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Ultimo Aggiornamento: 22/10/2012 11:17
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Buona lettura


Prefazione

25 giugno 2009

Mi sono precipitata alla UCLA subito dopo la telefonata di Jermaine.

Era tanto tempo che non ci sentivamo, forse anni. No ho mai avuto un grande rapporto con lui ma sentirlo piangere al telefono invocando la mia presenza al capezzale di suo fratello, mi ha fatto riflettere sul loro rapporto difficile ma pur sempre intenso.

Lascio la mia villa sopra le colline di Los Angeles e mi precipito con Amir all’ospedale, Amir sta con me da quasi 15 ann, lavorava con Michael, che a suo dire mi ha ceduto il suo miglior dipendente.

Michael, Michael, quante volte ho temuto l’arrivo di questa telefonata, credevo di essere pronta, preparata dopo aver visto cosa riusciva a fare della sua vita, del suo corpo, della sua anima.

Invece mi ritrovo accartocciata sul sedile posteriore del mio suv, protetta da vetri oscurati, dagli occhiali da sole che raramente indosso ma che ora mi servono come scudo.

Davanti all’UCLA sono già assiepati come avvoltoi sul cadavere, centinaia di giornalisti, paparazzi, curiosi.

La sua vita è sempre stata questa, un enorme baraccone, un circo e tanti spettatori a curiosare, a guardare a vivisezionare lui e chi gli stava intorno.

Dopo aver attraversato lunghi e gelidi corridoi arriviamo al piano.

Mi accolgono Jermaine, Latoya e Rebbie, I bambini e Katherine sono in un’altra stanza mi dicono

Non ci sono parole, non ci sono più lacrime ma solo sguardi cariche di dolore e disperazione.

“Ce la farà !” dico io

“Tu sei sempre ottimista, Reneè….ma questa volta devi essere preparata!” mi dice singhiozzando Rebbie

“Posso vederlo?”chiedo morsicandomi nervosamente le labbra

“no!”

“E i bambini’ aggiungo con terrore, pensando che mia figlia, in Europa non sa ancora nulla …

“Sono di là, vuoi vederli?”

Entro in una stanza illuminata da una luce artificiale e accecante, quando mi vedono, tutti e tre si precipitano su di me urlando e piangendo. Ci raggomitoliamo a terra tenendoci stretti, e piangendo.

Tra di noi non c’è alcun legame di sangue, ma questi tre ragazzi sono parte di me, della mia famiglia, della mia vita.

Paris si stacca da me e i suoi occhioni azzurri sono arrossati da tanto pianto.

“Lo facevano lavorare troppo, era stanco…michelle….era stanco…!” e si ributta tra le mie braccia.

“Bambini ora preghiamo, teniamoci le mani e preghiamo….per papà….

Ancora a terra, in ginocchio, ci teniamo per mano, e abbassando lo sguardo, chiudendo gli occhi chiediamo a Dio un miracolo.
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