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Broken Hearted Girl (in corso). Rating: rosso

Ultimo Aggiornamento: 30/03/2011 21:56
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11/03/2011 12:35
 
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Se proprio devi odiarmi
fallo ora, ora che il mondo è intento
a contrastare ciò che faccio,
unisciti all'ostilità della fortuna, piegami.
Non essere l'ultimo colpo che arriva all'improvviso.
Ah quando il mio cuore avrà superato questa tristezza
non essere la retroguardia di un dolore ormai vinto,
non far seguire ad una notte ventosa un piovoso mattino,
non far indugiare un rigetto già deciso.
Se vuoi lasciarmi non lasciarmi per ultimo,
quando altri dolori meschini avran fatto il loro danno,
ma vieni per primo così che io assaggi fin dall'inizio
il peggio della forza del destino e le altri dolenti note
che ora sembrano dolenti smetteranno di esserlo
di fronte la tua perdita.

~ William Shakespeare ~




Episodio 9



Che il mattino seguente non riuscii a guardarla negli occhi è un dato di fatto, avevo fantasticato su di lei tutta la notte e mi svegliai zuppo di sudore dopo averla sognata in atteggiamenti non poco audaci.
E la cosa più triste fu la mia voglia di averla vicino, in un senso ben diverso da quello che immaginate!
Evitai il suo sguardo, evitai ogni contatto fisico. Anche sfiorarla mi avrebbe imbarazzato ma ignorarla del tutto le avrebbe messo in testa brutti pensieri. Io volevo che si sentisse la benvenuta, e il mio comportamento non stava facendo altro che farle intendere il contrario.

-Buongiorno...- mi disse sistemandosi i capelli ancora in disordine.
-Ehi,dormito bene?- le domandai mentre mi riempivo una tazza di caffè.
-Dormito è una parola grossa-,asserì.
-Notte insonne eh?ci sono abituato.-
-Già…- tagliò corto.


Si vedeva lontano un miglio che aveva passato la notte a piangere a giudicare dalle occhiaie scure che contornavano quegli occhioni verdi e stanchi.
Nonostante fosse scappata da lì non era ancora riuscita a farsene una ragione, non era ancora riuscita a capire che lei non doveva a niente a Landon, tranne che gratitudine.
E lo era, l’aveva dimostrato fino a quel momento di essergli grata. Ma l’amore di una persona non si può comprare, e Landon aveva fatto proprio questo: l’aveva costretta a rimanere con lui rinfacciandole ogni volta quello che aveva fatto per aiutarla.

Si sedette di fronte a me con lo sguardo perso nel vuoto mentre girava lentamente il suo cappuccino. Non si accorse dei miei occhi su di lei, non si accorse che le sorrisi cercando di tirarla un po’ su.
Si scrollò dalle sue riflessioni e prese tra le mani la tazza bollente e fumante.

-Michael…-
-Dimmi.-
-Come mi vedi?-
-In che senso?-
-Il mio aspetto, insomma...mi vedi bella o brutta?-

In quel momento arrossii e impallidii allo stesso tempo. Non chiedetemi come.
Era ovvio che la trovassi bella e attraente ma non avrei mai avuto il coraggio di dirglielo.
Avanti… Ridete pure di me: un uomo di quasi quarant’anni che non sa dire ad una BELLA ragazza quello che pensa di lei.

-Beh…-
-Lo sapevo!- disse imbronciata.
-No ma cosa hai capito?-
-Che sono brutta! Io…io mi sento un mostro. Non riesco più a guardarmi allo specchio e dire “oggi mi piaccio”.-
-Scar, tu…tu sei una bellissima ragazza.-
-Non lo pensi davvero.-
-Si invece.-

Si alzò dalla sedia di scatto e se ne andò fuori di casa. Cominciai a pensare di chiamare uno psicologo.
Non fraintendete, non pensavo affatto che fosse pazza, ma aveva perso l’autostima, aveva una considerazione di sé stessa pari a zero. Aveva bisogno di un aiuto, di qualcuno che le facesse capire quanto fosse speciale e piena di pregi e doti straordinarie.
D’altro canto mi sarei potuto beccare un pugno in piena faccia se le avessi detto:”Ehi Scar, sai…credo che tu abbia bisogno di uno psicologo!”
Eh sì… Ma ero pronto a correre il rischio.


La seguii immediatamente anche se non sapevo cosa dirle. Presto capii che in realtà gli episodi spiacevoli della sua vita la portarono ad essere insicura. Prima di quel momento non l’avevo mai pensato, anche perché non me ne aveva dato modo, si era sempre comportata normalmente. Fin troppo.
Mi sentivo così angosciato, non potevo fare nulla se non correrle dietro e farfugliare qualche parolina per confortarla.
La vidi seduta sull’erba. Faceva rotolare tra le dita un fiorellino bianco.

-Che cosa vuoi Mike?- mi disse ancor prima che mi avvicinassi.
-Volevo sapere come stai, perché sei andata via così?-
-Mi sembra chiaro, no?-
-Sai non amo dialogare così. Dimmi cosa ti prende.-

Lasciò cadere il fiore davanti ai suoi piedi e si alzò senza staccarmi gli occhi di dosso. Avvertivo tensione nell’aria e quando scrutai bene nei suoi occhi lucidi e arrossati ne ebbi la conferma.

-Che cosa mi prende?- disse a metà tra una domanda e un’affermazione.
-Si.- risposi fingendo tranquillità.
-Non lo so.-
-Andiamo Scar…-
-Davvero Mike. Io non lo so, mi sento qualcosa qui.- singhiozzò posandosi una mano sullo stomaco.
-Scar quello non è altro che senso di colpa, smettila di pensare a Landon.-
-Non ci riesco. Mi sento un’approfittatrice…-
-Cosa posso fare per farti capire che ti sbagli?-

Si strofinò gli occhi con palmo delle mani e poi le portò tra i capelli. Quando alzò lo sguardo vidi la disperazione nel suo sguardo.
Catturai una lacrima con il pollice e restai con la mano poggiata al suo viso mentre la fissavo.
Se ci penso ora mi sento un cretino, ma in quel momento non riuscii a fare a meno di compiere quel gesto.
Spostai la mano dietro la sua nuca e portai il suo viso verso il mio.

Pochi secondi.

Assaporai il sapore di lampone che quella caramella regalava alle sue labbra mi feci largo con la lingua nella sua bocca.

Ancora pochi secondi, prima che mi allontanasse da se con gli occhi sbarrati incredula di quello che aveva appena vissuto.

-Michael.- mormorò toccandosi appena il labbro inferiore con due dita.
Non risposi. Deglutii a fatica e indietreggiai di qualche centimetro. Le tempie pulsavano forti, accompagnate dal battito accelerato del mio cuore. Sentii lo stomaco attorcigliarsi facendomi contrarre i muscoli dell’addome senza volerlo.

Se ne tornò in casa e io non ebbi nemmeno il coraggio di voltarmi. Restai fermo in quella posizione per un po’ di minuti a chiedermi cosa diavolo mi fosse passato per la testa in quel momento.

Niente.

Era proprio quello il punto! Avevo agito senza ragionare, senza rendermi conto che quell’azione avrebbe cambiato tutto.


Inutile dire che si rinchiuse in camera e non uscì neanche per il pranzo. Fu molto difficile per me andare a bussare alla sua porta perché una volta incrociato il suo sguardo non sarei riuscito a concludere nulla: avrei cominciato a balbettare rosso come un pomodoro fino a quando mi avrebbe sbattuto la porta in faccia.
Ma non potevo lasciare quella situazione così, in sospeso. Lei aveva solo venticinque anni, mentre io mi avvicinavo sempre di più alla mezza età. Dovevo comportarmi da uomo maturo, anche se non ne avevo alcuna voglia.

-Scar- bussai piano.
-Che cosa c’è?- rispose subito.
-E’ da questa mattina che sei chiusa lì dentro, vieni a pranzo.-
-Non ho fame.-
-Avanti… Non farti pregare.-
-No, grazie.-
-Scar devo parlarti.- le dissi supplicandola.

Non ci fu risposta a quella preghiera, avvertii il rumore della chiave che girava dentro la serratura.
Sbirciò con gli occhi prima di aprire completamente la porta.

-Potresti venire a tavola per favore?- le domandai per l’ennesima volta.

A quel punto spalancò la porta della camera e andò a sedersi sul letto.
-Perché l’hai fatto?-
-Scar… io non lo so…-
-Non dovevi.- disse fra sé.
-Perché è così grave per te?- domandai piccato.
Ok, magari aveva tutte le motivazioni per essere arrabbiata. Il suo stato emotivo in quel momento non era dei migliori, ma sembrava che provasse quasi paura nei miei confronti. Ogni volta che mi avvicinavo lei si allontanava di qualche centimetro, mi faceva sentire un mostro.

-Perché forse lo desideravo anch’io.-

Entrai in confusione. Mi voleva e non mi voleva allo stesso tempo.
Quando presi il suo viso tra le mani vidi una sorta di cocktail di emozioni. Era come se i suoi occhi mi dicessero ”prendimi” e “lasciami” allo stesso tempo.
Prima di ricadere di nuovo in quella trappola, in quel pozzo di desiderio che era la sua bocca, mi allontanai.

-Devo andare.- le sussurrai all’orecchio.

La guardai per l’ultima volta con gli occhi che trasmettevano voglia e insoddisfazione e chiusi la porta.
Il mio istinto mi urlava di tornare indietro e darle tutta la passione che avevo in corpo, fino all’ultima goccia. Ma la mia ragione mi spingeva verso la mia camera e mi costringeva a chiudermi a chiave per placare quel desiderio di farla mia.




***







Quell’enorme camera. Di nuovo solo, di nuovo bisognoso d’amore.
Mi piaceva tutto di quella ragazza, per fino i suoi momenti d’isteria! Non era il desiderio di averla tra le mie braccia a farmi capire che forse l’amavo, bensì il contrario.
L’amavo abbastanza da desiderarla, da voler scoprire quel corpo che mai avevo visto senza quei vestiti che facevano tanto “ragazzina indifesa”.
Sì, perché sotto quelle t-shirt e quei sandali colorati c’era una donna a tutti gli effetti.
La sua vita stretta e asciutta invitava, anzi, supplicava le mie mani ad abbracciarla e accarezzarla. Le sue gambe, non lunghissime ma snelle e lisce mi incantavano come se fossi sotto l’effetto di una magia.
E quel ventre piatto mi sussurrava: “baciami…”, “mordimi…”

L’acqua fredda mi riportò bruscamente alla realtà! Presi l’asciugamani e mi tamponai delicatamente il viso.
-Sei fregato!- dissi alla mia immagine riflessa.
-Eh sì, sono proprio fregato! Ma perché deve essere tutto così dannatamente difficile?!-

Prima che potessi finire di recitare il mio monologo bussarono alla porta.
Lanciai l’asciugamani sul pavimento(si lo ammetto sono un gran disordinato!) e andai ad aprire.

-Scar…-
-Senti Mike, io non voglio che le cose cambino tra di noi…- attaccò subito a parlare.
-Neanche io!- la interruppi.
-Sono ancora le tre, potremmo fare qualcosa insieme.-
-Beh, io avevo in mente di fare un picnic...vero.-

Risi.
Rise.

-Perché cos’hai da dire sul mio picnic-hotel?-
-Niente…- sogghignai incrociando le braccia al petto.

Mi lanciò un’occhiataccia e si sciolse la lunga coda per rifarla meglio.
-Allora, dici tu a Mary di preparare tutto l’occorrente?-
-Non mi sembra il caso Mike, sei tu il padrone di casa.-
-E allora? Avanti, io devo finire di farmi bello.-
-Sai anch’io ho il diritto di farmi bella caro il mio signorino!-
-Ma tu non ne hai bisogno…- mormorai con tono caldo.
-Ehm ehm… Io…io ora vado da... Come si chiama? Mary…vado…vado a dirle di…-
-Si…- risposi ridendo.



***






Posai il pesante cesto e l’ombrello da sole sull’erba e mi accasciai. Ero stanco morto, forse perché mi toccò trascinare quei dieci chili di roba che Scar aveva fatto mettere nel cesto. Lei saltellava per il prato mentre io cercavo di riprendere fiato di riacquisire la sensibilità alle mani e alle braccia.
Prendetemi pure per una mammoletta! Non m’importa!
Non mi ero mai atteggiato a "macho super forzuto" e non mi vergognavo di mostrare le mie debolezze!

-Avanti femminuccia! Alzati, siamo in mezzo al verde cosa ci fai spaparanzato lì?!-
-Vuoi provare a trasportare un cesto pesante per tutto il ranch? Ti sfido.-
-E va bene al ritorno lo porto io.-
-Al ritorno sarà vuoto, furbacchiona!-

Si sdraiò accanto a me e si mise a fissare il cielo. Per la prima volta vedevo spensieratezza nei suoi occhi. Erano più grandi, più vispi e più sereni… Non l’avevo mai vista così.
-Ehi Mike…-
-Si?-
-Guarda quella nuvola…-
-Quale?-
-Quella… Ti somiglia sai?-
-A me pare un porcellino…-
-Appunto!- ridacchiò soddisfatta di essere riuscita a fregarmi.

Si rotolò sull’erba e si mise a pancia in giù lasciandosi coccolare dal profumo dei fiori e dalla morbidezza dei loro petali. Il momento giusto per vendicarmi.

-Scar…-
-Si?-
-Hai un ragno QUI- dissi urlando l’ultima parola per farla spaventare.
Sobbalzò da terra e cominciò a battere le mani sui vestiti per farlo andare via.

-Toglilo Mike, mi fanno schifo i ragni!!!-

Guardai soddisfatto il mio capolavoro e poi attaccai immediatamente a ridere come un matto. Si agitava come una pazza e non si era ancora accorta che non esisteva alcun ragno. Si voltò verso di me e mi vide ridere.

-Ah è così?- disse con aria di sfida.
Mi fece girare a pancia in giù e si poggiò con le ginocchia sulla schiena facendomi mancare il respiro.
-Allora, lo farai un’altra volta?- mi domandò cattiva all’orecchio mentre con una mano mi stringeva le guance.
-No..- risposi a fatica.
-Bene!-

Si tolse dalla mia schiena e si diresse verso il cesto per preparare il tutto.
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