Stellar Blade Un'esclusiva PS5 che sta facendo discutere per l'eccessiva bellezza della protagonista. Vieni a parlarne su Award & Oscar!

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In The Name Of Love (in corso). Rating: verde

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    00 04/06/2010 12:30
    sposterò fra un po' di giorni, scusatemi tanto se vi faccio attendere :(

    p.s. grazie mille dirtydiana66 :D

    È difficile dir loro ciò che sento per te. Non ti hanno mai conosciuta, e non sanno come sei fatta. Come fanno a sapere il tuo mistero? Diamo loro un indizio.
    Due uccelli sono su un albero. Uno mangia le ciliegie, mentre l’altro sta a guardare. Due uccelli volano nel cielo. Il canto di uno scende giù dal cielo come cristallo, mentre l’altro resta in silenzio. Due uccelli roteano al sole. Uno riflette la luce sulle sue piume argentate, mentre l’altro distende le sue ali invisibili.
    Non è difficile capire quale dei due uccelli sia io, ma non riusciranno a capire chi sei tu. A meno che…
    A meno che non sappiano cos’è un amore che non interferisce mai, che guarda da dietro, che respira libero nell’aria invisibile. Dolce uccellino, anima mia, il tuo silenzio è così prezioso. Quanto passerà prima che il mondo possa udire il tuo canto col mio?
    Oh, come bramo quel giorno!


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    tati-a4ever
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    00 06/06/2010 14:31
    CAPITOLO III

    Bene Joy, ora sei pronta. Stai bene. Tira fuori la grinta, avanti! L’autostima, su!

    Me ne stavo vicino alla rampa delle due scale più vicina a me, con le mani incrociate ed appoggiate al petto, respirando profondamente. Mi stavo auto convincendo che tutto sarebbe andato bene – eppure un istinto dentro di me faceva tremare ogni briciola della mia sicurezza. Non era da me essere così nervosa. Tutte le volte che salivo sul palco, la mia tipica indifferenza sfacciata... Volatilizzata? Dovevo scendere santo Iddio!

    D’accordo, Joyce Owen, al tre scendi. È vero, ci saranno sguardi curiosi puntati su di te, ma tu ignora...
    E se tutti mi guardano male? Affari loro! Tenace, spigliata, su Joy, fatti valere!


    Che ridicola, stavo parlando a me stessa mentalmente, come una schizofrenica complessata, e alla fine non ne valeva la pena. Lo sapevo che non ne valeva la pena. Forse solamente quella mia indecisione era dovuta allo stare con persone famose con cui io non avevo a che fare niente se non la fama. Non era gente per me quella, perché io provenivo da un altro mondo fondamentalmente. Per loro era tutto un lavoro, una questione di business, e a me interessava solo trovare qualcuno con cui parlare senza essere giudicata o essere costretta a “falsificare” me stessa con una facciata di copertura.

    Ma Len me lo aveva detto: “Non lasciar mai da parte la tua copertura”. Mmh... Con Liz lo avevo fatto, e non ci avevo pensato due volte. Mi sa che, per quanto tentassi, ero io il problema; non imparavo mai. Ad ogni modo lei poteva essere un’eccezione alla regola, no? Non lo sapevo nemmeno io, da quanto ormai il mio livello di diffidenza era aumentato nel corso degl’anni.

    Uno...
    Mi lisciai le pieghe del vestito con cura, controllando anche di coprire maggiormente la scollatura. Non che si vedesse un granché, però non mi piaceva vantarmi delle mie curve, non se con pezzi di stoffa inesistenti sulle parti più intime e delicate del corpo.
    Due...
    Presi un bel respiro, rilassando in automatico i nervi contratti del mio volto. Dai, non era poi così complicato. Anzi, più prendevo il fiato giusto e più sembrava che il mio stato d’animo agitato si placasse. Meglio così...
    Tre...
    Pregai solo per non inceppare in qualche gradino o nelle pieghe del vestito, quando sarei scesa.

    Mi staccai con movimento secco dalla posizione ferma in cui ero e sbucai oltre la colonna dove nessuno era riuscito a scorgermi. Vicino al primo scalino, controllai prima intorno con occhiata fugace, avendo così una visuale di quello che mi sarebbe stato intorno.

    C’erano un sacco di persone nella grande hall – forse “un sacco” era un diminutivo piuttosto riduttivo – e tutti vestiti in abiti eleganti e, alcuni, addirittura scintillanti. Era uno spettacolo di luci e colori, gente che chiacchierava fra loro ridendo o con serietà galante. Dalla grande porta principale, aperta, un via vai di persone era ancora intenta ad entrare. Sembrava davvero di stare dentro una scena di un libro, come quando le parole che leggi prendono vita nella tua mente.

    Con mano rinchiusa a pugno vicino al petto, controllai se riconoscevo qualcuno fra loro. Tutte persone importanti, i cui solo i nomi sarebbero riusciti a provocare grandi svenimenti, c’erano divi e famosi di tutte le età. Mi sentivo un po’ una straniera fra loro. Che strano, una straniera fra il successo e la fama, di cui anch’ella era partecipe!

    Vidi Liz scambiare quattro chiacchiere con un uomo e una donna di mezz’età - che non riuscii a riconoscere però chi fossero - e quando ella sembrò subito accorgersi di me mi volse una veloce occhiata sorridente. Ricambiai a malapena e d’impatto i miei piedi si diedero la spinta per scendere dagli scalini. La gente sembrava troppo indaffarata a parlare fra loro piuttosto che a guardarmi, e da una parte la cosa mi faceva piacere; non tanto perché ero timida – anzi, si poteva benissimo dire che la timidezza non facesse quasi per niente parte del mio carattere -, ma perché immaginavo già i pensieri che sarebbero passati nelle menti delle persone.

    Scesi guardando il marmo, per controllare mettessi ogni piede nell’apposito blocco senza rischiare di fare figure inutili, tenendo con una mano un lembo della gonna che ricadeva liscia sulle mie gambe. Quando arrivai all’ultimo, ringraziai il cielo per non aver commesso un suicidio non intenzionato o per non aver coinvolto qualcuno degli inservienti nella mia scesa indiscreta.

    Neanche mi accorsi che Liz era vicino di pochi metri e mi venne incontro con un sorriso smagliante.
    «Finalmente, Joyce. Ti aspettavo!», disse prendendomi pacata la mano, guidandomi verso una direzione a me ignota. Io la seguii senza obiezioni, guardando le nostre mani intrecciate. «Vorrei presentarti ad una persona... Ecco, Michael».

    Eh? Michael... Lui? No, no, no... Svenivo, svenivo, svenivo... Oh per tutti i santi del Cielo!
    Sì, era proprio lui. Avevo di fronte a me Michael Jackson. Bellissimo, in tutto il suo charme, con abito nero e qualche dettaglio rosso acceso. Sembrava quasi lo stesso completo degli Awards, solo un po’ cambiato... Capelli neri e ricci che gli cadevano lievi sulle spalle, viso pulito e marcato, occhi grandi che mi osservavano con una punta di curiosità e interdizione.

    Perfetto... Se solo non fosse stata per la mia espressione da pesce lesso e i miei occhi sull’orlo di un attacco di commozione tipica da fan. Che bella figura ci avrei fatto... Una, nel bel mezzo di una festa di compleanno, che piange per aver visto Michael Jackson... Be’, in effetti era un comportamento accettabile e capibile.

    Cioè, ci rendiamo conto che io era lì per lì per saltargli addosso? Per avvinghiarmi a lui come una piovra e piangere di felicità per averlo incontrato faccia a faccia? Ok, forse l’ultimo punto era un po’ esagerato, però... Per tutti i santi, non solo era la una persona di quella fama, ma era un figo pazzesco! E quando dicevo che era figo, era figo veramente!
    Cercai di placare i miei istinti auto sgridandomi.

    Basta, Joyce, controllati... Datti un freno... Misura il tuo controllo...

    «Ti presento ufficialmente Joyce Owen», disse Liz fermandosi proprio ad un metro di distanza da lui, con me a fianco che, se non avesse tenuto la mia mano, sarei ceduta. «Sai, è lei che mi ha consigliato cosa mettermi stasera... Ed è lei la Joyce di cui si sente sempre alla radio e in TV».

    Lui spostò i suoi occhi da Liz a me con quieto cenno del capo, mentre un lieve sorriso si modellava fra le sue labbra. Mi studiò con interesse assurdo, tant’è che mi sentì perfino scoperta dalla profondità del suo sguardo, ma ricambiai con altrettanta intensità. Per fortuna, un lampo di lucidità mi aveva risvegliato quando Liz aveva parlato, destandomi dallo stato di confusione alla vista della persona a me di fronte.

    «Oh, è un piacere conoscerti. Mi piace molto la tua voce calda, l’esibizione dell’altro giorno è stata bellissima», mi disse stringendo le labbra in un sorriso che, ad un primo impatto, definii un po’ imbarazzato. Io arrossii lieve ricambiando il gesto con delicatezza.
    «Il piacere è tutto mio», risposi porgendogli la mano. Lui la prese subito, aumentando la larghezza del suo riso facendo scintillare leggermente i suoi denti bianchi e perfetti. Era molto tenero, almeno così mi sembrava.

    Quando le nostre mani si congiunsero, potei percepire una scattante scossa di energia scombussolarmi la mente e il corpo. Era come se avesse avuto il potere di sciogliere ogni mia preoccupazione, sconvolgendo però il cuore con un rapido getto d’adrenalina. Le sue mani erano grandi, morbide, e la stretta mi faceva star... Bene. Davvero bene.
    I miei occhi, che frattanto si erano posati sulla nostra stretta, si spostarono veloci sui suoi occhi. Ebbi l’impressione che lui aveva compiuto il mio stesso gesto, poiché sentii d’improvviso dentro me il respiro mancare all’incontro con il suo sguardo interdetto.

    Sembrava che in un istante, per quanto veloce e scioccante, il tempo si fosse fermato. Nessuno prima di allora era riuscito a bloccare lo scorrere del mio tempo se non la musica; la musica mi permetteva di credere che il tempo riuscisse a fermarsi, a far fuggire il tempo per tutti tranne che per me. Quella mi parve una situazione di quel tipo, perché sapevo che il resto stava continuando a scorrere tranne che noi. Un qualcosa mi diceva che lui stava provando lo stesso che mi stava assalendo con angoscia. In seguito, una voce bloccò il nostro colloquio di occhiate.

    «Signorina Liz, tutti gli ospiti sono arrivati e la cena è pronta per essere servita», disse un inserviente avvicinandosi a Liz. Il mio sguardo stranito si posò su di lei, la quale dopo aver accennato un segno d’assenso col capo al cameriere – il quale se ne andò subito dopo aver riferito l’informazione – ci osservò sorridente.

    «Sarà meglio chiamare gli ospiti a richiamo», disse battendo con colpo secco le mani, dirigendosi verso il secondo gradino della rampa dalla quale ero scesa, affinchè qualcuno la potesse notare meglio. Peccato che tutti sembrarono continuare a parlare fra loro senza problemi di alcun genere.

    Liz cominciò a parlare a voce abbastanza alta, ma nessuno ancora sembrava guardarla veramente. Io, che intanto ero ancora accanto a Michael Jackson, mi guardai intorno con fronte corrugata. Era possibile che tutti non l’avessero sentita, nonostante il vociare confusionario e alto, ma era impossibile che tutti la ignorassero. Quanto odiavo quel genere di situazioni... Odiavo la maleducazione e l’indifferenza di quel genere in ogni sua forma.

    Stette per dire qualcos’altro, ma si bloccò con il dorso della mano le labbra. Assunse un’espressione alquanto pensierosa. «A quanto pare servirà qualcosa di più udibile per farsi notare... Mmh...».

    Neanche me lo avesse chiesto direttamente, che avanzai di qualche passo, portandomi di un piede più avanti di Michael Jackson, alla mia destra, sotto entrambi le occhiate confuse e stranite di Liz e codesto. Avevo una faccia quasi arrabbiata – primo, perché odiavo dover ricorrere a quel metodo; e secondo, perché non mi piaceva in una occasione del genere farmi riconoscere anche là. Purtroppo la parte impulsiva del mio carattere faceva ancora fatica a mantenere lucidità sufficiente...

    «Ehy?!», quasi urlai. Qualcuno cominciò a voltarsi verso di me, per poi però tornare ad osservare la persona con cui si parlava. Mi misi le mani sui fianchi, schioccando il palato con un gesto irritato della mia lingua. Inclinai il capo di spiego e battei insistentemente il piede a terra. Liz e Michael Jackson mi guardarono sbigottiti.

    Questo era troppo... Adesso vediamo se non le porgete la vostra attenzione...
    Con gesto rapido mi portai due dita della mano sulla bocca, pronta ad emettere un fischio che, forse, finalmente avrebbe “risvegliato” tutti; non ero all’inizio sicura che avrebbe funzionato, ma tanto valeva tentare...

    Quando il suono uscì fuori, fu così acuto da far sobbalzare sia Liz e Michael sia tutti gli altri presenti in tutta la hall. Michael Jackson, che era accanto a me di poco, sembrò rimanere veramente stupito e scioccato da quel mio gesto, il quale a lungo mi fissò sbalordito. Anche Liz aveva la stessa espressione sconvolta.
    Da quel momento il resto dei partecipanti alla serata s’ammutolì, voltandosi verso noi tre.

    Come se fosse niente, prima che quelle persone si accorgessero fossi stata io a fischiare – o forse lo avevano già capito da loro stessi -, ripresi il controllo di me stessa, assumendo uno sguardo tranquillamente soddisfatto e innocente. Ispirai ed espirai lasciando trasparire un suono finto esasperato, per poi in seguito osservare Liz con sorriso finto tonto.

    Nessuno disse niente, Liz poggiò gli occhi su quelli di Michael, i quali si guardarono intorno e poi tornarono su me. Io scrutai curiosamente prima lei e poi lui, corrugando le sopracciglia in una falsa sensazione di stordimento.
    «Che c’è?», domandai a lui.

    Egli non rispose, un ampio riso trattenuto si allargò dalle sue labbra, gettando rapida occhiata a Liz, e poi scoppiarono entrambi a ridere. All’inizio fu una risata molto leggera, ma che studiando il mio volto si fece sempre più alta e incontenibile. Liz si mise le mani sulla pancia per trattenersi, mentre l’altro era indeciso se rimanere con una mano a coprirgli il volto o tenersi sull’appoggio di marmo delle scale per non cadere giù.

    Dai presenti cominciarono a levarsi bisbigli confusi e sottili parole indecifrabili, che tutti e tre noi ignorammo. Io, indecisa se mettermi a ridere anch’io o starmene ad osservarli con shock e far finta che fossero loro ad essere andati fuori di testa, mi godevo dal vivo una delle scene che mai mi sarei mai aspettata di far parte. Ero io che li avevo fatti ridere? Per cosa? O ridevano per il successo della mia strana azione?

    «Che c’è?», richiesi soffocando una risata imbarazzata. Entrambi mi fissarono con le lacrime agl’occhi, cercando di dire parole che risuonarono acute note miste alle loro risate. Con le mani sui fianchi, gettai uno fugace sguardo sui presenti, i quali perplessi e con mille espressioni differenti ci osservavano. In quel momento potei affermare, una volta per tutte, di sentirmi in imbarazzo. Be’, però se l’erano proprio voluta!

    «Oddio...», disse Liz, cominciando a riprendersi, muovendo la mano in cerca di aria da poterla risvegliare da una lunga e duratura risata. Si rivolse alla gente della hall. «Scusate... Ehm, la cena è servita... Prego, siete invitati ad accomodarvi nella sala...». Soffocò uno spasmo di risata. «Nella sala banchetti...».

    Finite di pronunciare quelle parole, tutte le persone in contemporanea si diressero verso una stanza, scortati dagli inservienti che li guidavano con gentilezza. Neanche li stetti ad osservare, poiché i miei occhi erano puntati sulle persone che mi stavano accanto. Ancora, sia lui che Liz, se la ridevano sghignazzando soffocati spasmi divertiti.

    Lui se ne stava accanto a me, con una mano che delicatamente gli copriva a malapena le labbra ridenti, gettando il suo sguardo verso il basso e, successivamente, a me. Lo stetti ad osservare attentamente, ad occhi impuntati su lui, come una calamita che non riesce ad opporsi al suo opposto. Era interessante... Ogni cosa che faceva la ritenevo intrigante. I suoi occhi accessi di una luce intensa, il sorriso abbagliante: lui in sé. Quasi temevo di non poter più riuscire a scrollare il mio sguardo di dosso, se non fin quando Liz di soppiatto mi si avvicinò, tenendomi a braccetto.

    «Venite, meglio che andiamo anche noi», disse Liz aprendosi in un sorriso emozionato. «Altrimenti mangeranno volentieri senza noi. Non ho intenzione di rimanere a pancia vuota oggi!», disse con una smorfia buffa.

    Poi, mentre ci dirigemmo verso l’interno del grande salone da pranzo, Michael venne fermato da un signore di mezz’età, che dal fare amichevole con cui si rivolgeva a lui e da ovvie deduzioni definii fosse Quincy Jones.
    A quanto pare c’erano proprio tutti e di più... Una marea di persone famose e dello show business...
    Quando Michael Jackson - avercelo di fronte mi faceva sembrare impossibile riuscire a chiamarlo semplicemente Michael - si fermò accanto al signor Jones, lasciando proseguire me e Liz ad accomodarci alle postazioni della grande tavolata della sala banchetti.

    Al momento ci rimasi male riguardo al fatto che Michael si fosse allontanato. Mi dispiaceva di non averci scambiato chissà quante parole se non più di un “Piacere di conoscerla”, poiché veramente volevo avere la possibilità di conoscerlo meglio. Volevo solamente capire il suo carattere, conoscere che tipo fosse in realtà, e non il personaggio di cui i giornali spesso e volentieri “infangavano”. Anche le cose più piccole mi sembravano importanti da sapere. Come sua fan, volevo sapere la verità detta direttamente da lui.

    Nel frattempo che Liz veniva a contatto con tante persone famose e per ovvietà di cose mi presentava loro, non riuscivo a resistere all’impulsivo gesto di lanciargli continue occhiate. A volte lo perdevo di vista, altre riuscivo a captarlo e lo fissavo con interesse amareggiato. Sembrava fosse concentrato in una intensa discussione con Quincy.

    Accorgendomi di sembrare troppo interessata ad egli, mi decisi a guardare altrove e a parlare con le persone che mi facevano le tipiche domande che si rivolgono ad una cantante appena sbarcata nelle classifiche mondiali. Erano discussioni veloci, fugaci, ma ognuno che si presentava a me rivolgevo un sorriso gentile e cordiale. Di sicuro non ero una persona maleducata e poco socievole. Come ho già detto in precedenza, ero una tipa piuttosto brava a rendere a proprio agio i tali con cui parlavo.

    A tavola, Elizabeth mi propose di sedermi al posto alla sua destra – essendo capotavola, ero tuttavia a conoscenza del rischio di essere sotto gli sguardi curiosi della maggioranza dei presenti -, e io accettai con un mite assenso del capo. Chissà se quel fatto avrebbe provocato i “gossip” di qualcuno fra quelle persone.

    Poco prima che ci sedemmo, Liz mi si avvicinò all’orecchio e disse sottovoce:
    «Ricordati che dovrai insegnarmi come fischiare con le dita, una volta finita la festa».

    E con mio emozionato piacere ben nascosto, Michael si sedette alla sinistra di Liz, di fronte di me.

    *

    Per tutta la serata mi comportai con naturalezza, educazione ed indiscrezione. Durante la cena, oppure mentre si attendevano le portate della casa, fui partecipe a parecchi discorsi. Molte persone, soprattutto quelle poco distanti da me, mi introducevano a discussioni che, principalmente, mi chiedevano come era la mia impressione da persona normale che ero prima, a famosa cantante che ero divenuta dopo.

    «Mi piace il mondo dello spettacolo, e mi piace quello che faccio. Come potrei fare qualcosa che non amo?», dissi durante una conversazione, parlando con Amy Irving, attrice, frattanto conosciuta come prima moglie di Stephen King.

    Sentivo su di me parecchi occhi curiosi ed interessati, fra cui quelli di Michael e Liz. Il primo, soprattutto, mi osservava con un tal fervore da farmi venire i brividi dietro la nuca. Sapevo che mi stava ad ascoltare - sembrava fosse attento ad ogni parola che spiccicavo - ma io fui abbastanza controllata da non mettermi in soggezione. Dopotutto non era da me, spigliata com’ero.

    «Non ti manca un po’ il tuo passato?», disse Amy, a fronte aggrottata, inclinando lieve il capo. «Insomma, a me manca. Mancano le cose semplice, andare in giro e passeggiare inosservati... A te, se posso chiederlo?»
    «Oh sì, a volte sento l’assenza di quello che facevo prima di essere qui. Mi manca fare l’insegnante... Andare a fare la spesa...», dissi soffocando una risata. «Però è il prezzo del successo, e gli sono andata incontro con la consapevolezza che non sarei potuta più tornare indietro».

    Quella che mi aveva rivolto la donna era una domanda che mi rivolgevano spesso, sapevo già che rispondere a chi me lo chiedeva. Lei non sembrava comunque soddisfatta – neanche volesse cavarci delle rivelazioni shock – e un qualcosa mi diceva che anche chi mi stava accanto voleva sapere di più.

    La donna, Amy, socchiuse leggermente gli occhi. «Facevi l’insegnante? Interessante... Lavoravi negli istituti superiori, università...?»
    «Lavoravo coi bambini», risposi con lieve sorriso. Lei sollevò un sopracciglio con mezzo sorriso. Ignorai l’espressione lievemente sarcastica del suo viso e continuai come se fosse niente. «Come ho detto poche ore fa a Elizabeth, finita l’università mi misi a lavoro come maestra alle elementari, poi cambiai e scelsi di lavorare con quelli dell’asilo».

    «Notevole da parte di una ragazza di... Quanti anni hai?», mi disse un uomo accanto a me, Sherman Hemsley.
    <br>«Ne ho ventinove, signore», risposi sorridente. Lui si rivolse ad Amy con uno sguardo positivamente sbalordito, e lei pochi istanti dopo riprese a parlare con me, attirando nuovamente i miei occhi che intanto si era poggiati veloci sul volto di Liz e, di seguito, su Michael. Egli mi rivolse un sorriso dolce e con un ché di soddisfatto.

    «E com’era lavorare coi bambini? Un’esperienza educativa?», disse la donna con qualche cosa di ironico nella luce dei suoi occhi azzurri accesi. Ricambiai l’occhiata con sguardo noncurante di quel nascosto sadismo sarcastico.

    «Meravigliosamente educativa. I bambini ti insegnano quello che, diventando grandi, ogni persona comincia a perdere. Più si cresce, più veniamo a perdere la nostra innocenza e la nostra capacità nell’usare i sogni e la fantasia. Inoltre ti insegnano che la loro purezza e semplicità è consideratat davvero rara in alcune persone, soprattutto in quelle che ritengono ridicoli gli stessi discorsi che sto pronunciando in questo momento dalla mia bocca», esclamai a sorriso stampato.

    Le persone che dapprima mi osservavano incuriosite, ora si fecero serie e pensierose in volto, altre con un sorriso invece. Colpita ed affondata, facendo finta di niente, Amy Irving fece pian piano scomparire il suo sorrisetto dalle labbra e rivolse il suo capo da tutt’altra parte. Da brava persona indifferente qual’ero, voltai il capo verso il piatto che mi era stato servito e iniziai ad assaggiare la nuova portata.
    Mi chiedevo, in parte, se le sue intenzioni fossero di curiosità o di tentare di mettermi in soggezione.

    Notai il sorriso compiaciuto di Liz comparire dalle sue labbra, la quale mi rivolse perfino l’occhiolino quando ovviamente nessuno l’avrebbe notato. Io storsi le labbra in un sorriso che cercavo invano di trattenere, ma questo non si spense nemmeno quando incrociai gli occhi di Michael. Egli mi studiava con compiacimento evidente per le parole che avevo detto e, complice anche lui, fece finta di niente. Con quei due non mi sembrava più di tanto essere una straniera...

    La cena finalmente finì, ed ognuno venne invitato nel salone d’intrattenimento. La grande stanza, arredata come una di quelle magnifiche sale reali che t’aspetti di vedere solo nei film, era completo di poltrone, postazioni di divertimento all’insegna di giochi da tavolo, televisione, e tanto altro; una grande veranda dalle balconate aperte davano l’opportunità di starsene fuori, per chi voleva, a godersi la fresca serata di febbraio.

    Stetti con Sherman Hemsley – mio vicino di tavolata – e con Whoopi Goldberg, una donna che consideravo una grande attrice e non meno simpaticissima, a discutere per un bel po’, ma purtroppo persi di vista sia Liz che Michael. In compenso, non risi così tanto con quei due come ebbi mai riso lungo tutta la serata. Lei era troppo ironica, divertente, e non poteva non coinvolgere chi le stava accanto; lo stesso dissero di me, ma io semplicemente mi comportavo con naturalezza e altrettanta simpatia quanto loro. Erano delle belle persone, a primo impatto.

    Durante lo svolgersi della conversazione, nel frattempo che io e Sherman ci ponevano ad ascoltare un’ennesima constatazione sarcastica di Whoopi, capii d’essere osservata da un paio di occhi da cerbiatto interessati.
    Mi stava osservando.
    Cioè, lui mi stava osservando?

    Michael Jackson se ne stava qualche metro distante da me, vicino a Liz – che era completamente presa nel parlare con Barbra Streisand -, e il suo sguardo era preso nella mia direzione. Per un momento fui indecisa se voltarmi indietro per constatare che non stesse invece guardando qualcuno alle mie spalle – tanto per non fare la figura della scema – ma fui convinta che stesse guardando me nell’attimo in cui lui, facendo finta di niente, spostò gli occhi verso le due donne a lui vicino, leggermente arrossato sulle gote, non appena incrociati ai miei.

    Mi aveva guardato, chissà da quanto poi... Era arrossito per l’imbarazzo di essere colto in flagrante. Non poteva essere altrimenti. Mi domandavo quale fosse il motivo della sua curiosità e, nonostante fui costretta a distogliere lo sguardo da quella visione a dir poco angelica e bambinesca, continuai a farmi fisime sul perché di quel che avevo colto dentro i suoi occhi. Ora che quel fatto era accaduto, ancora di più m’impuntai sul conoscere chi fosse il vero Michael Jackson che si nascondeva sotto quella famosa icona del Pop.

    D’improvviso alla discussione s’aggiunsero altre due persone, fra cui, per mia falsa gioia immensa nel rivederla, anche la donna di poco prima a cena, Amy. Proprio quella serata non ero destinata a ignorarla, eh? Per mia fortuna, ero abbastanza brava da ignorare occasioni del genere ogni qual volta mi si proponessero di fronte. Da quel che avevo ben capito dalla mia vita vissuta, in quelle situazioni bastava semplicemente ignorare.

    Ma lei non sembrò voler abbandonare la conversazione con me, perciò non aspettò l’attimo opportuno per entrare nel discorso con me per una seconda volta, stavolta saltando l’argomento “bambini”.

    «In effetti è una storia molto commovente e drammatica, non c’è che dire», commentò riferendosi ad un libro appena venuto fuori in argomento. «Di certo quel padre non è stato così buono con lei e con sua madre, decidendo di lasciare loro due sole a mantenersi autonomamente, ma poteva succederle di peggio... Forse meglio che se ne sia andato subito, piuttosto che la piccola vedesse litigare sempre i due genitori in questione».

    Avevo letto il libro. Il racconto parlava del diario di una bambina, Emily, la quale narra al suo “confidente” la sua vita giovanile di quegl’anni d’infanzia, più importante la separazione dei suoi genitori e l’abbandono rude del padre. Non era un volume famoso, egli aveva ottenuto discreto successo, e tuttavia questa discussione appena iniziata mi faceva capire che sole poche persone potevano capire il vero significato della storia. Una di queste, pensai, ero io.

    «Io considero che nessun padre debba essere considerato fondamentalmente “buono” quando questo abbandona la famiglia che si è creato in tanti anni, solo perché non ha pensato prima ai pro e i contro del matrimonio e, a rigor di logica, alla vita dei bambini nati sui quali avrebbe riversato i suoi sbagli», pronunciai subito dopo le parole da Amy enunciate.

    Tutti rimasero un po’ sbalorditi da quel mio piccolo discorso, ma con attenzione e silenzio stettero a commentare mentalmente la mia riflessione detta. Amy, che intuì subito cosa ci fosse dietro quella mia risposta secca e diretta, non esitò a lanciare la lenza perché io abboccassi. Evidentemente non era così ingenua da non capire che quel tasto per me era un punto dolente.

    «Io non sarei così severa, ognuno può sbagliare un proprio passo compiuto», disse lei affabile. «Forse chi non prova direttamente la separazione dei genitori non può capire bene cosa significhi...»
    «Vedo che ha intuito alla perfezione quello che stavo per dire», risposi con sorriso altrettanto cordiale. Tutto d’un tratto, desiderai scappare da quel posto là, evitando le occhiate dei pochi presenti nel gruppetto fissate su me. «E ora, se volete scusarmi, andrei a dissetarmi ad un tavolino di servizio laggiù in fondo. Scusate».

    Con un educato cenno del capo, girai i tacchi e mi voltai verso uno dei ripiani dove potevo benissimo trovare qualcosa da bere, possibilmente non alcolico. Avevo tutte le intenzioni di non rovinarmi la serata ritrovandomi a pensare al passato, perciò cercai di distrarmi su altro. Non avendo comunque sete, dissi al cameriere di turno di riempire per cortesia un bicchiere d’aranciata. Qualunque cosa, purché mi avrebbe aiutato a lavare via quei pensieri dalla mia testa.

    Posi il bicchiere delicatamente sulle mie labbra, bevendo un sorso della frizzante bibita arancione, spostando i miei occhi fuggitivi verso le terrazze apertamente invitanti del salone. Uscire fuori per qualche minuto non mi avrebbe fatto male, e anche se facevo la figura della anima solitaria in cerca di calma, quell’immagine di me non mi dava affatto fastidio. Anzi, ottimo modo per tenere chi volevo io lontano abbastanza. Stetti per posare il piccolo calice al cameriere quando Liz mi si avvicinò con un sorriso a trentadue denti. Almeno lei sembrava felice e rilassata.

    «Joy, come mai ti rifugi qua lontano da tutti? Vieni, ti voglio presentare ad un paio di persone che penso avrebbero molto piacere nel conoscerti...», esclamò prendendo una mia mano con tocco delicato, ma a cui io non mi lasciai trascinare.

    «Scusa, davvero Liz, ma preferirei andare a prendere una boccata d’aria fresca...». E in quel momento veloce rividi lui, ancora qualche metro di distanza dalla mia posizione. Oh mio Dio... «Non mi sento per ora di incontrare altra gente...»
    Liz m’osservò a fronte aggrottata e dubbio rammaricato. «C’è qualcosa che non va tesoro? Puoi dirlo alla zia Liz...», disse cercando di farmi sorridere.

    Per un momento ne fu capace, ma bloccai il riso appena sentita la canzone che passò alla radio in quel momento, a tono soffuso nell’aria circostante. Quella era una coincidenza da paura, ma dopo ricordai che da poco avevo registrato il video per quella canzone, e che era logico che in uno di quei giorni spuntasse fuori nelle stazioni radiofoniche. Poco prima era venuto fuori il discorso, e ora ne usciva anche la melodia d’atmosfera?

    «Joy, che ti succede?», chiese Liz con viso seriamente preoccupato. Temeva di sicuro per il mio stato d’animo.

    Di scatto i miei occhi incontrarono i suoi, dopo essere rimasta per qualche secondo immobile in un punto vuoto della sala ad ascoltare le note della mia canzone, e presi il respiro per rispondere senza far vibrare d’agitazione la mia voce. Non volevo farla stare in ansia proprio poche ore prime che scoccasse la mezzanotte - ora che avrebbe segnato il suo compleanno. Era la sua festa, non potevo permettere che si preoccupasse, ma nemmeno potevo dirle: “Liz, cambia stazione radio, perché questa mia canzone – che è addirittura mia! – mi fa venir voglia di piangere”!

    «Niente, io...». Strinsi le labbra e dopo un secondo di esitazione parlai. «Io preferirei andare un attimo fuori. Solo per qualche minuto, almeno fin quando non riprendono un po’ d’aria i miei polmoni.»
    «E’ successo qualcosa con delle persone qui presenti?», chiese con fremito.
    Dissentii col capo. Cristo, Michael Jackson mi stava ancora osservando... Notava anche lui la mia ansia?
    «Sicura? Possiamo parlarne...», insistette Liz pacata. Accennai ad un debole sorriso.
    «Sei molto dolce Liz, ma stai tranquilla. È solo un senso di mancanza d’aria... Tutto qua... Vedrai che fra pochi minuti starò sicuramente meglio!», ma sapevo che non sarei riuscita a convincerla...

    Tuttavia, assentì al lasciarmi andare la presa con la sua mano. Nel suo sguardo capivo che era preoccupata, però capì anche che non mi sarebbe stata d’aiuto. Non se lei era la festeggiata in quella serata, intuendo che probabilmente non volevo farla preoccupare in realtà. Come potevo farla amareggiare di quel mio incubo in una stupenda serata quale il suo party di compleanno? Dovevo essere crudele per farle avere un cruccio così.

    Non appena mi diressi fuori, a contatto con l’aria fresca, mi sentii quasi meglio. C’erano tante altre persone fuori sulla balconata, illuminate dalle candele varie posizionate in ogni dove e ben riparate dal venticello, e guardandomi intorno notai due rampe di scale in marmo che portavano nel giardino. D’istinto, presi la scalinata a sinistra, ignorando occhiate curiose di alcuni soggetti interessati. Per mia sfortuna, anche il prato era ben popolato.

    Con lieve sbuffo, voltando il capo a sinistra, scorsi una piccola stradina di sassi che portava da un’altra parte della casa. Mi osservai intorno, ripensando se la mia fosse una decisione piuttosto coerente o avventata, e alla fine mi portai a percorrere quella via di minuscoli ciottolino bianchi.

    La via affiancava con alberi enormi e maestosi, alla mia destra il muro di cinta che separava la casa dall’esterno e alla mia sinistra grandi finestre illuminate che rimembravano l’interno della lussuosa villa. Nonostante tutto ciò fosse di magnifica visione, continuai a camminare mantenendo occhi bassi sul terreno, impettita in quella camminata veloce. Continuai a portarmi nervosamente le dita a sistemarmi un piccolo ciuffo di capelli dietro un orecchio, a respiro pesante.

    «Because of you I never stray too far from the sidewalk
    Because of you I learned to play on the safe side so I don't get hurt
    Because of you I find it hard to trust not only me, but everyone around me
    Because of you I am afraid»

    Le parole della mia canzone “Because Of You” mi facevano sempre venire ansia. L’avevo scritta io del resto, perciò sapevo bene le emozioni che avevo provato nel trascriverla, dalla mia mente ad un pezzo di carta. Inoltre, parlare del mio passato non era cosa che mi piaceva chissà ché. Parlare di quello che avevo subito grazie alla separazione dei miei genitori non era mai semplice. Non lo era affatto. I problemi che ne erano derivati non erano così superflui.

    «I watched you die, I heard you cry every night in your sleep
    I was so young, you should have known better than to lean on me»

    Cercai di scuotermi dall’idea che i ricordi attraversassero la mia mente, e il primo posto cui trovai ottimo appoggio mi sedetti. Camminando, ero arrivata vicino ad una panchina in legno scuro, proprio sotto un grande albero. Posto perfetto – anche se non nascosto da chi poteva passare – per poter prendere fiato. Un’unica cosa non era bene: io la musica la sentivo ancora evadere dalle finestre della villa.

    «And now I cry in the middle of the night for the same damn thing...»

    Basta, basta! Abbiate pietà!, volevo gridare. Portai le ginocchia al petto, non lasciando comunque trasparire parti del mio corpo scoperte dalla seta rossa del vestito, e c’appoggiai il capo. Tenevo gli occhi fissi sulla via di sassi bianchi, sul riflesso che la luce dell’interno dalle grandi finestre riusciva a far illuminare. Contemplai con cura le sfumature della seta dell’abito, le sfaccettature ombreggiate della mia pelle risaltanti per quel poco di bagliore presente.
    Quante volte mi ero trovata in quella posizione a pensare ai miei problemi, con la testa affondata fra le ginocchia, a piangere. Ero piccola allora, come poteva prevedere che riuscisse a spezzarmi il cuore? Come potevano entrambi rompermi l'anima? Non vedevano che il loro dolore, tralasciavano come potevo sentirmi io. Non ero così importante per loro se mi avevano abbandonato in quel modo al mio destino...

    Rimasi lì da sola, a contemplare ogni secondo di silenzio che invano riuscivano a placare i pensieri nella mia testa, mentre una lacrima sfuggiva rapida e mi attraversava la gote.



    Canzone utilizzata nel capitolo: Kelly Clarkson, "Because Of You".

    In questa mia storia il personaggio di Joyce, dimenticavo di dire, è ispirata "nella voce" dalle cantanti Kelly Clarkson, Christina Aguilera e un po' Leona Lewis. Perciò, casomai ci saranno spostati testi di altre canzoni, sappiate che apparterranno a una delle tre xD

    È difficile dir loro ciò che sento per te. Non ti hanno mai conosciuta, e non sanno come sei fatta. Come fanno a sapere il tuo mistero? Diamo loro un indizio.
    Due uccelli sono su un albero. Uno mangia le ciliegie, mentre l’altro sta a guardare. Due uccelli volano nel cielo. Il canto di uno scende giù dal cielo come cristallo, mentre l’altro resta in silenzio. Due uccelli roteano al sole. Uno riflette la luce sulle sue piume argentate, mentre l’altro distende le sue ali invisibili.
    Non è difficile capire quale dei due uccelli sia io, ma non riusciranno a capire chi sei tu. A meno che…
    A meno che non sappiano cos’è un amore che non interferisce mai, che guarda da dietro, che respira libero nell’aria invisibile. Dolce uccellino, anima mia, il tuo silenzio è così prezioso. Quanto passerà prima che il mondo possa udire il tuo canto col mio?
    Oh, come bramo quel giorno!


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    00 06/06/2010 15:28
    bellissimoooooooo aspetto il seguito [SM=x47932]
    grazie





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    00 06/06/2010 17:38
    bellissimo, bravissima!!!!aspetto il seguito!! [SM=g27811] [SM=g27811]

    If you wanna make the world a better place take a look in yourself than make a change~Michael Jackson

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    I'm just the pieces of the man I used to be,too many bitter tears are raining down on me~Queen

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    00 06/06/2010 18:17
    Re:
    dirtydiana66, 06/06/2010 15.28:

    bellissimoooooooo aspetto il seguito [SM=x47932]
    grazie



    Sono io che dico grazie a te! Ti ringrazio di cuore! [SM=x47938]

    marty.jackson, 06/06/2010 17.38:

    bellissimo, bravissima!!!!aspetto il seguito!! [SM=g27811] [SM=g27811]



    Cercherò di non tardare a spostare, marty ;D
    Grazie ancora davvero tanto, tanto! [SM=g27838]



    È difficile dir loro ciò che sento per te. Non ti hanno mai conosciuta, e non sanno come sei fatta. Come fanno a sapere il tuo mistero? Diamo loro un indizio.
    Due uccelli sono su un albero. Uno mangia le ciliegie, mentre l’altro sta a guardare. Due uccelli volano nel cielo. Il canto di uno scende giù dal cielo come cristallo, mentre l’altro resta in silenzio. Due uccelli roteano al sole. Uno riflette la luce sulle sue piume argentate, mentre l’altro distende le sue ali invisibili.
    Non è difficile capire quale dei due uccelli sia io, ma non riusciranno a capire chi sei tu. A meno che…
    A meno che non sappiano cos’è un amore che non interferisce mai, che guarda da dietro, che respira libero nell’aria invisibile. Dolce uccellino, anima mia, il tuo silenzio è così prezioso. Quanto passerà prima che il mondo possa udire il tuo canto col mio?
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  • (angel66)
    00 06/06/2010 18:36
    bella!!!!! bene il continuo gazie
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    00 06/06/2010 23:09
    Bravissima!!!!!! Capitolo troppo bello. Il personaggio di Joyce mi piace davvero tantissimo, sarà che mi ricorda in tutto e x tutto Michael ;-)))))) . Liz è dolcissima, quasi materna. Scrivi davvero molto bene, brava!!! Continua così, io aspetto il seguito ;-))))) . Baci Sara

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    00 07/06/2010 19:24
    Re:
    (angel66), 06/06/2010 18.36:

    bella!!!!! bene il continuo gazie



    Grazie per i complimenti [SM=g27828] Sposterò fra qualche giorno! [SM=g27835]


    BEAT IT 81, 06/06/2010 23.09:

    Bravissima!!!!!! Capitolo troppo bello. Il personaggio di Joyce mi piace davvero tantissimo, sarà che mi ricorda in tutto e x tutto Michael ;-)))))) . Liz è dolcissima, quasi materna. Scrivi davvero molto bene, brava!!! Continua così, io aspetto il seguito ;-))))) . Baci Sara



    Wow! Sono felice, davvero, davvero felice [SM=g27827] Il personaggio di Joyce non l'ho proprio ispirato a Michael, più che altro a me stessa; non sono uguale e tale a lei, ma ci metto molto di mio [SM=g27819] Condivido il parere che hai di Liz, infatti il mio obiettivo era quello di farla sembrare quasi una "zia" e "grande amica". Sono contenta di esserci un po' riuscita [SM=g27821] Grazie ancora per i complimenti (sono ripetitiva lo so...) [SM=x47984]


    È difficile dir loro ciò che sento per te. Non ti hanno mai conosciuta, e non sanno come sei fatta. Come fanno a sapere il tuo mistero? Diamo loro un indizio.
    Due uccelli sono su un albero. Uno mangia le ciliegie, mentre l’altro sta a guardare. Due uccelli volano nel cielo. Il canto di uno scende giù dal cielo come cristallo, mentre l’altro resta in silenzio. Due uccelli roteano al sole. Uno riflette la luce sulle sue piume argentate, mentre l’altro distende le sue ali invisibili.
    Non è difficile capire quale dei due uccelli sia io, ma non riusciranno a capire chi sei tu. A meno che…
    A meno che non sappiano cos’è un amore che non interferisce mai, che guarda da dietro, che respira libero nell’aria invisibile. Dolce uccellino, anima mia, il tuo silenzio è così prezioso. Quanto passerà prima che il mondo possa udire il tuo canto col mio?
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    BEAT IT 81
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    00 07/06/2010 23:00
    Re: Re:
    tati-a4ever, 07/06/2010 19.24:




    BEAT IT 81, 06/06/2010 23.09:

    Bravissima!!!!!! Capitolo troppo bello. Il personaggio di Joyce mi piace davvero tantissimo, sarà che mi ricorda in tutto e x tutto Michael ;-)))))) . Liz è dolcissima, quasi materna. Scrivi davvero molto bene, brava!!! Continua così, io aspetto il seguito ;-))))) . Baci Sara



    Wow! Sono felice, davvero, davvero felice [SM=g27827] Il personaggio di Joyce non l'ho proprio ispirato a Michael, più che altro a me stessa; non sono uguale e tale a lei, ma ci metto molto di mio [SM=g27819] Condivido il parere che hai di Liz, infatti il mio obiettivo era quello di farla sembrare quasi una "zia" e "grande amica". Sono contenta di esserci un po' riuscita [SM=g27821] Grazie ancora per i complimenti (sono ripetitiva lo so...) [SM=x47984]





    Beh, allora devo dire che sei una bella persona. Joyce è meravigliosa e se in lei c'è molto di te, complimenti, sei molto dolce e cmq davvero, il personaggio di Joy è bellissimo, molto profondo e direi davvero l'altra metà della mela di MJ. Io x il momento dono su quella panchina con lei, ma penso che nn resterà sola a lungo [SM=g27822] [SM=g27822] [SM=g27822] ....... Baci Sara

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    Re: Re: Re:
    BEAT IT 81, 07/06/2010 23.00:

    Beh, allora devo dire che sei una bella persona. Joyce è meravigliosa e se in lei c'è molto di te, complimenti, sei molto dolce e cmq davvero, il personaggio di Joy è bellissimo, molto profondo e direi davvero l'altra metà della mela di MJ. Io x il momento dono su quella panchina con lei, ma penso che nn resterà sola a lungo [SM=g27822] [SM=g27822] [SM=g27822] ....... Baci Sara




    Mi fa davvero piacere quello che hai scritto [SM=g27819] Anche tu sei veramente molto dolce, davvero! [SM=x47938] Vedremo se questo tuo presentimento si avvererà [SM=g27828] Bacioni!

    È difficile dir loro ciò che sento per te. Non ti hanno mai conosciuta, e non sanno come sei fatta. Come fanno a sapere il tuo mistero? Diamo loro un indizio.
    Due uccelli sono su un albero. Uno mangia le ciliegie, mentre l’altro sta a guardare. Due uccelli volano nel cielo. Il canto di uno scende giù dal cielo come cristallo, mentre l’altro resta in silenzio. Due uccelli roteano al sole. Uno riflette la luce sulle sue piume argentate, mentre l’altro distende le sue ali invisibili.
    Non è difficile capire quale dei due uccelli sia io, ma non riusciranno a capire chi sei tu. A meno che…
    A meno che non sappiano cos’è un amore che non interferisce mai, che guarda da dietro, che respira libero nell’aria invisibile. Dolce uccellino, anima mia, il tuo silenzio è così prezioso. Quanto passerà prima che il mondo possa udire il tuo canto col mio?
    Oh, come bramo quel giorno!


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