00 27/06/2011 14:06
Val e Paola vi scrivo in privato [SM=g27822]

Il nostro buon Vogeluccio ha pubblicato un altro pezzetto del suo lavoro su "Earth Song" sull'Huffington Post, quindi questo posso postarvelo tranquillamente tradotto senza violare alcuna legge sui diritti d'autore [SM=g27828]

Prego vivamente qualcuno che capisce di musica e note di verificare nell'ultimo capoverso se ho tradotto bene le note (compresi i bemolle e i diesis), visto che nei paesi anglosassoni non sono le nostre Do-Re-Mi ecc, ma sono rappresentate da lettere e visto che la mia conoscenza di spartiti si ferma al pentagramma che ci insegnavano alle scuole medie [SM=g27825]



Eravamo rimasti a: Jackson ricordava il momento esatto in cui la melodia è arrivata...

Era la sua seconda notte a Vienna. Fuori dal suo albergo, al di là di Ring Strasse Boulevard e del tentacolare Stadtpark, poteva vedere i musei, le cattedrali e i teatri dell'opera maestosamente illuminati. Era un mondo di cultura e di privilegio lontano dalla sua casa d'infanzia a Gary, Indiana. Jackson si trovava in spaziose suite comunicanti con grandi finestre e una vista mozzafiato. Eppure, nonostante tutta l'opulenza circostante, mentalmente ed emozionalmente era da qualche altra parte.
Non era la semplice solitudine (anche se sicuramente la sentiva). Era qualcosa di più profondo - una disperazione schiacciante per la condizione del mondo.

Forse il tratto più comune associato alla celebrità è il narcisismo. Nel 1988, Jackson certamente avrebbe avuto motivo di essere egocentrico. Era la persona più famosa del pianeta. Ovunque viaggiava creava isteria di massa. Il giorno dopo il suo concerto sold-out allo Stadio Prater di Vienna, un articolo della AP (Associated Press) recitava "130 fans svengono a un conerto di Jackson". Se i Beatles erano più popolari di Gesù, come John Lennon ha affermato una volta, Jackson aveva battuto l'intera Santa Trinità.

Mentre Jackson godeva dell'attenzione, in un certo modo, sentiva anche una profonda responsabilità di usare la sua celebrità per qualcosa di più che semplice fama e fortuna (nel 2000, Il libro del Guinness dei Primati l'ha citato come la popstar più filantropica nella storia). "Avendo visto le cose che ho visto io e avendo viaggiato in tutto il mondo, non sarebbe onesto verso se stessi e il mondo [distogliere lo sguardo]", ha spiegato Jackson.

In quasi ogni tappa del suo Bad World Tour visitava orfanotrofi e ospedali. Pochi giorni prima, mentre era a Roma, si era fermato all'Ospedale Bambin Gesù, a distribuire regali, scattare foto e firmare autografi. Prima di partire, ha offerto una donazione di oltre 100.000 dollari.

Esibendosi o aiutando i bambini, si sentiva forte e felice, ma tornato nella sua camera d'albergo, una combinazione di ansia, tristezza e disperazione a volte lo afferrava.

Jackson è sempre stato sensibile alla sofferenza e al'ingiustizia. Ma negli ultimi anni, il suo senso di responsabilità morale era cresciuto. Lo stereotipo della sua ingenuità ignorava la sua naturale curiosità e la sua mente che assorbiva tutto. Anche se non era uno che si occupava di politica (Jackson senza dubbio preferiva il regno dell'arte alla politica), non era ignaro del mondo che lo circondava. Leggeva molto, guardava film, parlava con esperti, e studiava i vari argomenti con passione. Era profondamente coinvolto nel tentativo di capire e cambiare il mondo.

Nel 1988 aveva certamente motivo di preoccupazione. Le notizie erano come i capitoli delle antiche scritture: ci furono ondate di calore e siccità, incendi e terremoti, genocidi e carestie. L'escalation della violenza in Terra Santa, le devastazioni nelle foreste in Amazzonia e la spazzatura, l'olio e i liquami che travolgevano le coste. Al posto della "Persona dell'anno" nel 1988 il "Time" dedicò la storia di copertina alla "terra in pericolo di estinzione". E' improvvisamente era venuto in mente a tanti che stavamo letteralmente distruggendo la nostra casa.

La maggior parte delle persone legge o guarda le notizie con indifferenza, passivamente. Diventano insensibili alle immagini orribili e alle storie proiettate sullo schermo. Eppure queste storie spesso commuovevano Jackson fino alle lacrime. Lui le interiorizzava e sentiva proprio un dolore fisico. Quando la gente gli diceva di godersi semplicemente la sua fortuna si arrabbiava. Egli credeva completamente nella filosofia di John Donne che "nessun uomo è un'isola". Per Jackson, l'idea si estendeva a tutta la vita. L'intero pianeta era connesso e intrinsecamente prezioso.

"[La persona tipo]", spiegava, "vede problemi 'là fuori' da risolvere... Ma io non la penso in questo modo - questi problemi non sono davvero 'là fuori'. Io li sento dentro di me. Un bambino che piange in Etiopia, un gabbiano che lotta pateticamente in una pozza di petrolio... un soldato adolescente che trema di terrore quando sente gli aerei sorvolarlo:. non stanno accadendo dentro di me se li vedo e ne sento parlare?".

Una volta, durante una prova di danza, dovette fermarsi perché l'immagine di un delfino intrappolato in una rete l'aveva sconvolto emotivamente. "Dal modo in cui il suo corpo era aggrovigliato nelle maglie", spiegò, "si poteva leggere tanta agonia. I suoi occhi erano vuoti, ma c'era ancora quel sorriso che i delfini non perdono mai... Perciò ero lì, a metà delle prove, e ho pensato: 'Stanno uccidendo una danza'".

Quando Jackson si esibiva, poteva sentire queste emozioni turbolente affluire attraverso lui. Con la sua danza e il suo canto ha cercato di trasfondere la sofferenza, darle espressione, significato e forza. Era liberatorio. Per un breve istante poteva portare il suo pubblico in un mondo alternativo di armonia e di estasi. Ma inevitabilmente, veniva gettato di nuovo nel "mondo reale" di paura e di alienazione.

C'era tanto di questo dolore e disperazione in Jackson, in piedi nella sua stanza d'albergo, a rimuginare.

Poi, all'improvviso, gli "cadde dal cielo": il Canto della Terra. Una canzone dal suo (della terra, ndt) punto di vista, dalla sua voce. Un lamento e una supplica.

Il coro gli arrivò per primo - un grido senza parole. Afferrò il suo registratore e premette il tasto di registrazione. "Aaaaaaaaah Oooooooooh".

Gli accordi erano semplici, ma potenti: da un La-bemolle minore alla triade di Do-diesis; dal La-bemolle minore settima alla triade di Do-diesis, poi modulazione verso Si-bemolle minore alla triade Mi-bemolle. Eccola!, pensò Jackson. Poi mise a punto l'introduzione e alcuni dei versi. Immaginò la sua portata nella sua testa. Questa, stabilì, sarà la più grande canzone che avesse mai composto...

www.huffingtonpost.com/joe-vogel/michael-jackson-earth-song_b_882...


[Modificato da 4everMJJ 28/06/2011 07:32]