.
-Ora devo andare. Sono davvero molto felice di averti conosciuto,Susan. Spero che ci rincontreremo presto.- mormorò,mentre le labbra si schiudevano appena sui denti bianchissimi sino a disegnare un sorriso angelico.
Si chinò su di me,baciandomi la fronte e accarezzandomi il braccio,dopodiché lasciò l’ospedale con la stessa velocità con cui era arrivato.








Capitolo 2



Fui dimessa due giorni dopo. Quando tornai a casa,ripresi subito a frequentare le lezioni di danza di Mrs. Sullivan,una simpatica e possente signora ormai sessantenne che si era trasferita da Chicago nelle Filippine solo tre anni prima.
Ero la sua allieva prediletta.
-Potresti farti ammettere alla Julliard,un giorno. – usava ripetermi,orgogliosa,mentre eseguivo con grazia gli esercizi alla sbarra.
Ballare in America era il sogno di una vita per me.
Lo accarezzavo dolcemente con il pensiero ogni notte,nel buio,immobile e familiare silenzio della mia camera,nel segreto del mio cuore,cosciente del fatto che se avessi osato rivelare ai miei genitori le mie ambizioni,mi avrebbero obbligata in casa. Credevano che una mezzosangue spagnola ignorante non sarebbe mai riuscita a trovare il suo posto nel mondo, il posto in cui brillare: pensavano dovessi semplicemente accontentarmi di sopravvivere,il che prevedeva sposarmi e procreare. Era una concezione assurda della vita, soprattutto considerando che ormai eravamo nel ventesimo secolo.
-Sei ancora troppo debole. Dovresti aspettare di riprenderti prima di ritornare a ballare.– mi ammonì Javier.
Alzai malvolentieri la testa dall’interessante romanzo che stavo leggendo sdraiata sul divano del nostro modesto salotto e fulminai mio fratello con lo sguardo.
-Sai che non ho più tempo. Io voglio vivere ancora. – mormorai.
Javier mi squadrò con apprensione, dopodiché mi si avvicinò e mi afferrò all’altezza delle spalle,scuotendomi leggermente avanti e indietro ma attento a non farmi male,come se fossi un oggetto troppo fragile tra le sue mani grandi e forti.
-La chemio funzionerà. Devi crederci. –
Ma persino nei suoi occhi leggevo il dubbio.
-Sai che non servirà a niente. – mugugnai,rassegnata.
-Ho bisogno di sperare nel contrario. – mi confessò,stringendomi improvvisamente a sé e abbracciandomi forte.
Mi cullò per qualche secondo,dopodiché si allontanò e mi scompigliò i capelli.
-Allora,cosa vuoi fare oggi? – mi chiese,obbligandosi a sorridere.
Sapevo che tentava in ogni modo di proteggermi,sforzandosi di non mostrarmi il dolore che provava quando mi guardava negli occhi e vi leggeva rassegnazione nei confronti di ciò che mi attendeva.
-Andiamo in spiaggia? – proposi,titubante.
In realtà farmi vedere in giro in quelle condizioni era proprio l’ultimo dei miei pensieri. Ma mi mancavano terribilmente quegli infuocati tramonti mozzafiato,quando il sole brillava basso,come se lottasse per non lasciare spazio alla notte e poi si spegneva immergendosi nel mare quieto e infinito in un’ultima,accecante esplosione di luce.
In quel mentre qualcuno bussò alla porta.
Javier andò ad aprire. Allungai il collo, cercando di capire chi fosse: non aspettavo visite. Sentii una voce profonda parlare sottovoce e velocemente, tanto che non riuscii a carpire una parola.
Dopo poco più di un minuto, mio fratello richiuse la porta dietro di sé e mi si avvicinò con una busta bianca in mano.
Studiai la sua espressione insolita e, per la prima volta, non seppi catalogarla.
Mi consegnò la busta e ordinò, con una voce da automa:
-Aprila. –
Obbedii. Mi aveva intimorita. Cosa poteva essere successo di tanto grave sulla soglia della porta, in così poco tempo, da averlo sconcertato in quel modo?
Estrassi da quella custodia di carta costosa e pesante due biglietti per un concerto. Li studiai meglio, avvicinandoli agli occhi.
-O mio Dio! – urlai di gioia, balzando in piedi sul divano e rischiando di rovesciarlo.
Javier mi guardò impassibile mentre correvo e saltavo euforica per tutta la stanza.
-O mio Dio, o mio Dio! Javier,guarda! Sono … sono due biglietti! Oh,non ci posso credere! Due biglietti per il concerto di Michael nel Brunei! –
Mio fratello raccolse la busta da terra e la esaminò, riluttante. Ne estrasse altri due biglietti, di un formato e di un colore diverso rispetto a quelli del concerto che stringevo nella mano, oltre ad una lettera destinata a me.
Quasi gliela strappai dalle mani, tanto ero elettrizzata. Ma c’era qualcosa che ancora non mi convinceva … Esitai prima di aprirla e di leggerla. Nessuno dei miei parenti o conoscenti era così ricco da potersi permettere di farmi un simile regalo. E come spiegare l’espressione di Javier?
-Okay … Cosa succede? – domandai, finalmente seria, facendo un respiro profondo per calmarmi e per cercare di essere razionale.
Mio fratello si strinse nelle spalle, ma non rispose.
-Chi era alla porta? –
Anche questa domanda si perse nel vuoto, rimanendo senza risposta.
-Javier! – gridai,spazientita, esigendo la sua attenzione. Perché m’ignorava?
Alzò le mani, sulla difensiva.
-Okay, siediti. –
Seguii il suo consiglio e mi accomodai sul pavimento duro e fresco del soggiorno.
Con la coda dell’occhio lo vidi sospirare ma non commentai.
-Era un uomo enorme, sulla quarantina. Sinceramente non l’ho mai visto in vita mia. Ha detto che doveva fare una consegna molto importante. E mi ha dato quella.– mi spiegò, indicando la busta ormai vuota, poi s’interruppe e si morse le labbra, come se non volesse proseguire.
-Da parte di chi? – m’informai.
Passò non poco tempo prima che si decidesse ad aprir bocca:
-Da parte di Michael Jackson. -
Mi ci volle qualche minuto perché il mio cervello assimilasse quelle parole impossibili e irreali.
Michael Jackson? Assurdo. Non mi conosceva. Come aveva ottenuto il mio indirizzo? Mi tornò in mente il nostro breve dialogo all’ospedale.
“Spero che ci rincontreremo presto.” aveva mormorato. Forse diceva sul serio … Mi sembrava incredibile. Troppo, troppo bello per essere vero.
-Stai attenta, Susie. –
L’ammonimento severo di mio fratello interruppe bruscamente le mie riflessioni.
-Attenta? – ripetei, incredula. Mi sembrò che non esistesse un aggettivo più fuori luogo in quel momento.
-Quello che voglio dire è che non devi montarti la testa e devi sempre stare all’erta. Sai ciò che si dice sul suo conto … - brontolò.
-Tutte cose false. – sibilai,riducendo gli occhi a due fessure. Dove voleva arrivare?
-Tu non puoi saperlo.- disse, a denti stretti. Non riuscivo a spiegarmi l’improvviso rancore di Javier nei confronti di Michael. Era assolutamente immotivato.
-Pensavo ti piacesse. È un brav’uomo. – osservai in un soffio.
-Tu non puoi saperlo. – ripeté.
Mi alzai in piedi di scatto, tremando per la collera repressa. Perché si comportava in quel modo?
-Nemmeno tu! Sei nella condizione più sbagliata per giudicare! Non devi nemmeno osare pronunciarti in merito a questo argomento! Chi sei tu per criticare? – sbraitai. Gli voltai le spalle e corsi verso la porta, furibonda. Esitai qualche secondo prima di aprirla, vedendo che non si era mosso di un centimetro. L’avevo ferito nel profondo: io e Javier non avevamo mai litigato prima d’allora. Ma non poteva pretendere di fare simili insinuazioni sul conto di una persona che non conosceva e che io ammiravo, pretendendo che non reagissi. Sbuffai e uscii.
Non avevo una meta precisa: volevo solo camminare un po’, per sbollire la rabbia. Il sole splendeva alto nel cielo con maestosità e arroganza, scaldandomi fin nelle ossa.
Era un piacere assaporare di nuovo la sensazione di tepore dei suoi raggi sulla mia pelle scura. Ora che stavo morendo sentivo la disperata necessità di godermi ogni aspetto della vita che prima avevo sempre dato per scontato.
Ogni sasso, ogni albero, ogni granello di sabbia sembrava aver assunto un significato diverso, più profondo, tanto che spesso rimanevo a contemplarli per ore ed ore, spinta da un’insaziabile sete di vivere e da un’irrefrenabile e nuova curiosità.
Finalmente giunsi alla scuola di danza di Mrs. Sullivan, un vecchio edificio di mattoni scuro, all’apparenza austero e poco invitante. Era completamente deserto: ciò gli conferiva un’insolita aria magica.
Non dovetti nemmeno forzare la serratura per entrare: la porta era aperta. D’altronde, cosa avrebbero potuto rubare? Le pareti erano spoglie, gli innumerevoli sgabuzzini (che spesso e volentieri fungevano da spogliatoi) erano vuoti, eccezion fatta per i bagni, alcune stanze del complesso cadevano addirittura a pezzi, tanto che ne era stato proibito l’accesso a tutti.
Era facile capire che quell’edificio esisteva da molto, troppo tempo e purtroppo nessuno poteva permettersi di finanziare personalmente un’operazione di restauro.
Riuscii ad intrufolarmi all’interno e, orientandomi fra i vari corridoi, gli sgabuzzini e alcune stanzette buie e polverose, giunsi nella sala centrale, l’unica che non facesse pensare a quel posto come ad una vecchia fabbrica abbandonata. Mi sedetti sul pavimento di legno solido e duro e inspirai, osservando per qualche istante la mia immagine riflessa nell’immenso specchio che rivestiva per intero la parete di fronte a me. La chemio e la malattia mi avevano indebolita e fiaccata. Fissai l’attenzione sui miei lunghi capelli spenti e ogni giorno sempre più deboli e radi: presto avrei dovuto tagliarli, separandomi dalla mia unica fonte di vanità ed orgoglio.
Trattenni a stento un gemito d’orrore che si era inconsapevolmente fatto strada lungo la mia gola. Sospirai ed aprii la lettera:

“Carissima Susie,
mi è rimasto impresso il ricordo del giorno in cui ti ho incontrata. La tua visione della vita mi ha molto colpito e toccato nel profondo: mi hai regalato pochi ma preziosi momenti durante i quali mi sono sentito onorato che mi fosse stata concessa la possibilità di conoscerti. Sei una brava ragazza. Molto intelligente e profonda. Ti prego, dunque, di accettare il mio umile regalo: so che non sarà mai in grado di eguagliare quello che mi hai donato,cioè un importante stralcio delle tue attente e meticolose riflessioni .
Suppongo tu non abbia mai partecipato ad un concerto. In tal caso, mi sentirò doppiamente felice se mi omaggerai con la tua presenza, perché sarò in grado di regalarti un’esperienza che ritengo indispensabile.
Credo che nessuno possa dichiararsi davvero felice e completo se non ha mai avuto l’occasione di accostarsi a qualcosa e di dedicarsi a questo qualcosa con tutto se stesso. Questo è il mio rapporto con la musica e con tutto ciò che è legato al suo mondo che,ormai da decenni,è diventato anche il mio mondo. Nella busta che ti è stata consegnata troverai, oltre ai due tagliandi che ti consentiranno l’ingresso al concerto, anche due biglietti aerei (andata e ritorno) già pagati. Per quanto riguarda i tuoi genitori, non hanno di che preoccuparsi. Uno di loro può tranquillamente usufruire del secondo biglietto, anche se immagino che Javier non vorrà certo perdersi un’occasione del genere ed insisterà affinché quel biglietto venga prontamente destinato a lui. Nel frattempo, ti auguro tutta la serenità possibile. Dio ti benedica. Spero di vederti presto. Con immenso affetto,

Michael Jackson”
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 2 3 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 10:34. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com