agli ordini! mi scuso se l'inizio è un po' lento...
Capitolo 2
-Ciao Karen!pronta per fare il miracolo??-
-prontissima mike!ma che miracolo e miracolo, oggi stai una favola!-
-davvero?sarà stata la dormitona che mi sono fatto questa notte, ero davvero stanco, mi sono addormentato di botto per una volta-
-perfetto allora. Siediti che si incomincia!-
Mi sedetti su una sedia in cucina. Karen tirò fuori la sua piccola valigetta; tutte le volte mi veniva in mente Mary Poppins e non riuscivo a trattenere una risatina…e anche questa volta fu così
-che hai da sghignazzare?-
-niente niente-, dissi ridendo sotto i baffi…
Ci volle un’oretta. Mi appiccicò una barba di mezza lunghezza nera, poi passò al trucco scurendo un po’ di più il colore della mia pelle. Mi mise anche un paio di sopraccigli un po’ più grossi. Ero veramente buffo, però stavo abbastanza bene. Mi piaceva farmi truccare, soprattutto da Karen che era veramente brava. Potevo diventare chiunque volessi, un vecchio signore sulla settantina, oppure un uomo ciccione sulla mezza età, insomma, lei con la sua fantasia era un pozzo di idee. Mi piaceva molto per questo.
Poi fu il momento dei vestiti.
-posso tenere i mocassini e le calze bianche?- chiesi speranzoso…
-certo, e poi ti mettiamo appiccicato in fronte un cartello con scritto : non sembra, ma in realtà è Michael Jackson. Ti sembra???-chiese esasperata
-ok ok, ho afferrato il messaggio- risposi un po’ dispiaciuto
-ecco, metti questi- disse porgendomi un paio di jeans, una maglietta bianca, una felpa rossa con il cappuccio, un paio di scarpe sportive, degli occhiali da sole e un cappello con la visiera.
-ok capo!- risposi ridacchiando. Non era propriamente il mio stile, ma per una giornata come quella che mi si presentava non avevo nessuna intenzione di lamentarmi.
Entrai in bagno per cambiarmi, e quando uscii Karen era li tutta ansiosa di vedere la sua nuova opera.
-wow Mike, stai bene, dovresti uscire così sempre-disse ridacchiando
-si si come no- risposi ironico - grazie mille Karen, ora vado a fare i buchi nella schiena a Brian per uscire il prima possibile. Vieni anche tu se vuoi-
-no no grazie Mike, ho un conto in sospeso con il mio televisore, voglio proprio vedere se ha il coraggio di farmi ancora vedere delle giovani ragazze bellissime e fortunatissime…gli ho fatto un serio discorso prima di uscire, voglio vedere se ha imparato la lezione…-disse con uno strano sguardo negli occhi…
-ehmmm, ok!!- risposi. A volte se ne usciva con della frasi che non stavano né in cielo né in terra, e mi faceva piegare in due dalle risate.
-ok allora io vado Mike, chiamami poi, e fammi sapere com’è andata.-
-certo Karen, grazie mille ancora. Ti voglio bene, ti chiamo questa sera-
-ok mike, ti voglio bene anche io, ciao ciao-disse uscendo e salutandomi con la mano
-Bbbrriiaann???-
- si Mike, sono già pronto- disse spuntando dietro di me con le chiavi del Suv nero in mano.
Perfetto, si parte!!
Lauren
Che bella giornata, mi sento proprio in forma, pronta per incominciare il mio allenamento. Oggi vengono anche un paio di nuovi bambini che voglio provare l’ebrezza del pattinaggio sul ghiaccio. Si, proprio pattinaggio sul ghiaccio. La gente si chiede: come fa ad esistere un palazzetto del ghiaccio a Los Angeles?è stata una lotta dura: io e quattro mie amiche, anche loro amanti del pattinaggio, siamo riuscite, dopo mesi di straordinari, raccolte fondi, e altre cose estenuanti, ad avere abbastanza soldi da fondare la nostra società, che ora contava circa una trentina di iscritti, e da costruire il palazzetto. Non era molto grande, ma era quello che serviva.
Io abitavo a Boston, insieme alle mie amiche Anna, Katie, Lea e Sandy. Loro sono quattro sorelle, sono veramente molto unite, si vogliono tanto bene e hanno la passione per il pattinaggio, passione che il loro padre aveva trasmesso loro fin da piccole. Lui era stato un campione da giovane, e in seguito anche il nostro allenatore. Purtroppo all’età di 10 anni, i miei genitori erano morti in un terribile incidente d’auto… Che modo ingrato per andarsene da questo mondo…un camionista ubriaco gli aveva letteralmente schiacciati mentre venivano a prendermi a casa dalle mie amiche…mi mancano terribilmente, è stato veramente difficile crescere senza di loro…sono andata a vivere con le mie amiche, perché non avevo altri parenti. I loro genitori mi hanno sempre trattato con grande amore, proprio come se fossi loro figlia. Non li ringrazierò mai abbastanza. Oggi ho 25 anni e viviamo tutte a LA perché i loro genitori si sono dovuti trasferire per lavoro; lavorano nel campo della pubblicità, e ci hanno dato un sostegno fortissimo per la realizzazione del nostro progetto. Ho una casa mia, una piccola casetta che sono riuscita a comprarmi con il mio stipendio da educatrice dell’asilo per bambini dai 2 ai 5 anni. Li adoravo, ho sempre amato i bambini, riescono a darti la gioia, a strapparti un sorriso anche nei momenti più bui. Devo molto a loro.
Pensavo a tutto questo mentre chiudevo la porta della mia casetta nella periferia di LA. Era in un bel quartiere, molto pulito e tranquillo.
Salii in macchina e mi diressi al palazzetto, che si trovava vicino al parco. Ci volle più o meno una mezz’oretta, per strada non c’era molta gente, e arrivai in perfetto orario. Dalle 3 alle 4 c’era l’avviamento, dove i bambini facevano i primi passi. Poi la pista, dalle 4 alle 5 era per le più grandi, quindi noi 5 amiche e una decina di altre ragazze abbastanza brave che provavano salti e cose più difficili. Io di solito mi trattenevo un po’ più a lungo, mettevo su una musica qualsiasi e pattinavo così, da sola, per liberare la mente, poi chiudevo il palazzetto e tornavo a casa.
Scesi dalla macchina ed entrai nel palazzetto diretta allo spogliatoio, mi cambiai, e poi salii in pista riscaldandomi un po’ le gambe in attesa dei primi bambini.
Michael
Ah, che bello il parco! Era una bellissima giornata, e sull’erba verde si potevano vedere delle famigliole felici che si passavano il tempo, ragazzi che portavano a spasso i loro cani, gruppetti di ragazze che prendevano il sole ascoltando la musica oppure anziani signori che leggevano il giornale all’ombra di grandi alberi.
Era il ritratto della spensieratezza, e mi piaceva.
-mike, io vado a fare un giro, non mi allontanerò molto, ma ti prometto che non ti sentirai pedinato. L’unica cosa che ti chiedo è di rimanere nei paraggi, e se ti devi allontanare prima chiamami così ti raggiungo. In caso di bisogno hai il mio numero-
-certo Brian, non preoccuparti-, dissi mentre si allontanava con uno sguardo di intesa.
Mi sedetti su una panchina all’ombra, vicino ad una di quelle famigliole che avevo notato prima. I genitori sembravano abbastanza giovani, sulla trentina, e c’erano una bambina che avrà avuto più o meno 7 anni, e il suo fratellino più piccolo. Si rincorrevano ridendo, e le loro risate avevano un suono così pulito, critallino, che mi riempì il cuore di gioia. Non so per quanto tempi rimasi li pensieroso su quella panchina; i minuti passavano veloci mentre io riflettevo sull’importanza delle cose semplici…ad un certo punto decisi di sgranchirmi un po’ le gambe e fare un giro del parco. Mi sistemai meglio gli occhiali e mi abbassai di più la visiera del cappello sul viso, giusto per sicurezza, non si sa mai, non volevo creare confusione in un’atmosfera così pacifica e rilassante. Incominciai la mia solitaria passeggiata. Che bello, nessuno si girava a guardarmi urlando il mio nome o altre cose del genere. In queste rare occasioni di libertà potevo vedere la vera faccia della realtà, il vero comportamento della gente. Erano veri, presi nella loro quotidianità, non costretti a fingere di essere qualcuno che non sono solo per farmi piacere, come invece faceva la stra grande maggioranza delle persone che mi circondavano. Mi avvicinai al limite del parco, dove sorgeva una piccola costruzione; era il palazzetto del ghiaccio, lo sapevo perché se ne era parlato abbastanza per la sua costruzione. Mi piaceva come idea, la danza unita al ghiaccio, mi affascinava, ma non avevo mai avuto il coraggio…ogni volta che mi pensavo a pattinare mi veniva in mente la buffa scena di Bambi sul ghiaccio che continua a cadere.
Proveniva una musica molto dolce dal palazzetto, le note di un violino. Guardai l’ora, erano le 5 passate da poco.
Decisi di entrare, ma prima mandai un messaggio a Brian dicendogli dove andavo. Era stato anche troppo buono con me oggi, volevo rispettare i suoi ordini, così magari si sarebbe potuto fare più spesso.