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Broken Hearted Girl (in corso). Rating: rosso

Ultimo Aggiornamento: 30/03/2011 21:56
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13/03/2011 19:07
 
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L'amore è bensì una nebbia sollevata con il fumo dei sospiri e se questa si dissipi è un fuoco che sfavilla negli occhi degli amanti e se sia contrariato non è che un mare nutrito dalle lacrime di quegli stessi amanti. E che cos'altro può mai esser l'amore se non una follia molto segreta, un'amarezza soffocante e una salutare dolcezza.
William Shakespeare



Episodio 10(come sempre i pensieri in rosso sono quelli di Scar)

-Scar?!-

Niente.

-Scar puoi venire a darmi una mano?-

Ancora niente.

-Insomma sei forse sorda?- urlai a perdifiato.

Corse verso di me sorridendo e si piegò in avanti con le mani sui fianchi per riprendere fiato.

-Hai…hai detto qualcosa?-
-Si! Ti chiamo da mezz’ora.-
-Ma che brontolone che sei! Cosa c’è?-
-C’è che devi aiutarmi a fissare quest’ombrellone, sto friggendo come un vampiro!-
-Agli ordini Conte…-
-Spiritosa!-

Mentre lei manteneva l’ombrellone io cercavo di fissarlo al suolo, sembrava così facile ma in realtà non lo era affatto! Era la prima volta che qualcuno scherzava con me su quel problema. Sì, la vitiligine. Ogni volta che ne parlavo con qualcuno questo cambiava espressione e cercava di evitare il discorso. Forse perché in realtà nessuno mi credeva davvero, erano tutti convinti che mi fossi sbiancato la pelle volontariamente.
Ma lei no, rispose con una naturalezza che mi riempì il cuore di gioia. Capii che potevo parlare con lei di ogni cosa senza dovermi preoccupare di essere giudicato.

Finalmente riuscimmo a fissare quel maledetto ombrellone. Scar portò il cesto all’ombra e si accorse che era veramente pesante, tanto che per poco non cadde in avanti per lo sforzo.

-Pesa un accidenti!-
-Ma non mi dire!-



***






Si mise a sedere a gambe incrociate con un unico agile movimento.
Sembrava felice di essere lì con me, ed io ero strafelice di essere lì con lei.
I suoi capelli svolazzavano morbidi ad ogni folata di vento e quella luce metteva in risalto la sua carnagione leggermente scura.

-Sai Scar, presto avrò un bambino.- dissi interrompendo quel silenzio.
-No! Sei una donna?!- rispose scherzando per nascondere la sua delusione.
-Piantala…-
-E chi è la fortunata? se posso chiedere.- domandò continuando a fingere indifferenza.
-Beh, lo sa tutto il mondo.-
-Tutto il mondo tranne io!-
-Debbie Rowe.-
-Mai sentita…-
-Non guardi molto la tv, tu.-
-No, non la guardo per niente…-
-Fai bene…-

Restammo zitti per un po’, dopodiché riattaccai a parlare.

-Nascerà a febbraio…-
-Sembri felice… Ti brillano gli occhi!-
-Lo sono…-
-Quindi sei sposato?- chiese incredula dopo aver registrato il significato di quelle parole nella mente.
-No, ma ho intenzione di farlo…-
-Perdona la mia domanda: ma Debbie sa della mia esistenza?-
-No…-

Buttò il tramezzino sull’erba e si pulì le mani sui pantaloni.
-Coooosa? Michael sei forse impazzito?-
-Ascolta…-
-No io non ascolto un bel niente… Mi stai nascondendo alla tua futura moglie? E stamattina mi hai anche…-
-Scar!-,urlai -Ascoltami! Io e Debbie non stiamo insieme. Lei…lei mi sta facendo un grosso favore…ecco.-
-Sono confusa…-
-Anch’io, ma è così. In termini tecnici, mi ha dato in prestito il suo utero.-
-Oh… Capisco.-

Ancora una volta silenzio. Osservavo il suo viso ne ammiravo le caratteristiche.
Il taglio dei suoi occhi era peccaminoso e innocente allo stesso tempo; i suoi denti bianchi come la neve e la sua pelle pareva di velluto.
Scesi un po’ con lo sguardo: il suo collo fino sembrava fatto a posta per essere baciato; le sue spalle per essere mordicchiate dolcemente; i suoi seni per affondarci dentro.
Ogni parte del suo corpo sembrava fatta per essere amata e goduta.


*


Il suo viso trasmetteva vigore e mascolinità, ma allo stesso tempo dolcezza e timidezza.
Quei capelli neri come la notte e ricci come piccoli anellini contornavano la sua bellezza insolita e unica.
Le sue labbra quando si stiravano in un sorriso mi trasmettevano tranquillità ed eccitazione. Le sue mani grandi si muovevano con grazia e le sue gambe formate dal ballo sembravano fatte a posta per fantasticarci su senza pudore.
Fu un attimo. Senza capire cosa stesse succedendo esattamente sentii di nuovo il sapore della sua bocca.



*



Si mise a cavalcioni su di me e mi baciò con avidità, come se non aspettasse altro da tempo.
Le mie mani scivolarono intorno alla sua vita e il cotone della maglietta si sollevò lasciando intravedere il suo ventre piatto.
Un lieve sospirò uscì dalla sua bocca accompagnato da una serie di brividi lungo la schiena.
Chiusi le mani a coppa sul suo viso e la guardai negli occhi. L’unica cosa che desideravo era nutrirmi ancora dei suoi dolci baci e avvolgere il suo corpo tra le mie braccia.
Affondò il viso nel mio collo e ne assaporò ogni parte.

-Non fermarti…- la supplicai mentre staccava le labbra dalla mia pelle.
Mi spinse scherzosamente sul prato e mi sbottonò la camicia lentamente, mentre il suo bacino già ondeggiava sul mio a ritmo dei suoi profondi respiri.
Si chinò in avanti per baciarmi il petto e i suoi lunghi capelli mi solleticarono il collo e il viso.
Il fresco venticello che asciugava quei baci mi provocava dei brividi lungo tutto il corpo e le sue mani si muovevano con tocco gentile sul mio basso ventre.

La liberai dalla canotta bianca e ammirai i suoi seni sodi e prosperosi dal basso mentre una mano aveva già cominciato ad accarezzarli senza che me ne rendessi conto.
Mi sollevai con la schiena e affondai il naso e la bocca nel canale che li divideva. Con una mano dietro la mia nuca spinse con forza il mio viso e piegò la testa gemendo.

Ero ancora in tempo, ancora cosciente e padrone di me stesso. La presi per i polsi e l’allontanai da me.

-Scar…-
-Cosa?- mormorò appena.
-Non voglio essere uno sfogo per te, un mezzo per dimenticare Landon e tutto il resto.-
-Non ho bisogno di sesso per stare meglio, Mike. Io TI desidero, desidero stare con te. Adesso.-
-Giura.-
-No, non mi metto a fare “giurin giurello” mezza svestita e sull’orlo di un orgasmo.-

Si era trasformata. Sì. Sembrava un’altra ragazza, non l’avevo mai vista così sfacciata.
Mentre tentavo di parlare soffocava le mie parole infilandomi la lingua in bocca. Resistetti una volta, due, tre. Poi non riuscii più a tenerle testa: l’afferrai per i fianchi e mi girai ritrovandomi su di lei.
Le sue gambe si allacciavano strette intorno al mio bacino, spingevo con forza il mio sesso contro il suo e ad ogni spinta mi gustavo i suoi gemiti e le sue espressioni di piacere.

Si aggrappò letteralmente alle mie natiche mentre la sua lingua disegnava piccoli cerchi sul mio collo.
I nostri movimenti perfettamente sincronizzati prendevano un’andatura sempre più veloce, inarcò la schiena per permettermi di liberarla da quei jeans rigidi e fastidiosi e avvertii il calore delle sue gambe sui miei fianchi.
Le mie dita camminarono scherzosamente sulle sue cosce fino ad arrivare in quegli slip bianchi di cotone inumiditi dai suoi umori caldi e vischiosi.
Al mio tocco emise un breve gemito accompagnato da un’espressione di godimento. Le sue labbra, inumidite in continuazione dalla mia lingua prendevano le forme più belle ed eccitanti. Non le staccai gli occhi di dosso neanche per un secondo.
Beh, forse per un po’ sì: quando la sua mano fresca e agitata si introdusse nei mie slip. A quel punto socchiusi gli occhi, incapace di riuscire a tenerli aperti e stordito da quel piacere inaspettato.
Mi abbassai i pantaloni quel po’ che bastava e spostai i suoi slip con due dita.

La penetrai dolcemente, appena lo avvertì dentro di sé contrasse tutti i muscoli e sentii come se mi stesse risucchiando dentro lei.
Chinai il capo sul suo seno e mi lasciai accarezzare dolcemente la schiena e i capelli mentre mi muovevo delicato dentro di lei.

-Non fermarti, non adesso.- mi pregò con il viso in fiamme e il collo inumidito dal sudore.
L’orgasmo ormai prossimo stava già pervadendo i muscoli delle mie gambe e il basso ventre.
Resisti.
Resisti.
Resisti.
Si avvinghiò a me come una medusa e liberò una serie di gemiti lunghi e quasi urlati.
Mi lasciai andare anch’io, soffocando i miei gridolini nel suo collo caldo, quasi bollente.



Seduta di fronte a me, mi guardava sorridendo. I suoi capelli scompigliati mi divertivano e i suoi lineamenti morbidi mi regalavano spensieratezza.
Spero che nessuno descriva mai la mia espressione e il mio aspetto in quel momento. Mi sentivo sconvolto, come se mi fosse passato sopra un uragano.
Non facevo l’amore da molto tempo, moltissimo. E mi sentivo come sotto l’effetto di droga, mi muovevo lento e svogliato e avvertivo stanchezza nei muscoli delle gambe e delle braccia.

Restammo in silenzio tutto il tempo, non c’era bisogno di parole perché erano gli sguardi a parlare per noi.
Il sole stava tramontando, ci godemmo quello spettacolo seduti vicini, mano nella mano, poi tornammo a casa.
Per tutto il tragitto un sorriso insolito segnò il suo viso e i suoi occhi mi trasmettevano amore…
14/03/2011 20:41
 
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Everywhere I'm looking now
I'm surrounded by your embrace
Baby I can see you halo
You know you're my saving grace
You're everything I need and more
It's written all over you face
Baby I can feel your halo
Pray it won't fade away...

Halo, Beyoncè

Episodio 11

Era notte fonda. Nel ranch regnava il silenzio assoluto. Seduti a lati opposti del grande divano ci scambiavamo sorrisi e sguardi intensi.
Posava gli occhi sul suo libro e un attimo dopo di nuovo su di me. Accarezzavo le sue gambe scoperte e ridevo compiaciuto dei brividi che le provocavo.
Mi ero innamorato. Eh già…

-Dammi un bacio.- le dissi.
-Vieni a prendertelo.- mi rispose maliziosa.

Avanzai carponi e le stampai sulle labbra un bacio rumoroso. Senza staccarle gli occhi di dosso tornai al mio posto, guardai l’orologio appeso al muro e alla fine mi feci coraggio.

-Andiamo a dormire?-
-Vai pure, io resto qui ancora un po’.- mi rispose continuando a leggere.

Feci una breve pausa.

-Mi chiedevo se…- mi fermai.
-Se?-
-Se magari ti andava di dormire in camera mia…-
-Certo, va bene.- rispose con naturalezza.


E io che mi ero preparato anche il discorso… Cominciai a capire che ero io ad essere troppo timido e riservato. Dopo quello che era successo al picnic non avrei dovuto crearmi certi problemi, e invece mi ritrovavo ogni volta a sudare freddo per le più piccole sciocchezze.

-Allora… andiamo?-
-Vai pure, io arrivo tra un po’.-

Mi misi a sedere un’altra volta di fronte a lei.
Alzò gli occhi dal libro e rise.
-Non c’è bisogno che mi aspetti, Mike. Vai pure a dormire.-

Le tolsi il libro dalle mani e lo lanciai sul tappeto.

-Ehi, io stavo ancora leggendo!-
-Non più-, le dissi baciandole il collo -Vieni a letto con me…-
-Non vuoi dormire da solo? Cos’è, hai paura?- mi prese in giro.
-Sì, sì ho paura!- risposi serio.
-Stavo solo scherzando…-

Mi alzai dal divano, questa volta con l’intenzione di andarmene in camera. Presi il libro dal tappeto e glie lo posai sulle gambe.

-Perdonami. Sono un cretino! Continua a leggere, io ti aspetto di sopra.-

La sua espressione confusa mi fece sentire ancora di più in colpa per come mi ero appena comportato. Ma avevo sempre odiato andare a dormire da solo e ora che avevo qualcuno accanto volevo recuperare tutto il tempo perso, tutte le notti piene di sofferenza senza qualcuno che mi stringesse a sé tra le fresche lenzuola.

Mi seguì immediatamente. E questo mi fece sentire ancora di più in colpa perché fu come se l’avessi costretta frignando come un bambino capriccioso.

-Mike?- mi chiamava mentre salivamo tutti e due su per le scale.
Non mi voltai, continuai a camminare e accelerai il passo.
-Mike, per favore.-

Ora per il lungo corridoio. Non sapevo perché mi stavo comportando in quel modo, non riuscivo a fermarmi.
Riuscì a raggiungermi, mi afferrò per il braccio e mi fece voltare verso di lei.

-Cosa diavolo ti prende?! - domandò irritata.
-Niente…-
-Oh questo lo chiami niente?-
-Senti, non mi va di parlarne.-
-Invece NOI ne parliamo ADESSO!-
-Che cosa vuoi che ti dica? Che sono uno stupido egoista?Che se c’è qualcuno che ha bisogno dello psicologo quello sono io?-
-Chi è che ha bisogno dello psicologo?- chiese incrociando le braccia al petto.
-Non è questo il punto.- risposi cercando di cambiare discorso.
-Uhm… Andiamo in camera, sono stanca.-
-Non devi se non ne hai voglia…-
-Michael… Ti prego.

Quel rimprovero me l’ero meritato TUTTO. Mi zittii e mi diressi in camera con lei.


_____________________________



New York.

Nel suo appartamento grande e costoso, seduto in terrazzo, Landon fumava tranquillo e spensierato la sua sigaretta accompagnata da un caffè.
Era solo questione di minuti, presto si sarebbe diretto in aeroporto.
Niente valige: solo una carta di credito e un indirizzo. Come diavolo ha fatto?! vi starete chiedendo.
Niente di più facile, gli bastò controllare l’estratto conto della carta di credito di Scar, la sua posta arrivava ancora a casa sua.
“Ti facevo più intelligente”, pensò con un ghigno sulla faccia quando aprì quella busta.
Non sapeva dove si trovasse, sapeva solo che doveva andare a Los Angeles.
Un’impresa a dir poco impossibile, la sua. Non l’avrebbe mai trovata cercando per quella gigantesca città senza una meta precisa. Il suo unico punto di riferimento era una boutique di cosmetici.

-Io dico che è meglio se lasci perdere, Los Angeles è immensa. E poi…non ne vale la pena.- gli consigliò Damon mentre si gustava la sua birra ghiacciata.

-Se n’è andata come una schifosa ladra nel cuore della notte, dopo tutto quello che ho fatto per lei!-
-Andiamo fratello, stavi diventando un dannato ubriacone “picchiamoglie”… Non mi meraviglia che ti abbia lasciato. Anzi, mi chiedo perché non l’abbia fatto prima.-
-Avevo solo bisogno di tempo…-
-Per cosa? Per prendere lezioni di box e pestarla con stile?-
-Senti, fatti gli affari tuoi…- lo minacciò.
-Come vuoi, ma per me è tempo sprecato. Non la troverai mai.-

Senza degnarlo neanche più di uno sguardo, indossò il suo giubbotto di pelle e mise il portafogli nella tasca interna.

-Sai quanto mi è costato quest’appartamento, quindi niente stronzate. Intesi?.-
-Vai tranquillo fratello…- disse ridendo.
-Non scherzo, se trovo una sola cosa fuori posto ti spacco la faccia.-
-Rilassati!- gli posò una mano sulla spalla e gli infilò una sigaretta in bocca, -ne hai un gran bisogno.-

_____________________________

Il rumore dell’acqua mi svegliò dolcemente. Mi stiracchiai sbadigliando e mi misi seduto.
Ero ancora molto assonnato, ma avevo dormito meravigliosamente quella notte.
Ripensai a quell’episodio e ancora una volta mi vergognai. Mi ero comportato come un bambino, mentre lei aveva dimostrato di essere matura e la sua magnanimità non aveva fatto altro che peggiorare le cose.
Sì, perché una volta sotto le coperte si comportò come se non fosse successo niente.
Quando sentii le sue mani infilarsi sotto la maglia del pigiama mi voltai verso di lei e mi feci amare fino allo stremo delle forze.

-Scar?- bussai.
-Si?- gridò dalla doccia.
-Posso?-
-Sì entra pure.-

Mi affaccia prima con la testa e poi entrai chiudendomi la porta alle spalle. Il grande specchio era appannato dal vapore e il vetro della doccia anche. Intravedevo il suo corpo tra le linee che lasciavano le goccioline che scorrevano veloci sul vetro del box.

-Come mai già sveglia?-
-Eh?-
-Ho detto: come mai già sveglia?-
-Non so, non avevo più voglia di dormire.-
-Siamo andati a letto tardi ieri.-
-Già.-
-Tutto bene?- le chiesi.
Sembrava di poche parole quella mattina, ma forse era solo la mia impressione.

-Sì.- chiuse il getto dell’acqua e prese l’accappatoio, -Perché me lo chiedi?-
Non risposi, ero incantato dal suo corpo nudo e bagnato davanti ai miei occhi.
-Mike? Ci sei?-
-Eh?-
-Cosa eh? Ti sei drogato per caso?-
-Perché?-
-Perché questa mattina non connetti.-
-Puoi ripetere la domanda?-

Mi lanciò un’occhiataccia e annodò per bene la fascia dell’accappatoio alla vita.
I suoi capelli emanavano un profumo dolcissimo, sembravano fatti di cioccolata.

-Smettila di fissarmi.- disse timida.
-Vieni qui…- mormorai a voce bassissima.

Senza farsi pregare posò la spazzola sul piano di marmo e si avvicinò a me. Il suo bacio fresco mi entrò perfino nelle vene e le sue gambe ancora umide s’incrociavano con le mie.
La sua mano si infilò nel mio pantalone e cominciò a muoversi lenta ma decisa.

-Dammi il tempo di lavarmi i denti, almeno.- le dissi.
Mi guardò fingendo di essersi offesa e ritirò la mano.
-Ti pare questo il modo?-
-Che c’è?- chiesi divertito.
-Io sono qui a… e tu? Senti il bisogno di lavarti i denti?-
-Se anche tu avessi avuto la bocca impastata non ci sarebbero stati problemi. Ma tu arrivi con il tuo alito fresco e i tuoi denti scintillanti… Non vale.-
-Sei un idiota.- disse uscendo dal bagno.
-No non lo sono.-
-Sì che lo sei.- gridò dall’altra stanza.

Mi spazzolai velocemente i denti e mi precipitai in camera credendo di trovarla ancora in accappatoio ad aspettarmi.
E invece no, era vestita e pronta scendere. Mi guardò alzando un sopracciglio e sorrise vendicativa.
-Mi dispiace, ma sento il bisogno di fare colazione. Magari ne riparliamo stasera.-
-Che stronza!-
-Oh, ma allora sei un essere umano… Pensavo ti avessero programmato per essere sempre gentile e premuroso.-
-Ancora più stronza!-
-Ehi, non prenderci gusto.-



***





Uscì dall’aeroporto stanco del viaggio e si fermò in una caffetteria. Damon non aveva tutti i torti: sarebbe stato impossibile trovarla.
E poi non era neanche sicuro che Scar si trovasse ancora lì. Gli mancava. Gli mancava da morire.
Non era lì per darle la caccia e costringerla a tornare a casa con lui, ma per chiederle perdono e supplicarla di ritornare a New York.
Si sentiva un verme, ma non voleva darlo a vedere. Ogni volta che ripensava a tutte le botte che le aveva dato, a tutto il male che le aveva fatto, avvertiva un dolore tremendo allo stomaco e spesso si ritrovava anche a vomitare.
Perché allora? Perché l’aveva fatto?
Non sapeva spiegarselo neanche lui, era accecato dall’amore. Da un’ossessione morbosa, dal desiderio di averla tutta per sé, e non si rendeva conto di nulla quando la colpiva ripetutamente per costringerla ad AMARLO.

Subito dopo quelle botte la stringeva forte a sé, piangeva come un bambino e la supplicava di non lasciarlo.
E lei, per pietà e disperazione lo abbracciava a sua volta e lo illudeva di esserne ancora innamorata.
“Non ti farò mai più del male”, le ripeteva sempre ma la volta successiva picchiava sempre più forte, sempre più a lungo.

Il caffè gli risalì in bocca per i dolori allo stomaco, ma fortunatamente riuscì a trattenersi.
Pagò il conto e uscì dalla caffetteria. La sua domanda una volta fuori di lì fu: da dove comincio?
Los Angeles: frenetica e immensa.
Solo un colpo di fortuna avrebbe potuto aiutarlo.
15/03/2011 18:59
 
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Episodio 12

Pioveva a dirotto.
Landon, nella sua camera piccola ed accogliente guardava fuori dalla finestra quell'immensa città.
Sapeva che da qualche parte c'era la sua Scar, magari era a pochi passi da lui, magari nello stesso Motel, magari nella stanza accanto.
Diede l'ultimo morso al suo cheeseburger e chiuse nella busta impregnata d'olio gli avanzi di quella "cena".
Era molto tardi. Aveva vagato per Los Angeles per tutto il giorno, scrutando attentamente in ogni parco, ogni negozio e ogni ristorante. Ma niente.
Non voleva neanche immaginare quanto avesse speso di taxi quel giorno.
Ci fu un momento in cui decise di mollare tutto, disse al tassista di portarlo all'aeroporto, voleva tornare a New York. Ma quando la vettura arrivò a destinazione chinò il capo sconfortato.

-Mi riporti al Motel, per favore.- mormorò con la voce rotta dal pianto.

Ripensando agli anni del liceo si chiedeva cosa fosse cambiato in lui. Era tutto diverso, tutto più bello.
Scar lo amava davvero e lui era completamente perduto per lei.
E invece ora... Ora le metteva le mani addosso, le succhiava la vita giorno per giorno.
"Non me la merito", pensò. Ma non poteva fare a meno di lei, voleva riprovarci, ricominciare da zero. Amarla davvero.



***






-Che cosa stai facendo?- le chiesi abbracciadola da dietro.
-Ti preparo un dolce... Contento?-
-Vuoi uccidermi vero?-
-Smettila di fare lo scemo!- esclamò spingendomi via.

Era bellissima. Aveva i capelli raccolti disordinatamente da una pinza dorata, e dei ciuffi ondulati e ribelli cadevano come una cascata da quell'acconciatura semplice.
Sapevo che odiava essere fissata, ma non riuscivo proprio a staccarle gli occhi di dosso.
Le sue movenze maldestre in cucina mi divertivano da morire, aveva rotto tre uova senza riuscire a separare l'albume dal tuorlo, senza contare la scatola di zucchero caduta sul piano del lavandino e il piatto rotto.

-Che dolce stai "tentando" di preparare?-
-Tiramisù...-
-E' uno dei dolci più facili da preparare, non va neanche in forno...per fortuna.- dissi tra me.
-Ti ho sentito sai? e poi visto che fai tanto il saputello perchè non lo prepari tu?-
-Perchè non sei obbligaata a farlo, e quindi io sono sono obbligato ad aiutarti...-

Tirò fuori la lingua e prese lo sbarritore. Ci mise esattamente cinque minuti pieni per capire come usarlo e proprio quando avevo deciso di uscire dalla cucina fui investito da una pioggia di crema. Aveva inserito la funzione turbo e la crema nella ciotola si era praticamente dispersa nell'aria.

-Ops...-
-Ops un corno Scar! Sei un impiastro! Gurda che hai fatto!-
-Dai non arrabbiarti.-
-La torta volevo mangiarla, non indossarla...-
-E' stato divertente...- rise.
-Per te.-

Avanzò verso di me come una gatta e leccò una goccia di crema sul mio viso.

-Io la torta l'ho preparata... ed è anche molto buona.- mi sussurrò all'orecchio con tono sensuale.

La presi per le cosce e la feci sedere sul tavolo impiastrato di caffè, zucchero e chissà che altro.
Abbassai le spalline della canotta e le dieti piccoli baci sulle spalle e sul collo.
La sentii rilassarsi e ansimare piano.

-Non possiamo.Se arriva quacuno...- dissi senza riuscire a staccare le labbra dal suo collo.
Mi ignorò sfacciamtamente e continuò a farsi baciare.
-Andiamo in camera...- aggiunsi.
-No... Voglio farlo qui...-
-Sei impazzita?! E se ci beccano?-
-E' o non è casa tua questa?!- esclamò.
-Questo non...-
-Sta zitto!- mi interruppe.
Mi tirò a sè e mi sbottonò i pantaloni.
Sapevo che era sbagliato, sapevo che da un momento all'altro sarebbe potuto entrare qualcuno ma non m'importava.
Non riuscivo a dirle di no ed troppo eccitato da quella situazione.
La invitai a stendersi con delicatezza, alzai la gonna e le tolsi gli slip.



***





Dite la verità, credete che mi sia dimenticato di Debbie... e invece no!
Anche se ero innamorato e finalmente un po' felice Debbie era il primo dei miei pensieri al mattino e l'ultimo prima di andare a dormire.
La chiamavo sempre, spesso anche diverse volte al giorno.
Non so perchè non le parlai di Scar. Lei era la madre di mio figlio, dopotutto. E non me la sentii, anche se tra di noi non c'era nient'altro che amicizia.

E poi avevo intenzione di sposarla, anche se sarebbe stato un matrimonio di facciata. Un bel casino, ma ero certo che Scar avrebbe capito.

-Ehi... come sta la mammina?-
-Mike sai che non voglio che mi chiami così.- asserì Debbie.
-E come sta il mio angioletto?-
-Sta bene, forse tra qualche settimana ci diranno il sesso.-
-Davvero?-
-Già... passa a trovarmi se ti va...-
-C..certo.-
-Tutto bene?-
-Sì, sì Debbie... Ci vediamo allora...Ciao.-
-Ciao Mike.-

Riattaccai e guardai fuori dalla finestra. Aveva smesso di piovere, finalmente.
Il tour era ormai alle porte, mancava solo una settimana e non avevo alcuna intenzione di trovare un'altra sistemazione per Scar.
Sarebbe rimasta a Neverland, e una volta terminato il tour sarei tornato a casa e avrei trovato ad aspettarmi una vera famiglia.
Non ne avevo ancora parlato con lei, ma ero sicuro che mi avrebbe detto di sì...


*



-Te lo scordi, Mike!-
-Perchè no? Non hai un posto dove andare, non hai un lavoro...-
-Troverò sia uno che l'altro.- brontolò mentre si spalmava la crema sulle gambe.
-Tu resti qui a Neverland. Discussione chiusa!- esclamai tentando la tattica del padre padrone...

-E chi sei tu?Mio padre?-

...Che non funzionò neanche per sogno...

-Avanti Scar, fallo per me.-
-Mike non posso, non mi va di restare qui senza di te. Non me la sento.-
-Io tornerò presto...-
-Ci devo pensare, ma non ti assicuro niente.-

Si infilò i suoi Denim straconsumati e prese la borsa.

-Dove stai andando?-
-Ho bisogno di biancheria intima...-
-Mando qualcuno a comprartela.-
-No, grazie. Voglio andarci io...- mi stampò un bacio sulle labbra e uscì dalla camera.
-Come desideri.- dissi a me stesso.




***





Chiuse lo sportello del taxi e si guardò intorno. Una marea di gente entrava ed usciva da quei negozi e solo la vista gli dava il mal di testa.
Cominciò a passeggiare con le mani in tasca guardando attentamente in ogni punto di quella strada. La sua ultima speranza fu adottare il sistema: "Ha visto questa ragazza?", tirando fuori una foto di Scar.
Si sentiva ridicolo, ma non poteva fare altro.


Fu un attimo.
Girò la testa, come se qualcosa avesse richiamato la sua attenzione.
I loro sguardi si incrociarono.
Per un istante il tempo si fermò. Prima di comincire a correrle dietro le sorrise per tranquillizzarla, ma quel sorriso non servì a nulla.
Scar terrorizzata non sapeva cosa fare, se ritornare nel negozio o correre verso la macchina di Louis.
Non era molto lontana, ma purtroppo ad "acchiapparello" aveva sempre vinto lui.

Alla fine decise, cominciò a correre tra la gente più in fretta che poteva e pregava di riuscire ad arrivare alla macchina in tempo.

-Scar!-

Si voltò senza fermarsi.

-Scar aspetta!-

La sua voce era sempre più vicina e le sue gambe sempre più stanche.

"Posso farcela!"

"Posso farcela!"

-Scar ti prego!- urlò affannato.

-Non voglio farti del male!-

Aprì lo sportello e scrollò Louis per le spalle che si era addormentato.

-Parti! Parti! Parti!-

-Cosa? Che succede?- biascicò Louis spaventato e stordito.

-Vuoi partire o no?!-

-Guarda che ingorgo! Non sarà facile uscire da qui.- disse tranquillo inconsapevole della situazione.

-La sicura!-

-Eh?-

-La sicura! Metti la sicura alle portiere!-

Obbedì confuso.
Subito dopo il rumore della sicura che si chiudeva sentì battere la mano di Landon sul vetro del finestrino.
Lui continuava a battere e lei continuava ad ignorarlo.

-Signorina, ma chi...-
-Louis, ti prego ignoralo.-

-Scar, apri!-
Un pugno.
-Apri questa dannata porta!-
Un altro pugno.
-Non voglio farti del male, te lo giuro... Ho bisogno di parlarti...- disse disperato.
Scar si voltò per un solo istante e lo vide piangere, poi chinò il capo immediatamente.
-Scar, per favore...- la pregò con voce flebile.
Quasi non lo sentì. La macchina cominciò finalmente a muoversi. Lo guardò negli occhi, alzò il dito medio e si girò soddisfatta e amareggiata allo stesso tempo.
15/03/2011 19:02
 
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Episodio 12

Pioveva a dirotto.
Landon, nella sua camera piccola ed accogliente guardava fuori dalla finestra quell'immensa città.
Sapeva che da qualche parte c'era la sua Scar, magari era a pochi passi da lui, magari nello stesso Motel, magari nella stanza accanto.
Diede l'ultimo morso al suo cheeseburger e chiuse nella busta impregnata d'olio gli avanzi di quella "cena".
Era molto tardi. Aveva vagato per Los Angeles per tutto il giorno, scrutando attentamente in ogni parco, ogni negozio e ogni ristorante. Ma niente.
Non voleva neanche immaginare quanto avesse speso di taxi quel giorno.
Ci fu un momento in cui decise di mollare tutto, disse al tassista di portarlo all'aeroporto, voleva tornare a New York. Ma quando la vettura arrivò a destinazione chinò il capo sconfortato.

-Mi riporti al Motel, per favore.- mormorò con la voce rotta dal pianto.

Ripensando agli anni del liceo si chiedeva cosa fosse cambiato in lui. Era tutto diverso, tutto più bello.
Scar lo amava davvero e lui era completamente perduto per lei.
E invece ora... Ora le metteva le mani addosso, le succhiava la vita giorno per giorno.
"Non me la merito", pensò. Ma non poteva fare a meno di lei, voleva riprovarci, ricominciare da zero. Amarla davvero.



***






-Che cosa stai facendo?- le chiesi abbracciadola da dietro.
-Ti preparo un dolce... Contento?-
-Vuoi uccidermi vero?-
-Smettila di fare lo scemo!- esclamò spingendomi via.

Era bellissima. Aveva i capelli raccolti disordinatamente da una pinza dorata, e dei ciuffi ondulati e ribelli cadevano come una cascata da quell'acconciatura semplice.
Sapevo che odiava essere fissata, ma non riuscivo proprio a staccarle gli occhi di dosso.
Le sue movenze maldestre in cucina mi divertivano da morire, aveva rotto tre uova senza riuscire a separare l'albume dal tuorlo, senza contare la scatola di zucchero caduta sul piano del lavandino e il piatto rotto.

-Che dolce stai "tentando" di preparare?-
-Tiramisù...-
-E' uno dei dolci più facili da preparare, non va neanche in forno...per fortuna.- dissi tra me.
-Ti ho sentito sai? e poi visto che fai tanto il saputello perchè non lo prepari tu?-
-Perchè non sei obbligaata a farlo, e quindi io sono sono obbligato ad aiutarti...-

Tirò fuori la lingua e prese lo sbarritore. Ci mise esattamente cinque minuti pieni per capire come usarlo e proprio quando avevo deciso di uscire dalla cucina fui investito da una pioggia di crema. Aveva inserito la funzione turbo e la crema nella ciotola si era praticamente dispersa nell'aria.

-Ops...-
-Ops un corno Scar! Sei un impiastro! Gurda che hai fatto!-
-Dai non arrabbiarti.-
-La torta volevo mangiarla, non indossarla...-
-E' stato divertente...- rise.
-Per te.-

Avanzò verso di me come una gatta e leccò una goccia di crema sul mio viso.

-Io la torta l'ho preparata... ed è anche molto buona.- mi sussurrò all'orecchio con tono sensuale.

La presi per le cosce e la feci sedere sul tavolo impiastrato di caffè, zucchero e chissà che altro.
Abbassai le spalline della canotta e le dieti piccoli baci sulle spalle e sul collo.
La sentii rilassarsi e ansimare piano.

-Non possiamo.Se arriva quacuno...- dissi senza riuscire a staccare le labbra dal suo collo.
Mi ignorò sfacciamtamente e continuò a farsi baciare.
-Andiamo in camera...- aggiunsi.
-No... Voglio farlo qui...-
-Sei impazzita?! E se ci beccano?-
-E' o non è casa tua questa?!- esclamò.
-Questo non...-
-Sta zitto!- mi interruppe.
Mi tirò a sè e mi sbottonò i pantaloni.
Sapevo che era sbagliato, sapevo che da un momento all'altro sarebbe potuto entrare qualcuno ma non m'importava.
Non riuscivo a dirle di no ed troppo eccitato da quella situazione.
La invitai a stendersi con delicatezza, alzai la gonna e le tolsi gli slip.



***





Dite la verità, credete che mi sia dimenticato di Debbie... e invece no!
Anche se ero innamorato e finalmente un po' felice Debbie era il primo dei miei pensieri al mattino e l'ultimo prima di andare a dormire.
La chiamavo sempre, spesso anche diverse volte al giorno.
Non so perchè non le parlai di Scar. Lei era la madre di mio figlio, dopotutto. E non me la sentii, anche se tra di noi non c'era nient'altro che amicizia.

E poi avevo intenzione di sposarla, anche se sarebbe stato un matrimonio di facciata. Un bel casino, ma ero certo che Scar avrebbe capito.

-Ehi... come sta la mammina?-
-Mike sai che non voglio che mi chiami così.- asserì Debbie.
-E come sta il mio angioletto?-
-Sta bene, forse tra qualche settimana ci diranno il sesso.-
-Davvero?-
-Già... passa a trovarmi se ti va...-
-C..certo.-
-Tutto bene?-
-Sì, sì Debbie... Ci vediamo allora...Ciao.-
-Ciao Mike.-

Riattaccai e guardai fuori dalla finestra. Aveva smesso di piovere, finalmente.
Il tour era ormai alle porte, mancava solo una settimana e non avevo alcuna intenzione di trovare un'altra sistemazione per Scar.
Sarebbe rimasta a Neverland, e una volta terminato il tour sarei tornato a casa e avrei trovato ad aspettarmi una vera famiglia.
Non ne avevo ancora parlato con lei, ma ero sicuro che mi avrebbe detto di sì...


*



-Te lo scordi, Mike!-
-Perchè no? Non hai un posto dove andare, non hai un lavoro...-
-Troverò sia uno che l'altro.- brontolò mentre si spalmava la crema sulle gambe.
-Tu resti qui a Neverland. Discussione chiusa!- esclamai tentando la tattica del padre padrone...

-E chi sei tu?Mio padre?-

...Che non funzionò neanche per sogno...

-Avanti Scar, fallo per me.-
-Mike non posso, non mi va di restare qui senza di te. Non me la sento.-
-Io tornerò presto...-
-Ci devo pensare, ma non ti assicuro niente.-

Si infilò i suoi Denim straconsumati e prese la borsa.

-Dove stai andando?-
-Ho bisogno di biancheria intima...-
-Mando qualcuno a comprartela.-
-No, grazie. Voglio andarci io...- mi stampò un bacio sulle labbra e uscì dalla camera.
-Come desideri.- dissi a me stesso.




***





Chiuse lo sportello del taxi e si guardò intorno. Una marea di gente entrava ed usciva da quei negozi e solo la vista gli dava il mal di testa.
Cominciò a passeggiare con le mani in tasca guardando attentamente in ogni punto di quella strada. La sua ultima speranza fu adottare il sistema: "Ha visto questa ragazza?", tirando fuori una foto di Scar.
Si sentiva ridicolo, ma non poteva fare altro.


Fu un attimo.
Girò la testa, come se qualcosa avesse richiamato la sua attenzione.
I loro sguardi si incrociarono.
Per un istante il tempo si fermò. Prima di comincire a correrle dietro le sorrise per tranquillizzarla, ma quel sorriso non servì a nulla.
Scar terrorizzata non sapeva cosa fare, se ritornare nel negozio o correre verso la macchina di Louis.
Non era molto lontana, ma purtroppo ad "acchiapparello" aveva sempre vinto lui.

Alla fine decise, cominciò a correre tra la gente più in fretta che poteva e pregava di riuscire ad arrivare alla macchina in tempo.

-Scar!-

Si voltò senza fermarsi.

-Scar aspetta!-

La sua voce era sempre più vicina e le sue gambe sempre più stanche.

"Posso farcela!"

"Posso farcela!"

-Scar ti prego!- urlò affannato.

-Non voglio farti del male!-

Aprì lo sportello e scrollò Louis per le spalle che si era addormentato.

-Parti! Parti! Parti!-

-Cosa? Che succede?- biascicò Louis spaventato e stordito.

-Vuoi partire o no?!-

-Guarda che ingorgo! Non sarà facile uscire da qui.- disse tranquillo inconsapevole della situazione.

-La sicura!-

-Eh?-

-La sicura! Metti la sicura alle portiere!-

Obbedì confuso.
Subito dopo il rumore della sicura che si chiudeva sentì battere la mano di Landon sul vetro del finestrino.
Lui continuava a battere e lei continuava ad ignorarlo.

-Signorina, ma chi...-
-Louis, ti prego ignoralo.-

-Scar, apri!-
Un pugno.
-Apri questa dannata porta!-
Un altro pugno.
-Non voglio farti del male, te lo giuro... Ho bisogno di parlarti...- disse disperato.
Scar si voltò per un solo istante e lo vide piangere, poi chinò il capo immediatamente.
-Scar, per favore...- la pregò con voce flebile.
Quasi non lo sentì. La macchina cominciò finalmente a muoversi. Lo guardò negli occhi, alzò il dito medio e si girò soddisfatta e amareggiata allo stesso tempo.
16/03/2011 19:36
 
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Laughing out loud



Episodio 13

Durante il tragitto nell'auto regnò il silenzio assoluto, rotto solo dal rumore della gomma che Scar masticava con nervosismo.
Non riusciva a credere che Landon fosse riuscito a trovarla, e non riusciva proprio a spiegarsi come avesse fatto a sapere che lei si trovava a Los Angeles.
Louis ogni tanto lanciava uno sguardo sullo specchietto retrovisore con un'espressione confusa ma allo stesso tempo preoccupata.
Forse perchè si stava affezionando davvero a Scar, forse per cominciava a vederla come la figlia che non aveva mai avuto.
La portava a fare compere, l'aiutava a scegliere i vestiti, anche se in fondo...quello era solo il suo lavoro.

-Perchè mi guardi così?- chiese Scar senza guardarlo.
-Chi era quel tipo?- disse diretto, senza porsi alcun problema.
-Lui... lui si chiama Landon.-
-Non m'interessano i suoi dati anagrafici, chi è per te?-
-E' il mio ex fidanzato, il mio manesco ex fidanzato.-
-E' per questo che sei venuta qui?-
-Già...-
-Sta attenta Scar, in giro ci sono molti tipi che non si fanno problemi a far del male quando vengono rifiutati...-
-Non dire niente a Michael...-
-Cosa?-
-Davvero, non voglio...-
-Ma...-
-Per favore Louis... tra una settimana comincia il tour e non voglio che si preoccupi.-
-E va bene...-
Appena varcato il grande cancello si stamparono entrambi in faccia un sorriso finto, anche se il viso di Scar rimaneva pallido e spaventato.



***






Notavo qualcosa di diverso in lei, sembrava evitarmi.
All'inizio pensai che la causa di quel comportamento fu la mia proposta di rimanere a Neverland, ma più la guardavo e più mi convincevo che la motivazione era un'altra.
Forse aveva ricevuto notizie della madre, o del padre.
Ma mi sembrava piuttosto improbabile, nessuno sapeva dove si trovasse in quel momento. La sua posta arrivava ancora a casa di Landon e così tutto il resto.

Landon.

Certo, Landon! Magari era riuscito a mettersi in contatto con lei in qualche modo e per questo era spaventata.
Mi chiedevo come diavolo avevo fatto a non pensarci prima.

A cena non tocco cibo, solo qualche verdura e un po' d'acqua e questo mi fece insospettire ancora di più.
Una volta a letto mi diede un bacio sulla guancia e si girò dall'altra parte tirandosi le coperte fin soprale orecchie.
Comportamento strano anche quello, visto che di solito rimanevamo sempre a parlare prima di metterci a dormire.
Le tolsi le coperte e la chiamai con due colpetti sulla spalla.

-Ehi!- si lamentò lei.
-Mi dici che ti prende?-
-Non so di cosa tu stia parlando!- disse rimettendosi le coperte addosso.
-Risposta sbagliata... Ti sei fregata da sola.-
-Eh?-
-Perchè se mi dici "non so di cosa tu stia parlando" alla prima domanda, io capisco che c'è qualcosa che non va.-
-E scusami, lei hai elaborate tu queste teorie?-
-Sbagliato di nuovo! Stai cercando di cambiare discoso.-
-Piantala!-
-Ecco ti stai mettendo sulla difensiva... e dopo mi dirai che sto dando i numeri e che non c'è niente di cui parlare.-
-Sì infatti stai dando i numeri alla grande!-
-Avanti Scar. Credi di poter nascondere qualcosa a me? . Non esiste!-

Si appoggiò allo schienale e allargò i piedi. Giocherellava insistentemente con l'orlo della manica del pigiama e cercava di evitare il mio sguardo.

-Allora... me lo dici o no che ti prende?-
-Beh... Se, per ipotesi, ti dicessi che oggi ho incontrato Landon e, sempre per ipotesi, ti dicessi che mi ha rincorso fino all'auto di Louis, che reazione avresti?-
-"Incazzato come toro" è una reazione?-
-Dipende...-
-E in questo caso lo è?-
-Potrebbe.-
-Beh allorai io sono incazzato come un toro!- urlai con tutta la voce che avevo in corpo.
-Ma sei scemo! Mi hai rotto un timpano...- si lamentò massaggiandosi l'orecchio.

Scalciai come un matto per togliermi le coperte di dosso e mi alzai dal letto.

-Non posso credere che tu non me l'abbia detto!-
-Non volevo farti preoccupare... tra una settimana c...-
-Shh! Zitta! Devo concentrarmi.- dissi quasi nevrotico mettendomi una mano sulla fronte.
Lei cercò di trattenere le risate ma alla fine le scappò un leive risolino.

-Cosa ridi?!-

Non rispose. Si schiarì la voce continuando a trattenere le risate e si alzò anche lei.

-Perchè devi concentrarti?- domandò prendendomi in giro.
-Ti sei chiesta, almeno, come ha fatto a trovarti?-
-Sì, ma non riesco a spiegarmelo.-
-Hai lasciato tracce... Sì. Tu hai lasciato tracce!- esclamai con una risata isterica.
-Ok adesso cominci a farmi paura...-
-La carta di credito!-


Mi precipitai sulla sua borsa e l'afferrai prima che lei potesse toglirmela dalle mani.
Mi guardava scovolta mentre agitavo la sua borsa per far cadere qualsiasi cosa ci fosse lì dentro.
Cominciai a cercare tra gli oggetti, ma quello che vedevo erano solo rossetti, creme, cartacce, biscotti, noccioline, penne, asprine...

-Scar ma che cazzo!-, esclamai -Ma chi sei Eta Beta?!-
-Chi?- chiese con un tono divertito ma allo stesso tempo sconvolto.

-E questo?- domandai sempre nevrotico tenendo in mano un tubetto di gel lubrificante alla mela verde.
-Questo l'ho compr...-
Lo lanciai alle mie spalle prima che potesse finire la frase, ma poi corsi a riprenderlo e me lo infilai in tasca.
-Me lo spieghi dopo!-

Continuai a cercare.

-Mike...-
-Shh!-
-Mike ascolta...-
-Sto cercando!-
-Mike la carta di credito è nel portafogli!- gridò.

Lo prese dal comodino e mi porse la carta di credito guardandomi come una mamma severa e arrabbiata guarda suo figlio pasticcione.

-E adesso che l'hai trovata che fai? La fai analizzare dall'FBI?-
-Te la sequestro...-
-Eh?- disse correndomi dietro per la stanza mentre cercavo un posto sicuro per custodirla.
-Sì hai capito benissimo! D'ora in poi non lascerai più tracce!-
-Mike è ridicolo. Ridammela!-
-No! Dimenticatela.-
-Ma tu sei impazzito!-
-Sì! Ci sarà un motivo se la gente mi chiama Wacko Jacko!-

Chiusi le pesiane, spensi la luce e la presi per mano.
-Adesso vieni perchè devi spiegarmi cosa ci vuoi fare con questo.- risi tirando fuori il lubrificante alla mela.
-Neanche te lo immagini!-
-Non voglio immaginarlo, voglio scoprirlo.-



***






E mentre a Neverland la pazzia aveva preso il sopravvento, nel Motel dove alloggiava Landon era stato appena uccisa una donna, una prostituta probabilmente.
Prese le poche cose che si era portato dietro e alle due del mattino si mise in cerca di un posto dove andare.
Non poteva andare peggio, o forse sì. Si mise anche a diluviare.
Il colpo di fortuna era arrivato, ma se l'era lasciato sfuggire. E non ne sarebbe arrivato un altro.
Quello che gli era rimasto da quell'incontro fu la targa dell'auto.
Se viaggiava in limousine doveva essersi accalappiata un riccone! Ma come? E in così poco tempo.
La risposta era davanti ai suoi occhi, ma in quel momento non avrebbe visto neanche ad un centimetro dal suo naso. In tutti i sensi.
16/03/2011 22:56
 
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bellissima storia continua cosi
21/03/2011 10:23
 
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Episodio 14

Nonostante fosse già mattino inoltrato, in camera da letto era buio pesto.
Quell'aroma di mela verde si infilava prepotente nelle mie narici e non potevo fare a meno di ridere in silenzio pensando a quello che era successo qualche ora prima.
Lei era girata su un fianco, dormiva ancora profondamente e suoi capelli annodati e impiastrati di gel ricoprivano tutto il cuscino. Mi avvicinai a lei facendo aderire il mio corpo al suo e le baciai delicatamente la spalla.
La mia mano scivolò lentamente sul suo ventre piatto per poi salire sui suoi seni nudi.
Al tocco lieve della mia mano i suoi capezzoli s'inturgidirono, sorrise appena nel dormiveglia e poi mi strinse la mano.

-Buongiorno...- le sussurrai all'orecchio.

Aprì gli occhi e girò appena la testa per guardarmi.

-Che fai con questa manina? Mi tocchi mentre dormo?-

Annuii malizioso.

-E neanche t’immagini quello che ho fatto prima che ti svegliassi!-

-Michael!- esclamò lanciandomi il cuscino in faccia.

-Scherzavo!-

Si coprì con le lenzuola e poggiò la testa sul mio petto. Se pensavo alla partenza mi prendeva una profonda tristezza.
Di nuovo da solo in un hotel.
Mi stavo abituando a svegliarmi la mattina e sentirmi amato, andare a letto la sera senza dovermi preoccupare più dell’insonnia, perché le mie notti erano tranquille, e se erano agitate era per ben altri motivi.

Le baciai la fronte e la tirai su di me, i suoi occhi erano vispi e brillanti anche appena sveglia.
Le sue ciglia folte contornavano quei due smeraldi alla perfezione e le sue sopracciglia ad ala di gabbiano rendevano il suo sguardo seducente e magnetico.
Era bella. E ogni giorno mi accorgevo di esserne innamorato sempre di più.

-Che cosa farai quando sarò via?- chiesi accarezzandole la spalla.
-Voglio trovare lavoro, come fotografa possibilmente.-
-Magari prima di partire faccio un po’ di telefonate, conosco molti fotografi importanti.-
-Non voglio raccomandazioni.-
-Non ne hai bisogno…-



Mi preparai in fretta e andai alle prove. L’adrenalina in circolo era davvero tanta, eravamo tutti tesi ma allo stesso tempo eccitati.
Erano previsti ottantatre spettacoli e Dio solo sapeva come ci saremmo sentiti alla fine del tour.
L’avevamo già vissuto con il Dangerous World Tour e soprattutto con il Bad World Tour, questo non sarebbe stato da meno.
Abbandonai i pensieri negativi e mi concentrai sullo spettacolo. Anche se i tour mi stendevano, vedere quell’oceano di gente urlare il mio nome a perdifiato mi dava la carica per andare avanti senza stancarmi.


_______________________________




Fortunatamente aveva trovato un hotel a qualche chilometro di distanza dal Motel dove alloggiava.
Passava per strada la maggior parte del giorno e quando ritornava la sera era talmente stremato da non riuscire neanche a dormire. Strano ma vero.
Prese qualche gettone per il telefono pubblico e chiamò Damon che doveva occuparsi di controllare la posta e tutto quello che poteva servire per trovarla.

-Ehi…-
-Ehi cazzone! Come va la vacanza?- disse ironico.
-Fottiti! E comunque l’altro giorno l’ho beccata, ma non sono riuscito a parlargli-
-Allora il colpo di fortuna è arrivato!-
-Gira in limousine, ti rendi conto che stronza?!-
-Devo ammetterlo quella ragazza ha fiuto per “gli affari”, magari sta con un vecchio.-
-Eppure io ho già visto quell’auto…-
-Fratello adesso non cominciare, sai quante limousine girano ogni giorno a New York?-
-E poi anche il tipo che guidava, l’autista. Ho già visto anche lui…-
-Ma quelli in divisa sono tutti uguali.-
-Mi spieghi perché cazzo stiamo ancora parlando?! Vaffanculo! Non mi sei per niente d’aiuto!- esclamò.
Gli chiuse il telefono in faccia e prese dal taschino del suo giubbotto di pelle le sue Malboro. Le sue mani tremavano, tanto che fece fatica per fino ad accendere quella sigaretta.

-Porca puttana!- mormorò tra sé.
Fece un profondo respiro e alla fine riuscì ad accenderla.

Mentre camminava vide con la coda dell’occhio la sua immagine riflessa nella vetrina di un negozio. Indietreggiò di qualche passo e si guardò attentamente.

I lineamenti del suo viso erano squadrati e decisi, i suoi occhi color fondente avrebbero fatto sentire nuda qualsiasi donna.
I capelli corti, ma non troppo, si addicevano perfettamente alla forma del suo visto. Era finita l’era dei capelli rasati.
Le sue spalle erano larghe e andavano perfettamente d’accordo con il resto del suo corpo: ben formato e asciutto.
Alto un metro e novanta e di carnagione scura.
Nonostante fumasse tantissimo i suoi denti erano bianchi e perfettamente allineati.
Non aveva una solo cosa fuori posto quel ragazzo. Se fosse stato bello dentro almeno la metà di quanto lo era fuori, beh… Sotto la voce “Uomo perfetto” ci sarebbe stata la sua foto.
“Non sono poi così male…” pensò toccandosi il mento e girando la testa da un alto all’altro per guardasi meglio.

Tirò l’ultima boccata e gettò il mozzicone per poi spegnerlo con la pianta del piede.
Si fermò davanti ad un’edicola e osservò i titoli dei vari giornali, in qualche modo avrebbe pur dovuto passare il tempo.
Pagò la rivista e andò a sedersi su una panchina con una birra ghiacciata e un hot dog stracolmo di ketckup.

Accanto a lui c’era seduto un anziano signore che dava da mangiare agli uccelli.
Indossava un basco grigio e sorrideva cordiale ogni volta che Landon lo guardava.

Prese un abbondante sorso alla sua birra e aprì la rivista.

-Gossip, gossip, gossip, gossip…- ripeteva sfogliando le pagine.
-Ormai non si parla d’altro, pare che la vita di questi pagliacci sia una serie continua di avvenimenti importanti…”Oddio Giulia Roberts ha cambiato taglio di capelli, che scoop!”- disse con una voce in falsetto.
-Eh caro ragazzo, non ci sono più gli attori di una volta…- affermò con voce rauca e affaticata.

-E questo?- disse indicando la pagina -Ancora gli permettono di guadagnare, non ha avuto già abbastanza dalla vita?-
L’uomo rise.
-Un altro tour mondiale, ma chi è che ancora segue Michael Jackson? Pensi che io l’ho incontrato qualche mese fa. E’ un tipo veramente strano…-
-Davvero? Se ne dicono di cotte e di crude su quel tipo, ma io credo che in fondo sia una brava persona…E dove l’hai incontrato? Non è facile sai, è sempre coperto da una marea di scimmioni che lo proteggono dai fan…-
-A Lond…- si bloccò immediatamente.
Non voleva e non poteva crederci. Ecco dove aveva visto l’autista: davanti allo studio del fotografo.
-Tutto bene ragazzo?-

Senza neanche guardarlo si alzò dalla panchina e getto il giornale per terra.

-Ehi, raccoglilo. Sai quanto ci mette un giornale a degradarsi nell'ambiente? Non bisogna inqu…-
-Sta zitto!- esclamò Landon ancora incredulo.
Capì che quella storia era cominciata a Londra e che Scar l’aveva tradito, anche se in realtà non era così.

Si scusò frettolosamente con quell’uomo e prese un taxi.


-Dove la porto?-
-Dove sta Michael Jackson?-
-Se è un fan le dico subito che è tempo sprecato, e comunque è lontano da qui, le costerà parecchio.-
-Non m’importa, mi porti lì per favore.-



*



Scese dal taxi e si mise a correre verso il grande cancello. Cominciò ad urlare come un pazzo e a prendere a calci le sbarre.

-Lo so che sei lì dentro schifosa puttana!-

-Aprite questo cancello! Scar, vieni fuori!-



Dopo pochi minuti Michael venne informato della presenza di un matto che chiedeva di vedere Scar.
Lei era sotto la doccia, decise di uscire e andare a parlare con lui. Qualcosa gli diceva che quel verme si sarebbe fatto sentire prima o poi, ma quello era il momento sbagliato perché presto Scar sarebbe rimasta sola a Neverland.

Si avvicinò al cancello e incrociò le braccia al petto.

-Questa è proprietà privata, vattene o chiamo la polizia.-
-Dov’è Scar?-
-Non ti riguarda…-
-Perché non vieni fuori eh? Comportati da uomo non nasconderti dietro un cancello.-
-Io e te non abbiamo niente da dirci.-

Si allontanò dal cancello e si avviò verso casa.

-Te ne vai eh? Sei ridicolo. Sei solo uno schifoso pedofilo!-

Michael si bloccò improvvisamente. Sentì il viso andare in fiamme e la vista annebbiarsi. Si diresse come una furia e afferrò Landon dal colletto del giubbotto infilando un braccio tra le sbarre.

Aveva un ghigno odioso sulla faccia e aspettava solo che Michael gli tirasse un pugno.

-Sai una cosa? Non ne vale la pena… E raditi, sei disgustoso!-

Mollò la presa e lo guardò disgustato.



-Guarda un po’ chi c’è!- disse Landon vedendo Scar dirigersi verso il cancello.

-Scar torna dentro.- le ordinò quasi, preoccupato.

-Che cosa vuoi Landon? Ma non vedi che sei ridicolo?- disse quasi impietosita.
-No. Forse pazzo, ma non ridicolo.-
-Torna a casa, tra di noi è finita.-
-Scar… Scar per favore, non m'importa se mi hai tradito... Io... io ti perdono.-
-Tu perdoni me?Questo è veramente ridicolo, e poi io non ti ho mai tradito!-
-Per favore, torna a casa... Io ti amo.- mormorò pinagendo.
-Mi ami? E dimmi per te calci e pugni sono una dimostrazione d’affetto?-
-Lo so che ho sbagliato, ma per favore… Dammi un’altra possibilità.-
-Io non ti amo, Lan.-
-Non è possibile.-
-E invece è così. Mi dispiace, ma non provo più niente per te. Sono felice adesso...-

Michael tirò un sospiro di sollievo sentendo quell’affermazione. La prese per mano e s’incamminarono verso casa.

-Mi dispiace.- aggiunse lei.

Strinse tra le mani le sbarre del cancello e restò immobile a guardarla andare via.

Urlò il suo nome per l'ultima volta con tutto il fiato a e la rabbia che aveva in corpo, Scarlett strizzò gli occhi e serrò i denti sentendo quel grido disperato.
In quel momento provò pena per quel ragazzo, ma era troppo, troppo tardi.
Conitnuò a camminare senza neanche voltarsi.

Di una cosa era ormai certo: l'aveva persa per sempre.
30/03/2011 21:56
 
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