00 28/06/2009 10:03



«Ascoltai Billie Jean e capii: è un Re.
Poi le accuse l'hanno massacrato.

Dentro di me, Michael Jackson è esploso quando dall'album Thriller sentii per la prima volta Billie Jean.
Rimasi colpito, oltre che dal suo modo di cantare originalissimo, dall'innovativo arrangiamento di Quincy Jones.

Ge­niali gli archi in controtempo ad una rit­mica scarna; dove il basso, in primo piano, la faceva da padrone, a sottoline­are che stava per arrivare un Re.

Già dall'introduzione, infatti, prima anco­ra di udire la sua voce, ebbi la strana sensazione di come se quel basso dal­l'aria un po' ossessiva e quegli archi che, come in punta di piedi, gli faceva­no da controcanto, fossero la sua vo­ce.

Quasi come ad annunciare: "Ragaz­zi, sono arrivato… Per un po' di tempo ci sarò io…". E lui c'è stato.

Le note di quell'intro­duzione erano il preludio di un qualco­sa che stava musicalmente accadendo.
Poi arriva la sua voce. E alla fine di quel brano, prima ancora di sentire il resto dell'album, avvertivo già il frago­re di un uragano che si sarebbe propa­gato per tutta la Terra.

Settecentocin­quanta milioni di dischi venduti. Ed ora, tutti lì a domandarsi chi l'ha ucci­so.

La diagnosi è di arresto cardiaco. Una banalità che dimostra quanto pue­rile possa essere la fantasia di chi viene colto in errore, o in un atto di incompetenza non certo degna di un medico, quando si è esagerato nell'iniettare una medicina alla quale si era già assuefatti.

Sono trascorse appena 48 ore da quando Micha­el è morto, e la parola "complot­to" ha già fatto il giro del mondo­.

Ma il vero assassino è davanti a noi, è lì che ci guarda. Lo incontriamo tutti i giorni quando andiamo a comprare il giornale o quando guardiamo la televisione.
Si può dire che l'assassino ce l'abbiamo in casa: gli diamo da mangiare, da dormire, però non facciamo niente per educarlo a non uccidere.

Facciamo finta di non vederlo, e ci guardiamo be­ne dall'incazzarci se la notizia che esce dal piccolo schermo sulla piena assoluzione­ di Michael Jackson non ha lo stesso risalto di quando invece, per an­ni, lo hanno infamato accusandolo di molestie sessuali.

Per dieci anni i "criminal-media" lo hanno massacrato nonostante lui si dichiarasse innocente, e nonostante nes­suna prova sia mai emersa.

Lo hanno distrutto, devastato, piegato in due. E quando finalmente avevano l'opportu­nità di farlo rialzare per il giusto riscat­to di fronte al mondo, i media cos'han­no fatto? Gli hanno dato l'ultimo col­po di grazia.

Hanno detto: "Michael Jackson è stato assolto". Ma lo hanno detto a voce talmente bassa che la pu­gnalata infertagli dai media, stavolta, è stata fatale.

Con l'animo ancora grondante di sangue, ha cercato allora di dar voce a quell'innocenza finalmente riconosciuta­, in un modo diverso e come sempre geniale.

Lo sforzo era sovrumano. Doveva raccogliere le sue ultime forze ormai sbrindellate dalla micidiale macchina del consumismo, e così ha annunciato il suo ultimo incontro con i milioni di fan che si sono scapicollati per avere i biglietti ed essere presenti in uno dei 50 concerti-evento a Lon­dra.

Per cinquanta giorni avrebbe can­tato, divertito e giocato con chi lo ha sempre amato e non ha mai dubitato della sua innocenza. Avrebbe parlato al mondo di quella verità che i media hanno vigliaccamente omesso.

Ma il mondo, ora, lo ha capito!...».

- Dalla lettera aperta di Adriano Celentano al Corriere della Sera, 28 giugno 2009.
[Modificato da Compix 06/01/2021 16:35]