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Sfinge senza segreto.
00martedì 21 febbraio 2012 21:08
Chi non muore prima o poi si rivede! Salve a tutti [SM=g27835]




8. Londra

Delia prova un forte senso di serenità facendo le valigie; sa che potrà lasciare la maggior parte delle sue cose in quella stanza che è ormai sua. Il volo non spaccherà nuovamente la sua vita in un prima ed un dopo così netti e inconciliabili, e quando tornerà ritroverà le persone che ha conosciuto e i volti che ha iniziato ad amare e a considerare parte della sua quotidianità. Leindert, la cui natura istrionica non sempre si concilia con una grande empatia, ha ironizzato su queste sue considerazioni guadagnandosi un linciaggio a suon di penne ed oggetti di cancelleria da parte della ragazza, più divertita che stizzita. Sapeva ancora prima di sollevare questo argomento che lui, così estroverso e così abituato a viaggiare fin da bambino, non avrebbe compreso e non sarebbe mai stato in grado di farlo; eppure Delia non riesce in nessun modo a vedere questa sua caratteristica come un difetto, ma piuttosto come una componente della forma di arricchimento reciproco che la loro differenza di vedute porta a entrambi – almeno fin quando il ragazzo non esagera. Forse è anche parte della loro attrazione reciproca, considera tra sé e sé. Poco prima di uscire per recarsi al luogo dell'appuntamento, verso le due e mezza del mattino – il decollo dell'aereo è previsto per le quattro e mezza, prima dell'alba -, i nostri fanno l'amore. Non è la prima volta e forse neppure è stata la migliore, ma è stata diversa da tutte le altre. Sulle loro dita e sui loro corpi aggrappati l'uno all'altro è calata come polvere impalpabile e lievemente irritante la consapevolezza che dal giorno dopo per la prima volta dovranno realmente dividersi. Di per sé può essere considerato un pensiero irrilevante, quasi ridicolo, visto che dopotutto si tratta di una settimana soltanto. Eppure quella settimana nelle loro menti agitate si dilata, si allunga indefinitamente e perde i propri contorni reali, assumendo fattezze mistiche. Non sono più sette giorni in sequenza, bensì la lontananza stessa trasfiguratasi in ore, minuti e giorni.
Tenendosi per mano, il ritmo scandito dalle ruote del trolley rosso che gratta il cemento, giungono di fronte alla grande macchina nera, sotto la prima, pallida luce di un mattino luminoso; la portiera del passeggero del sedile anteriore scatta quasi all'unisono con l'eco del loro ultimo passo, aperta da una delle due guardie del corpo, che si dirige verso la ragazza con un sorriso genuino, porgendole la grande e scura mano destra; si chiama William, dice, e l'accompagnerà a Londra con grande piacere. Delia nota che vestito normalmente, senza il completo giacca e cravatta d'ordinanza, sembra molto più affabile e molto meno minaccioso del solito. Gli affida la propria valigia con fiducia. Nel breve tempo che il ragazzo di colore impiega per riporla nello spazioso portabagagli dell'auto, lei e Leindert si scambiano gli ultimi saluti ed un bacio reso un po' amaro da una punta di malinconia, e proprio per questo in una certa misura più intenso. Le ultime promesse sul fatto di dare un'occhiata al Black Dog e a Zazù, che le farà da sostituta, la ripetizione meticolosa della scusa concordata per giustificare agli altri la sua partenza, qualche carezza frettolosa mentre si accomoda sul sedile posteriore dell'auto; e poi infine il motore inizia a girare più forte e ci vuole qualche secondo perché Delia relazioni la piccola e lontana figura dai capelli azzurri che la saluta in lontananza con Leindert. Non è abituata a vederlo così da lontano.
Un fruscio ed un lieve tocco sulla sua mano destra la fanno voltare di scatto, spaventata, strappandola violentemente ai suoi pensieri. Michael la saluta con un cenno della mano ed un sorriso accennato da sotto il cappuccio di una felpa nera almeno una taglia più grande del necessario. Delia sospira sollevata e poi lo saluta con un 'ciao' appena sussurrato. C'è una grossa busta di carta appoggiata sul sedile, in mezzo a loro; Michael la prende tra le mani e gliela porge. L'intestazione è quella di uno studio legale.
- Sono delle lettere di presentazione e altre cose del genere – spiega lui – non basta suonare al cancello per entrare nella villa di Lisa Marie Presley.
- Si capisce – sottolinea lei, infilando dentro la borsa i documenti, e ringrazia Wikipedia per averle anticipato nome e identità della misteriosa signora.
- Appena arriverete a Londra William prenderà un secondo aereo che lo porterà a Torino – aggiunge Michael – così da poter completare subito almeno la parte più semplice della... faccenda.
Tra sé e sé, Delia considera che non sarà affatto facile farsi ascoltare da una donna dal carattere così risoluto, almeno a giudicare da quelle poche interviste che è riuscita a trovare su Youtube. Del resto sembra una persona interessante, e non le dispiace doverci parlare.
- Naturalmente – s'inserisce William – prima di partire ti accompagnerò in hotel e ti darò qualche indicazione su Londra, di modo che se dovesse mancarti qualcosa tu sappia dove andare a cercarlo. Poi quando sarò di ritorno ti accompagnerò dove devi andare.
Sia lei che Michael gli rispondono con smozzicate frasi affermative.
- Con lui puoi stare tranquilla, è davvero un bravo ragazzo – dice Michael, la cui frase viene subito sottolineata dall'altra guardia del corpo, impegnata nella guida, e che fin'ora è rimasta silenziosa. La ragazza può vedere William gonfiarsi tutto d'orgoglio. È molto più giovane del suo collega.
- Grazie, sir! - dice, gli occhi che sorridono. Effettivamente da proprio l'impressione di essere un bravo ragazzo.
La macchina sguscia abbastanza velocemente nel traffico di Los Angeles, o almeno a Delia pare così. Vorrebbe tirare fuori dalla borsa la grande busta rettangolare e darle un'occhiata, ma non osa farlo. La esaminerà per bene in aereo. Si concentra sul panorama, un po' monotono a dir la verità.
Non ha più visto l'aeroporto dal giorno in cui è arrivata. La vista di esso la colpisce in modo del tutto peculiare.
William scende dalla macchina per primo e subito apre la portiera posteriore dalla parte di Delia. Sono fermi su una strada a poca distanza dall'aeroporto e anche nel buio delle prime ore del mattino il marciapiede è piuttosto affollato. Prima che la ragazza scenda scenda Michael la saluta con un abbraccio.
- Buon viaggio, e buona fortuna! - dice, mentre rivolge un cenno a William.
Entrambi ringraziano. Il bodyguard chiude la portiera mentre Delia scarica le valigie, che per sua fortuna sono abbastanza leggere. Resteranno una settimana. La macchina riparte e i suoi vetri oscurati si allontanano nella strada moderatamente trafficata. William le si avvicina e le porge i biglietti.
- Tieni, io porterò le valigie.
- Posso portare la mia, non ti preoccupare!
- Non pensarci nemmeno – replica lui, afferrando le due valigie con dimestichezza e iniziando ad incamminarsi verso l'aeroporto. Fortunatamente è un po' più esperto di voli rispetto a lei, e per districarsi tra check-in e gates impiegano decisamente meno tempo di quanto ce ne aveva messo lei partendo da Malpensa, anche se in realtà non è che ricordi molto, il nervosismo del momento ha fatto sì che questo tipo di dettagli fisici le sfuggissero, travolti dalla corrente delle sue preoccupazioni.
Michael avrebbe voluto prenotare per loro due posti in business class, ma lei ha insistito per due posti nella classe economica, quelli su cui ora sono seduti entrambi.
- Ti ringrazio per avere insistito per l'economica – esordisce William, sistemandole la cintura di sicurezza (la nostra e gli aerei sono ancora un mondo a parte) – sai, facendo il bodyguard viaggio quasi sempre in business con chi sto proteggendo, e non mi piace molto. Quelle hostess sempre tra i piedi, e non sono nemmeno così carine come uno si immagina che siano!
Delia ridacchia sotto i baffi.
- È da molto che lavori per Michael?
- No, in realtà non moltissimo, ho iniziato questa estate – risponde, mordendosi le labbra e guardando a sinistra – però sono abbastanza soddisfatto. Può capitare che gli orari siano un po' pesanti, ma la paga è ottima ed il signor Jackson è davvero un cliente ideale, sempre molto gentile. Non tutti sono così beneducati, nemmeno tra i miliardari.
I motori dell'aereo vengono accesi, uno dei piloti tramite l'altoparlante li informa che stanno per decollare. Le hostess fanno il loro giro di controllo.
- Sei pronta? - dice lui, guardandola sorridente.
- Non molto, ma almeno ora so che cosa mi aspetta.
L'effetto è solo leggermente meno terribile della prima volta, ma Delia cerca di mantenere la calma. Non vuole farsi prendere dall'angoscia, ed evita accuratamente di includere nel suo campo visivo il finestrino a cui, purtroppo per lei, è seduta accanto. A procedura ultimata, quando l'aereo sembra essersi stabilizzato in alta quota, apre la borsa, ne estrae la grossa busta e strappa il lembo superiore dell'involucro. All'interno ci sono tre plichi di fogli piuttosto corposi, e un foglio sciolto con delle istruzioni scritte a mano. L'intestazione è quella di uno studio legale di New York. Non spiega molto, in realtà. La informa soltanto che una copia dei documenti nella busta è stata inviata a chi di dovere e che l'appuntamento è stato fissato per il venerdì di quella settimana, ovvero tra tre giorni. La motivazione ufficiale per l'incontro è la proposta di un progetto riguardante la memoria di Elvis Presley. Infila nuovamente il foglio nella busta e inizia a dare una scorsa ad uno dei plichi, rinunciando poco oltre la decima riga. Rimette il plico al suo posto.
- Posso dare un'occhiata ai documenti?
- Certamente, io lascio perdere. Dopo quindici righe mi stavo già addormentando.
William ridacchia, mentre afferra la grossa busta che lei gli porge.
- Ti capisco, io non riesco ad andare oltre le trenta. Pensa che mia madre ha sempre voluto che diventassi un grande avvocato, ma due anni fa al campus non ho fatto altro che dormire sulle prime pagine dei codici. Ero uno studente decisamente disastroso... Otto mesi di università mi sono bastati ed avanzati, ho iniziato a cercare lavoro e così, dopo un breve periodo come buttafuori in un locale a West Hollywood, ho iniziato a lavorare come bodyguard.
- Ti piace il lavoro che fai?
- Sì, non mi dispiace. A guardarlo dall'esterno sembra un lavoro di pura forza bruta, in realtà devi essere molto pronto di mente. Prima di farti iniziare, ti fanno seguire un corso. Devi sapere come reagire alle situazioni più disparate e devi anche saper mantenere la giusta distanza con il tuo datore di lavoro. È vero che ti ci trovi sempre a stretto contatto, ma resti comunque un dipendente. Ah, guarda: questa deve essere la lettera che dobbiamo consegnare.
William estrae dall'involto cartaceo una busta da lettera normale, forse leggermente più piccola della media, che prima Delia non aveva notato. È sottile e sembra leggera, all'interno non devono esserci molti fogli. Il ragazzo la soppesa con aria pensierosa.
- Dev'essere una lettera piuttosto snella. A proposito, hai portato la tua?
Delia rovista nella tasca interna della sua borsa. La lettera è lì, sigillata.
- Sì. Vuoi che te la dia ora?
- No, basterà che tu me la dia prima che io parta per Torino.
- Quando, di preciso?
- Oggi pomeriggio sul presto. Tornerò venerdì mattina, in tempo per accompagnarti all'appuntamento.
- Ok.
Delia cerca il libro che si è portata e che ovviamente è andato ad incastrarsi sotto tutte le altre cose che ha infilato dentro la sua borsa capiente. William, dopo un attimo di esitazione, le rivolge la parola.
- Posso chiederti una cosa?
- Certamente. Cosa?
- Per chi è la lettera che hai scritto?
Delia si volta verso di lui con il torso, oltre che con il viso. - Michael non ti ha detto nulla a riguardo?
- Ovviamente no – risponde lui, sorridendo in modo professionale. - Non mi serve saperlo per eseguire il compito che mi è assegnato. Però, se non sono indiscreto...
- No, certo che no. Vedi, le cose stanno così: questo autunno sono scappata di casa.
Delia inizia a spiegare, interrotta ogni tanto dalle domande di William. Inizialmente coglie nello sguardo del ragazzo un'ombra di rimprovero, che tuttavia di fronte alla sua determinazione e alla sua sicurezza – sarà la milionesima volta che racconta la sua avventura – si trasforma dapprima in comprensione e poi, forse, in rispetto per il suo coraggio.
- Wow – commenta il ragazzo, dopo che Delia ha finito di parlare. - Certamente ci vuole fegato per fare una cosa del genere.
La ragazza storce la bocca, sistemandosi meglio sul sedile. - Penso che si tratti piuttosto di incoscienza, ma grazie lo stesso.
Ridono entrambi.
Il volo scorre velocemente tra le chiacchiere, le risate alle spalle delle hostess e degli altri passeggeri e i commenti sul pranzo che viene loro servito. William è un ragazzo vitale e di un'allegria naturale, contagiosa. Delia fatica a immaginarlo mentre respinge un malintenzionato con la forza bruta ma, a giudicare dalla forma dei bicipiti che si intuisce sotto le maniche della camicia, suppone che sia soltanto questione di abitudine.
Appena atterrati ad Heatrow il ragazzo noleggia un'autovettura, una macchina piccola. Avrebbero potuto utilizzare la metropolitana, ma in ogni caso per andare a casa Presley avrebbero dovuto servirsi di un mezzo proprio, dato che si trova piuttosto fuori città.
- Una macchina piccola possiede due grandi vantaggi – commenta William mentre, allacciatasi la cintura, spiega una cartina di Londra e dintorni sul volante. - Non da nell'occhio ed è facile da parcheggiare, dettaglio per niente insignificante a Londra.
L'hotel in cui alloggeranno non si trova molto lontano dalla stazione, ma il traffico a quell'ora è notevole. Delia passa tutto il tempo con il naso attaccato al finestrino, impegnata nel cercare di imprimersi nella memoria quanti più particolari possibili. Non vede l'ora di poter fare un giro per la città.
- Dopo che avremo sbrigato tutte le nostre faccende – esordisce William mentre sono fermi all'ennesimo semaforo – ci resteranno quattro giorni per visitare la città.
- Ci sei già stato? - dice lei, distogliendo per un attimo lo sguardo dal finestrino.
- Sì, un po' di volte, ma sempre per lavoro. Vedrai, ti farò camminare così tanto che la sera crollerai stecchita appena toccherai il letto.
Delia ridacchia. - Lo vedremo.

*


- Dunque, la lettera ce l'ho, il tuo numero anche... Vado. C'è ancora qualcosa che vorresti chiedermi?
William è sulla porta, pronto a partire, la valigia ai suoi piedi. Ha lasciato in camera la maggioranza dei vestiti, viaggerà leggero.
- No, ho memorizzato tutto quello che potrebbe servirmi – risponde Delia, china sull'ultimo cassetto del mobile, intenta a sistemare le magliette. - Credo che sopravviverò fino al tuo ritorno.
- E sarà meglio che sia così, o mi toccherà spezzare un paio di schiene – scherza il ragazzo, l'aria fintamente minacciosa. - Ci vediamo!
La saluta nuovamente con un gesto della mano, poi solleva la valigia dalla moquette verde bottiglia e chiude la porta dietro di sé. Nel silenzio che segue, Delia può sentirlo fischiettare lungo il corridoio.
Una volta finito di sistemare i vestiti, Delia incastra il trolley rosso in un angolo vicino all'armadio e si butta sul letto con un sospiro.
La camera è piccola, ma funzionale e soprattutto pulita. L'hotel l'ha scelto lei su consiglio di Leindert. Le sarebbe sembrato di approfittare della situazione accettando la sistemazione lussuosa proposta da Michael. I letti gemelli sono separati da un comodino. Vicino al letto di William c'è una finestra che si affaccia sulla strada, e a Delia non dispiace perché il rumore del traffico la fa sentire meno sola. Vorrebbe chiamare Leindert ma a causa del fuso orario dovrà aspettare la sera. Decide di iniziare a familiarizzare con Londra. Fa una doccia, infila un vestito e un paio di ballerine, consegna la chiave della camera alla reception e inizia il suo vagabondaggio sui marciapiedi affollati e nelle stazioni della metropolitana. Vorrebbe avere mille occhi per poter osservare tutto senza rischiare di rovinare a terra miseramente. Il clima è mite e piuttosto caldo. Passa quel che resta del pomeriggio entrando e uscendo dai piccoli negozietti che la circondano da ogni parte. In ognuno trova qualcosa di speciale, che sia un oggetto particolare o un gestore stravagante. Le torna in mente Dean, il suo capo, che non vede da tre mesi. Le ultime notizie che lei e Thomas hanno ricevuto sono arrivate sul retro di una cartolina raffigurante le Ande. Entrambi si chiedono spesso come sia successo che un tipo come lui si sia ritrovato a gestire un bar a Los Angeles. Pensano che sarebbe una bella storia da sentire.
Quando il sole inizia a calare, Delia si incammina verso l'hotel, aiutata dalla cartina di Londra che William le ha lasciato. Non si sente sicura ad andare in giro di notte da sola; per esplorare la città in notturna aspetterà il ritorno di William. È anche piuttosto stanca a causa del jet-lag, che l'emozione dell'arrivo le aveva fatto momentaneamente mettere da parte.
Una volta in camera si da una veloce sistemata e poi scende nella sala da pranzo per la cena. Non le piace molto mangiare da sola, ma cerca di non pensarci e si concentra sull'osservazione dei suoi commensali, piuttosto diversi l'uno dall'altro. Il cameriere che la serve è gentile e cerca di metterla a suo agio. La cena servita, tutto sommato, non è malvagia come si aspettava che fosse, data la fama culinaria inglese. Appena terminato ringrazia il cameriere e sguscia nuovamente nella sua camera. Vuole assolutamente chiamare Los Angeles, ma prima infila il pigiama, va in bagno e prepara il letto per la notte. Cerca il cellulare nella borsa – nuovo, perché ovviamente quello vecchio è rimasto a Torino con scheda e batteria – e mentre squilla mettendosi in contatto oltreoceano il suo sguardo vaga sulle luci dei lampioni, delle insegne, dei fari delle macchine e sulle sagome piccolissime delle persone che camminano sotto la sua finestra. La voce di Leindert la fa sobbalzare lievemente.
- Ciao tesoro – dice lui, la voce ancora impastata. Si deve essere svegliato da poco e Delia riesce quasi a vederlo, in piedi nella sua stanza, con una delle solite magliette che usa per dormire e i boxer. Sentire la parola “tesoro” la fa arrossire violentemente. In genere non sono soliti darsi a queste smancerie (e non sono nemmeno abituati a parlare al telefono), però la lontananza deve aver sortito qualche effetto sul ragazzo. Probabilmente le manca.
- Ciao – risponde lei, il tono divertito e un po' imbarazzato. - Come va? Qui è sera.
- Tutto normale, niente di nuovo, a parte che Jacques si è trovato una ragazza.
- L'ennesima groupie?
- Esattamente, però almeno questa qui è simpatica e non sembra una rompiscatole come l'ultima. Hai già fatto un giro per Londra?
- Sì, ho fatto una passeggiata oggi pomeriggio, ho ficcato un po' il naso nei negozietti qui intorno. Sono fantastici.
- Non ho dubbi, io adoro Londra. Più tardi per messaggio ti indico qualche posticino da non perdere.
- Grazie.
Chiacchierano per un po' del più e del meno, poi attaccano con una punta di amarezza, ma neanche poi troppa. Le sarebbe piaciuto che fosse venuto anche lui, ma non se l'era sentita di chiederlo a Michael, e in ogni caso Leindert in questo periodo ha tutte le serate piene. Il suo gruppo è molto ricercato, e pare che all'ultimo concerto tra il pubblico ci fosse il figlio di un produttore discografico molto influente. Tutti e tre i ragazzi sono in fibrillazione, sentono che intorno a loro l'aria sta diventando finalmente elettrica. Inoltre, il ragazzo non sapeva se avrebbe potuto lasciare il lavoro per una settimana (lavora part-time in un negozio di abbigliamento). Delia si infila sotto le lenzuola bianche, un po' ruvide, che sanno piacevolmente di bucato. Si addormenta quasi all'istante. Quando si risveglia è appena l'alba. Ne approfitta per dare un'occhiata alla cartina prima di colazione, per decidere gli itinerari della giornata, che trascorrerà tra musei, mostre, monumenti e negozi. Nel primo pomeriggio invia un messaggio a Joey, semplice e conciso, per informarlo che ha trovato l'idea perfetta per il suo tatuaggio, e che è sicura che gli piacerà moltissimo. Lui le risponde con un semplice “non vedo l'ora”. Si sente davvero felice e si lascia travolgere dall'atmosfera creativa che circola in quelle strade. Con la metropolitana, nonostante la complessità delle linee, si orienta quasi subito, e le capita di incontrare davvero poche persone scontrose. I giorni scorrono veloci, scanditi dalla telefonata serale a Leindert. È davvero contenta del modo in cui sono andate le cose tra loro durante questa prima breve separazione. Quando William apre la porta della stanza e butta la valigia in un angolo, le sembra che siano passati solo pochi secondi da quando è partito.
- Ciao! Tutto fatto, nessun problema. Nessuno ha notato niente di strano. Ho controllato anche che la lettera venisse prelevata. Credo che fosse tua madre.
Le pare incredibile che William e sua madre si siano trovati sulla stessa strada e a poca distanza, ma soffoca quasi subito questo pensiero. Non vuole farsi prendere da un moto di nostalgia.
- Ti ringrazio tanto – dice lei, abbracciandolo. - Sei riuscito a vedere anche la città?
- Non molto – risponde lui, stringendola tra le sue braccia – ero davvero di corsa. Però non sembra male.
- Un giorno te la farò vedere.
- Non vedo l'ora. È andato tutto bene in questi giorni?
- Benissimo. A che ora partiamo oggi?
- L'incontro è fissato per le cinque del pomeriggio, e sarà meglio partire almeno un paio d'ore prima. Sei pronta?
- Più o meno. Spero che non mi mangi.
William ridacchia. - Non penso proprio.
Delia non sa cosa aspettarsi e prova un vago terrore, anche se cerca di tenere ben fermo nella mente che ambasciator non porta pena. Ripensa alla lettera, che ha tirato fuori dalla busta dove era insieme agli altri fogli e che ha infilato nella tasca interna della borsa, a parte. Fino all'ora di pranzo si tiene impegnata cercando di decidere cosa indossare, argomento che ritiene molto rilevante in un incontro di quel tipo. Alla fine si decide per dei leggins neri (capo che ama molto, come si è visto), una camicia da uomo abbastanza grande da farle da vestito e il suo paio di ballerine nere. Un'intuizione fortuita la porta a chiedere in prestito una delle cravatte di William – che per l'occasione ha indossato uno dei completi che usa solitamente sul posto di lavoro – per completare l'insieme.
Il tempo è mite e le temperature moderatamente calde, abbastanza da permetter loro di abbassare i finestrini una volta usciti dal traffico della città. Alzano l'autoradio e si godono la traversata tra cittadine e campi.
La villa si trova piuttosto isolata rispetto alle cittadine circostanti. La prima cosa che Delia vede di essa è un grosso ed alto cancello in ferro battuto. William ferma la macchina, scende e suona al citofono. Aspettano forse un minuto prima di vedere un uomo alto e dall'aria risoluta – sicuramente un collega di William – venire verso di loro dall'interno. Apre leggermente il cancello e si avvicina al finestrino del guidatore. Il ragazzo provvede a spiegare i motivi del loro incontro e si fa passare da Delia i fogli che assicurano che l'appuntamento era concordato. L'uomo da loro una rapida scorsa e poi torna indietro, per aprire il cancello. William ingrana la prima e inizia a risalire il vialetto privato, che si fa largo in mezzo a un giardino piuttosto affollato di alberi. Delia nota qui e là parecchie statue di gusto variabile. Ridacchia sotto i baffi pensando che probabilmente a Michael piacerebbero molto.
La macchina si ferma in un piccolo parcheggio vicino alla villa, ora finalmente visibile. È grande ed imponente, elegante nella sua semplicità architettonica. Poco lontano, tra il verde degli alberi, Delia scorge una chiazza azzurro chiaro che potrebbe essere una piscina. Vengono accolti da una domestica che li accompagna all'ingresso. L'interno della villa è decisamente sfarzoso, un po' kitsch, pieno di marmi. La cosa che Delia apprezza di più sono le grandi finestre, che danno all'insieme un aspetto arioso e luminoso anche su questo umido suolo britannico. La domestica le si avvicina.
- La signora arriverà immediatamente. Nel frattempo, se permette, la accompagno nel salone.
- Grazie – risponde Delia, seguendola lungo il corridoio. Si volta brevemente per fare un cenno di saluto a William, che le risponde con uno sguardo incoraggiante. Delia, con suo grande disappunto, ha già il cuore in gola.
La sala in cui è stata portata è ovviamente molto grande. Probabilmente la cucina della casa di Los Angeles, che è la stanza più grande di essa, ci starebbe comodamente tre volte. Alle pareti ci sono alcuni quadri e lungo il perimetro sono disposte alcune statue che brillano nella luce diurna che entra in abbondanza dalle porte-finestre, senza l'ombra di un granello di polvere sulla loro superficie. Tutto è tirato a lucido. Su uno dei lati nota un camino piuttosto imponente.
La domestica la fa accomodare su un divanetto molto comodo, di fronte alle finestre da cui il giardino fa bella mostra di sé, e torna quasi subito con un vassoio da cui le offre caffé, the e acqua. Delia ringrazia e accetta un bicchiere d'acqua. Inizia a sorseggiarlo faticosamente, ha la gola completamente secca. Spera che almeno sia una cosa veloce ed indolore, anche se la parte razionale di lei ne dubita fortemente. Il rumore di un paio di tacchi alle sue spalle produce dentro di lei una specie di brivido.
Lisa Marie Presley, una donna non molto alta e di corporatura media con i capelli castano chiaro, si siede con eleganza sul divanetto posto di fronte a quello su cui è seduta lei, separato dall'altro da un tavolino basso, laccato. Indossa una maglia grigia, scollata, dei pantaloni e un paio di scarpe con tacco moderatamente alte. Delia nota che alle orecchie porta due orecchini d'oro piuttosto grandi. Non ha altri gioielli vistosi. La somiglianza con il quadro a casa di Michael è davvero stupefacente, pur considerando che esso ritrae una donna più giovane. L'armonia dei volumi e delle forme del viso è davvero affascinante. Nell'insieme, Lisa Marie Presley è una donna non più giovane che gode di una certa bellezza. La cosa che colpisce di più Delia nel momento in cui la fissa negli occhi è l'intensità dello sguardo di questi ultimi. La signora Presley le rivolge parole gentili e la accoglie come una perfetta padrona di casa, anche se in un primo momento è visibilmente colpita dalla giovane età della sua ospite (sicuramente si aspettava qualche avvocato decrepito); Delia comprende perfettamente, però, che nel momento in cui qualcosa andasse storto dovrà fare i conti con la belva nascosta dentro quella signora impeccabile.
- Bene – conclude Lisa Marie Presley – se vuole espormi il progetto...
Delia balbetta. Che fare?
- Oh, sì, dunque, vediamo...
Non sa davvero cosa dire. Nel giro di qualche secondo di terrore decide di fare l'unica cosa che le viene in mente: consegnarle la lettera. Si china a recuperare la borsa da terra, la posa sulle ginocchia ed apre la tasca interna. Afferra l'involucro della lettera con la mano destra. Lisa Marie Presley la guarda senza dire nulla.
- Ecco, in realtà non c'è nessun progetto da discutere – esordisce, quasi senza fiato, e la signora Presley alza un sopracciglio, il sinistro per la precisione – sono qui per recapitarle un messaggio da parte di qualcuno.
Delia le porge la lettera, cercando di mantenere la mano ferma. Lisa Marie Presley la prende tra le dita lentamente, l'aria decisamente perplessa.
- Da parte di chi? - domanda, con un tono che non lascia trasparire molto.
- Be'... Lo vedrà – osa rispondere Delia. Non se la sente di anticipare nulla. La sua interlocutrice non sembra farci caso. È più che evidente, ai suoi occhi, che Delia non può costituire un pericolo per lei nell'immediato.
Nella stanza regna il totale silenzio nel momento in cui la signora Presley strappa con l'indice della mano destra la piccola busta, e ne tira fuori un foglio soltanto di carta sottile. In controluce Delia può vedere che vi sono scritte solo poche righe, vergate con quello che sembra un pennarello nero. Si percepisce chiaramente, in ogni caso, il cambiamento repentino d'atmosfera nel momento in cui Lisa Marie Presley scorre le poche parole con gli occhi; qualcosa dentro di lei si irrigidisce all'istante, qualcosa che traspare lievemente nelle sopracciglia distese, nelle dita e nelle nocche immobili. Sembra quasi che smetta di respirare per qualche istante. Sicuramente Delia perde più di un respiro. Le sembra che passi un'eternità prima che la signora parli di nuovo.
- Dove hai trovato questa lettera? - domanda, il tono perentorio, dimentica delle formalità, senza alzare gli occhi dal foglio. Il dito medio della mano destra sembra tremare impercettibilmente.
Delia risponde meccanicamente. - Non l'ho trovata, me l'ha data chi l'ha scritta.
- Chi te l'ha data?
- La persona che l'ha scritta, signora.
- Chi ha aggiunto la data al fondo?
- Nessuno. Mi è stata consegnata già sigillata.
- Quanto ti hanno pagato per portarmela? Chi ti manda?
- Nessuno mi ha pagato. Mi ha mandato qui chi vi manda il messaggio.
Lisa Marie Presley stacca la mano destra dal foglio e se la porta alla bocca. Sente che un bolo di rabbia, tristezza e parolacce sta salendo in superficie dalle sue profondità. Alza gli occhi e fissa Delia con uno sguardo terribile, quasi insostenibile per la ragazza, che però sente che è importante che lei non abbassi lo sguardo. Prende un grande respiro silenzioso e la fissa di rimando, senza cedere alla tentazione di guardarsi e scarpe.
La signora corruga lievemente le sopracciglia.
- Stai dicendo la verità?
- Assolutamente sì – risponde, senza distogliere lo sguardo. Lisa Marie Presley non sembra comunque molto convinta. Abbassa nuovamente gli occhi sulla lettera che tiene ancora tra le mani.
- Chi sei tu?
- Mi chiamo Delia, signora.
- Per chi lavori?
- Faccio la barista al Black Dog. È un bar di Los Angeles.
Le parole Black Dog la portano a ripercorrere nuovamente con gli occhi la missiva. Sembra che la signora sia profondamente confusa sul da farsi e che non riesca a fare altro che fissare quel foglio.
- Tu – esordisce, e per la prima volta Delia nota qualcosa che assomiglia all'incertezza nella sua voce – stai dicendo che è vivo?
Delia prende l'ennesimo lungo respiro.
- Sì.
Lisa Marie Presley la fissa nuovamente, trapassandola con lo sguardo.
- E l'hai visto?
- Sì, signora, più di una volta.
- Dove?
- A Los Angeles.
- Quando?
- L''ultima volta è stata pochi giorni fa.
La signora passa la mano destra fra i capelli. Delia non è sicura che le creda, anzi, probabilmente è molto più propensa a ritenere che si sia inventata tutto (ancora non si capacita che non l'abbia sbattuta fuori all'istante); eppure c'è qualcosa, qualcosa nella scrittura, qualcosa forse nel modo in cui ha sostenuto il suo sguardo, che la porta vicina al prendere in considerazione, seppur in piccolissima percentuale, l'altra ipotesi. La confusione che deve regnare dentro di lei è quasi palpabile dall'esterno. Dalle porte-finestre giunge la luce rossastra del tramonto.
Lisa Marie Presley si morde le labbra, poi le rivolge la parola.
- Puoi contattarlo qui davanti a me?
- No, mi spiace – risponde, ed è davvero dispiaciuta. - Posso chiedere alla guardia del corpo che è venuta con me se può farlo, però.
- Vai a chiamarlo – dice quindi, quasi soprappensiero, un ordine inconsapevole.
Delia annuisce, si alza (le sembra di essere rimasta seduta su quel divanetto per un secolo intero) e i suoi passi risuonano sul marmo della sala. Nell'entrata non trova nessuno, ma sente delle voci attutite in lontananza. Avvicinandosi un poco alla fonte del suono lungo un corridoio dalla parte opposta rispetto al salone, vede una porta socchiusa da cui traspare un filo di luce. Sente chiaramente la risata di William. Si avvicina e bussa. La domestica che l'aveva accolta la fa entrare. William si è tolto la giacca ed è in maniche di camicia. La guarda con aria interrogativa. Quella in cui si trovano è la cucina della mansione, grande più o meno come le camere da letto di Delia e dei ragazzi messe assieme. Ci sono delle pentole sul fuoco e un profumo molto piacevole, che allenta un poco la tensione.
- La signora Presley vuole parlare con te – dice Delia, voltandosi verso il ragazzo, che alza e sopracciglia all'unisono con la domestica.
- Ok – risponde, facendo una smorfia stupita con la bocca, mentre va a recuperare la giacca poggiata sullo schienale di una sedia.
Nel corridoio Delia gli spiega brevemente quello che è successo, a mezza voce. Nel tragitto sente delle voci molto distanti e delle risatine. Qualcuno sta parlando e da qualche parte ci sono dei bambini che stanno giocando. Tutti questi pensieri, in ogni caso, occupano meno di un decimo del suo cervello.
Quando entrano entrambi nel salone Lisa Marie Presley è in piedi vicino al camino. La lettera è posata sul tavolinetto basso posto tra i due divanetti, ribaltata. Da lontano è soltanto un rettangolino bianco.
- Può chiamarlo ora, davanti a me? - domanda a William, il tono di nuovo formale. Sembra aver riguadagnato una forma molto precaria di calma. È colpita dall'aria professionale del ragazzo, che non le appare come qualcuno che sta fingendo di essere una guardia del corpo, ma come una guardia del corpo vera.
William medita per un attimo prima di rispondere. - No, signora, nessuno di noi dipendenti ha il numero privato.
- Ah – commenta lei, laconicamente. Sembra persa nei suoi pensieri, e a Delia pare che debba sforzarsi di tener presente la loro presenza. Si volta brevemente nella direzione opposta. Fuori il cielo sopra le punte degli alberi è ormai color vinaccia. Emergendo dalle proprie riflessioni, la signora si rivolge a loro e li accompagna alla porta, congedandoli con un saluto formale. Il suo sguardo, quando Delia la fissa, è vuoto, inespressivo.
William fa partire il motore della macchina e inizia la manovra di retromarcia.
- Dici che è andata bene? - domanda Delia, sistemandosi la borsa tra le gambe. Le sembra strano non vedere più nessuna lettera spuntare dalla tasca interna. William sospira.
- Chi lo sa. Ora è sotto shock, ed ha tutte le ragioni di esserlo, immagino. Lo sapremo presto, credo.
Qualche stella inizia a fare capolino dal cielo scuro, ancora solcato da qualche striscia rossastra. Delia lo osserva pensierosa mentre la macchina prende velocità sulla grande strada vuota.
- Chissà – scandisce lentamente la ragazza, prima di buttare la testa indietro sullo schienale. Il pensiero della reazione dei suoi genitori occupa gran parte della sua mente, ora che tutto è stato compiuto. Ogni tanto alle loro immagini si aggiunge quella di Lisa Marie Presley, pensierosa di fronte al suo caminetto nella grande sala marmorea, il cielo ormai buio.
Foxy1975
00mercoledì 22 febbraio 2012 15:22
C'E' BISOGNO DI PIU’ FF COME QUESTA.
Non ho avuto ancora il tempo di leggerla tutta da capo, ma...le cose importanti, le cose che mi sono arrivate sono tutte davanti ai miei occhi, chiare, come se avessi finito di leggerla ieri.
Una storia credibile é composta da elementi credibili. I personaggi, i luoghi, gli avvenimenti.
I tuoi personaggi sono veri...li possiamo vedere chiaramente come se fossero davanti a noi, possiamo intuire le loro espressioni, e tutto del loro comportamento racconta la loro storia. I luoghi sono così ben descritti che sembra di trovarcisi...e non vorrei mai andare via dallo scantinato di Michael. Gli avvenimenti sono tanto reali che mi sorprendo che non siano avvenuti davvero (anche il fatto che Michael sia ancora vivo).
Non bastano date e avvenimenti storici famosi a rendere una ff coinvolgente e credibile..sta tutto nello spessore che si da ai protagonisti, agli accadimenti.
Sebbene non ci sia una storia d'amore tra Michael e la nostra eroina, non si fa fatica a leggere, ad ingoiare i capitoli uno dopo l'altro...anzi, la storia d'amore principale é con un ragazzo qualunque (beh, mica tanto!), ed é interessante e coinvolgente perché sono interessanti e coinvolgenti i protagonisti. Sono UMANI. Ci sono delle sfumature che mi hanno personalmente intrigato...la vicenda di Delia, la sua tenerezza e semplicità...il fatto di non essere una provetta viaggiatrice, il fatto che prova già nostalgia per quel piccolo mondo di affetti che si é creata...
Aspettavo quest'incontro da mesi...e sebbene, la mia idea di Lisa Marie, non sia proprio di una donna contenuta e raffinata...la scena é talmente reale che mi ha fatto esclamare " Cavolo..ma possibile che nessuno ha pensato che avrebbe voluto chiamare Michael all'istante?!!!" ahahhahahhahha...ma é una ff, ed ogni cosa accade per un motivo..adesso attenderò gli sviluppi, insieme a loro...
Adorabile William, ma non é che interferirà nella storia di Delia?!! O é solo una presenza buona?

Grazie Sfinge, e non farci aspettare troppo per il seguito

Foxy
Sfinge senza segreto.
00sabato 25 febbraio 2012 02:15
Foxy... Grazie. È uno dei più bei commenti che mi abbiano mai lasciato.
Cerco di mettere cura e passione in ogni personaggio, perciò sono molto contenta quando diventano per il lettore carne viva. È uno dei migliori apprezzamenti che possono essermi fatti su una storia, perciò ti sono estremamente grata. :)
Il fatto che Lisa Marie non potesse mettersi subito in contatto con Michael era fondamentale per lo svolgimento dei prossimi capitoli... Come hai detto tu, nelle fanfiction tutto accade per un motivo. Penso che con gli anni Lisa Marie abbia acquistato un po' di cosiddetto autocontrollo, soprattutto di fronte ad estranei (come Delia in quest'ultimo capitolo), ma è sempre e comunque una donna impetuosa, ne avremo presto ripetute prove.
William è solo una presenza buona, un ottimo amico, una persona estroversa e simpaticissimo. :) Prima di scrivere questo capitolo avevo paura di avere un po' di problemi nel caratterizzarlo, ma devo dire che è uscito fuori abbastanza naturalmente. Chissà perché continuava a venirmi in mentre Turk di Scrubs. :D
Il prossimo capitolo sento che arriverà prima, sta prendendo forma e uno di questi giorni lo butterò giù. :)

Grazie a te Foxy, davvero.
Foxy1975
00sabato 25 febbraio 2012 12:26
Anche a me William ha fatto pensare a Turk, puoi credermi,però nel periodo dei baffi..mi sono fatta un film su William, é così giovane che vuole darsi un tono e si fa crescere i baffi..scusa, parto per la tangente.
Quando alludevo a " Nessuno ha pensato che avrebbe voluto subito sentire Michael ?!!" riferito a Lisa Marie, era solo per farti sapere che mi é venuto da intervenire, ero dentro, seduta anch'io su quel divano col tavolino davanti, a guardare quelle quasii immobili che tenevano il foglio..e mi é venuto da dire " Cavolo! Nessuno ci ha pensato? Nessuno ha preso il numero privato di Michael?!!"..ero lì!!..Ma mi fido di te, e so già che la spiegazione della tua scelta mi inchioderà allo schermo ancora una volta.
Hai scelto un tema raro per questa ff, questo ti fa onore.
Grazie a te
Foxy

p.s. Scusa i papironi, ma potrei commentare ogni singolo capitolo per ore..magari lo farò..ahahhahahaha..ciao! [SM=x47932] [SM=x47932] [SM=x47932]
Sfinge senza segreto.
00sabato 25 febbraio 2012 19:44
Ai baffi di William non avevo pensato... Ma in effetti, sarebbe molto in linea con il suo carattere! :)
Quando stavo iniziando a sviluppare questa fanfiction - e anche adesso, a volte - mi chiedevo a chi potesse interessare, perché mi sembrava che esulasse dal canone della fanfiction jacksoniana, pensavo che forse avrei dipanato un aspetto che nessuno aveva interesse a leggere... Ma amo così tanto la trama - è nata di sua spontanea volontà - che non lo cambierei mai solo per adeguarmi di più al canone.
Non scusarti assolutamente per i papironi! Io adoro i commenti lunghi, sono quelli che davvero mi permettono di comprendere la percezione della storia dall'esterno. :) Se commentassi "ogni singolo capitolo per ore" io non potrei che esserne più che felice! :D
Ciao, e buon weekend! :D
Foxy1975
00mercoledì 21 marzo 2012 21:05
Daniela, ci hai abbandonato?
: (

Foxy
Foxy1975
00mercoledì 25 aprile 2012 18:00
Cara Daniela, sarai subissata dai tuoi numerosi impegni..ma perché invece ho la sensazione che da qualche parte di abbiano ubriacato di incensi e lodi e non ti facciano più tornare?!
Torna ti prego!
Sta casa asppetta a te!

Con speranza

Foxy
Sfinge senza segreto.
00domenica 29 aprile 2012 20:37
Ciao Foxy! :)
Non ti preoccupare, continuerò ad aggiornare simultaneamente in tutti i luoghi in cui questa storia è pubblicata (Forever Darling, EFP e qui). Generalmente, pubblico interamente ogni storia che scrivo in ogni luogo in cui ho iniziato a pubblicarla e, anche se possono subire interruzioni, arrivano sempre ad avere una fine. :) Sto scrivendo il capitolo 9 e prevedo di pubblicarlo la prossima settimana. Stay tuned :)

Un abbraccio!
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