105°Capitolo
Afferro la sua mano ma, mentre mi alzo, dico:
“Aspetta un momento, per favore, devo telefonare a mio padre e poi farmi assolutamente una doccia. Oddio deve essere tardi, spero di trovarlo sveglio!”
“No, non è così tardi, è mezzanotte e dieci, probabilmente è ancora sveglio. Dai, telefona con questo.”
Resto immobile, mentre Michael mi porge il telefono, perché penso che tra 24 ore esatte sarò su quel dannato aereo che mi porterà lontanissimo da lui, e abbasso gli occhi.
Dolcemente, allora, con voce suadente mi dice:
“Ok tesoro, ci penso io, dammi il numero!”
Glielo detto con voce atona e non appena sente squillare mi passa il telefono e, dopo qualche secondo, papà risponde:
“Sì, chi è?”
“Papà, sono io, dormivi?”
“No, magari, vorrei tanto, ma sono ad una riunione che Phil ha organizzato dopo cena. Dimmi, che novità ci sono?”
“Allora, Giulia è stata ricoverata e la tengono in osservazione. La febbre è calata un po’ ma ha alcuni valori alti. Ne sapremo di più domani dopo altre analisi. Comunque io ho trovato un volo per domani sera, a mezzanotte, ma dovrò ritirare il ticket direttamente all’aeroporto……….”
“Ah sei riuscita a trovarlo! Bene, ma quanto impiega?”
“Non lo so con sicurezza, credo 17 o 18 ore……..Sicuramente molto meglio di quello che mi si prospettava.”
“Certo, senz’altro e a che ora pensi di essere qui?”
“Credo intorno a mezzogiorno……..”
Mi interrompe di nuovo per chiedermi:
“E che fai vieni qui da Phil?”
Resto un momento in silenzio, raggelata, prima di rispondere:
“Papà, non credo proprio di farcela. Tra l’altro, domani, se ti ricordi, alle quattro di pomeriggio dobbiamo incontrarci con quell’avvocato……….”
“Oddio, me ne ero completamente dimenticato, ma lo vuoi sentire comunque?”
“Sì, vorrei, anche perché non mi va di mettere in imbarazzo Michael che se ne è occupato personalmente, scomodando uno dei suoi avvocati in un orario impossibile………., lo ha chiamato nel cuore della notte, pensa, per farsi indicare il migliore in questo campo. Ci terrei che ci fossi anche tu, sai per la lingua, visto che l’inglese lo parli perfettamente. Comunque, anche se l’incontro non dovesse durare molto, poi mi resta davvero poco tempo, perché dovrò essere in aeroporto non oltre le nove, nove e trenta………Mi dispiace non poter salutare Phil e anche Ted ed Andy, quindi fallo tu per me e spiega loro quello che è successo………...”
“Ok, lo farò, anche se già sanno che hai problemi in Italia con la bambina……..Comunque sono sicuro che si risolverà tutto in una bolla di sapone……”
Lo spero papà……..Mi dispiace non poterti fare compagnia nel viaggio di ritorno……….”
“E che ci vuoi fare? Non sempre va tutto liscio, purtroppo……..Tra l’altro mi auguro che domani arrivi la bozza di contratto e che gli Americani lo accettino, altrimenti, anche per me sarà dura da digerire, soprattutto perché mi dovrò cercare un altro socio……Ho già investito troppo in questo progetto e, se non rientro di un po' di soldi, sono in un mare di guai………”
Dopo una pausa, sospira:
“Mah, speriamo bene……..”
Mi dispiace per mio padre e capisco la sua preoccupazione. Sentendolo così avvilito, mi assale tanta tenerezza e penso che, per entrambi, questo viaggio è stato pieno di imprevisti che hanno tracciato strade che non ci saremmo aspettati di percorrere, soprattutto per me e il nostro ritorno a casa è pieno di problemi da risolvere che non dipendono solo da noi stessi. Dopo qualche attimo di silenzio, gli dico:
“Papà, mi dispiace davvero tanto e spero che anche per te si risolva tutto nella maniera migliore e mi dispiace anche non esserti stata di grande aiuto ma………..”
Mi interrompe per ribattere:
“Dai non preoccuparti, risolveremo anche questa. In famiglia abbiamo tutti una buona tempra e le difficoltà le abbiamo sempre superate, lo sai vero?”
Non so se questa sua ultima affermazione sia di incoraggiamento ad entrambi o se l’abbia buttata lì per capire invece come io sto affrontando la partenza ma, per non creargli altra ansia, mi limito solo ad affermare:
“Certo papà, lo so, ce la faremo, non preoccuparti!........Senti, allora per domani ci sarai?”
“Sì, credo di sì, ma tu non appena arrivi fammi uno squillo così ci mettiamo d’accordo e mi spieghi dove devo venire.”
“Grazie papà, ti chiamo non appena sono a Los Angeles. Mi raccomando, saluta e scusami con tutti.”
“Ok, lo farò! Allora ciao a domani e………per quello che vale, buona notte.”
“Buona notte anche a te.”
Attacco e resto in silenzio con il cordless in mano e solo dopo qualche attimo, porgo l’apparcchio a Michael che mi osserva pensieroso, mentre gli dico:
“Grazie e scusa se mi sono dilungata ma mio padre era un po’ giù.”
Sempre dolcemente mi sorride e risponde:
“Non devi ringraziarmi e scusarti di nulla……….Sai che mi è piaciuto molto ascoltarti mentre parlavi con lui………anche se non ho capito niente. Ma mi piaceva la tua voce, così, bassa e, un po’ triste, almeno così l’ho percepita.”
“Sì, ero un po’ triste, perché le cose non sono andate bene, come speravamo………”
“Spero che tu ti stia riferendo solo a tuo padre e alle sue difficoltà nel concludere il suo progetto……….”
Lo guardo un po’ sorpresa, prima di rispondere:
“Sì a lui, ma anche a me, per la faccenda di mia figlia…….”
Noto che si riscuote subito e mi interrompe:
“Sì certo, scusa……Sono un idiota! Perdonami davvero per non averci pensato………”
“Ehi, non serve scusarsi così………E’ tutto ok, Mike………”
Poi, per toglierlo dall’imbarazzo dico:
“Ed ora credo proprio che ho bisogno di quella doccia………E forse, anche tu…..”
Gli sorrido mentre mi alzo nell’attesa che lui faccia altrettanto e porgendogli la mano, chiedo:
“Mi accompagni alla mia casetta?”
Vedo che resta un po’ perplesso prima di rispondermi:
“Perché nella tua casetta? Possiamo restare qui e la doccia la puoi fare nel mio bagno…….”
Sono stupita di questa affermazione, poiché, conoscendo la sua mania per la privacy, ho sempre pensato che il suo bagno fosse una specie di santuario in cui l’accesso era riservato a rarissime quanto selezionate persone ma, non rispondo, limitandomi solo a guardarlo con aria interrogativa, in attesa, forse, di una conferma, ma ciò che arriva è una domanda:
“Perché sei così sorpresa?”
“Mah, non so, pensavo che il tuo bagno fosse una di quelle zone accessibili solo a te………e a pochissimi altri eletti......No, scusami, è che so che tu sei così geloso della tua privacy, e il bagno, per chiunque, è sicuramente il posto più privato, in assoluto………Oddio, dai non guardarmi con quegli occhi e con quel risolino ironico………Ok, ho detto una stronzata, vero?”
Gli viene da ridere mentre risponde:
“No, non è così tanto una stronzata! E’ vero che sono geloso della mia privacy ed è anche vero che non permetto a chiunque di infrangerla, ma tu non sei chiunque e comunque è interessante conoscere i tuoi pensieri riguardo a ciò che considero privacy…………Mi viene un po’ da ridere, in effetti, perché a pensarci bene, molte persone che sono state ospitate qui, sono entrate lì dentro e, né per me e né per loro, ha mai costituito un problema……beh, forse per te lo è……..”
“Ma no che non è un problema, ma che vai a pensare? Era solo una mia stupida considerazione………Anche se, in effetti, ad essere proprio onesta, di là ho tutte le mie cose………”
Ride nuovamente prima di ribattere:
“E allora? Intanto credo di avere abbastanza asciugamani per tutti e due e poi dimmi cosa ti serve, che te lo faccio portare……..”
Già, basta chiedere e voilà, tutto a disposizione; ed io cretina che dimentico che sono a casa di Michael Jackson, dove l’ospite non solo è sacro, ma viene coccolato, vezzeggiato, cullato e sollevato da qualsiasi piccolissimo problema possa avere, in maniera completa e totale. Riflettendo quindi sulla sua richiesta, rispondo:
“Aspetta che ci penso……….”
Poi rendendomi conto che gli devo elencare una serie di cose strettamente personali domando:
“Ma lo devo dire proprio a te?”
Scoppia in una bella risata prima di replicare:
“Perché, ti vergogni tanto a dirmi che hai bisogno della biancheria intima e non so di cos’altro?”
Sorrido davvero con un po' d'imbarazzo, sentendomi smascherata ma, con no-chalance, affermo:
“No, non è per quello, ma sarebbe più facile che io parlassi con la persona che deve portarmi le mie cose qui, devo spiegarle dove sono sistemate……….”
Dopo l’ennesimo sguardo ironico e l’ennesima risatina compiacente mi dice:
“Ok, aspetta un momento che cerco di rintracciarla e te la passo……Però davvero sei imprevedibile! Poi dici a me che sono maniaco della privacy e tu che ti vergogni perfino di dirmi che hai bisogno di un paio di mutande……..Come se non te le avessi mai viste……….”
E qui ride di cuore, prima di proseguire:
“………….e nemmeno una volta sola……..Ok, ragazza, facciamo come vuoi tu.”
Ma prima di lasciarlo proseguire nel suo intento, lo interrompo per dirgli:
“Ok, senti, forse è meglio che vada io a prendere quello che mi serve......non mi va di far sapere al personale che……...che ho bisogno di quelle cose……Cosa penserebbero?”
L’occhiata che mi arriva è decisamente sorpresa tanto quanto la sua voce, mentre spiega:
“Assolutamente niente! Quello che avviene all’interno di Neverland, una volta che loro sono fuori, lo devono dimenticare. Chiunque lavori qui ha firmato un accordo di riservatezza e se solo provano a non rispettarlo, potrebbero essere citati in giudizio e ti assicuro che potrebbe costare loro molto, ma molto denaro. Quindi mia apprensiva ragazza, parla con chi devi parlare e non crearti problemi che non esistono.”
Digita, quindi, un numero e sento che chiede, con voce gentile ma autorevole, chi sia la persona di turno addetta alle case degli ospiti e saputo il nome, dà ordine di rintracciarla e di metterla subito in contatto con lui. Il che avviene dopo una breve attesa perché lo sento che dice:
“Buona sera, Lucy. Ora ti passo Miss Laili che ha bisogno di alcune cose che sono nella sua casa degli ospiti. Tu le devi prendere e portarle qui. Ok, te la passo……..Grazie, buona serata anche a te.”
Sempre ridacchiando mi passa il telefono e nel momento in cui lo afferro, mi sovviene l’idea che, se devo parlare con lui presente, tutto questo è completamente inutile, perciò, tanto valeva dirlo direttamente a Michael, per cui, guardandolo con aria interrogativa, come per dire: ‘Che fai, ascolti?’, mi giro di spalle dirigendomi verso la poltrona posizionata davanti al camino acceso e mi siedo, sperando che egli non si muova dal divano che è dall’altra parte del salone e, a voce bassissima, cerco di dare a Lucy le indicazioni che le occorrono per farmi portare un cambio completo di biancheria intima di pizzo nero, compresa una camicia da notte di seta, stile sottoveste, corta a metà coscia, color grigio-perla, completa di vestaglia, che fino ad ora non ho mai indossato; un paio di jeans, un pullover d’angora blu, e tutto quello che mi occorre per il trucco e per i capelli; infine il mio profumo.
Dopo aver finito di parlare con lei, mi chiedo perché mi sia sentita così in imbarazzo a dover elencare queste cose, davanti a lui, forse per paura che pensasse che volessi indossare qualcosa di particolarmente sexi per la nottata che ancora avremmo dovuto trascorrere assieme, come se, voler essere più attraente ai suoi occhi, costituisse un qualcosa da tenere nascosto, per pudore. Mi rendo conto che, a volte, le mie reazioni sono ancora legate ad un certo tipo di educazione, senz’altro molto rigida e bigotta, ricevuta nel mio vecchio collegio di suore Inglesi. Scuoto la testa perché non sono assolutamente contenta di me stessa e sbuffando, mi alzo lentamente dalla poltrona e mi giro per tornare sui miei passi.
Ovviamente, Michael è dietro di me, inutile chiedergli cosa stesse facendo, poiché da come mi guarda e sorride, è del tutto evidente. Non riesco nemmeno a far finta di essere arrabbiata e mi limito a rispondere al suo sorriso mentre chiedo:
“Sentito tutto?”
E lui, scuotendo la testa affermativamente:
“Uhm, uhm!”
“Ecco bravo! Non hai saputo resistere vero?”
Sempre stesso movimento e stessa risposta.
“Michael sei curioso come una scimmia, lo sai?”
Di nuovo, ridendo:
“Uhm, uhm.”
“Ok, hai deciso di parlarmi a monosillabi per il resto della notte?”
Nuovamente:
“Uhm, uhm.”
Rido e poi:
“Ok, ma devo chiederti una cosa………”
Mi avvicino tanto da essere a pochi centimetri da lui e allungo una mano sulla parte di torace lasciata scoperta dalla camicia semi-abbottonata e, accarezzandolo dolcemente, domando:
“Ma la doccia la facciamo assieme?”
Sorride mentre risponde:
“Tu che pensi?”
“Non lo so, altrimenti non te lo avrei chiesto……..”
Lentamente appoggia le sue braccia sulle mie spalle e guardandomi fisso mi dice:
“Ah davvero, non lo sai?”
Sostengo il suo sguardo mentre le sue mani mi accarezzano la nuca:
“No, davvero non lo so………..Ma, da come mi stai guardando, posso azzardare un'ipotesi……..”
E di nuovo, scuote la testa su e giù e mugugna:
“Uhm, uhm.”
Continuiamo ad accarezzarci, lentamente, dolcemente, guardandoci fisso e altrettanto lentamente le nostre bocche si avvicinano fino a sfiorarci delicatamente le labbra, senza fretta, gustandoci, respiro per respiro, mentre la mia colonna vertebrale viene percorsa da tante piccole formichine che salgono e scendono freneticamente, senza posa, fino a che la loro corsa viene bruscamente interrotta da una persona di servizio che compare in fondo al salone con una busta in mano, che per attirare l’attenzione di Michael, tossisce sonoramente e si ferma impettito vicino alla porta, in attesa che il suo capo gli dia il permesso di entrare. Ci allontaniamo entrambi, io molto imbarazzata, Michael invece affatto, e con tono allegro mi dice:
“Ecco le tue cose…….”
e poi a bassissima voce, sfiorandomi l’orecchio:
“Non vedo l’ora di vedertele addosso…….”
Per dissimulare l’effetto che le sue parole mi fanno, assumo un’aria indifferente mentre mi dirigo verso il cameriere che con fare compassato lascia nelle mie mani la grande busta di carta e prima di girare i tacchi saluta educatamente prima me e poi Michael, per dileguarsi silenziosamente così come era arrivato.
Resto ferma dove sono, giusto il tempo di dare un’occhiata al contenuto del sacchetto per vedere se ci sia tutto quello che ho richiesto, e Michael è di nuovo vicino a me che mi chiede:
“Allora, mia vergognosa ragazza, c’è tutto quello che ti serve?”
Gli sorrido e mi limito ad un cenno del capo, mentre mugugno.
“Uhm, uhm.”
Mi mette una mano intorno alla vita e cominciando a camminare mi dice:
“Ok ora possiamo finalmente andare o hai qualche altra richiesta?”
“No, nessun'altra richiesta………Per ora!”
Mi guarda di sottecchi e uscendo dal salone mi intima con fare scherzoso:
“Da adesso in poi non si accettano più richieste, almeno per le prossime tre ore, se non strettamente connesse al cibo e alle bevande, tutto il resto è vietato.”
Mi viene da ridere e con finta aria afflitta domando:
“Allora se tutto il resto è vietato, non posso nemmeno fare richieste ............ehm........sessuali…….”
Si ferma di botto e replica:
“Ehi, frena ragazza, non mettermi in bocca cose che non ho detto e né ho mai pensato di dire…………..”
E per avvalorare le sue parole, mi strattona verso di sé e prima di baciarmi, sottolinea:
“Riguardo a quello, puoi fare tutte le richieste che vuoi e sarò felicissimo di esaudire ogni tuo desiderio………..e spero che tu voglia fare altrettanto con me.”
Non mi lascia il tempo di rispondergli perché mi tappa la bocca con uno dei suoi soliti lunghissimi e caldissimi baci.
[Modificato da malabi 13/11/2013 23:59]