Le recensioni di ML per gli album del 2012

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°Mark Lanegan°
00lunedì 1 ottobre 2012 13:18


A PLACE TO BURY STRANGERS


Worship [2012, Dead Oceans]]
Shoegaze black noise, darkwave





6,5


Tracks


A Place to Bury Strangers, "You Are The One" by selftitledmag

A Place To Bury Strangers - And I'm Up by Christopher 21

A Place To Bury Strangers - Mind Control by myblogcliche1


Video








Alone

Dissolved

Why I Can't Cry Anymore

Slide




Il posto più allegro dove essere sepolti

Album che divide, Worship arriva dopo due prove riuscite per il gruppo di Oliver Ackermann. Parlo della band che vedete in epigrafe: un trio di NYC giunto al terzo album. Loro dichiarano che tra le loro maggiorni influenze vi siano i Jesus And Mary Chains e del resto hanno suonato tanto con loro quanto con i Nine Inch Nails. Anche ad un distratto primo ascolto si sentiranno immediatamente un certo rapporto di parentela con i Joy Division, ed indubbie familiarità si hanno anche con Jesu, Sonic Youth, Onryo, con le sonorità degli Alcest (che dischi…), The Heads, eccetera.

Gli APTBS fanno una sorta di shoegaze black-noise, dark wave, dove i riverberi ed il feedback abbondano. Nulla di nuovo ma il risultato è di grande fascino. Non è un disco rilassante nei toni ma è un compendio di un certo numero di annali del rock ed è un’operazione che non (mi) disturba. I primi tre brani dell’album sono forse maggiormente appetibili ad un primo ascolto.

You are the one è una discesa da un ottovolante sonico, dove lunghi riverberi accompagnano il canto rauco di Ackermann, inghiottendolo in vortici e spirali ricche di fuzz. E dire che il pezzo era iniziato composto con un beat regolare ed una danza no wave alla Suicide; presto però scendono in campo chitarre pesanti settate su valori di overdrive importanti che travalicano il tono controllato della voce. Il video è puro grindocore e non me la sento di consigliarlo alle delicate donzelle di questo forum. A tutti gli altri sì ed in fin dei conti se non l’ha censurato youtube perché dovrei farlo io?

Alone parte che sembra una replica di The Gravedigger's song di M. Lanegan; ricorda anche qui una sorta di esperimento sonoro a metà fra Suicide e Joy Division; si tratta di uptempo cantato con cinico distacco, mentre efferate distorsioni crescono attorno alla voce ricca di riverbero e squarciano lo spettro, con esplosioni che si fanno via via più incontrollate. Si tratta di una di una post punk dance marziale e dai timbri abrasivi. Il fatto che siano tutte cose che conosciamo già non toglie il piacere di percorrere l’ascolto di questa energia con piacere immutato. Qui, sul punto, può scattare tanto la paletta con un 5 stampato sopra quanto una lacrimuccia e la voglia di dare un bel 7,00 al pezzo, già sulla fiducia di un buon inizio per quest’album.

Mind Control
non si allontana molto da Alone ed gli APTBS sfornano un altro pezzo che pare un pow wow industriale; la voce si abbassa ulteriormente diminuendo ulteriormente la chiarezza, il suono va spesso in saturazione e fischia, vi sono armonie in stato febbrile, le chitarre disposte formano strati a diversa conduzione di corrente e trasudano elettricità da ogni parte.

Fear ha un’intro di rumore bianco, una sorta di interferenza elettromagnetica che per contrasto dà il via ad un pezzo più “melodico” dei precedenti (ma è un leggero eufemismo), ovviamente a ciò si è costretti visto l’avvio a razzo dei primi pezzi. Si tratta di una ballata condotta sull’orlo di un esaurimento nervoso, uno slow-rock suonato in una santabarbara che è in procinto di detonare. Del resto il pezzo parla esplicitamente di timori e paure e le chitarre quando entrano sono nevrasteniche e riempiono di vibrazioni mesmeriche l’ambiente sonoro.

Worship
è la title-track dell’intero album, sorta di shoegaze industriale con un beat secco, una maggiore attenzione alla melodia;

Dissolved
si avvicina inizialmente allo shoegaze etereo e romantico degli Slowdive ma non vi è la corrente elettrica, quel fluire di chitarre tipico della band di Reading; ed anzi a ribadire il carattere onirico del movimento, compaiono inaspettate dissonanze. A metà brano il pezzo muta sceneggiatura e parte imprevedibilmente una dance post-punk che devia il tutto verso un suono di una dark wave.

C’è ancora tempo per le irradiazioni elettromagnetiche ed i rumori bianchi di Why I can’t cry anymore, con una voce lo fi dall’eco profonda totalmente invasa dalla distorsione che cresce nell’ambiente fuzzy. Revenge viene trasportata da una batteria imperiosa con i soliti sospiri alla voce e le chitarre inquiete: subentrano ripetutamente vibrazioni elettriche, buzz di ogni sorta, che depositano strati e strati di rumori corrosivi sul pezzo.

And I’m Up è il pezzo più melodico e commerciale dell’intero lotto con un buon giro di basso, malinconico e triste che ricorda un po’ i Joy Division; Slide aggiunge nuovi timbri di chitarra, allontanandosi dal suono metallurgico di una fonderia, con arpeggi che hanno un certo delay rimanendo in aria per un po’ di tempo. Il suono però non è mai completamente armonico e questo per me non è un male, anzi induce attenzione e curiosità, come alcuni simil cuts che interrompono il ritmo, aggiungendo pathos.

Leaving Tomorrow è il pezzo finale. Si tratta, come prevedibile, di un pezzo lanciato, sorta di noise rock che conserva un beat regolare, per un commiato ad effetto.


sapphi
00lunedì 1 ottobre 2012 16:06
IAMMAIWHOAMI

Sever drops - molto interessante la canzone e anche la voce , piacevole , però forse un po troppo lunga

Good worker - interessante anche questa , un po ripetitiva forse, ma non male

Play - piacevole anche questa , però assomiglia troppo alle altre
In due order- un po più movimentata , però più fastidiosa

Idle talk, Rascal , Kill- carine, però assomigliano tutte , sembra di sentire più o meno le stesse canzoni di prima

Goods- movimentata, non so perché , forse il video, ma mi ricorda Lady gaga..

I video sono carini, interessante l'idea di fare un video gigante e dividerlo per tutte le canzoni. in se l'album non è che mi piace tantissimo e diventa noioso con il tempo , forse per quello ha fatto i video collegati cosi forse uno non si annoia ad ascoltarla. Voto:4,5
°Mark Lanegan°
00martedì 2 ottobre 2012 15:35


GOLDEN FABLE

Star Map
[2012, autoprodotto]
ethereal folk, folktronica


6,0






Tracks


Always Golden by Golden Fable

06-Golden Fable - The Chill Pt. 2 by rockroar

Golden Fable - Sugarloaf by Swn Festival 2012

Golden Fable - The Chill Pt. 1 by Daylight Music

Video





MOTORCYCLE EMPTINESS


I tardi bardi

Oggi ho trovato questo disco segnalato come interessante tra le nuove uscite.

Dico subito che ci sono qui in vetrina un paio di cose decisamente perfette, tipo la cover dei Manic Street Preachers, Motorcycle Emptiness, a significare che certo pop non muore mai.

Il punto è che questo esordio di un duo scozzese, tutto speso tra folk e qualche contaminazione elettronica (fatta ad arte per arricchire un suono altrimenti scarno), non può convincere del tutto.

Sono bravi ed eleganti, il punto è che si agganciano ad una tradizione oramai morente e l'elettronica non pare certo incisiva nel loro disco per cui, dovendo giudicare il tutto con i canoni del folk, beh, allora sono gli epigoni degli epigoni degli epigoni, oppure insomma, vedete il mio titolo.

Detto questo, si tratta di un disco che va benissimo così come è, piacevole e scorrevole, tanto che merita molto più che un ascolto e perfino l'acquisto.

Si tratta di musica autoprodotta e commercializzata via web, per cui viste le prime recensioni, mi sembra che il disco sarà un successone, nel senso che potrà arrivare a vendere 1000 downloads e magari fruttare una scrittura con una vera casa discografica, al prossimo giro.

Loro si facevano chiamare Tim And Sam ma al primo serio passaggio sul palcoscenico nazionale ed internazionale hanno preso la decisione giusta, cambiando immediatamente nome e dandosi un costrutto da band.

Come è il loro suono? Allora, prima espongo i miei giudizi. Pulito, contaminato qua e là da una discreta elettronica, forse unico corollario possibile ad il suono di una chitarra acustica al giorno d'oggi. Piacevole dunque, anche se il layout complessivo dell'album è monocorde. Mi piacciono più i Golden Fable nelle bonus tracks, completamente acustiche, che qui non potete vedere ma mi hanno fatto scattare in piedi perché avevo intravisto una cover perfino di Angelina, che pensavo erronemente fosse un tributo al caposaldo di Dylan (se lo fosse, bah, è incomprensibile).

Ma come può essere descritto il suono dei Golden Fable? Si tratta di ethereal folk, con melodie apertamente celtiche, immaginatevi una Enya ancorata alla tradizione acustica, oppure i Lycia sfrontati di tutto quell'armamentario gotico. Ma ancora, vista la presenza di melodie pop, immaginiamoci i Saint Etienne senza beat, disposti a percorrere le brughiere delle highlands, alla ricerca di quegli incantesimi rurali delle terre alte.

La voce femminile infatti fluisce candida ed angelica su ottave alte se non altissime, la chitarra fa arpeggi articolati a tal punto che sono di per sè emozionanti, non più complemento relegato allo sfondo del pezzo, ed al fine guardatevi uno dei pezzi migliori del lotto, ovvero il tranquillo esercizio folk di Motorcycle Emptiness.

The Chill part II è stata scelta per un video: una sorta di incantesimo rurale, ambientazione rurale, magia ambient unita a componenti oniriche, un video che ricorda quello di close to me dei Cure ma Robert non ha un decolleté della madonna come questo qui (bella pupazzona davvero). La tastiera elettronica ed il drum pattern mantengono terreno il pezzo, altrimenti destinato a cavalcare solo il lato surreale ed etereo della melodia.

Always Golden
è l'altro video dei Golden Fable: una ballata folktronica, tra buzz, chops e fuzz beats, e le solite linee folk all'inseguimento di una melodia estatica. Il mix non è perfettamente ruscito ma comunque di buona fattura e scorrevole.

Sugarloaf ha finalmente un buon tempo ed il piano già intercettato in precedenza qui torna in maniera più significativa. Le chitarre multistrato riempiono meglio lo spettro e vi è un senso generale di compiutezza musicale, anche grazie ad una certa orchestrazione. Certo, le armonie vocali non si risparmiano, la voce viene perfino trattata, e l'effetto finale appare leggermente ridondante ma insomma se siete appassionati di questo suono celtico qui troverete la vostra shangri-la.

The Chill part I
è il quadretto di rural folk alla Lambchop, ma con una certa componente darkwave. I GOlden Fable viaggiano alla ricerca di illusioni gotiche per mezzo di armonie celestiali: il risultato finale sono immagini musicali delicate ed evocative.

Tra i pezzi che non riesco a trovare su un player in rete da inserire qui per la vostra lettura, mi piace Crossfire la quale abbandona la componente folk acustica e si lascia trasportare completamente dal lato elettronico, trovando finalmente il timbro migliore per il suono di questo duo.

Be Alive invece oltre ad essere l'incisiva opening track, dovrebbe diventare il loro unico singolo, avendo qualche appeal da classifica per un suono vicino all'elettronica beat dal minimo taglio onirico, sul genere dei Pet Shop Boys (visto il timbro di voce simile del cantante). Forse la cosa migliore dell'intero disco e se la trovate, ascoltatela.


°Mark Lanegan°
00mercoledì 3 ottobre 2012 18:19


DARK DARK DARK

Who Needs Who
[2012, Melodic Records
Chamber Folk



7,50






Tracks

Dark Dark Dark - Who Needs Who by Melodic Records





Il chamber folk in tutto il suo grigio splendore

Tutti in piedi. Uno dei dischi pop dell'anno e lo dico adesso mentre lo sto ascoltando al primo colpo. Semplicemente perfetto, lineare nelle sue melodie mai scontate, con sussulti jazzistici, escursioni pianistiche degne di un neoclassical senza bisogno di voce, abissi silenti e vibrazioni verso il cielo. Già, musica che non avrebbe neppure "bisogno di voce"...

Ma la voce c'è ed è semplicemente lo stato dell'arte per quanto riguarda il pop 2012. Nessun bisogno di enfasi, nessuno show off di tecnica vocale fine a sè stessa: Nona Marie Invie guida i Dark Dark Dark (ensemble di alt pop di Minneapolis con numero variabile di elementi, giunti al loro terzo LP) come fosse cosa propria e lo fa divinamente. A differenza di tutto quello che prevede lo show biz, la sua musica non è definita in termini immediatamente emotivi. Non vi sono quindi le tipiche convenzioni del pop femminile, per cui bisogna abbondare di tecniche di riempimento, alterazione timbrica ed enfasi espressiva.
Qui ricorre invece la lezione di Nico e la gelida ambientazione di pezzi pop cantati con inquietante inespressività.

Nona Marie è un contralto naturale che costruisce pezzi attorno ad uno scarno giro di piano ballate rigorose, con un ritmo esile, un tempo in continuo divenire ed una batteria jazzata. Si tratta pezzi "etereo-dossi", non inquadrati e celestiali allo stesso tempo.

Certo la voce è morbida, inflessibile, sempre ispirata e guida pezzi che diventano altrettanto languidi ed inclini al magnifico, assumendo talora orchestrazioni da brassband, altre volte si riducono a scheletriche esecuzioni pianistiche. Cè una punta di esitazione nelle melodie, un fascino arcano aleggia intorno a queste armonie ed impedisce ai pezzi di scendere sul terreno, di sporcarsi, di diventare passionali, di piacere ai sensi con melodie insistite e catchy, che non siano solo cibo per la mente ma anche per il corpo.
Ma qui veramente si tratta del punto di arrivo del pop colto ed armonico. Qui dovrebbe venire la Natalie Merchant e i 10000 maniacs a studiare come si può rimanere nella stratosfera senza scendere a compromessi con le esigenze del commercio musicale.

Si tratta di una sequenza impressionante di perle e piccoli capolavori pop. Potrebbe diventare un piccolo classico del genere, forse solo manca solo di un alt-anthem da poterli mandare nelle orbite dei circuiti underground. E certo, putroppo manca quell'invenzione, quella complessità musicale che potrebbe farli portare in alto. Qui ci si accontenta di grandi melodie ed esecuzioni sì rigorose ma indubbiamente scarne, povere di cifra artistica assoluta e forse perfino di coraggio.

Così Who Needs Who è un neoclassical, una via di mezzo tra Natalie Merchant e Fiona Apple. Presto passano trombe e un ritmo stanco che insieme trascinano via questa ballata dalla melodia malinconica, portandola verso un clima di mestizia ed in una zona da inno funebre. Ma a circa metà pezzo il tempo pare cambiare, gli strumenti sembrano rinnegare tanto il pezzo quanto il mood complessivo e la band comincia ad improvvisare una mutazione gitana del suono, sorta di parodia momentanea. Ma ecco che rientra la voce glaciale di Nona Marie che impone il ritorno del refrain, sorta di evocazione di ricordi di un amore spezzato (il suo: ha avuto una storia con il chitarrista finita da poco). Mi sembra un'aria che ricorda da vicino il pathos degli excursus pianistici di certi Blitzen Trapper. Qui però il senso drammatico è superiore ed i pezzi hanno una compostezza maggiore: davvero una prova magistrale per i D.D.D.

Tell Me ha un incedere da marcetta, e mentre l'inseparabile piano accompagna il pezzo come fosse una ballata tradizionale del nord dell'inghilterra, una chitarra produce un leggero riverbero di sfondo, quel po' di foschia necessaria per seguire il beat vagamente jumpy che allontana momentaneamente il senso di depressione sparso ovunque lungo quest'album. Alla fine il pezzo si ostina su una nona, ricordando un po' l'espediente dei Coldplay per terminare i pezzi; per fortuna qui c'è del gran talento.

Last Time
sembra un esercizio di pop pianistico alla Regina Spektor diventata improvvisamente seria. C'è un'ambientazione folk, con un ritmo bandistico ma i frequenti passaggi in minore lasciano un'impronta piacevole e mai scontata. Certo, qualche critica si può muovere anche qui ed il rischio è quello di rendere l'album monocorde e monocromatico, ripetendosi il suono per tutti i pezzi del disco. Va detto però che ogni brano ha una certa urgenza espressiva: qui ad esempio c'è il suono di un organetto da applausi e la melodia è intoccabile.

Patsy Cline, declinata al piano, mette giù immediatamente due-tre voti di distacco con l'ultimo di Tori Amos, simile per impostazione ma non per esito complessivo, uscito miseramente un paio di settimane fa. La strumentazione è mero contorno, cornice minimale di un pezzo che si gioca tutto tra piano e voce, senza sbavature ed incertezze. Diviene quasi un soul liturgico nella sua coda che è davvero da applausi.

Without You
è l'esercizio folk in puro stile Fiona Apple. e che ci porta in un vicolo di qualche città europea, nemmeno tanto identificabile. E' caratterizzata da una indefinibile progressione di accordion, sorta di blues lunare costruito attorno ad un giro di contrabbasso. Alla fine vi sono echi di Kurt Weill, come è logico immaginare allorché vi sono americani ad evocare un ambiente sonoro di tipo europeo.

How It Went Well è un piccolo capolavoro: la rivincita della grande tradizione americana dell'enterpreneurs da jazz club. Cantato come Peggy Lee usava fare, con una semplicità disarmante mentre si accostava a pezzi di tradizione black, qui viene fuori qualcosa che sembra un blues swingato, triste e mantenuto sopra ad un piano decisamente avaro di note ed una chitarra morbidissima. La batteria compone un saggio di ritmica, parendo affidata ad un malato di parkinson che ha trangugiato troppi caffè per starsene sereno. Pezzo da conservare in cassaforte ed inserire in ogni playlist lunare ed alternativa.

It's a Secret non abbassa il livello del disco ed anzi, per quanto possibile, lo innalza, tra clarini, arpeggi pianistici e passaggi in semitoni: una ballata leggermente stralunata, decisamente ricca di grazia. Hear Me è un miscuglio di rumori e sonorità montanti che imbrogliano e non lasciano cogliere il senso del pezzo. Quando entrano le voci si leva un'armonia decisamente priva di tempo, liturgica, di una bellezza spettrale.

Meet Me In The Dark
e The Great Mistake costituiscono quell'esodo mesto del disco che ci si aspetta da un disco di blue moods come questo. Ma mentre il primo pezzo sfoggia una certa vitalità e qualche ansia espressiva, il secondo è un inno corale, un soul senza tempo, senza angosce e si risolve in un saluto dove la serenità è ritrovata.

Iperconsigliato, senza se e senza ma.


mimma58
00mercoledì 3 ottobre 2012 19:11
Mark...Posso dire semplicemente che mi piace la melodia,il piano e la voce.Ti piace appena l'ascolti.Ottima scelta Mark!
°Mark Lanegan°
00giovedì 4 ottobre 2012 00:42
Re:
mimma58, 03/10/2012 19.11:

Mark...Posso dire semplicemente che mi piace la melodia,il piano e la voce.Ti piace appena l'ascolti.Ottima scelta Mark!



Ahhh, che soddisfazione! Grazie a te!

Edit:

ecco, dopo avere sentito questo disco che nemmeno una monica bellucci nuda con i preliminari già fatti mi avrebbe distolto dalle cuffie, direi che mi sposerei ad occhi chiusi questo popò di donna sotto, ovvero Nona Marie Invie, solo apparentemente il prototipo di una nerd orripilante..



[SM=x47928] [SM=g2927039] [SM=x47928] [SM=g27836] [SM=x47928]
Keep the faith
00giovedì 4 ottobre 2012 11:58
Oddio sposare è una parola grossa...dovrebbe cantare dalla mattina alla sera, che mi pare la cosa che sa fare meglio, senza occhiali e vestita super fetish con tanto di frusta e stivali per perdere almeno una piccola parte di quell'aria da....quello che è...

per me va bene il 7,5 o anche 7 fa lo stesso

EDIT: non avevo letto l'inciso sulla Bellucci facciamo che se è già nuda non c'è piu divertimento, ma se è ancora vestita col caspio che non mi porto dietro il pc insieme alle cuffie e anche alla ciabatta con un pezzo di muro appresso... [SM=g2927029]
migi.mj
00giovedì 4 ottobre 2012 16:12
Re:

DARK DARK DARK

Who Needs Who


Già, musica che non avrebbe neppure "bisogno di voce"...

E già la voce, ma è l'unica cosa che mi frena ad un passo dall'incanto, sorry [SM=g27817]


musica dalle atmosfere sospese, morbide, che non si afferra immediatamente e per questo interessante da scoprire;
un bell'effetto alla fine del viaggio, e senz'altro un 7

Su tutte how it went down dove riesco ad apprezzare di più il timbro vocale






migi.mj
00giovedì 4 ottobre 2012 16:40
Re:

SPIRES THAT IN THE SUNSET RISE

Ancient Patience Wills It Again



surreali suggestive e mentre ascoltavo Veiled Undertow
sono stata trasportata di peso in un film del terrore
Queste atmosfere a me inquietano e non poco, non le ascolterei
da sola al buio [SM=g27828] ma sono stata
catturata e son riuscita ad arrivare fino alla fine

Direi 7 [SM=g27823]


°Mark Lanegan°
00venerdì 5 ottobre 2012 04:20


NUDE BEACH

II
[2012, Insound Vinyl]
power pop, garage rock

6,0





Tracks


Nude Beach - "Radio" by AwkwardSound

Nude Beach - "Love Can't Wait" by AwkwardSound

Nude Beach II 03 Some Kinda Love by Popsnacking

Nude Beach - Walkin' Down My Street by Other Music Recording Co

Nude Beach - The Endless Night by NBR2012


Video




Il solito piacevole giro di accordi

I Nude Beach sono un power pop trio che da Brooklyn si dichiara profondamente innamorato di Motorhead, UFO, Led Zeppelin, Donnas, The Twats. Dichiarano che il loro suono è ispirato dalla quantità di birra che bevono ed in generale i loro acts si risolvono in una profusione di energia che suggerisce un certo impiego di alcool. Credo che i nomi dei Byrds citati come influenze nelle note pubblicitarie attorno alla loro release siano fatte più per attirare l’attenzione che per costituire veri credits.

Come è questo “II”? Un roots rock spedito a buona velocità che ricorda centinaia, no, migliaia di cose anteriori. Qui arriva la frase di obbligo per ogni recensione di questo tipo: si tratta di un genere destinato a non avere mai fine, ed un album del genere costituisce un ascolto piacevole e morta lì, senza nessuna pretesa artistica di sorta.

Il pezzo lanciato come singolo da Pitchfork e opening track dell’album è “Radio”: 2:17” di classic rock che scivola giù tra riff di chitarre dal suono crudo, riponendo attenzione tanto nella semplice armonia che nel ritornello, il tutto affrontato con passione tale da potere essere scambiato per un pezzo del Tom Petty più arrabbiato. A me ricordano molto da vicino gli “alcolici” Gin Blossoms, almeno nella loro prima declinazione pre-suicidio del loro leader

Dicevo dei Nude Beach: Walking Down My Street è un vibrante pop-rock costruito sopra un semplice giro di basso, e reso allegro dalle armonie scanzonate. La voce, a metà tra un Ocasek senza coolness ed uno Springsteen ringiovanito e senza alcuna pretesa di epica, ha quel minimo di teatralità più che sufficiente per affrontare l’energia del pezzo; similmente Cathedral Echoes fa sferragliare allegramente le chitarre mentre la batteria trascina via il pezzo; qualche giro sulle power chords costituisce la massima attrattiva prima che compaia il riff che riprende la melodia del brano.

Album perfetto per un po’ di rock fatto senza tante menate, ed è forse per questo che mi sono tenuto ferma la recensione fin da agosto, quando è uscito questo disco. Speravo in un po' di visibilità in Italia, ma così non è stato: almeno ascoltiamo qualche pezzo prima di accantonare tutto e dimenticarci del party dei Nude Beach.



°Mark Lanegan°
00lunedì 8 ottobre 2012 09:32
TY SEGALL BAND

Slaughterhouse
[2012, In the Red]
garage rock


7,0





Tracks

Ty Segall Band - Death by deadmyipod

Ty Segall Band - I Bought My Eyes by teoriapop

Ty Segall Band - Slaughterhouse by deadmyipod

Ty Segall Band - The Tongue by deadmyipod

Ty Segall Band - Tell Me What’s Inside Your Heart by deadmyipod

Ty Segall - Wave Goodbye by GIMMETINNITUS

Ty Segall Band - Muscle Man by deadmyipod

Ty Segall Band - That's The Bag I'm In by deadmyipod

Ty Segall Band - Diddy Wah Diddy by deadmyipod

Ty Segall Band - Mary Ann by deadmyipod





La seconda fatica dal garage di Ty Segall

Si tratta di un album di delizioso garage rock, dove per “delizioso” si deve intendere un assalto frontale all’arma bianca, come da tradizione. Ma non c’è isteria oppure compiacimento rumorale; il suono è per lo più sotto controllo, e vi è perfino qualche concessione alla melodia.

Ty Segall è arrivato al secondo disco quest’anno e mentre Hair suona leggero, alla ricerca di sonorità psichedeliche vintage, Slaughterhouse gioca la carta dell’ambizione rock, la scalata verso la vetta del suono imponente del genere artistico più importante del XX secolo. E, va detto, ci riesce molto bene. Forse non è un capolavoro assoluto ma si tratta di un disco che ha personalità da vendere ed il suono trasfigura recando con sé la personalità multiforme di questo Odisseo del 2012.

Disco di ricco di fascino armonico è possesso duraturo, va comprato da chiunque ami il garage, perfetto bilanciamento fra classicismo rock ed impatto tipico da guerriglia punk: avrete il motivetto da canticchiare e la fonderia sonora tipica di un gruppo a solida trazione chitarristica.

Inizia l’album e Death si annuncia così, in un ambiente industriale mentre vibra e fischia tutto e le chitarre cercano solo di litigare con gli amplificatori. Rimane solo un basso a pulsare: 3,2,1, parte un pezzo alla Motorhead, ma Ty Segall non ha alcun affanno nella voce, nessun taglio aggressivo. Quasi gentile o compiaciuto, comincia a disegnare una melodia corale obliqua, un po’ a là Black Sabbath, mentre le chitarre rombano un rock che farebbe pogare qualsiasi pubblico di un hardcore club. Velenosa mistura di potenza e fascino anthemico.

I Bought My Eyes
inizia con un jumpy riff di chiara matrice punk mentre Ty Segall prova l’armonia del pezzo, perfino amabile post pop leggermente 60’s e vagamente dissonante. Si tratta di un pezzo che nasce privo di pretese ma non risulta mai banale.

Slaughterhouse è decisamente più confusa, lanciata da un imponente riff di chitarra che sovrasta le grida punk ma si tratta di un breve pezzo e la fine è sempre nell’aria.

Tongues
è vigorosamente animale e rozza nel suo flusso sonoro, ma reca con sé i tratti tipici delle composizioni di questo eclettico rocker: ora marziale ed armonica al limite dello stoner, ed a tratti invece scomposta e disarmonica. Talvolta veloce e in tonalità maggiore, talaltra fatta girare al rallentatore ed in minore, ma in ogni caso sempre intensa ed ambiziosa. Diciamo che la voce depurata di ferocia di Segall conferisce sempre una patina di intellettualità a questi pezzi e toglie un minimo di sangue all’esecuzione.

Tell me What Is Inside Of Your Heart
arriva vicina ai Sonics, agli MC5, sorta di orgia lo-fi pre-punk 70’s, dotata di armonie corali ed una frenesia espressiva che si sfoga con l’imponenza del suono. Interrogato sul suono di questo disco, Segall lo ha descritto come “uno space rock per dannati”. In realtà più che di suono siderale qui si tratta di suono per i sotterranei di un edificio, flusso adrenalinico di pezzi con un’anima pop.

Wave Goodbye va a giocare la carta del psych rock ed è la classica interruzione di energia sonora per dare respiro all’arena prima del massacro finale. Anche qui le strutture chitarristiche sono solide per volumi e riverberi ma il tempo non è quello del ottovolante e la tempesta di fuoco finale si lascia contemplare volentieri (prima che il grido finale di “fuck you” ci dia il cortese congedo).

Muscle Man è un hard blues con un muddy riff davvero interessante e torrenziale nella sua ciclicità. Girando per loop raggiunge l’effetto stordente desiderato in pochi secondi ed è una buona intuizione farlo durare lo stretto necessario.

That’s the Bag I’m In ha un andamento heavy, sorta di corsa iniziata sopra un giro innocente ma che presto collassa contro una galassia di suoni fuzzy, il tutto tenuto in tensione da un stile grezzo ed un suono costantemente saturo.

Diddy Wah Diddy
è una sorta di boogie che pare un esercizio di improvvisazione (“Fuck This Fucking Song”…I don’t know what we’re doing! Let’s rewind and let’s go again!” grida alla fine Segall) condotta con un suono lo-fi tipico da orgia aurale.

Mary Ann
è una sorta di pezzo dei Ramones decisamente heavy che conserva tutto il fascino di un pezzo dei Beatles portato nell’era della cacofonia.

Fuzzy War
dice tutto già dal titolo e sono oltre 10 minuti di freak out, una sorta di montanti loop di rumore bianco, cascate sonore elettriche prive di qualunque necessità armonica, un’iniezione di caos che conclude degnamente quest’album non rivoluzionario ma ben concepito



sapphi
00lunedì 8 ottobre 2012 16:43
A place to bury strangers

Sono bravi , però non mi hanno emozionato più di tanto. Forse perché di solito non ascolto questo genere di musica . Le canzoni sono piacevoli , però dopo un po diventano noiose. Mi piace molto la sua voce, cosi calma tante volte è in contrasto con la base molto energica e movimentata. Qualche canzone mi ha piaciuto , tipo : You are the one e And I'm up , Revenge invece l'ho trovata quasi irritante, sinceramente non ce l'ho fatta ad ascoltarla tutta. Le mie preferite : Dissolved e Slide , più lente e armoniose delle altre. Voto : 5,5
sapphi
00martedì 9 ottobre 2012 16:38
GOLDEN FABLE




una band molto interessante , musica piacevole, molto serena . La cosa più interessante secondo me è la voce della ragazza , mi ricorda un po Enya, però non trasmette le stesse emozioni purtroppo. Preferisco Always golden , The Chill pt 1 e Motorcycle emptyness , canzoni molto belle che ti trasportano in un atmosfera incantevole. The Chill pt 2 e Sugarleaf purtroppo non mi emozionano , sono carine però basta cosi. Voto:6.00
°Mark Lanegan°
00mercoledì 10 ottobre 2012 03:03


DEADBEAT

Eight
[2012, Blkrtz]
dub-techno


6,0





Tracks

BLKRTZ004-Deadbeat-Eight by deadbeat


Quale fascino per un beat morto?

Ascoltavo con interesse il pezzo ambient di Migi (Carbon Based Lifeforms - Hydroponic Garden) nel continuum sugli ascolti attuali e mi domandavo a cosa assomigliasse.
In effetti un disco techno-dub come quello di Deadbeat aka Scott Monteith, canadese di stanza a Berlino, la mecca della techno, presenta molte cose in comune.
La copertina è giapponese, reca la scritta "otto" ed in effetti è l'ottavo disco per quest'autore. Ed è ovviamente musica che non può trovare altro che catalogazione numerica per la sua archiviazione, zen fin dal suo prologo.

A differenza di quello che si può credere di primo acchito, la techno viene incontro a interessi squisitamente intellettuali soddisfacendo tanto l'attenzione per la musica che la cura per il suono.

Questo è per l'appunto un disco di pura atmosfera, perfettamente attento al taglio di ogni suono al fine della conservazione del medesimo mood. Si tratta ovviamente di una grigia rappresentazione di uno spazio sonoro dove abbondano motivi di un minimal-dub bass, e la tavolozza di drum pattern non è certo varia ma rilascia un senso di loop da indurre all'assuefazione l'ascoltatore.

Credo che pezzi obliqui come The Elephant in The Pool e Alamut riescano ad avere un certo fascino anche su chi non è incline al genere. Per chi non ascolta techno si tratterà ovviamente di un'operazione di fiducia, dovendo aprire credito verso questa dimensione sonora dove le macchine alterano suoni, comprimono il tempo, seviziano le battute con un drum pattern ansiogeno e manifestamente irrituale.

4 Wolves and Angels è proprio così in effetti ed è semplicemente trascinante nel suo incantesimo da arpeggio sintetico. Il suono è qui morbido e pare abbracciare l'ascolto teneramente: ecco, questa piacioneria non mi è congeniale e mi fa perdere fiducia nella cifra artistica complessiva, quasi fosse una sorta di melodia del III millennio.
La ricompensa per l'ascolto di questo Eight potrebbe in ogni caso essere un particolare rilascio di endorfine a seguito di una percezione di una realtà sonora diversa, un piacere effettivamente straniante, una sorta di viaggio per immagini soniche. Si tratta di un discreto disco, ma siamo lontani dai confini delle possibilità artistiche di questo genere.

Punta De Chorros
arriva vicina ad un dub-ambient, con una certa vitalità ed ansia descrittiva, allontanandosi per un attimo dal mood complessivo.

Le foschie di My Rotten Woods sposano l'esercizio techno-house più regolare dell'intero album, mentre Yard ha la nevrosi ritmica tipicamente urbana con una giungla percussiva che si fa via via intensa e termina con un interessante giro al synth.

Horns Of Jericho ha l'ironia tipica di un manierismo esperto in fatto di techno: una sorta di salsa latina (ma meccanica) viene fatta risuonare con un gusto tutto industriale, da catena di montaggio. Quando il numero di loop ha preso il sopravvento sulle nostre facoltà di discernimento musicale, abbassando le difese mentali, entrano le trombe di Gerico, qui sorta di vibrafoni elettronici, che dovrebbero fare crollare le mura di questo ambiente sonoro.

E' un buon disco di techno, nulla di che ma semplice e levigato quanto basta per portarci via qualche ascolto e magari introdurci sulla via di questa nuova idea di musica.





sapphi
00mercoledì 10 ottobre 2012 16:46
DARK DARK DARK


un album molto melancolico, canzoni tristissime , ma molto belle. La voce è molto calda e interessante , mi piace molto. Mi piace moltissimo Who needs who anche perché al inizio è molto lenta e poi verso la meta della canzone il ritmo cambia e diventa più movimentato. Last Time I Saw Joe - forse è la canzone più allegra dell'album . Molto impressionante la base di Hear me , i tamburi (mi sembra però non sono sicura [SM=g27821] ) mi fanno pensare a una canzone indiana. Molto belle anche The great Mistake e Patsy Cline, mi sono piaciute meno How it went down e Meet in the dark . Insieme però funzionano molto bene, l'album è molto piacevole e non stanca mai .Voto:7.00
migi.mj
00giovedì 11 ottobre 2012 20:12
Re:
°Mark Lanegan°, 10/10/2012 03.03:



DEADBEAT

Eight


potrebbe in ogni caso essere un particolare rilascio di endorfine a seguito di una percezione di una realtà sonora diversa, un piacere effettivamente straniante, una sorta di viaggio per immagini soniche




[SM=g27811] mi è piaciuto.
ci son dei momenti in cui io ho proprio bisogno di questi percorsi sonori, mi piace a volte seguirli perdendo l'orientamento, o lasciarli andare, in sottofondo senza che disturbino troppo.
un 6,5 si si
°Mark Lanegan°
00venerdì 12 ottobre 2012 04:23


MENOMENA

Moms
[2012, Barsuk Records]
alt-pop


6,5





Tracks


Menomena, "Moms" by Barsuk Records


La premiata fabbrica di pop eclettico


Sinceramente ho davvero tanto amato Wet and Rusting ché mi è sempre parso un pezzo dei Morphine dediti al pop più leggero, eclettico e leggermente stralunato. Tutte caratteristiche che vi ritrovate nei primi album dei Menomena (Friend And Foe e Mines), assolutamente imperdibili se amate le cose leggermente sghembe e dai tratti incerti. Sono sicuro di avere già postato quel video qua dentro, tanto tempo fa.
Sempre eclettico ma molto meno incerto è questo Moms, l'ultima fatica dei Menomena, oramai rimasti in due a seguito dell'abbandono del chitarrista.

Il suono ha acquisito una patina di rispettabilità, adesso ben definito e talvolta perfino pomposo. Da un punto di vista generale si tratta di una prova matura, ma questo ha fatto venire meno quelle che credevo le caratteristiche principali dei Menomena, ovvero un certo esprit de finesse ed una soavità di fondo, un modo di intendere la vita, l'arte e la musica con tale approssimazione per cui un loro video poteva essere girato in presa diretta, a caso, con strumentazione scarna all'interno di un cortile di parigi (v. sopra)

Ora episodi come Giftshoppe sono sì confusionari e debordanti come accadeva in passato, ma mentre prima tutto accadeva con un sorriso sulle labbra in un clima di etereo compiacimento, adesso vi è anche una complessa armonia che risulta dal fastidioso dialogo di un'elettronica irritante con una ritmica incisiva. Tutto questo ha un prezzo: rimane un certo fascino complessivo ma è chiaro che l'invidiabile semplicità degli esordi ha segnato definitivamente il passo.

Se avete invece bene ascoltato Wet and Rusting ne sentirete gli echi in Plumage e non è un caso che sia l'opening track dell'album: vi è quell'arpeggio di piano che ricorda il battere dirompente del rullante degli esordi, ed una melodia che potrebbe essere una hit dei Blur. Qui lo stile Menomena è subito esposto per lasciare che una piccola lacrima solchi il viso dei fan e vi è perfino quel singulto al sax e quel ritmo sincopato tipico dei primi album.

Capsule è un pezzo squisitamente Menomena: un ibrido musicale, quasi che un riffico garage rock volesse convivere nella stessa stanza sonora con un pop d'atmosfera, languido come vi fosse Bryan Ferry a cantarlo. Il brano è guidato da un giro di basso che trova come contrappunti flauti e synth.

Pique è insolitamente seria e ci porta dentro ad un clima di tensione, dove la trama ritmica è intensa e costituisce un beat incessante. L'esito finale è decisamente pop ma si tratta di melodia struggente che contrasta un po' con la voce esile del cantante, tanto che veramente sembra di sentire un pezzo del migliore Damon Albarn

Baton ha una chitarra che saltella quasi fosse un pezzo dei Television, e c'è un certo clima da new wave che accompagna la solita enfasi ritmica: interessante e leggermente confusionario. Al solito, appunto.

Heavy Is As Heavy Does
sembra certe cose dei Black Heart Procession ma il timbro di voce di Justin Harris non consente nessun volo di morte sopra un tappeto sonoro costituito da un piano accorato. Invece, piuttosto interessanti risultano gli inserti elettronici alla Radiohead che apportano quella giusta quantità di suoni fuzzy e fischi atti a lacerare quel clima altrimenti di lagnosa serietà del pezzo.

Di Giftshoppe ho detto sopra, qui mi preme aggiungere che le melodie paiono tirate giù dai migliori Yes, solo leggermente rese intenzionalmente calanti ed imprecise, vagamente disarmoniche; Skintercourse mostra sicurezza compositiva e l'arpeggio iniziale ostinato fra due note regna per tutto il pezzo trasferendo la propria instabilità al clima generale del brano; la melodia pare non portare da nessuna parte e questo è decisamente un bene. Qui i Menomena mostrano tutta la loro bravura nel procedere al di fuori di uno schema, permettendosi perfino di trasformare il pezzo in uno stomper nel finale.

Tantalus
ha un'insistente pulsazione di basso a frequenze ridotte che passa in secondo piano solo quando arrivano le malinconiche armonie vocali. Le chitarre disegnano brevi frasi esotiche procedendo per semitoni ed il pezzo appare sospeso in stato di trance.

Don't Mess With Latexus
sceglie un collage di sonorità, non troppo intricato con una buona melodia al piano; ma sono i 10 minuti di commiato finale di One Horse a sorprendere. Una delicata melodia sognante pomposamente enfatizzata da violoncelli vibranti diviene un lunga cavalcata soul, con un piano leggermente lunare a sottolineare che i Menomena non hanno nessuna intenzione né necessità di concludere presto questa ballata. La quale diventa perfino un blues distorto alla Tom Waits tutta da godere se avrete la pazienza di lasciarlo andare fino alla fine...






sapphi
00venerdì 12 ottobre 2012 10:34
NUDE BEACH



Un album piacevole, però non mi emoziona . Mi sembra abbastanza noioso, le canzoni sembrano più o meno uguali. Tra tutte quella che mi è piaciuta di più è Walking down the street. Voto:5.00
sapphi
00lunedì 15 ottobre 2012 16:25
TY SEGALL BAND

Questo sicuramente non era il giorno perfetto per me per ascoltare questo album...... non mi è piaciuto per niente . Sarà che di solito non ascolto questo tipo di rock o forse sono solo stanca , però ho faticato ad arrivare alla fine. Che dire... tutte le canzoni a un certo punto mi sembravano uguali , ripetitive e non sono riuscita a sentire nient'altro che urla su una base rock che dopo un po diventava anche irritante . mi dispiace però il mio voto è 5 e solo perche (visto il voto alto di mark [SM=g2927024] ) sicuramente sono molto bravi.
°Mark Lanegan°
00martedì 16 ottobre 2012 03:17


FLYING LOTUS

Until The Quiet Comes
[2012, Warp]
elettronica


7,0





Tracks

Flying Lotus - Until the quiet comes by DannyDL




La quiete prima dell'elettronica


Flying Lotus aka Steven Allison ha una vita particolare, imparentato come è con Coltrane (proprio quello) e giunto acclamato da mezzo mondo alla soglia dei 30 anni.
Fa dischi che ogni volta spiazzano perché non ama ripetere un cliché.
Qui è arrivato ad un disco di elettronica che arriva a pochi passi da un jazz minimale e ad un certo tipo di ambient.

Il senso più probabile del disco è infatti quello di isolare un numero di pezzi che abbiano l'ingrato compito di entrare nelle enormi trame del silenzio lasciando fluire per ogni episodio un suono diverso, in modo da fare dell'album una specie di parata di generi differenti.

Si tratta di elettronica languida, ammorbante più che d'impatto. I pezzi fanno fronte comune e le variazioni sono minime; il tutto si risolve in un cumulo caleidoscopico di vibrazioni in downtempo, un beat spezzato ma sereno.
Vi sono della partecipazioni di lusso: una su tutte quella di Thom Yorke, oramai conquistato dall'elettronica.

E' un disco complesso e questa musica vi potrà egregiamente accompagnare attraverso la giornata aggiungendo sensazioni importanti alla vostra realtà: non fatevi ingannare da questi suoni minimali. Sono assemblati in modo ipnagogico per catturare il vostro subconscio, in alcuni casi creano un minimo di assuefazione.

Disco non di ricerca ma sofisticato, vi sono giustapposizioni di samples che sono di indubbio fascino, sfiorando perfino il kitsch.

Da ascoltare a lungo fino a che non si può farne più a meno (ed allora arriva il momento in cui si può, anzi si deve buttarlo via).



sapphi
00mercoledì 17 ottobre 2012 17:32
DEADBEAT

Bello ...questo album mi ricorda molto l'università quando ascoltavo molto questo tipo di musica , poi è diventata troppo aggressiva per i miei gusti . Mi è piaciuto un sacco , l'unica canzone (non so se si puo usare questo termine per questo tipo di musica ) solo non mi è piaciuta moltissimo . La mia preferita ...forse Yard, mi ricorda le danze tribali per far venire la pioggia . Voto: 7,00 colpa della nostalgia [SM=x47983]
sery84
00mercoledì 17 ottobre 2012 21:30
Until the quiet comes,
posso dirlo, ma mi urta le orecchie,sono rimasta ferma alle prime 3 tracce.
°Mark Lanegan°
00giovedì 18 ottobre 2012 02:34


MILO GREENE

Milo Greene
[2012, Atlantic Records]
alt-pop


6,0







Tracks

Milo Greene by Atlantic Records

Orpheus by Atlantic Records

Perfectly Aligned by Atlantic Records

Silent Way by Atlantic Records

Wooden Antlers by Atlantic Records

Moddison by Atlantic Records

Cutty Love by Atlantic Records

Polaroid by Atlantic Records

What's The Matter by Atlantic Records


Un compitino pop

I Milo Greene sono un quintetto americano con la caratteristica di essere tutti vocalist. La band gioca molto sulle armonie corali, impasto di voce machile e femminile, cosa ridiventata di moda attuale dopo il successo planetario dei of monsters and men.

What’s the matter
ha delicate armonie vocali ed è una ballata folk pop cesellata sopra un tenue arpeggio di chitarra ed un buon giro di basso. Il tutto scivola via senza destare particolare attenzione; Orfeo a sua volta inizia sempre con un arpeggio di chitarra, ma si tratta di un breve brano di transizione che conduce a Don’t Give you up che non si distacca dal mood sin qui acquisito dell’album.

Perfectly Aligned
oltre al consueto scarno arpeggio ed una voce solista evocativa e sognante, talora spezzata per l’emozione, gioca la carta dell’ambiente sonoro ricco di vibrazioni; i Milo Greene sfoderano delle armonie corali (in)degne dei Coldplay con un accenno perfino a quei crescendo ai quali ci ha abituati Chris Martin.

Silent Way
ballata down tempo dal sapore country folk agrodolce tagliata ad hoc per trattare il tema della caducità degli affetti è stata scelta per il loro singolo ufficiale.

1957 è un folk pop innocente e semplice mentre Wooden Antlers pare la sua naturale coda strumentale, con un piglio leggermente più vivace e con un certo jumpy beat.

Take a step mette subito in evidenza un hammond, una piccola scla di piano e colpi ad effetto ai piatti. Il canto pare davvero qualche armonia fra anni ’70 e ’80, fra Fleetwood Mac ed il new pop inglese venato da qualche influsso soul.

Cutty Love
esaspera i tratti sin qui acquisiti da quest’album di debutto, quasi un esercizio di autoironia. Le chitarre ricordano quelle dei Beach House ma le armonie corali sono davvero imponenti e si tratta di prendere o lasciare, anche se deve essere loro tributato un innato denso della melodia.

Son My son
è un quadretto pop lasciato alla voce femminile, Autumn Tree è l’ultimo brano un po’ Bowerbirds che ritorna sulla caducità delle cose; questa volta però sotto la prospettiva dei fenomeni naturali e tanto giustifica la presenza di un coro politimbrico davvero accorato.



sapphi
00giovedì 18 ottobre 2012 10:23
MENOMENA



Album simpatico e piacevole . La gran parte delle canzoni sono molto interessanti e non stancano , piacevoli , senza però essere qualcosa fuori dall'ordinario. tantalus e Baton purtroppo non mi hanno convinto tanto, Capsule l'ho trovata molto interessante e mi è piaciuta molto , però la mia preferita è One horse, proprio bella . Voto: 6,00

°Mark Lanegan°
00lunedì 22 ottobre 2012 04:51


BETH ORTON

Sugaring Season
[2012, Anti Records]
songwriter


6,5





Tracks

Beth Orton - Magpie by Sound it Out

Encore un matin : Beth Orton - 4 oct 2012 by franceinter


Una stagione allo zucchero

La Cina non perdona ed avendo tutto internet o oscurato o bloccato non riesco a trovare nulla da postare di Beth Orton, cantautrice inglese, a parte questo file che è l'opening track del disco (tra l'altro, se mi è permesso, ma perché censurare la musica, brutti stronzi?) Purtroppo non rende l'idea del resto dell'album perché come tutte le tracce iniziali è quel catchy di troppo che guasta. Forse voi potete trovare qualcosa di più su Youtube oppure su uno dei tanti blog o riviste musicali che hanno player in anteprima. Sono così costretto a mettere un file tratto da un'intervista ad una radio francese, vedete voi: si sentono alcune tracce tra cui Mystery (una delle cose migliori dell'album, si tratta del pezzo finale).

Comunque sia, Magpie è forse il momento più basso dell'intero album, il resto è un po' più raccolto e di qualità.
Certo qualcosa mi stona e non riesco ad allinearmi con le riviste di settore. Me l'ero lasciato qui da tempo avendolo potuto sentire in anteprima ma insomma adesso è finalmente fuori e rischia oltretuttto seriamente di salire almeno un po' le classifiche.

In ogni caso, come è questo disco? Si tratta di un flusso di melodie di qualità costruite con enfasi attorno ad arpeggi acustici oppure ad un piano ricco di riverbero; vi è una certa carica soul che rende certi pezzi folk struggenti quadri di northern pathos (Candles).

Va detto che Beth Orton era ferma da circa 6 anni e ha fatto da ultimo decisa virata verso queste soluzioni folk mentre agli esordi pareva incline verso un uso più intenso di elettronica ed in generale ad un clima di uptempo. Ma il tempo passa e va bene così.

Last Leaves Of Autumn è intensa nella sua solennità glaciale, una successioni di accordi al piano che lasciano squarci di silenzio, riempiti dalla voce delicata della Orton. Si tratta di un songwriting che non ha nulla di sperimentale né di particolarmente originale e si gioca tutto sulla capacità di fascinazione dell'armonia.

In effetti è un signor disco, uno di quelli che regala 3-4 pezzi di qualità assoluta, mentre non ci sono cadute di tono; forse solo una certa propensione all'eclettismo tipico del pop da classifica per cui si sente il bisogno di offrire qualcosa per tutti, senza necessariamente avere qualcosa da dire ed è un peccato (See Through Blue; Call Me Breeze).

Quando invece Beth Orton sceglie il taglio del racconto e tralascia di appesantire i pezzi con un'orchestrazione leggermente fuori misura il risultato è più che apprezzabile (Poison Tree, Dawn Chorus)

In generale si tratta di un buon disco che sta ricevendo ottime attenzioni universali e se le merita (e se trovate qualche link in rete ai suoi pezzi, metteteli pure che li aggiungo volentieri a queste poche righe).





sapphi
00lunedì 22 ottobre 2012 16:30
FLYING LOTUS

Album meraviglioso secondo me , probabilmente il mio preferito fin'ora. Lo potrei ascoltare non stop senza stancarmi mai . Canzoni corte o cortissime , ognuna diversa dall'altra . Per me è quasi perfetto , quindi non saprei che altro aggiungere. Voto: 8.00
°Mark Lanegan°
00martedì 23 ottobre 2012 04:27
Re:
sapphi, 22/10/2012 16:30:

FLYING LOTUS

Album meraviglioso secondo me , probabilmente il mio preferito fin'ora. Lo potrei ascoltare non stop senza stancarmi mai . Canzoni corte o cortissime , ognuna diversa dall'altra . Per me è quasi perfetto , quindi non saprei che altro aggiungere. Voto: 8.00




Oh, perfetto. Allora Sapphi, a parte che ti sei vinta (tu e tuo marito) un soggiorno gratuito a mie spese in quel di pechino che oramai qui scrivo solo per te* (e ti ringrazio davvero, anzi oramai prendo nota del tuo feedback), ma ok, a parte questo dicevo mi pare che tu sia abbastanza per l'indietronica o sbaglio?
Visto che scrivo in primis per te, cambierei quasi quasi scaletta e stavo per fare una cosa semplice semplice tipo gli allo darlin (che pure rischiano di essere una delle migliori cose pop dell'anno) e passo direttamente a fare solo elettronica, in tutte le sue forme, che dici?
Ma non so, se hai qualche preferenza... davvero, fammelo sapere. Anzi, guarda scrivere di rock o pop alla fine è sempre la stessa cosa, mentre scrivere di elettronica è infinitamente più difficile e mi fai fare un utilissimo allenamento che mi sta anche bene.
Se hai qualche preferenza di dischi, davvero dimmelo. Adesso vado a vedere qualcosa ad hoc per te, ok? (che non vuol dire che ti piacerà, anzi, è più difficile pescare nel gruppo di cose di proprio gusto qualcosa che si adatta, però visti i voti che dai a deadbeat e a flying lotus....)
A proprosito: bella scelta eh? Non ho voluto dire nulla e l'ho messo lì surrettiziamente ma quello di FLying Lotus sarà uno dei primi dischi dell'anno temo, nel genere di riferimento. Ha raccolto solo 7,5 o 8,0 in italia e anche all'estero va alla grandissima. Brava che l'hai notato!

*Edit: ovviamente scrivo per chiunque, me compreso. Ma era solo per dire che Sapphi è puntuale come un treno giapponese nel commentare non solo ogni disco ma anche perfino ogni pezzo del disco che commento. Davvero un lavoraccio.
Ok, nel frattempo ho deciso cosa metterti, vado a scrivere subito.

°Mark Lanegan°
00martedì 23 ottobre 2012 05:53


HUNDRED IN THE HANDS

Red Night
[2012, Warp Records]
dub, indietronica, trip-hop

6,0





Tracks

The Hundred In The Hands - Recognise by cheshyrsky

The Hundred In The Hands - Keep It Low by dearvioletta369

the hundred in the hands--come with me by seitos

07. The Hundred in the Hands - Tunnels by Gleb Shuklin


Si tratta di un album dalla sorte abbastanza contesa. In effetti è catchy ma ambisce ad un certo status artistico per via di un lavoro certosino al suono. Risuona però inevitabilmente vecchio, anni '90, ma stranamente la relativa contestazione è stata avanzata in america e non in Italia, dove pure sono tutti pronti a storcere il naso per una cosa del genere. Qui il disco ha ricevuto voti inaspettatamente medio alti e sono apparsi tutti molto felici di questo disco.
Obiettivamente si avvicina moltissimo al lavoro dei Portishead, oppure ad una forma di produzione rarefatta degli Elysian Fields, a qualchecosa di Laetitia Sadier, insomma ad una forma di electropop leggermente retrofuturista.

Ho faticato non poco a trovare queste poche tracce in rete perché il disco ha oramai qualche mese e la casa discografica ha tolto le tracce dall'ascolto promozionale, confidando che quei pochi che desiderano acquistare il disco lo facciano adesso (ok, noi no).

Si tratta quindi di un disco dal sapore antico, lievemente elettronico a causa di un certo gusto per un breakbeat oramai consegnato alla storia. Si può dire che è piacevole, ben confezionato, scorre via amabilmente, ma nulla di più. Ha un aspetto ethereal, le melodie sono vagamente oniriche ma sembrano prive di efficacia e leggermente indolenti.

Francamente le tracce trovate non sono le migliori ma rendono bene l'idea dell'album. Recognise ha quest'incedere catatonico, dovrebbe funzionare quale tipica iniezione narcotica da trip-hop ma alla fine rimane un esercizio di dream pop di spessore inconsistente.

Ma insomma non è certo male, Keep It Low ad esempio ha un certo fascino algido nel suo drum pattern; certo arriva molto vicino a soluzioni del genere di Grimes e soprattutto Purity Ring che non mi pare piacciano nel forum ma che sono quanto di più hype vi sia in giro attualmente.

Come With Me è un electro-rock al limite dell'imbarazzante ma, ancora, questo è il limite dell'orizzonte di certa indietronica attuale: un connubio fra power chords e drum machine che a tratti sfiora il kitsch, a mio modo di vedere.

Alcune cose che qui non riesco a postare appaiono più ispirate, è il caso di Faded, traccia che potrebbe sembrare la cugina povera di qualche materiale Stereolab.

Insomma, luci ed ombre per un disco che cerca un punto di equilibrio tra pulsazioni electro e fascino pop. Il mio voto rispecchia un punto interrogativo grosso come una casa su questo materiale, specchio di tanta produzione attuale. A secondo del voto di Sapphi si cambia o si mantiene questa via...




sapphi
00martedì 23 ottobre 2012 09:47
Re: Re:
°Mark Lanegan°, 23/10/2012 04:27:




Oh, perfetto. Allora Sapphi, a parte che ti sei vinta (tu e tuo marito) un soggiorno gratuito a mie spese in quel di pechino che oramai qui scrivo solo per te* (e ti ringrazio davvero, anzi oramai prendo nota del tuo feedback), ma ok, a parte questo dicevo mi pare che tu sia abbastanza per l'indietronica o sbaglio?
Visto che scrivo in primis per te, cambierei quasi quasi scaletta e stavo per fare una cosa semplice semplice tipo gli allo darlin (che pure rischiano di essere una delle migliori cose pop dell'anno) e passo direttamente a fare solo elettronica, in tutte le sue forme, che dici?
Ma non so, se hai qualche preferenza... davvero, fammelo sapere. Anzi, guarda scrivere di rock o pop alla fine è sempre la stessa cosa, mentre scrivere di elettronica è infinitamente più difficile e mi fai fare un utilissimo allenamento che mi sta anche bene.
Se hai qualche preferenza di dischi, davvero dimmelo. Adesso vado a vedere qualcosa ad hoc per te, ok? (che non vuol dire che ti piacerà, anzi, è più difficile pescare nel gruppo di cose di proprio gusto qualcosa che si adatta, però visti i voti che dai a deadbeat e a flying lotus....)
A proprosito: bella scelta eh? Non ho voluto dire nulla e l'ho messo lì surrettiziamente ma quello di FLying Lotus sarà uno dei primi dischi dell'anno temo, nel genere di riferimento. Ha raccolto solo 7,5 o 8,0 in italia e anche all'estero va alla grandissima. Brava che l'hai notato!

*Edit: ovviamente scrivo per chiunque, me compreso. Ma era solo per dire che Sapphi è puntuale come un treno giapponese nel commentare non solo ogni disco ma anche perfino ogni pezzo del disco che commento. Davvero un lavoraccio.
Ok, nel frattempo ho deciso cosa metterti, vado a scrivere subito.





Andiamo a pechino, andiamo a pechino .... [SM=g2927044]


Mi piace la musica elettronica , forse perchè ai tempi dell'università mi hanno proprio bombardata solo con questo tipo di musica. A casa ascoltavo solo pop commerciale ( [SM=x3072556] ) e MJ che non è tanto lontano [SM=g27823] , mi piacevano i Backstreet Boys se ti puoi immaginare una cosa simile , ora quando gli sento mi viene la nausea e non ci riesco a crederci che una volta ascoltavo le loro canzoni tutti i giorni. Poi arrivata all'università le mie colleghe di stanza ascoltavano solo musica elettronica, chill-out e sinceramente non mi ricordo tutti i termini, suppongo che ti sei fatto un'idea , ascoltavano molto e andavano a vedere anche dj come Tiësto, Digweed, Sasha e altri che ora non mi vengono in mente. Riconosco che allora non mi interessava imparare i loro nomi e nemmeno capire un po di più della loro musica, ascoltavo e basta o andavo a ballare con loro. Disprezzavano ogni altro tipo di musica , quindi per forza dopo 4 anni piaceva anche a me , poi nelle discoteche hanno iniziato con il drum'n'bass e sinceramente per me era troppo,non sono riuscita a mandarlo giù, quindi mi sono staccata un po dal mondo elettronico, però se un album è fatto bene mi piace .

ora spiegato il motivo , Flying Lotus sono davvero bravi e forse non devi nemmeno essere un fan della musica elettronica per apprezzarli. Come puo non piacere un album cosi ?? [SM=g3067266]



sapphi
00martedì 23 ottobre 2012 10:42
MILO GREENE


Album simpatico , piacevole , anche se certi pezzi non riesco a capire perfettamente . Mi ricordano un po i Coldplay , specialmente nel primo pezzo che ho sentito Don't you give up on me. La gran parte delle canzoni sono carine , piacevoli, però senza stupire moltissimo. Le mie preferite sono Son my son , Perfectly aligned e Wooden antlers. e qui si arriva a quello che non capisco, wooden antlers è cortissima e mi sembra un peccato perché proprio mi piaceva . però ci sono canzoni come: Polaroid, Moddison e Orpheus che finiscono prima di riuscire a capire qualcosa. Voto: 6.00
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