Ho apprezzato l’idea di Rossijack di considerare anche questo aspetto nelle nostre discussioni, a mio avviso interessantissimo e per niente off-topic.
Il mythos, ossia il “racconto” o meglio la “parola raccontata” a voce, per Mike può essere già riscontrato e discusso e non è, a mio avviso, un concetto in divenire come dice Rossi.
In realtà se si guarda alla costruzione del mito, M.J. era già morto, ossia era già consegnato ad esso nella sua ascesa di vecchio-bambino fino allo splendore di Bad e sotto alcuni aspetti di Dangerous. Per il resto era finito, consumato nella trasformazione dal mostro immaginario di thriller, al mostro reale di Neverland, compiuta abilmente quanto violentemente, dai media che ora si interessano solo alla morte macabra, prevedibile, avvolta volutamente nel mistero.
Ed ecco che tornano i media e la paura fondata di Malombra, che il mito, tipico di un mondo popolo-fanciullo che si stupisce di fronte a ciò che non può spiegare, non sia processo naturale e proiettato in una aspettativa di crescita, ma abilmente costruito e manipolato dai media appunto che vogliono trarre profitto da tutto, ma proprio tutto quello che riguarda M.J., compreso il suo cadavere.
E se il mito “serve” ed appare funzionale al superamento delle proprie paure, temo che questa funzione secondo me avvilente dell’uomo moderno in quanto tale, e soprattutto obsoleta in una società tecnologica, non sia rispettata ma manipolata.
La mia preoccupazione riguarda la violenza esercitata su MJ, cioè il saccheggio del suo personaggio, che evoca ricordi di giovinezza e incarna il sogno americano dell’autorealizzazione, che non contempla il resto, ossia il poeta-musicista, il pensatore, il giocatore di squash, che rivendica la libertà dalle sue prigioni mentali e materiali. Anzi poiché le distanze furono prese dallo stesso Mike, tutto teso al superamento della costruzione mitica ormai avvenuta, e della dicotomia indotta, temo che tutto ciò che è stato abilmente rigettato, sia difficile da recuperare.
In effetti la parabola di Mike diviene discendente quando la “scimmia” oggetto del potere, parto dell’industria discografica diviene “soggetto pensante”, ossia a sua volta potere, prima mediatico, poi materiale…lo scontro con la multinazionale discografica è cosa nota, quello col potere-sistema ha visto Mike soccombere, sotto le armi della distruzione del sogno che diviene incubo, del mito dell’oro che obsoleto, non trova riconoscimento, come la coca cola, (che guarda a caso compie la sua salvifica ricomparsa come emblema del “generoso” popolo americano, proprio fra i terremotati di Haiti).
I miti costruiti a tavolino sono terrificanti e pericolosi perché indotti…se è vero, come è vero ciò che dice Galimberti, è altrettanto vero che la violenza esercitata su personaggi come Marylin Monroe, non ha eguali. Scarnificata, mistificata, mai considerata oltre la sua immagine, si è trasformata in materia-denaro, patetica e volgare.
Ma questo era già avvenuto per la prima parte della vita di Mike, operazione da lui stesso ricusata abilmente…inconsciamente attraverso le distanze fisiche, consciamente attraverso il rifiuto dell’icona stilizzata.
Ma questo allontanamento è costato caro all’uomo, che è morto “prevedibilmente” come tutti si aspettavano e che ora viene cinicamente descritto come vittima del suo stesso successo, della sua tracotanza, della cui fine naturalmente nessuno è responsabile.
È chiaro che gli elementi ci sono tutti per continuare a costruire il mito della stella costretta a brillare, caduta sulla scia della sua stessa ambizione, vittima di se stessa, della propria arroganza, e di un destino comune a chi troppo chiede.
Naturalmente io rigetto con forza tale mito, come quello del dio immortale, che avrebbe inscenato la sua fine, beffando tutti, in ultimo anche la morte, come molti vorrebbero….
E questo perché Mike per me era un uomo...e i miti–chiave della mia origine indoeuropea, non mi servono che a conoscere la mia storia, non sento l’esigenza di nient’altro.
Ho sperato che Mike riuscisse a liberarsi della maschera tragica che gli hanno imposto, che non bevesse la cicuta, che continuasse a lottare,…ma so che gli uomini sono mortali, sono sensibili al dolore, alle ingiustizie, all’umiliazione e all’invidia…e in quella stanza, quella mattina, si è consumata una vicenda umana di solitudine e imbarazzo, che non riguarda solo Mike ma molti altri, e sicuramente, insieme a lui, quel dottore che nel disprezzo dell’uomo che doveva curare, lo ha considerato niente più che un oggetto, una fonte di guadagno, un’opportunità di carriera.