Ed eccomi qui (era ora
) con il
Capitolo 2
Mani che mi afferrano.
Ma chi sono? Che cosa vogliono? Lasciatemi in pace, lasciatemi al mio
pensiero felice!
Cerco di aggrapparmi all'immagine di Mike che dorme raggomitolato nella sua tinozza, voglio rimanere in macchina con mia madre, in viaggio verso casa, ma già si fa tutto confuso, le forme sfumano a poco a poco, sento che sto sprofondando in una realtà sconosciuta, fatta di luci bizzarre, immagini inspiegabili e mani che mi afferrano...
No, devo resistere, non voglio tornare a
sentire, concentrati, concentrati...
Dov'ero? In macchina, con mia madre e con Mike, sì, me lo ricordo e c'era una musica, una canzone che conosco bene, ma che all'epoca per me non significava nulla... Ricorda, ricorda, concentrati, concentrati, puoi sentire il bambino che litiga con il padre, la prepotente chitarra elettrica, le note che si susseguono e poi una voce, sì, una voce a tratti cristallina, pura, dolce, a tratti graffiata, decisa... a chi appartiene? Lo so, so di saperlo, ma non
riesco...
Un lampo, una luce squarcia le tenebre che offuscano la mia mente e vedo, sì, riesco a vedere quegli occhi profondamente buoni, sinceri, malinconici, i capelli annodati in dolci riccioli corvini, le labbra che bastava si schiudessero per incantare il mondo, il sorriso che ha rapito il mio cuore...
Quando ho conosciuto quel sorriso? Quando l'ho visto per la prima volta? Posso ricordare, so di potermelo ricordare, è importante che io me lo ricordi...
Faceva freddo. Era il...
...25 dicembre 2003. Il mio tredicesimo Natale. Mi dò un'ultima veloce occhiata allo specchio, decisamente non soddisfatta di quello che riflette: la gonna di taffettà rossa ricade con un leggero rigonfiamento all'altezza delle ginocchia avvolte in collant nere, il maglioncino bordò cucito da mia zia per l'occasione è troppo stretto sulle spalle e le ballerine nere laccate con una pesante fibbia in argento sfregano e fanno male. L'insieme non è bello da vedere.
Un rumore cattura la mia attenzione: è Mike, che sospinge con il musetto la porta della mia stanza. Mi guarda. "Allora, che te ne pare?" dico, piroettando davanti a lui. Piega leggermente la testa, si gira e se ne va. "Ho afferrato il concetto" sbuffo, alzando gli occhi al cielo e uscendo in corridoio. "Mamma!" chiamo, spazientita. "Sono in bagno!" Mi dirigo a passo di marcia incontro alla voce, decisa quest'anno a non dargliela vinta. "Posso entrare?" chiedo, sbirciando nel piccolo bagno sui toni del verde che amo tanto. Lei è davanti allo specchio, proprio come me pochi istanti prima. E' bellissima: indossa un completo molto elegante, giacca e pantaloni color panna, foulard marrone chiaro girato morbidamente intorno al collo, scarpe a punta quadrata dello stesso colore. Sta raccogliendo i capelli in un fermaglio di madreperla e nota la mia espressione affranta nello specchio. "Che c'è?" chiede. Esplodo, forse esageratamente "Che c'è? Guardami... e guardati! TU assomigli ad una dea greca, mentre IO sembro una Kakatua impagliato!" Sento una voce che ride: è il mio adorabile fratello che, passandomi accanto in una scia di profumo maschile ed esclamando "Non più del solito!" mi pizzica sui fianchi. "Ahia!" urlo, con rabbia; mi levo una scarpa e gliela tiro dietro, ma lui la schiva, sempre ridendo. "Andy! - gli occhi della mamma mandano scintille - Perfavore, è Natale!" C'è un limite alla sopportazione "Ma mamma, hai visto cos'ha fatto! - senza lasciarle il tempo di replicare, continuo - e poi, sono venuta da te per un altro motivo: sono stufa di vestirmi come una bambina! Insomma, guarda questa gonna, potrebbe mettersela la nonna, perchè non posso mettere i pantaloni come te? E queste scarpe... mi fanno male! Per non parlare del maglioncino della zia, che, a giudicare dalla misura delle spalle, crede di avere un Umpa-lumpa come nipote!" finisco di gridare e incrocio le braccia, in attesa. La mamma sospira "Hai finito? - visto che non ho intenzione di risponderle, prosegue - Primo, secondo me vestita così sei molto carina; secondo, no, non ti puoi mettere i pantaloni, ne avevamo già parlato: festività ed occasioni speciali in gonna; terzo, sai quanto ci tenga la zia a vederti indossare i suoi maglioni, almeno a Natale puoi fare un piccolo sforzo! E quarto e ultimo..." - la interrompo bruscamente, al limite dell'esasperazione - "Va bene, quello che hai detto, a parte il fatto che vestita così sono carina, è tutto vero: ma ho tredici anni! Non credi che le cose potrebbero cambiare? Sai quanto odio mettere la gonna e..." - come se non avesse sentito nulla, la mamma riprende - "E quarto e ultimo, ormai è tardi per cambiarti: papà sarà qui a momenti per andare dalla nonna."
Proprio in quel momento, sento aprirsi la porta d'ingresso e la voce di mio padre, che chiede "Allora, siamo pronti?" mi manda il sangue al cervello. Con il fumo che mi esce dalle orecchie, mi dirigo pestando i piedi nell'ingresso, afferro il cappotto ed esco sfilandogli accanto senza nemmeno salutarlo. "E buon Natale anche a te" dice lui. Poi, mi segue in macchina insieme alla mamma e a mio fratello e, con "Bianco Natal" in sottofondo, andiamo dalla nonna.
Ah, i parenti. Tra "buon Natale, quanto tempo, ma guarda come ti sei fatta grande" e buffetti sulle guance, passano dieci minuti prima che possa tornare a respirare. In effetti, però, senza di loro non so come farei; a volte penso a tutti quei bambini senza una mamma, senza un papà e la mia famiglia rumorosa, chiassosa, mai contenta, non mi è mai sembrata così accogliente.
Il pranzo di Natale passa in allegria, tra portate che non finiscono mai, risate, pettegolezzi e storie d'altri tempi. Alla fine, mi sono persino dimenticata di indossare una carta da parati.
Finalmente, arriva il momento che, duro ammetterlo, aspetto di più: i regali. Già entrando li avevo addocchiati sotto l'albero. Noto con la coda dell'occhio che anche mio fratello, alla veneranda età di 19 anni, li sbircia da un bel po', certo di non farsi notare. "Che dici, apriamo i regali?" gli chiedo, con nonchalance. Lui mi osserva per un attimo, indeciso se continuare con il suo teatrino di "ormai sono grande e non mi interessa". Opta per il no: sorride, scatta in piedi e in un attimo siamo entrambi seduti per terra e chini sui pacchetti. Dopo aver aperto i nostri, distribuiamo ai parenti i relativi doni; alla fine, mi accorgo che, in un angolo, è rimasto un pacchetto evidentemente sfuggito alla mia attenzione. Mi avvicino e lo prendo in mano: non è molto grande, è piatto e rettangolare, con carta rossa e nastro blu. Non c'è il biglietto. Metto da parte la curiosità e lo porto a chi, con molta probabilità, ne sa più di me. "Mamma, su questo non c'è il nome" Lei lo guarda per un momento, si batte una mano sulla fronte ed esclama "Oh, che sciocca, me ne sono dimenticata! Poco male: è per te" "Per me?" Lei annuisce, sorridendo. Ricambio il sorriso e, con foga, strappo la carta per scoprire che cosa nasconde. E' un dvd: in copertina, un ragazzo con i capelli scuri, ricci e di media lunghezza e circondato da fumo se ne sta in piedi con le gambe leggermente divaricate e un microfono in mano. "Michael Jackson: Dangerous Tour, Live in Bucarest" leggo, ad alta voce. Guardo la mamma, tentando di celare il mio scetticismo. Insomma, Michael Jackson! E' roba superata, ormai. Cerco di non dar a vedere la mia perplessità e chiedo, accennando un sorriso "Posso guardarlo subito?" La mamma sembra entusiasta "Perchè no?" risponde, facendomi l'occhiolino.
Mi dirigo con passo strascicato alla televisione in soggiorno, inserisco il dvd nel lettore e schiaccio PLAY.
Spero vi sia piaciuto