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SULLE PUNTE. Terminata: 27 capitoli. Rating: arancione

Ultimo Aggiornamento: 01/07/2013 11:50
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05/01/2013 12:44
 
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PROLOGO
Mancava solo l’Arc de Triomphe.
L’avevo deliberatamente lasciato per ultimo.
Il programma per quel giorno era rivedere tutti i luoghi di Parigi a me più cari.
Due giorni dopo sarei partita per Chalons per stare con i miei fino alla fine del mese e poi avrei preso un aereo per gli Stati Uniti.
La mia bellissima Parigi e il mio teatro: già mi mancavano!
Ora mi trovavo esattamente al centro degli Champs Elysees, attendendo il verde e guardavo l’Arco:sembrava cosi piccolo da quella distanza eppure non perdeva nulla della sua imponenza.
“Finalmente ti ho raggiunta!Cammini svelta!”
Mi girai verso quella voce. “TU?”
“Ti prego, voglio solo parlarti..Il tempo di un caffè...”
“Non so proprio di cosa dovremmo parlare…”risposi “Devo andare…”
Iniziai ad attraversare la strada e detti un’ultima velocissima occhiata verso l’Arco.
All’improvviso lo vidi farsi più vicino.
“Dopotutto non manca poi molto…”dissi.


1
Sono nata a Chalons –En-Champagne, in un’assolata e calda giornata di giugno, in leggero anticipo sul previsto.
La mia famiglia si stava preparando per l’annuale festa del patrono, St.Etien, e mia madre incominciò a sentirsi male mentre terminava una delle sue famose torte allo champagne e petali di rosa che sarebbero state vendute al banco dei dolci, attrazione seconda d’importanza
solo alla degustazione dello champagne.
Ebbene si, sono venuta al mondo nella zona più famosa della Francia: quella che tutti definiscono il ‘sacro triangolo dello champagne ’.
Chalons-En-Champagne viene spesso nominata insieme a Reims e a Epernay.Tutte e tre le città sono rinomate sia per la possibilità di fare bellissime gite ed escursioni sia per la possibilità di fare dei tour eno - gastronomici durante i quali i piatti della tradizione
francese vengono accompagnati dal vino più famoso e nominato al mondo: lo champagne.A Chalons si produce il Blanc de Blancs, uno champagne dal gusto particolare e la caratteristica principale della mia amata città sono le casette in legno circondate da giardini ben curati.
La mia è una famiglia numerosa: mio padre Anton, lavora alla Blanc de Blancs come direttore del reparto di produzione e dell’imballaggio delle bottiglie; i miei fratelli, Marc, Jean e mia sorella Antoinette hanno aperto in società un negozio di specialità gastronomiche in centro città e quasi tutti i prodotti che vendono fanno parte della tradizione di Chalons.
Quasi perché alcune delle specialità provengono dal libro di ricette di mia nonna Genevieve,la madre di mio padre, che ci ha lasciati quando avevo cinque anni.Mia nonna era una cuoca fantastica! Le piaceva sperimentare nuove ricette accostando i vari sapori.
Mia sorella ha ereditato questo suo talento per la cucina e ha capito ben presto quale sarebbe stata la sua strada. Era molto legata alla nonna, con la quale trascorreva giornate intere.
Aggiungere alcuni piatti della nonna a quelli normalmente in vendita, le sembrò la cosa più naturale e mentre li prepara, le sembra di averla ancora accanto che le dà i suoi consigli.
Mia madre, Gabrielle, confeziona lavori all’uncinetto e ottimi dolci.
Si è sempre occupata di noi e questi suoi hobby la tenevano impegnata durante le attese e le veglie al nostro capezzale quando, da piccoli, eravamo costretti a letto per le più varie malattie infantili.
Poi ne ha fatto la sua attività e mentre lascia che a vendere i suoi dolci sia mia sorella,la vendita dei pizzi la tratta personalmente sia allestendo il suo banco di vendita alle feste del paese sia trattando direttamente con chi glieli commissiona.
L’unica cosa che non troverete però al ‘Gourmandise’ è la torta allo champagne e petali di rosa cui accennavo prima.
Maman tiene particolarmente a questo dolce, in cui il sapore intenso dello champagne si accompagna perfettamente al delicato profumo dei petali di rosa.
La ricetta è un segreto della famiglia di maman e quando le viene richiesta qualche informazione al riguardo diventa molto evasiva.
In quanto a me, il paese mi conosceva come la ‘petite danseuse ’.
Tutto iniziò quando avevo circa quattro anni.
Quel giorno ero particolarmente irrequieta, nessuno degli espedienti architettati per farmi star tranquilla avevano ottenuto un qualche effetto.Maman è contraria a mettere un bambino davanti alla televisione ma in quel caso sperò che le immagini in movimento e il sonoro agissero da tranquillante e mi facessero rilassare un po’.
Si sedette sul divano con me in braccio e accese la tv. Dopo aver armeggiato col telecomando(in realtà ero io che lo avevo in mano:volevo a tutti i costi tenerlo da me!)per un po’e dopo una serie di lamenti e mugolii da parte mia, tali che mia madre già stava pensando a cos’altro fare, tacqui all’improvviso.
Dallo schermo due file di ballerine in tutu si muovevano graziosamente seguendo diligentemente la coreografia. Poi si apri un varco ed apparve lei: la prima ballerina.Volteggiava e camminava sulle punte con grazia e agilità.Non riuscii ad arrivare alla fine perché mi appisolai(maman aveva visto giusto)ma non avevo dimenticato un solo gesto di quella ballerina, tanto che appena sveglia cercai di rifare
tutti i suoi movimenti.Da quel giorno quello divenne il mio gioco preferito e non appena compii sei anni, chiesi di iscrivermi al corso di danza classica che Madame Romanova teneva due volte a settimana nella palestra della scuola.
A casa, ripetevo le figure allo sfinimento e superai ben presto le mie compagne di corso. Madame Romanova, un’ex ballerina del Bolscioj, rimase colpita da questo e decise di mettermi alla prova.
Tanto era gentile e affabile con le mie compagne, tanto divenne rigida e severa con me.Mi riprendeva di continuo e mi costringeva a ripetere gli stessi movimenti per delle ore intere.
Dal canto mio, io pensavo solo a ballare e se la strada per diventare un ’etoile doveva passare anche dai rimbrotti di Madame o dalle ore in più in palestra, a me non importava.
Niente mi rendeva più felice del danzare con quel tutu cosi leggero che si muoveva delicatamente intorno a me e seguiva ogni mio passo, fluttuando morbido come una nuvola.
Quando compii dodici anni iniziai a prepararmi per l’esame di ammissione all’Ecole de Danse dell’Opera Garnier di Parigi.
Sotto lo sguardo attento di Madame Romanova, imparavo le coreografie che avrebbero costituito la materia dell’esame.
Io ero al settimo cielo! Il mio sogno stava diventando realtà e non sentivo quasi né la fatica né vivevo tutte le rinunce fatte fino ad allora come un peso.
Davanti allo specchio mi guardavo attentamente:avevo supplicato mia madre di non tagliarmi più i capelli(è convinta che corto è uguale a
ordinato) e ora avevano la lunghezza che ricordavo: la figura riflessa era ancora quella acerba di una bambina ma l’espressione e capelli che mi ricadevano lungo la schiena erano gli stessi della ballerina che avevo visto in televisione anni prima.
Subito indossai costume che avrei utilizzato per il saggio di fine corso.Tirai fuori il piccolo diadema e lo sistemai tra i capelli.
Osservando l’effetto finale pensai che se avessi insistito un po’, Madame mi avrebbe lasciato danzare coi capelli sciolti anziché raccolti come aveva spiegato a mia madre.
E allora sarei stata davvero uguale a quella ballerina!
“Sabine! Quante volte devo chiamarti ancora?! E’ pronto!” urlò mia madre dal fondo della scala,cogliendomi di sorpresa.
Mi chiamo Sabine Nicole Lancret e questa è la mia storia.


2

Ero a Roma da circa un anno e dopo tanto cercare avevo finalmente trovato questo appartamento, forse un po’ piccolo ma comodo e luminoso che inizialmente avevo diviso con una ballerina mia compagna durante lo spettacolo che portavamo in scena in quel periodo e che poi abitai da sola.
Sola, come avevo sempre vissuto fin dai tempi dell’Ecole de Danse.
I sacrifici fatti, le ore passate in sala prove, la mia ostinazione caparbia tutta protesa verso quel mio sogno, l’aiuto incondizionato e i consigli di Madame Romanova, il supporto e il calore della mia famiglia che credeva in me avevano fatto si che superassi brillantemente l’audizione e la mia candidatura all’Ecole venisse accettata.E a tredici anni lasciai la mia famiglia e Chalons per trasferirmi a Parigi.Fu dura.
Le ore passate con Madame Romanova non mi sembravano più cosi faticose messe a confronto con le lezioni che frequentavo ora all’accademia. E le invidie e le gelosie tra le allieve erano un’ulteriore prova da affrontare.Io divenni quasi subito quella da evitare: non ero di Parigi, non avevo genitori benestanti alle spalle, non avevo amicizie che contano e soprattutto ero quella che si era ingraziata i maestri con chissà quale artificio.
In effetti, capitava che mi facessero guidare la classe in caso di momentanea loro assenza, o che mi prendessero a modello per spiegare qualche passo o ancora mi affidassero parti di rilievo nelle rappre-
sentazioni.
Mi sentivo importante in quei momenti ma poi alla fine dovevo sempre fare i conti con la solitudine che una volta chiusa la porta della mia stanza nel campus si faceva sempre trovare puntuale.
Verso i quindici anni entrai in crisi.
Mi avevano assegnato il ruolo di Giulietta e l’euforia iniziale si spense dopo le prime prove quando il coreografo mi rivolse delle critiche che su di me ebbero un effetto devastante.
Ero sempre in ansia quando c’era lui alle prove e iniziai a dormire poco e a mangiare ancora meno.
Alla fine di quel periodo, nonostante la rappresentazione messa in scena con tutti gli elevatissimi standard richiesti dalla scuola, avesse ottenuto ottimi consensi di pubblico e critica, io ero stremata dalla fatica e sull’orlo dell’anoressia.
Passavo giornate intere a letto e nessuno riusciva a scalfire lo stato di apatia in cui ero caduta.
Finalmente i professori si risolsero di coinvolgere la mia famiglia e l’intervento di maman e di un nutrizionista, affiancati da uno psicologo, mi tirarono fuori da quella pesante e insostenibile situazione.
Quando rientrai dalle vacanze estive ero come rinata e avevo ritrovato la mia voglia di continuare a lavorare per realizzare il mio sogno.
Gli ultimi anni di scuola passarono in un lampo e mi ritrovai diplomata e qualche tempo dopo citata e lodata dalla stampa e dalla critica che mi avevano seguita nel mio debutto in quel ruolo che consacra ogni ballerina in Etoile: Princesse Odette de ‘Il Lago dei Cigni’. Il mio sogno era diventato realtà!
Iniziai a viaggiare e a ballare nei maggiori teatri del mondo.
Poi un giorno,accanto al mio amore assoluto per la danza classica si fece vivo in me il desiderio di sperimentare nuove forme di espressione.
Il mio lavoro mi aveva portato in Italia e visto che in quel periodo non avevo nessun ingaggio teatrale ma solo contratti che mi erano pervenuti dal mondo della moda e della televisione, decisi di fermarmi a Roma e qui seguire un corso di canto e recitazione. Quello fu un bel periodo.
Vincendo il mio proverbiale riserbo e la mia tendenza a isolarmi, mi feci degli amici tra i compagni di corso. Organizzavamo spesso gite, cene fuori e visite presso questo o quel museo: ebbi cosi modo di girare Roma in lungo e in largo e di conoscere meglio questa città cosi caotica ma cosi affascinante.
Dopo anni di solitudine finalmente avevo trovato qualcuno con cui parlare e condividere pensieri e passioni; una di queste aveva un nome e un cognome: Michael Jackson.
Avevo sedici anni quando la sua ‘Man in the mirror’ mi era entrata nel cuore fin dal primo ascolto e non lo lasciai più.
Anche Michael mi aveva aiutata moltissimo nel mio periodo buio.
Le sue canzoni e i suoi video poco alla volta mi avevano fatto tornare la voglia di ballare.
Leggevo tutto ciò che lo riguardava e appena possibile guardavo i suoi video in tv.
Spesso, sola nella mia camera, eseguivo le coreografie del balletto classico sulle sue canzoni o per lo meno ci provavo…
Chissà cosa avrebbero detto i maestri se mi avessero scoperto: far entrare della banalissima musica pop nel tempio del balletto classico.
Ma era più forte di me: quante volte tornavo di corsa in camera ancora con le mezze punte ai piedi e il tutu addosso per riprendere i miei esercizi classici in chiave pop.
L’anno del mio diploma coincise con quello di uscita dell’album Dangerous: feci carte false per riuscire ad andare a vedere una delle tappe del tour, incastrata com’ero con i miei impegni a teatro.
Dopo qualche mese però i giornali riportarono la notizia della brusca cancellazione dell’ultima parte del tour: Michael era stato accusato di molestie verso uno dei bambini che frequentavano Neverland.
‘Non è possibile!’ pensavo ‘Non può essere….lui non potrebbe mai arrivare a tanto…no…’
I giornali scandalistici riportavano l’impossibile al punto che divenne difficoltoso stabilire dove fosse realmente la verità e dove la menzogna più bieca.
Alla fine, gli avvocati di Michael concordarono col padre del bambino il versamento di una cospicua somma per mettere la parola fine a quella controversa situazione.
E Michael iniziò a portare su di se quel marchio infamante che non lo abbandonò più.
“Ma non è giusto!! Lui non si merita tutto questo!!”
Questo era il commento che pronunciavamo più spesso quando ci trovavamo tutti insieme per una pizza o un gelato.
Ma ormai la macchina si era messa in moto e non era più possibile fermarla.
Il dubbio del sospetto ormai si era insinuato in molti e a poco valsero le foto che ritraevano Michael con sua moglie, Lisa Marie, figlia di Elvis Presley, celebrato un anno dopo la fine del processo.
Io per parte mia ero contenta per lui: con una moglie pensavo, magari sarebbe riuscito a mettere ordine nella sua vita e a lasciarsi tutto alle spalle.Intanto seppi poi che stava lavorando al nuovo album: “Bene” commentavo col mio amico al telefono“vedi, gli sta andando tutto alla grande!”
“Già” mi rispose Luca “tornerà trionfante e gliela farà vedere lui!!Ah, Sabine?”
“…dimmi…”
“Quando rientri a Roma?”
“Eh…sinceramente non lo so…hanno prorogato la rappresentazione e senz’altro prima del mese prossimo non se ne parla…”
Dalla cornetta mi arrivò il sospiro deluso del mio amico intervallato dal ronzio tipico delle chiamate internazionali.
“Ok…”disse dopo un po’ “allora ci sentiamo…stai bene…”
“Ciao…”riagganciai.
Mi affacciai alla finestra pensando che forse il mese prossimo sarebbe stato comunque troppo presto per rientrare in Italia:quella mattina il mio agente, dopo avermi comunicato la proroga dello spettacolo mi aveva segnalato un provino, ancora senza una data precisa che si sarebbe tenuto al Los Angeles Theatre, col quale cercavano una ballerina classica da impiegare in uno spettacolo itinerante, di più non sapeva dirmi.
Il progetto era ancora solo un’idea abbozzata ma gli organizzatori dello spettacolo volevano portarsi avanti con le selezioni del corpo di ballo.
Gettai uno sguardo sulla stanza del piccolo appartamento che avevo preso in affitto a Los Angeles e poi mi vestii in fretta, augurandomi che quel periodo frenetico passasse presto: si stava avvicinando Natale e io finalmente potevo passarlo di nuovo a casa mia.
Intanto il nuovo disco di Michael, HIStory, era uscito e a settembre era partito il tour.
Lisa Marie non compariva più nelle foto con Michael:la coppia si era separata all’inizio dell’anno ma io sapevo che Michael non aveva chiuso del tutto con lei.
Le differenze inconciliabili che aveva invocato Lisa, non potevano tenerli molto distanti l’uno dall’altra anche quando fisicamente erano divisi dagli impegni di Michael.
Il clacson dell’auto messami a disposizione dal teatro mi riportò di fronte alla porta di casa che mi affrettai a chiudere a chiave prima di attraversare quasi di corsa il piccolo spazio verde antestante la casa.



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