I fratelli Jackson a Roma ricordando Michael
ROMA - La famiglia Jackson scende in pista. Non si tratta della solita commemorazione del perduto fratello Michael, né di beghe giudiziarie o testamentarie o di litigare fra loro (il tasso di litigiosità domestico è altissimo), ma di rispolverare un'altra medaglia musicale, la prima e più antica, i Jackson 5, prototipo delle boyband, poi diventati The Jacksons. E si tratta di andarsene a spasso per il mondo portando in giro quel celebre cognome con tutto il carico di ricordi, nostalgie e rammarichi che raccoglie.
E’ Jackie, il più anziano con Tito, Marlon e Jermaine (ma senza Randy, rimasto a casa), a prendere in mano l’eredità e riaprire il libro delle memorie, spolverando l’antico catalogo, senza dimenticare di rendere il dovuto omaggio al fratellino che non c’è più. D'altra parte i teatri dovranno pure essere riempiti.
Un primo test americano è già stato superato con questo Unity tour che ha toccato un bel po’ di città con discreti risultati. Ora tocca massicciamente all'Europa e anche all'Italia: debutto a Roma l’11 febbraio, Milano il 12 ed è già previsto un ritorno nella gran sarabanda musicale estiva e poi, ciliegina finale, con un disco nuovo di zecca. A detta di Jackie, il veterano della famiglia, (ha 61 anni, sette più di Michael) che nella formazione originale aveva il compito di accompagnare come seconda voce (i solisti erano Michael e Jermanie) «è uno show che recupera il catalogo partendo dai tempi della Motown».
Mister Jackson, quanto Michael c’è nel concerto?
«C’è un grande spazio con varie sue canzoni e proiezioni di lui quando ha cominciato con noi e poi nella sua carriera solitaria. Sentiamo moltissimo la sua mancanza, anche se è come se fosse ancora fra noi. E’ un tributo dovuto, anche perché questo tour avrebbe dovuto essere anche suo».
In che senso?
«Prima di morire avevamo stabilito che, dopo i cinquanta concerti a Londra, Michael avrebbe fatto un tour con noi come ai vecchi tempi, girando tutto il mondo».
Jackie, quest’anno festeggiate anche mezzo secolo di vita dei Jackson 5.
«Sì, i primi ingaggi li abbiamo avuti nel ’63, nei club di Chicago e dintorni. C’era anche Michael, anche se aveva solo 4 anni. Ma era già vivacissimo. Cantava, ballava e aveva il compito di raccogliere i soldi fra il pubblico. Solo che era rapidissimo a metterseli in tasca».
Ma poi li dava a vostro padre, che era il manager del gruppo?
«No, se li teneva lui».
Chi canta le sue canzoni in scena?
«Jermaine, ma anche io».
Da ragazzi sul palco c’era grande spazio non solo per la musica, ma anche per i movimenti e per le coreografie. Lo fate ancora, nonostante siano passati un bel po’ di anni e non siate più dei giovincelli?
«No, facciamo tutto, c'è grande scena, ci muoviamo moltissimo».
Avete mai suonato in Italia?
«Sì, una volta, erano gli anni 70, ma francamente non ricordo dove».
Nel concerto, con una scaletta composta da venticinque titoli, vengono ripassati gli hit della band, pezzi come I want you back, ABC, Can you feel it, I’ll be there, i successi personali di Jermaine Let’s get serious e Do what you do. Di Michael ci sono Gone too soon da Dangerous, Don’t stop till you get enough e Rock with you da Off the wall, I wanna be startin something da Thriller, Can let her get away da Dangerous.
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