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Berlusconi e DiPietro dialogano....

Ultimo Aggiornamento: 26/06/2011 02:18
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23/06/2011 14:45
 
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23/06/2011 18:55
 
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Ci ho pensato un po' su:potrebbe darsi che sia stato intenzionale(e non mi meraviglierei,dato il diabolico soggetto!),cioe' Berlusconi ha fatto in modo che fossero seduti vicino,cosi' da essere ripresi e fare lavorare subito "la macchina del fango"!Il suo nemico numero uno che riscuote consensi via via sempre maggiori con IDV,un po' di fango anche per lui!
23/06/2011 19:08
 
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Francamente, se anche se fosse stato di Pietro ad avvicinarsi a Berlusconi per parlargli, io non mi sarei fatta tutti 'sti viaggi....mamma mia!
23/06/2011 19:20
 
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Questo, secondo me, è uno dei più grandi problemi della nostra repubblica, ossia il fatto di non accettare che due leader di due diversi partiti possano parlare e dialogare..soprattutto in un momento difficile come quello che stiamo vivendo, dal punto di vista economico e non solo...In un paese normale due leader di due partiti, uno dei quali governa questo paese e l'altro che si candida a farlo nel futuro...dovrebbero dialogare, confrontarsi...Non è una guerra questa...Di Pietro e Berlusconi non sono due generali...sono due rappresentanti politici di questa nostra repubblica.
23/06/2011 21:41
 
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Re:
rossijack, 23/06/2011 18.55:

Ci ho pensato un po' su:potrebbe darsi che sia stato intenzionale(e non mi meraviglierei,dato il diabolico soggetto!),cioe' Berlusconi ha fatto in modo che fossero seduti vicino,cosi' da essere ripresi e fare lavorare subito "la macchina del fango"!Il suo nemico numero uno che riscuote consensi via via sempre maggiori con IDV,un po' di fango anche per lui!




Devo dire che ho avuto anch'io la stessa impressione, il Berlu si è avvicinato a Di Pietro e ha confabulato con lui proprio per provocare la reazione che c'è stata davvero [SM=g27825]

(Miss Piggy), 23/06/2011 19.08:

Francamente, se anche se fosse stato di Pietro ad avvicinarsi a Berlusconi per parlargli, io non mi sarei fatta tutti 'sti viaggi....mamma mia!



In un paese normale nessuno se li farebbe, anche perché i due hanno parlato pubblicamente e davanti alle telecamere, non sono stati colti in flagrante appartati chissà dove... ma in Italia... se Di Pietro si alzava e fuggiva dall'altra parte della sala, faceva la figura del coglione, se rispondeva educatamente, come ha fatto, al Berlusca, scatenava la terza guerra mondiale sul web... e giù a farsi pippe per giorni su sta storia...

25/06/2011 20:37
 
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Di Pietro lancia dal web l'Idv2 per farne un partito di massa. Vendola: si sta spostando a destra

di Nicoletta Cottone
Cronologia articolo25 giugno 2011Commenta
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Argomenti: Reati | Antonio Di Pietro | Idv | Istituto Luce | Pd | SKY | Maria Latella | Berlusconi | Sel



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Antonio Di Pietro lancia dal web l'Idv2, partito di massa (Ansa F.Cautillo)
Di Pietro lancia sul web l'Idv2 e punta a farne un partito di massa. «L'Italia dei valori - scrive sul suo blog il leader dell'Idv, Antonio Di Pietro - è una formazione politica che aspira a diventare un partito politico di massa, che intende parlare di solidarietà, di legalità, di libertà, di rispetto delle regole del gioco secondo il principio di legalità che abbiamo ribadito con il referendum». La platea alla quale di rivolge è quella di chi ha votato i quesiti referendari «che, da destra e da sinistra, hanno detto che la legge deve essere uguale per tutti, che i servizi fondamentali devono essere a disposizione di tutti e non soltanto di chi può permettersi di pagarli e che su alcune scelte di fondo bisogna evitare di distruggere il Paese, come sarebbe capitato con le centrali nucleari. In quest'ottica noi, da partito di massa, parliamo a tutti questi cittadini di problemi concreti».

Un partito che parli ai cittadini
Sferra un attacco a Berlusconi («è alla fine della sua storia politica»), punta a un partito popolare di massa («che parla a tutti i cittadini ben sapendo che il lavoratore non c'è se non c'è l'imprenditore, e l'imprenditore non è tale ma è semplicemente un faccendiere se non mette al primo posto i diritti dei lavoratori»).

Diritto, ma anche dovere, di proporci come alternativa
Oggi, forte dei 27 milioni di italiani che hanno detto sì ai quattro quesiti referendari, sente non non solo «la responsabilità, il diritto, ma anche il dovere, di proporci come alternativa». Ma per questo è necessario andare «oltre il mero antiberlusconismo, con proposte concrete in termini di occupazione, lavoro, difesa dell'ambiente, difesa della salute, infrastrutture e modernità». E sottolinea che «l'Italia dei Valori intende dialogare con le forze politiche che intendono dialogare con l'Idv ma, soprattutto, intende dialogare con tutti i cittadini facendo sapere loro che noi non vogliamo rappresentare solo una nicchietta, nè di destra nè di sinistra, ma vogliamo rappresentare il popolo che, indipendentemente dalle ideologie, mette al primo posto valori e concretezza». L'Idv, conclude Di Pietro, «sicuramente ha professionalità, competenza e capacità per dare il proprio contributo nel costruire questa alternativa».

Intercettazioni: libertà di informazione, senza se e senza ma
«Senza se e senza ma, l'Italia dei valori è a favore della libertà totale d'informazione e del diritto-dovere totale degli investigatori di combattere con tutti i mezzi la criminalità», scrive Di Pietro nel suo blog. «Se la criminalità utilizza strumenti tecnologici avanzati per poter commettere reati, uguali strumenti tecnologici avanzati devono essere messi a disposizione della Forze dell'ordine e della magistratura. All'interno della legge attuale - sottolinea Di Pietro - già ci sono gli strumenti per verificare e valutare quando un'intercettazione può essere fatta, quando depositata, quando può essere utilizzata e quando pubblicata». Per Di Pietro «fare una legge per cercare di fermare le indagini oppure l'informazione, il diritto a essere informati e a informarsi dei cittadini, è un modo per favorire la criminalitá e per nascondere la verità agli italiani».


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Primarie, «no a candidati alla Vendola»
Antonio Di Pietro si dice pronto a candidarsi alle primarie per la leadership del centrosinistra se prima saranno individuati programma e coalizione e dice di no «alle primarie per candidati alla Vendola, perché questo non aiuta». Il presidente dell'Italia dei Valori, ribadisce la collocazione del partito nel centrosinistra e il diritto-dovere del Pd ad esprimere la leadership, ma a una sola condizione: «che la eserciti». Una candidatura che potrebbe arrivare anche dopo il ruolo che Di Pietro giudica trainante giocato dall'Idv nella prova referendaria e che può proporre l'Italia dei valori «come uno strumento di alternativa di valori». Di Pietro ribadisce che l'Idv si vuole confrontare anche con gli avversari politici perché «vediamo un metro più lontano rispetto agli altri alleati i quali pensano che l'unico problema sia Berlusconi».

Vendola: Di Pietro non trova più spazi e si sposta a destra
Il leader del Sel, Nichi Vendola, all'indomani del colloquio in aula fra Di Pietro e Berlusconi, ha comunque una sua opinione che esprime ai microfoni di Maria Latella su Sky Tg24. «Di Pietro sente restringersi lo spazio a sinistra, la crescita di Sel e il protagonismo del segretario del Pd lo hanno spiazzato e crede che ricollocandolo a destra nella coalizione di centrosinistra possa metterlo in grado di intercettare l'eventuale crisi del centrodestra». Per Vendola «è un'operazione comprensibile e legittima, forse un po' disinvolta nei tempi e nei modi». Dice di non sopportare «gli
eccessi di demonizzazione della figura dell'avversario», che è «un bene che Di Pietro superi un antagonismo gonfio di enfasi e di rancore». Sottolinea che «Bossi e Berlusconi sembrano due figurine da Istituto Luce, archeologia rispetto ai desideri del presente, del paese e al desiderio di cambiamento che è molto forte nell'Italia migliore».














www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-06-25/antonio-pietro-lancia-idv2-174158.shtml?uuid=...

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B. stia tranquillo. Ci pensano loro Soltanto loro potevano, e possono, salvarlo. Dopo le amministrative, dopo i referendum. Era il pensiero che in tanti, me compreso, avevano espresso. “Loro”, ovviamente, è il centrosinistra. Non sono passate neanche due settimane dal plebiscito referendario, e già sembra tutto così lontano.

Ricapitolando.

Subito dopo il successo dei Sì, Pier Luigi Bersani rilascia una fastidiosissima conferenza stampa in cui fa lo sborone e si appropria della vittoria. Ma anche no. Bersani era favorevole, come tutto il Pd, al nucleare. Poco e nulla ha fatto, come tutto il Pd, contro il legittimo impedimento. E riguardo all’acqua pubblica, gioverebbe riascoltare quel discorso di Carpi in cui esortava ad affidare l’acqua alla Veolia. Chiedendo al suo amico ministro Mastella, peraltro, di zittire i medici che si permettevano di dire quanto gli inceneritori fossero dannosi per la salute dei cittadini.

Massimo D’Alema, in quei giorni, ha detto a Ballarò: “E’ curioso. Se perdiamo è colpa nostra, se vinciamo è merito della società civile. Noi non vinciamo mai. Ahahahahah”. Ahahahahah. Ride lui, rido io: è l’unica cosa condivisibile detta dal Presunto Intelligente negli ultimi 62 anni. Già, D’Alema. Un altro che esultava, dopo quei referendum che, fino a Fukushima e ai successi delle amministrative, erano sgraditi poiché “facevano il gioco di Berlusconi” (cioè rubavano il lavoro al Pd). E con lui esultavano Casini, e Fini, e Rutelli. Tutta gente che, anche dopo il disastro in Giappone, era favorevole al nucleare (e Casini, già che c’era, si era adoperato di persona per il legittimo impedimento).

I rutelliani, in una delle molte sintesi panecicoriesche che li hanno resi mitici, hanno aggiunto che il loro appello a votare ai referendum è stato aritmeticamente decisivo per la vittoria dei Sì. Considerando che di rutelliani, in Italia, ce ne sono sì e no 7, evidentemente non mi sono accorto che il quorum è stato raggiunto per un nonnulla.

Ma torniamo a D’Alema. E’ lui uno dei primi rianimatori berlusconiani. Da sempre e non solo per la Bicamerale. Nessuno ha mai capito bene se sia ingenuo, tonto, in malafede o un infiltrato berlusconiano nelle file della “sinistra” italiana. Non si sa, però lui ci ha tenuto a far sapere che sulle intercettazioni su Bisignani e la P4 “Leggiamo una valanga di intercettazioni che nulla hanno a che vedere con vicende penali e sgradevolmente riferiscono vicende private delle persone”. Una sintesi garantista, peraltro riassumibile col sempiterno Sticazzi, a cui non era arrivato neanche il ministro (va be’) Alfano.

Berlusconi è finito. Si telefona da solo, la base leghista lo strozzerebbe, nessuno lo sostiene davanti ai Tribunali. Lo schifa anche la serva. E’ però qui che il Pd, solerte, lo aiuta. Da una parte sostenendo tesi inaccettabili (per chi dice di essere alternativo al premier), dall’altra fermandosi sempre un attimo prima – anzi, molto prima – di portare l’ultimo colpo al pugile rivale. La maggioranza barcolla, e loro si nascondono. Sono già tornati mansueti. E Bersani ha smesso di farsi rappresentare da Crozza nei discorsi importanti: peccato, ci aveva guadagnato in cipiglio e credibilità.

Il sistematico bocca a bocca del centrosinistra al governo non si limita però al Partito Democratico. E’ di questi giorni la rutilanza di Antonio Di Pietro, uno dei reali vincitori del referendum. Più cauto, più moderato, più trattenuto. E già questo aveva infastidito qualcuno. La sua chiacchierata a Montecitorio con Berlusconi ha poi fatto inferocire molti internauti. Una polemica patetica, che dimostra come la Rete sia sì straordinaria, ma permetta anche a qualsiasi frustrato di sfogare bile e rabbia sul personaggio famoso di turno. Ergendosi a duro e puro che insulta, protetto da anonimato, il “traditore”. Che colpe ha Di Pietro? Che doveva fare? “Menargli”, come ha ironizzato lui? “Inciucio” de che? Non scherziamo, via. L’episodio dimostra piuttosto quanto sia messo male il Premier. “Un signore” - ha raccontato Di Pietro - mi si avvicina e mi dice ‘Buongiorno’… Poi mi domanda: ‘Visto quanto è bello il mio discorso’?”. Berlusconi è così solo da andare dal suo peggior nemico per ricevere un complimento. Poveraccio. Di Pietro ha fatto benissimo a parlarci, dicendogli quello che lui dichiara di avergli detto (“La cosa migliore per il Paese è che lei se ne vada a casa”). Il problema non è questo, ma casomai la sua nuova veste di Pifferaio Magico dei delusi destrorsi.

Basta leggere l’intervista di stamani a La Stampa, fatta da Fabio Martini. Legittima la svolta moderata, legittimo il sottolineare quanto in Parlamento la vera opposizione l’abbia fatta (quasi) soltanto l’Italia dei Valori. Ci sta anche la sverniciata al Retore Supercazzolico Vendola (“Lui vuole le primarie, ma per fare cosa? Per capire cosa farebbe il candidato Vendola, potrei guardare in Puglia. Ma cosa sta facendo? Niente. O comunque nulla di rivoluzionario”).

Facile anche l’attacco al Pd: “E’ un pachiderma. E’ finito per loro il tempo di sentire applausi. L’unica cosa che hanno fatto, dopo averci sparato addosso per i referendum, è stata quella di metterci il cappello sopra. Si sentono sempre i primi della classe, ma si devono dare da fare. Riconosco che il motore debba essere costituito dal partito di maggioranza relativa, però suono la sveglia”. Meno condivisibile accusare il Pd di aver detto sempre “no”, come l’asino di Buridano che poi morì di fame (sempre ruspante, Di Pietro, quando ricorre ai paragoni): di “no”, il Pd ne ha detti pochi. Troppo pochi. E i risultati si vedono.

E’ però la sintesi finale a non convincere. “Con il crollo del Cavaliere c’è tutto un elettorato che va riportato sulla retta via. Ce lo hanno già detto i referendum: sono andati a votare 27 milioni di italiani, molti di più dei 17 che votarono centrosinistra alle Politiche”. Poi: “Io non voglio morire di inedia in attesa che il Terzo polo decida che fare. Nel sistema bipolare gli elettori liberaldemocratici che non vogliono buttare il proprio voto, se votano centrosinistra sanno di trovare nell’Idv un riferimento ben strutturato. Noi siamo una realtà liberaldemocratica che vuole dialogare con la sinistra ma non essere ghettizzati ideologicamente a sinistra. Lo Stato sociale va difeso ma il libero mercato non è un nemico da abbattere. Difendiamo i lavoratori, ma senza imprese i lavoratori non ci stanno. L’assistenzialismo fine a sé stesso non porta da nessuna parte”. Quindi: “Dobbiamo intercettare i voti in uscita da destra”.

I politologi l’hanno definita svolta moderata dell’Idv. E non si scopre oggi che Di Pietro non sia mai stato un uomo di sinistra. Casomai, il fatto che lui e Grillo continuino a intercettare gli Orfani Sinistri dà la misura di quanto la nomenklatura di sinistra sia impresentabile – e per fortuna gli elettori del Pd sono molto superiori a chi dovrebbe rappresentarli.

La sintesi politica del “nuovo” Di Pietro suona però raffazzonata. Un po’ MoVimento 5 Stelle, un po’ Casini , un po’ D’Alema. Poche idee e confuse. Volere intercettare i voti della destra è leit motiv antico. Lo sostiene il bolscevico Follini, lo ripete nell’ultimo numero di MicroMega il grillino Favia, affermando che nessuno può riuscirci tranne loro (falso: Gunny De Magistris a Napoli c’era riuscito eccome. Infatti, come premio, adesso lo stanno lasciando tutti solo).

E’ chiaro che esiste una fetta di elettorato fluttuante, quasi sempre centrista tendente alla destra. C’è sempre stata. Ciò che Di Pietro non capisce, è che se spinge verso destra, forse può intercettare parte dei mitologici “2 milioni di voti” che servono per vincere le elezioni, ma al tempo stesso ne perde altrettanti – se non di più – a sinistra. E’ la classica coperta corta. Di Pietro ha avuto successo proprio per i suoi toni netti, duri, a volte manichei. Nel momento esatto in cui esce dall’arena per entrare goffamente nella realpolitik, diventa un “ex sbirro” qualsiasi. Un Casini fuori tempo massimo. Un D’Alema di destra (cioè un D’Alema 2).

Amministrative e referendum hanno dimostrato che il centrosinistra vince quando non si vergogna di essere tale. Quando propone persone credibili, quando se ne sbatte dei diktat dall’alto. Quando si impegna in battaglie “felicemente bipartisan”. Quando non scimmiotta veltronianamente il finto moderatismo del centrodestra. Di Pietro si è appena iscritto all’esercito smandruppato dei presunti statisti. Quelli che inseguono il centro, e nel frattempo perdono la base. Viene da chiedersi: e se la soluzione fosse convincere non i delusi di destra, bensì intercettare – ancora di più – quegli orfani di sinistra che nel 2008 si astennero, ma due settimane fa sono stati i primi a votare quattro Sì?

Stia tranquillo, Berlusconi. Ci pensano loro, a rianimarla un’altra volta. Hanno già cominciato.


www.ilfattoquotidiano.it/2011/06/24/berlusconi-stia-tranquillo-ci-pensano-loro...
[Modificato da angelico 26/06/2011 02:10]

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Max The Fox “Ora è molto tardi per fare una legge sulle intercettazioni e del tutto inopportuno intervenire per decreto. Ma il problema c’è: non è giusto mettere sui giornali la vita privata delle persone. Leggiamo una valanga di intercettazioni che nulla hanno a che fare con vicende penali, ma sono sgradevolmente riferite a vicende personali. Non è una cosa positiva. Occorre proteggere i cittadini”.

Chi l’ha detto? Massimo D’Alema naturalmente. Puntuale come una merchant bank, ogni qualvolta B. è travolto in uno scandalo, arriva la Volpe del Tavoliere a levarlo d’impaccio. O almeno a fare pari e patta. Fa sempre così, da 17 anni.

Breve riepilogo delle puntate precedenti.

Nel ‘94 B. finisce nei guai a Milano per le tangenti alla Finanza: D’Alema finisce nei guai a Bari per un finanziamento illecito di 20 milioni dal re delle cliniche pugliesi, l’imprenditore malavitoso Cavallari (prescrizione).

Nel ’96 B. è politicamente morto e l’Ulivo di Prodi si accinge a una sonante vittoria: Max va in pellegrinaggio a Mediaset per esaltarla come “grande risorsa del Paese” e garantire che non la sfiorerà nemmeno con un dito. B. medita di ritirarsi a vita privata: D’Alema s’inventa la Bicamerale per riscrivere “insieme” la Costituzione, specie sulla giustizia, lo trasforma in padre ricostituente e manda in soffitta il conflitto d’interessi.

Nel ’98 Prodi e Ciampi portano l’Italia in Europa: Bertinotti li rovescia in men che non si dica e l’indomani D’Alema è già pronto con una maggioranza alternativa, rimpiazzando Rifondazione coi ribaltonisti di Mastella, Cossiga e Buttiglione e dichiarando morto l’Ulivo.

Nel ’99 Rete 4 perde la concessione, ma D’Alema – impegnatissimo a sponsorizzare i “capitani coraggiosi” Colaninno, Gnutti e Consorte per l’assalto a Telecom – la salva regalandole la licenza per trasmettere in proroga sulle frequenze che spettano a Europa7.

Nel 2001 B. risorge dalle sue ceneri e governa cinque anni: unica opposizione i girotondi, i pacifisti, i no global, infatti D’Alema raccomanda di evitare la piazza.

Nel dicembre 2005 B. è alla canna del gas, dopo aver perso le amministrative e le europee, mentre l’Unione di Prodi ha 15 punti di vantaggio in vista del voto politico del 2006: ma ecco saltar fuori le intercettazioni sull’ultimo colpo di genio di Max, l’appoggio alla scalata illegale dell’Unipol di Consorte alla Bnl (“Vai, Gianni, facci sognare!”). Pari e patta con le scalate di Fiorani e Ricucci ad Antonveneta ed Rcs sponsorizzate dal centrodestra. Così l’Unione si mangia quasi tutto il vantaggio e Prodi vinciucchia per 25 mila voti, troppo pochi per governare senza i ricatti dei partitini.

Nel 2009 B., dopo un anno di governo, è già alla frutta per lo scandalo D’Addario-Tarantini: ben presto si scopre che “Gianpi” le mignotte le portava nei giorni pari a Palazzo Grazioli e in quelli dispari a Sandro Frisullo, vicepresidente della giunta Vendola e dalemiano di ferro. Una Bicamerale a luci rosse.

Nel 2010 B. è di nuovo sputtanato dalle rivelazioni di Wikileaks: Max non può mancare e infatti salta fuori un cablo dell’ambasciatore Spogli a Washington su quel che gli ha confidato D’Alema nel 2007: “La magistratura è la più seria minaccia per lo Stato italiano”. Infatti i giudici baresi arrestano anche l’altro assessore dalemiano di Vendola, Alberto Tedesco, provvidenzialmente rifugiatosi al Senato.

Nel 2011 B. perde comunali e referendum: D’Alema offre un bel governo istituzionale col Pdl. Scandalo P4: Bisignani trafficava con vari ministri, ma accompagnava pure il gen. Poletti da D’Alema (e da chi, se no?). Ora B. ci riprova col bavaglio ai giornali che pubblicano intercettazioni pubbliche. Max The Fox concorda, ma dice che “per una legge è tardi”. Ci penserà lui quando tornerà al governo. Per lui la missione del centrosinistra è sempre stata questa: completare l’opera del centrodestra. Il guaio è che quegli stronzi degli elettori non l’hanno ancora capito.

www.ilfattoquotidiano.it/2011/06/25/max-the-fox/125184/

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