00 23/05/2010 21:14
PARTE SECONDA (Il Secondo Incontro)


4° Capitolo.


Il viaggio è molto breve, la limousine si ferma davanti ad un altro grattacielo, scendiamo prendiamo uno dei tanti ascensori e saliamo fino ad un piano altissimo.

L'ascensore si apre e noi ci ritroviamo direttamente in una bella sala d'attesa arredata molto riccamente. Un'impeccabile segretaria appena ci vede alza il microfono di un interfono e annuncia il nostro arrivo.

Immediatamente si apre una porta ed esce un bell'uomo, classico americano, bel viso, denti perfetti, alto ed atletico, capelli castano chiaro, occhi azzurro intenso.

Penso subito che è davvero un gran bel tipo e, cercando di attribuirgli un'età, mi decido per i 45, massimo 50 anni.

Il bell’uomo ci fa un bellissimo sorriso e si dirige verso di noi esclamando:

"Eccovi qui finalmente!”

Ted presenta per prima me e, lui molto garbatamente, mi fa un leggero baciamano, poi mentre saluta mio padre con una vigorosa stretta, si dichiara molto contento di averci lì invitandoci ad entrare nella stanza.

L'ufficio è molto ampio, con una bella scrivania di legno scuro davanti alla parete tutta a vetri, bei quadri appesi e, un comodo salotto in un angolo, illuminato solo da una lampada che emana una luce soffusa, dove sono sedute due persone, di cui riesco ad intravedere solo la sagoma, dato che ormai, la luce del giorno sta lasciando posto alle ombre notturne.

Il produttore, che si chiama Phil, ci dice che vuole presentarci due suoi carissimi amici Mr. ............. e Mr.................., ovviamente non riesco a capire bene i loro nomi, anche se di uno mi è parso di capire Jackson, ma persa come sono ad ammirare il bell'ufficio ed il panorama notturno di Los Angeles, che trovo davvero meraviglioso, non ci bado più di tanto, mai pensando che possa essere “quel Jackson”.

Comunque, per non essere sgarbata, mi faccio più vicino al salotto, dove vedo che i due uomini che prima erano seduti si sono alzati in piedi ed anzi, uno dei due, che è di spalle rispetto a me, sta abbracciando affettuosamente Ted il quale, contraccambia quell’effusione con altrettanto calore.

Cerco con gli occhi mio padre e vedo che ha una faccia strana e mi indica con lo sguardo Ted e l'amico che sta salutando.

Dapprima non capisco quello che papà vuole dirmi, ma immediatamente il velo si squarcia, perché, anche se di spalle, lo riconosco, quello che Ted sta abbracciando è Michael, sì proprio “quel Jackson”.

Mi paralizzo e sento il sangue che mi si raggela nelle vene, e penso che davvero il destino a volte ci fa degli scherzi di cattivo gusto.
Questa volta sono davvero nel panico tanto che mi sembra quasi di svenire, noto poi, che anche papà, ha una faccia con un'espressione strana che non so nemmeno definire, sicuramente sorpresa ma forse anche imbarazzata.
Non appena Ted si scioglie dall'abbraccio si rivolge a Michael e gli dice se può presentargli un suo carissimo amico italiano con la sua affascinante figlia, lui risponde che ci vuole conoscere senz'altro e si gira verso di noi.

Mentre Ted gli dice il mio nome, senza osare guardarlo in faccia, gli porgo la mano per salutarlo, che lui sfiora appena e, con aria gelida, senza accennare al benché minimo sorriso, dice:

"La signora ed io ci conosciamo già".

Ted ovviamente, non accorgendosi della tensione che si è creata tra di noi, prende questa notizia come se fosse positiva e, con tono allegro, chiede quando ci saremmo conosciuti, ma Michael, con aria distratta e senza alcuna allegria nella voce risponde che ci siamo incontrati oggi sull'aereo, tutto questo mentre io rimango sempre ad occhi bassi perché non voglio guardare la sua espressione.

Mike, comunque, rivolge immediatamente la sua attenzione verso mio padre che saluta, mi pare, un po' più calorosamente di quanto abbia fatto con me, dopodiché continua a parlare con Ted come se noi non esistessimo più.

Phil ci presenta poi l'altra persona che è con Michael, della quale non capisco nemmeno il nome e alla quale, per come mi sento in questo momento, vale a dire completamente nel pallone, a mala pena riesco a rivolgere qualche parola di circostanza; tuttavia, la nostra nuova conoscenza, forse intuendo che c'è qualcosa che non va, si mostra davvero gentile cercando di intavolare subito con me una cordiale conversazione, forse per togliermi dall'imbarazzo.

Mi chiede, infatti, come mai mi trovo a LA e gli spiego che mio padre dovrebbe concludere un affare qui e, Phil che si è seduto vicino a noi, spiega subito a Franky, questo è il nome dell'amico di Michael, che ho capito in seconda battuta, che probabilmente coprodurrà con mio padre un film che dovrebbe essere girato in parte a LA ed in parte a Roma, non omettendo di raccontarne anche la trama.

Non riesco a seguire nemmeno una piccola parte di discorso a cui, tra l'altro, si è unito anche mio padre, perché sono preda di un malessere dal quale non so come potermi liberare, per come sono andate le cose e, soprattutto dopo aver visto la reazione di Michael che con il suo atteggiamento assolutamente raggelante, mi sta facendo soffrire come non avrei mai creduto potesse di nuovo accadere.

Continuo a pensare a quello che ha detto e soprattutto a come l'ha detto, se mi avesse insultata infatti, con una parolaccia, cosa che lui non farebbe mai, mi avrebbe ferita di meno e, mentre sto seduta sul divano, guardando Michael che sta parlando in piedi con Ted e sempre di spalle a me senza mai, nemmeno una volta, essersi girato verso di noi, ho la netta sensazione che io, per lui, non esista proprio in quella stanza.
Ad un tratto Franky si rivolge a me chiedendomi se anch'io mi occupo di cinema, gli rispondo di no, ma che comunque, in qualche maniera, sono nell'ambiente poiché, tra i clienti dello studio in cui lavoro, ci sono molte persone dello spettacolo e società di produzione cinematografica.

Mi chiede poi dove alloggiamo, ed io rigiro la domanda a mio padre poiché, nel trambusto dell'arrivo, non mi sono nemmeno accorta del nome dell'albergo e, papà risponde che l'hotel è il Beverly Hills.

Franky sorride e mi dice che anche lui alloggia lì, mi stupisco perché pensavo che invece lui abitasse in città, ma mi risponde che abita a circa 200 Km. da LA, però quando si trattiene in città per lavoro, abita al Beverly Hills.

Aggiunge poi, sempre con il suo sorriso cordiale, che è una fortuna per lui, così forse potremmo incontrarci e magari cenare insieme almeno una volta e, se mi fa piacere, sarebbe contento di accompagnarmi se avessi voglia di visitare la città.

Lo ringrazio e gli dico, ma solo per non sembrare scortese, poiché la mia mente è altrove, che in base agli impegni di entrambi potremmo trovare un po' di tempo libero.

Phil, dopo un po’ di tempo passato in chiacchiere, si alza e ci annuncia che ovviamente siamo tutti suoi ospiti a casa sua per cenare insieme e, per continuare tra di noi la piacevole conversazione.
Sono del tutto convinta che Michael ovviamente non verrà ma, con mia sorpresa, si avvicina a Franky per dirgli qualcosa a bassa voce, il suo amico quindi, prende subito un cellulare per parlare per pochi secondi con qualcuno e, dopo aver attaccato, fa un cenno con la testa a Michael, come per dire che è tutto a posto.

Da perfetta imbecille, non avevo realizzato, fino a quel momento, che Franky facesse parte dello staff di Michael, pensavo che fosse soltanto un amico, ed improvvisamente mi viene anche il dubbio che al Beverly Hills abiti proprio con Michael.

Mi auguro che quello che penso non corrisponda alla realtà, perché per me, saperlo nel mio stesso albergo, sarebbe davvero una sofferenza maggiore.

Con la testa che mi sta per scoppiare, vuoi per la stanchezza, per le emozioni che si sono susseguite e per il dolore che provo nel vedere l'atteggiamento così distaccato di Michael, m'incammino insieme agli altri verso l'ascensore.
Sento che Michael è alle mie spalle riesco a percepire il suo profumo, dolce intenso, sensuale e vengo sopraffatta da una voglia irrefrenabile di girarmi e baciarlo, qui davanti a tutti, ma il pensiero della sua reazione, che potrebbe essere ancora peggiore di quella avuta nel momento della presentazione, mi fa rigettare questo insano desiderio, nei meandri più reconditi della menta e mi impongo di non pensarci assolutamente più, perché ormai con lui il capitolo è chiuso, anzi chiusissimo.

Entro, mi giro verso le porte e mi ritrovo Michael esattamente di fronte a me, sempre con quei cavolo di occhiali da sole, ovviamente non tento neppure di vedere se mi stia guardando o no, mi chiedo solo perché li porta pure di notte, non faccio però in tempo a rispondermi perché ormai siamo arrivati al piano terra e, qui scendiamo tutti.

Mentre ci dirigiamo verso l'auto che ci aspetta, mi accorgo che saliremo tutti sulla limousine di Phil. guardo mio padre con aria interrogativa che mi risponde a bassa voce che non sa perché stiamo andando con una sola auto.

Ovviamente mi fanno salire per prima, così vado ad occupare il sedile posteriore di sinistra, poi entra mio padre che si siede su quello di destra, sale Michael che si posiziona di fronte al me, poi Franky che invece mi si mette vicino. A seguire tutti gli altri

La limousine si muove lentamente ed io guardo fuori dal finestrino, ma osservo Michael con la coda dell'occhio, che nel frattempo si è finalmente tolto gli occhiali da sole e si sta aggiustando i capelli.

Per stare più comoda tiro su una gamba per accavallarla ma, tocco inavvertitamente quella di Michael, lo guardo e, con un filo di voce, chiedo scusa ma lui mi risponde, con un tono del tutto impersonale, che non è niente, poi rimane a guardarmi con un'aria, che a me, nel buio della macchina, sembra di sfida.

A questo punto, però, sorreggo lo sguardo, perché non mi va proprio più di sentirmi come un cane bastonato per tutta la serata e, non lo avrei assolutamente distolto se Franky non mi avesse chiesto
se era la prima volta che venivo negli States e che impressione mi avesse fatto
Los Angeles.
Gli rispondo che era la prima volta e che era molto presto per avere un'opinione, anche se tutto mi sembrava così enorme e, aggiungo, che noi in Italia siamo abituati a spazi molto più angusti, specialmente poi per me, che per molto tempo ho abitato a Venezia, ed anche se ora abito a Roma, per quanto grande esse sia, non può essere certo paragonata all’immensità di LA.

Franky però replica, che mi considera una privilegiata, perché ho avuto la fortuna di vivere nelle due città tra le più belle del mondo e, mentre afferma questo si rivolge a Michael per chiedergli la sua opinione.

Contrariamente alla risposta secca che mi aspettavo, lui invece comincia a parlare, dicendo che l'Italia gli piace moltissimo ed in particolare Roma, dove si era trovato benissimo e, che suo malgrado, non era riuscito a visitare tutta come avrebbe voluto, perché è una città così piena d'arte che per poter vedere tutto ci avrebbe dovuto abitare per qualche mese, cosa che non ha mai potuto fare a causa degli impegni di lavoro.

Ovviamente gli altri, sentendo che Michael sta parlando, si sono subito ammutoliti e, hanno cominciato a chiedergli le sue impressioni riguardo all'Italia e agli Italiani.

Michael risponde che, secondo lui, noi siano molto espansivi, calorosi e molto vitali, soprattutto poi era rimasto colpito dalle donne italiane, che trova in generale molto belle, sexi, passionali e molto materne con i lori figli.

Specifica, inoltre, che visitando le città italiane, aveva notato che le donne che camminavano per la strada erano quasi tutte molto ben vestite, non erano affatto trasandate come invece gli era capitato di vedere in tanti altri paesi, America compresa.

A quel punto Phil interviene e, indicandomi, dice che quella sera, tra di loro, c'era un bellissimo esempio di donna italiana, bella, elegante e di classe.

Tutti tranne mio padre, per ovvi motivi e, Michael per motivi non altrettanto ovvi, almeno per altri, approvano quello che Phil aveva appena detto su di me.

Non so più dove guardare per l'imbarazzo e spero che a casa di Phil ci sia qualche altra donna che partecipi alla cena. Comunque ringrazio per i complimenti che trovo però esagerati e guardo Michael come per cercare un po' d'aiuto e lui forse capendo il mio disagio, accenna ad un mezzo sorriso, che io ricambio.

In quel preciso istante l'auto entra in un imponente cancello e dopo aver percorso un lungo viale si ferma davanti ad una villa enorme, stile neo-classico, però di recente costruzione, che personalmente non avrei mai acquistato per viverci, ma gli americani vanno pazzi per queste cose.

L'autista ci apre la portiera e, dopo essere tutti scesi, seguendo il padrone di casa, cominciamo a salire le scale della villa.