00 09/03/2011 19:20
La ricchezza del mio cuore è infinita come il mare,
così profondo il mio amore: più te ne do, più ne ho,
perché entrambi sono infiniti.

~ William Shakespeare ~

Episodio 7

Poche settimane al tour. Prove ogni santo giorno e stress insostenibile.
Debbie era incinta.
Era l'unica cosa che mi dava la forza per tirare avanti, il bambino sarebbe nato a febbraio e io non vedevo l'ora che il tour finisse per poter aspettare con tranquillità la nascita.
Ogni giorno mi informavo sulle sue condizioni, sulla sua salute e sul suo stato d'animo. E non potevo smettere di ringraziarla ogni volta che la vedevo o sentivo.
Ero certo che avrei avuto un maschio, me lo sentivo. Ed ero certo che non sarebbe stato il mio unico figlio. Amo la famiglia numerosa, amo le risate dei bambini che riempiono la casa.
Tornai a casa con un umore diverso, anche se ero molto stanco non potevo smettere di sentirmi le farfalle nello stomaco.
Solo nove mesi. Il tour mi avrebbe distratto e le settimane sarebbero trascorse più in fretta. Mi sedetti al divano e cominciai a sfogliare una rivista sul parto e la nascita.
Sembrava che dovessi essere io a dare alla luce quel bambino ma volevo capire, volevo essere al corrente di ogni cosa. Capire quando sarebbero cominciate le doglie e sapere come comportarmi in quel momento.



***






Saltai immediatamente in piedi non appena la domestica pronunciò quel nome. Non fu molto chiara, o forse io non intuii bene cosa volessi dirmi.
A spaventarmi era stata quella frase. Non era passato poi moltissimo tempo da quando avevo lasciato l'hotel e non riuscivo a intuire cosa potesse essere successo di così grave.


-Era molto agitata e sembrava chiamare da un posto molto affollato, forse da un telefono pubblico.-
-E...ti ha dato un numero, un recapito su cui rintracciarla?-
-No. Quando le ho detto che lei non c'era mi ha solo detto "Gli dica che ho bisogno d'aiuto" e poi ha riattaccato.-
-E io come faccio a rintracciarla?c..come faccio ad aiutarla?-
-Mi dispiace.-

Presi subito il telefono ma non sapevo cosa farci. Non avevo il suo numero, non sapevo dove si trovasse. Era praticamente impossibile contattarla, dovevo solo aspettare che lei richiamasse.
Anche se ancora non sapevo cosa fosse successo qualcosa mi diceva che c’entrava Landon. Magari l'aveva picchiata, o magari l'aveva cacciata di casa.
Ma la seconda ipotesi mi sembrava piuttosto improbabile, a giudicare dall'ossessione morbosa che aveva nei suoi confronti non l'avrebbe mai lasciata andare via.
Aspettai sveglio fino alle due, poi crollai. Se non fosse stato per le prove sarei stato sveglio tutta la notte ma proprio non riuscivo.

Chiusi gli occhi e quando li riaprii erano già le quattro e mezza.
Mi sembrava di aver dormito pochi minuti.
Il rumore del telefono mi fece svegliare piano, e quando finalmente fui cosciente afferrai la cornetta e risposi.

-Mike?-
-Scar...Scar sei tu?cosa succede?-
-Io...è una storia un po’ complicata. Ho bisogno del tuo aiuto.-
-Dimmi cosa sta succedendo!-
-Sono scappata.-
-Sei scappata?-
-Si...e non intendo tornarci.-
-Da dove sei scappata?-
-Da casa di Landon.-
-E...dove sei adesso?-
-All'aeroporto.-
-All'aeroporto?-
-Si Michael, non farmi ripetere mille volte! Non posso stare molto al telefono.-
-Scusami... Beh...dimmi di cosa hai bisogno?-
-Di un posto dove andare.-
-Di un posto dove...cioè..volevo dire... Posso aiutarti in qualche modo?-
-Prima di acquistare il biglietto per L.A. volevo sapere se potevi ospitarmi...Non posso credere che te lo sto chiedendo davvero ma io...-
-Scar...io tra qualche settimana parto, sai...il tour..-

Sentii il suo respiro spezzarsi.
Probabilmente ero l'unica persona su cui poteva contare varamente essendo sola al mondo e non me la sentivo di lasciarla nei guai. Una vola partito per il tour avremmo trovato una soluzione.

-Oh..certo, certo..io...perdonami per averti disturbato nel cuore della notte.-
-No...Scar...-
-Michael, davvero, troverò un posto dove andare..magari ritorno nel Wisconsin.-
-Ascoltami! Compra il biglietto. Per il momento starai da me, poi vedremo come sistemare la situazione.-
-Michael io non voglio disturbarti.-
-Nessun disturbo, davvero.-
-Sei sicuro?-
-Sicurissimo! A che ora parte il primo volo per L.A?-
-Tra un'ora...-
-Bene. Sta attenta mi raccomando, al tuo arrivo ti farò trovare una macchina, Louis ti porterà qui...-
-Ti ringrazierò una volta arrivata, adesso qualsiasi ringraziamento non sarebbe abbastanza.-
-Corri a comprare il biglietto adesso.-
-Si...-


Quella sera c'era un cielo bellissimo, la luna era nascosta e dava la possibilità alle stelle di farsi ammirare nel loro ammaliante e romantico splendore.
Diverse sere avevo desiderato di averla lì con me per poterle ancora dire come mi sentivo e per poterla confortare quando mi parlava delle sue disavventure. E tra qualche ora sarebbe arrivata in casa mia, con la differenza che non avremmo più dovuto nasconderci per parlare.
Ero davvero contento che fosse andata via da lì e speravo che non ci sarebbe più ritornata. Decisi di tornare a letto. Mi aspettava un'altra giornata di prove estenuanti e avevo bisogno di riposare.



***






Il sole sorse in fretta.
Non ebbi il tempo di addormentarmi profondamente che la domestica venne a svegliarmi.
Mi sentivo un po’ stordito, ma felice. Al mio ritorno l'avrei trovata ad aspettarmi e non mi sarebbe importato della stanchezza e delle prove. Volevo passare una bella serata con lei, parlare come facevamo fino a qualche tempo prima.


Avvertii tutti dell'arrivo di Scar, e tutti mi guardarono in modo strano.
Non capivano perché con una "quasi moglie" e un figlio in arrivo ospitassi una giovane ragazza in casa mia. Beh, ovviamente non dovetti dare spiegazioni anche perché Scar non era nient'altro che un'amica, a differenza di quello che la malizia della gente avrebbe potuto intendere.
Feci preparare la sua camera e in meno di un’ora fui fuori dal mio paradiso, un paradiso che presto avrebbe avuto il suo angelo più bello.
Mio figlio.
Non vedevo l'ora di dirlo a lei. Ero certo che sarebbe stata felicissima per me e non mi avrebbe criticato come il resto del mondo.

Con lo sguardo fisso sulle nuvole piene e candide pensavo già al nome. Me ne passarono per la mente un bel po’, ma non c'era ancora nulla di certo.
Era ancora troppo presto per sapere il sesso e sinceramente non ero certo di volerlo sapere. Poi dovevo rispettare anche le volontà di Debbie. Anche se mi stava facendo un piacere, e che piacere ,il bambino era anche una parte della sua vita.
Mi chiedevo spesso se fosse sbagliato quello che stavo facendo. Se avrei dovuto aspettare il momento giusto, la donna giusta, per fare un passo simile.
Però desideravo da morire un figlio e la proposta di Debbie mi riempì così tanto di gioia che non riuscii a rifiutare. Anche se non l'amavo le volevo un gran bene, dopotutto.

Arrivai alle prove con un lieve sorriso che colpì tutti quella mattina. Non era il solito sorriso. Era un'espressione da "imbambolato tra le nuvole".
Mi sciolsi i muscoli e la voce e cominciammo. Ero talmente piedo di energie quella mattina che senza neanche rendermene conto la giornata si concluse con qualche piccolo scroscio di pioggia.
Sembrava una tipica giornata londinese e pensai che l'arrivo di Scar avesse portato quell'atmosfera romantica e un po’ triste.
Saltai in auto pregando l'autista di non guidare piano come al solito. Avrei voluto essere già a casa a gustarmi una cioccolata calda con marsh mallow.



Mi tolsi il soprabito e lo lanciai a terra come un bambino disordinato. Era seduta all'ingresso ad aspettarmi, evidentemente imbarazzata e chiusa in sé stessa.
Allargai le braccia e lei ci si tuffò dentro con mio grande stupore. Capii che stava male, troppo male.
La guidai fino al salotto e ci accomodammo l'uno di fronte all'altro.
La sua prima parola fu "Grazie",immediatamente soffocata dal mio "Non dirlo neanche per scherzo!"

-Davvero Michael, mi stai salvando la vita.-
-Ti va qualcosa di caldo?-
-Si...si grazie, ne ho davvero bisogno.-

Chiesi gentilmente alla domestica di prepararci due cioccolate.

-Sei gentile.-
-Prego?-
-Insomma, queste persone lavorano per te e vengono pagate ma tu sei comunque gentilissimo.-
-Si, beh...non mi piace trattare queste persone come “servi”. Oddio che brutta parola! Loro fanno parte della mia famiglia.-

Sorrise e si massaggiò la fronte sospirando.

-Allora,vuoi dirmi cosa è successo?-
-Da dove comincio?-
-Dal principio,abbiamo tutto il tempo che vuoi.-
-Beh...-

Prese la tazza bollente e ci soffiò sopra, come per pescare dalla mente tutti gli avvenimenti che l'avevano portata a scappar via come una ricercata.

-Sono scappata.-
-Fin qui c'eravamo arrivati.-
-Si...sono scappata perché...perché non ne potevo più. Io ho cercato di sopportare,di cambiarlo ma...-

Fece una breve pausa, giusto il tempo di prendere un sorso di cioccolata e assaporarne il gusto. Si leccò le labbra e riprese a raccontare.

-Negli ultimi due mesi mi ha messo le mani addosso sei volte, le ho contate. Sei volte! E non ci è andato di certo giù leggero. Mi ha fatto davvero molto male.-

-Mi dispiace da morire Scar...ma perché?perché l'ha fatto?-

-Perché?Beh, ridi pure se vuoi: una volta perché ho permesso al vicino di aiutarmi ad aprire la porta.Ero rimasta fuori casa e avevo dimenticato le chiavi. Poi vediamo...perché la mia gonna si è leggermente alzata con una folata di vento. Prima mi ha urlato che ero una sgualdrina e quando ho reagito mi ha pestato. E poi, l'ultima, perché il ragazzo del super mercato mi ha aiutato a mettere le buste della spesa in macchina. Le altre neanche le ricordo. E' stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, sono scappata mente lui dormiva... Ed eccomi qui.-

Le tolsi la tazza dalle mani e l'abbracciai. Mi piangeva il cuore, anzi, mi sanguinava nel vedere quella povera ragazza nel fiore dei suoi anni ridotta in quello stato. Si lasciò scappare un lieve pianto e dopodiché cinse con forza le braccia intorno al mio busto.

-Adesso ci sono io Scar, non preoccuparti...-