La vera storia di un racconto inventato...[FanFiction]32
Ho letto i vostri ultimi commenti...Beh che dire, io vi ho fatto emozionare con il racconto di una storia inventata, voi invece mi fate emozionare ogni qualvolta mi scrivete qualcosa. In ogni messaggio lasciate un pò di voi, delle vostre storie, storie vere, e in questa preziosa reciprocità non sono cosa sia davvero più nobile, se il dare o il ricevere.Grazie di tutto.
Buona lettura...
Cap 32
Destinazione Londra.
Il giorno della partenza fu un disastro; ero così agitata che prima di uscire di casa inciampai, mi versai il caffè addosso e persi le chiavi. Arrivai tardissimo.
-Scusa, scusa, scusa, scusa….- iniziai a dire mentre stavo ancora salendo le scalette dell’aereo- sono imperdonabile…
-De Matteo ti abbiamo aspettato solo perché Michael ce lo ha chiesto con insistenza. Non capisco perché ti ritenga così indispensabile, in fondo non sei mica sua moglie…anche se si vede da un miglio che ti piacerebbe…-mi accolse acidulo Thomas Machina
-Di fatti le scuse non erano per te…Mike mi dispiace, è successo di tutto oggi…Siamo ancora in tempo no?
-Ciao Susie, si si tranquilla…- rispose Mike dandomi un bacio sulla guancia.
Era evidentemente agitato.
-Come mi trovi?
-Sincera sincera?
-Sincera, sincera…
-Troppo teso ragazzo…Dai su…, questo è un momento importante per te, cerca di viverlo serenamente…prenditi il meglio. I tuoi fan saranno lì ad aspettarti impazienti di vedere il loro grande idolo…Non vorrai mica farti trovare in questo stato?
-…lo so , lo so…del resto è soprattutto per loro che faccio tutto questo…
-Certo caro Michael che la tua amica in quanto a consigli va a avanti a botta di banalità…Direi che potresti tranquillamente farne a meno…-intervenne Machina sogghignando.
Mi avvicinai a lui e “per sbaglio” gli infilai il tacco dodici delle mie belle scarpe nuove dritto dritto nel suo piede-…Machina…vedi di stare al posto tuo e di non rompere le scatole oggi…I tuoi interventi hanno la piacevolezza di un dente cariato…
-Ragazzi…e per favoreee…-rispose Mike infastidito-…Susie, almeno tu, ti prego…Così non mi sei per niente d’aiuto però…
-Michael lascia stare, la signorina forse oggi ha le sue cose… Mi metto per conto mio a leggere il giornale così non urto la sua suscettibilità…
Feci finta di non sentire per evitare di buttarlo elegantemente a calci nel sedere fuori da quell’aereo.
Mike aveva ragione, ero lì per un motivo. Aveva bisogno del mio sostegno e non della mia irascibilità.
Durante tutto il viaggio cercai di farlo distrarre parlando di tutto tranne di quello che gli aspettava nei mesi seguenti; avremmo avuto tempo di discutere tranquillamente anche di quello in un momento migliore e senza quel parassita di Thomas Machina tra i piedi.
Ridemmo, scherzammo, a tratti mi parve più tranquillo. Insieme trovavamo sempre il modo di stare bene.
-Mike, ti va di fare un gioco?
-Che gioco si può fare in un aereo?
-In Italia lo chiamiamo tipo “Nomi, cose, città…” un cosa del genere…Quello delle parole con una certa lettera…
-Ah si ho capito, facciamolo facciamolo…
Iniziammo aggiungendo un po’ di regole nuove, tipo categorie di nomi assurde come acronimi, nomi di politici, stilisti, parolacce, e cose disgustose. In più io avevo la possibilità di usare anche parolacce in italiano, a patto che però gliene spiegassi il significato.
Era uscita la s, e tra le parolacce ne misi una in italiano che di certo non conosceva e che mi avrebbe assegnato di sicuro il punto, “sparacazzate”.
-Susie…non imbrogliare…secondo me sto sparacose… che hai scritto tu non esiste…
-No Mike, ti giuro, esiste. Io la uso spesso…
-Allora voglio sapere che significa altrimenti niente punto…
- …diciamo che “sparacazzate” non è una offesa generica, è più che altro un tipo di persona…
-…e che persona è questo tipo di persona?
-Dunque….mhmhmhm…fammici pensare….uno, uno che spara cavolate e si sente un genio, uno come…come Thomas Machina…
Iniziammo a ridere mentre il tipo si sentì chiamato in causa.
Alzò la testa dal giornale che stava leggendo e disse
-De Matteo hai fatto il mio nome? Che onore…E a cosa devo cotanta gentilezza?
-Niente di che. Stavo spiegando a Mike il significato di una parola in italiano, e per fargliela capire ho preso te come esempio. Ne sei il prototipo più chiaro direi…
-Addirittura…Posso sapere di che si tratta?
-Certo, come no…Allora diciamo che è una specie di mestiere...Mhmhmh….in un certo senso si avvicina a quello di cui ti occupi tu…Tecnicamente si dice “sparacazzate “….
Intanto Mike cercava di trattenersi per non scoppiare a ridergli in faccia.
-Bene…Quindi mi stai dicendo che qualora mi capitasse di trovarmi in Italia per lavoro potrei presentarmi come spara…”spara cazzate”?
-Senza dubbio, ne hai tutte le caratteristiche…- risposi io mantenendo non so come un viso serissimo.
-…Wow…grazie, così mi do un tocco di professionalità in più…Comunque devo impararlo l’italiano, è una lingua affascinante…
A quel punto mi nascosi dietro la mia borsa e mi tappai la bocca per evitare che la mia risata fragorosa potesse venire fuori e rovinare quella bella scenetta. Machina tutto compiaciuto che si dava dello sparacazzate, mentre Mike ridendo sotto i baffi mi ripeteva –…L’attrice, l’attrice…dovevi fare l’attrice…
Trascorsero così quelle ore di viaggio, eravamo giunti a destinazione.
Una macchina dai vetri scuri lo attendeva. Io lo avrei raggiunto dopo con il resto dello staff per evitare di essergli di ulteriore impiccio. Già immaginavo la folla ansimante che lo aspettava, ci mancava solo che si fosse dovuto preoccupare che io venissi schiacciata dalla gente.
-Mike, allora ci vediamo dopo lì…-gli dissi avviandomi verso l’altra macchina che avevano predisposto per noi.
Non rispose.
Mi si avvicinò e le dita della sua mano si intrecciarono alle mie trascinandomi fluidamente dietro il suo braccio
-… ho bisogno di te…adesso…- mi disse con una voce che non lasciava spazio a repliche.
Non avrei mai replicato.
Con fatica l’auto si fece largo nella calca. Prima di scendere ad affrontare quella folla, mi strinse forte a sé e disse – Fammi un in bocca al lupo!
Quello che accadde alla conferenza stampa è stato ampiamente raccontato, immortalato e stravolto dai giornali e dalle televisioni di tutto il mondo.
Dopo qualche tempo iniziarono le prove del tour.
Eccolo, era tornato!
-Ma quanto ama il suo lavoro quest’uomo…- pensavo mentre lo vedevo indaffaratissimo e talvolta visibilmente affaticato tra basi, coreografie, effetti di luci e tutto quello strabiliante palcoscenico che lo circondava.
Il giorno delle selezioni dei ballerini volle che io fossi presente.
-Mi serve un tuo consiglio- mi disse- so che con te posso fare una scelta migliore…
Sapevo che stimava le mie capacità di coreografa ed adoravo la chimica e la complicità che scattava tra noi quando lavoravamo insieme. Ovviamente lo aiutai nelle selezioni.
Mi riconobbi negli occhi speranzosi di quei ragazzi; in loro rividi me all’inizio della mia carriera.
-Quante generazioni ha fatto ballare…- pensai commossa mentre prendevamo posto davanti al palco.
Si spensero le luci in sala e la musica partì.
Seduto su quella poltrona era elettrico. Come quando lo vidi la prima volta il giorno del mio pseudo-provino, il 28 agosto ’87, non riusciva a stare fermo…ballava…ballava sempre, con qualsiasi musica. Faceva scattare la testa e le spalle con un ritmo tutto suo, quel ritmo che ha fatto storia.
-Lei, lei lei!!!...lei è perfetta!! -disse indicando ripetutamente la ragazza in prima fila.
Alta, mora, capelli mossi e lunghi, leggermente scura di carnagione. Mi ricordava qualcuno.
Si rivolse verso di me e dolcissimo mi strinse le guance tra le sue mani dicendo - Come vedi i miei gusti rimangono sempre gli stessi…
Ci abbracciammo a lungo. Mi guardò felice con gli occhi lucidi.
Era stanco, stressato, preoccupato, ma leggevo ancora nel suo sguardo la voglia di regalare qualcosa di bello al mondo, uno spettacolo epico, strabiliante, sfarzoso, sorprendente. Il saluto ai suoi fan non poteva che immaginarlo così.
Emily Dickinson diceva che la fama è come un’ape, ha un ronzio, ha un pungiglione, ma ha anche le ali per volare, e sapevo che in quello spettacolo Mike avrebbe volato alto…meravigliosamente, come ha sempre fatto.
Con un ampio gesto panoramico del braccio indirizzò la mia attenzione sul quel palco, le luci, gli amplificatori, gli strumenti.
-Vedi Susie, questa è la musica per le migliaia di ragazze e ragazzi che mi hanno seguito in questi anni con tanto affetto. Alcuni di questi saranno ormai già uomini e donne adulti, altri forse, chissà, sono ancora dei ragazzini…ma tutta la musica di quel palco sarà per loro…
Prese le mie mani e se le portò al petto. Il suo cuore come il ritmo di una follia di tamburo.
Tirò giù gli occhiali scuri come per timore che dentro quegli occhi si leggesse troppo sfacciatamente ciò che gli frullava nella mente o forse solo per nascondere l’imbarazzo, ma il rossore sulle sue guance lo tradì-…e la senti questa Susie?...questa è la mia musica solo per te. Non è mai stata di nessun altra…Quanto sono stato stupido Susie…Come ho fatto a non capire che la felicità non l’avrei trovata cercandola lontano…La felicità è sempre stata seduta al mio fianco, dove sei seduta tu adesso.
Abbassai lo sguardo incapace di reggere la trepidazione di quella sua voce senza età mentre, accarezzandomi il viso, allontanava dalla mia fronte qualche ricciolo ribelle.
-Ma dimmi…è tardi Susie?...è troppo tardi per noi…?
-…Non è mai troppo tardi per noi Mike…non lo è mai stato…- gli risposi.
Mi diede un caldo bacio sulla fronte e avvicinandosi al mio viso come per annullare ogni altra cosa dal suo campo visivo mi disse a voce lieve - Allora ragazza tieniti pronta… perchè quando tutto questo sarà finito ti giuro che ci sarà tempo solo per noi e per quello che in questi anni abbiamo lasciato sospeso…tutto il tempo che vogliamo…
Non mi restava che aspettare.