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Il mito di Michael Jackson

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    rossijack
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    00 27/01/2010 17:56
    Il mito e' una antichissima narrazione nata per placare lo sgomento dell'uomo di fronte a fenomeni inquietanti o poco comprensibili,un racconto sacro che svela dei misteri e da' risposta agli interrogativi degli uomini.Nel suo ultimo interessantissimo libro"I miti del nostro tempo" il prof.Umberto Galimberti scrive nell'introduzione"i miti sono idee semplici che facilitano il giudizio e ci rassicurano,togliendo ogni dubbio alla nostra visione del mondo che,non piu' sollecitata dall'inquietudine delle domande ,tranquillizzano le nostre coscienze". Marylin, Elvis, Morrison o altri miti del nostro tempo, il nostro compianto MJ , hanno in comune il fatto di essere scomparsi improvvisamente,in modo violento e ,per certi versi ,insensato e il disorientamento che ne consegue considerarli miti serve,secondo quanto sopra, a sospendere il pensiero e a fermarlo per sempre. Fare di loro dei miti serve a noi per non accettare la caducita' della vita?Serve a noi per arrestare la paura che niente basti al nostro equilibrio laddove hanno fallito fama ,bellezza,ricchezza,ammirazione?Qual'e' il bisogno di fare di Michael un mito?
  • _Malombra_
    00 27/01/2010 20:17
    Splendido imput che, a mio modesto avviso, non sarebbe dovuto essere considerato come off topic.
    Da dove nasce il bisogno di creare i miti?
    Storicamente essi servono a trovare spiegazione a fenomeni inspiegabili, quali la creazione del mondo, l'esistenza dell'uomo; ai fenomeni naturali come la pioggia, il fulmine, il vento e agli elementi: fuoco, terra, aria, acqua.
    Il sapere scientifico ha però disincantato il modo in cui guardiamo la realtà, poiché ci ha insegnato a discostarci dalla simbologia proiettata sulla natura, fornendoci su essa interpretazioni scientifiche.
    L'unico vero mistero rimasto è l'uomo, con le domande ataviche che lo accompagnano: da dove viene e dove deve andare.
    Trovare da soli risposte a tali incommensurabili interogativi costituisce un altrettanto immenso esercizio della mente che non tutti sentono di poter affrontare e sopportare. Ecco allora riaffacciarsi magnanime il mito che, con risposte pret a porter, consentirà a tutti di risolvere il problema dell'esistenza.
    Il mito si sviluppa sempre intorno alla presenza della divinità, quale attore agente di responsabilità e questo pone l'uomo ai margini della realtà contingente.
    Finchè esiste la dimensione del mito, non esiste la dimensione dell'uomo; il tempo del mito dovrà esaurirsi, affinchè possa aver inizio quello dell'uomo, che potrà così riposizionarsi al centro della propria vicenda esistenziale, divenendone fautore responsabile e consapevole.
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    rossijack
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    00 28/01/2010 22:39
    Re:
    _Malombra_, 27/01/2010 20.17:

    Splendido imput che, a mio modesto avviso, non sarebbe dovuto essere considerato come off topic.
    Da dove nasce il bisogno di creare i miti?
    Storicamente essi servono a trovare spiegazione a fenomeni inspiegabili, quali la creazione del mondo, l'esistenza dell'uomo; ai fenomeni naturali come la pioggia, il fulmine, il vento e agli elementi: fuoco, terra, aria, acqua.
    Il sapere scientifico ha però disincantato il modo in cui guardiamo la realtà, poiché ci ha insegnato a discostarci dalla simbologia proiettata sulla natura, fornendoci su essa interpretazioni scientifiche.
    L'unico vero mistero rimasto è l'uomo, con le domande ataviche che lo accompagnano: da dove viene e dove deve andare.
    Trovare da soli risposte a tali incommensurabili interogativi costituisce un altrettanto immenso esercizio della mente che non tutti sentono di poter affrontare e sopportare. Ecco allora riaffacciarsi magnanime il mito che, con risposte pret a porter, consentirà a tutti di risolvere il problema dell'esistenza.
    Il mito si sviluppa sempre intorno alla presenza della divinità, quale attore agente di responsabilità e questo pone l'uomo ai margini della realtà contingente.
    Finchè esiste la dimensione del mito, non esiste la dimensione dell'uomo; il tempo del mito dovrà esaurirsi, affinchè possa aver inizio quello dell'uomo, che potrà così riposizionarsi al centro della propria vicenda esistenziale, divenendone fautore responsabile e consapevole.




    Hai colto il significato della discussione ma mi piacerebbe approfondire il mito di Michael,quale significato diamo al suo mito.
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    SunnyOne
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    00 28/01/2010 23:51
    Re:
    rossijack, 27/01/2010 17.56:


    Il mito e' una antichissima narrazione nata per placare lo sgomento dell'uomo di fronte a fenomeni inquietanti o poco comprensibili,un racconto sacro che svela dei misteri e da' risposta agli interrogativi degli uomini...Fare di loro dei miti serve a noi per non accettare la caducita' della vita?...Qual'e' il bisogno di fare di Michael un mito?

    non mi ricordo chi parlava della "spaventosa monotonia" dei miti, simili presso tutti i popoli del mondo, fra i più antichi, lontani e diversi fra loro.
    i miti contengono modelli e prototipi che danno ordine e senso universale alla nostra esperienza.
    la narrazione, la "storia MJ" raccoglie un sacco di elementi "leggendari": MJ è colui che ha un potere "divino" (il talento), è il Gilgamesh un po' uomo un po' dio alla ricerca dell'erba "vecchio-ritorna-giovane".
    in questo forum si leggono le varie declinazioni del protagonista mitico: si trova il MJ profeta, lo strumento di dio investito da una missione, o il MJ sciamano ovvero il "guaritore ferito", colui che mostrando fin dalla tenera età comportamenti "disturbati" e crisi "paniche", attraverso l'isolamento e la discesa agli inferi conquista una sovrannaturale sensibilità e al contempo il potere di intercettare i desideri e le fantasie dei suoi protetti (manca il MJ operaio, il MJ idraulico etc etc...).
    MJ è il carismatico (ossia colui che ha grazia) che soffre e libera: attraverso le sue sofferenze e tramite il suo potere i sostenitori si liberano in modo molto elementare ed emotivo delle restrizioni, inibizioni e regole, potendo tendere allo straordinario.
    non so se MJ fosse pienamente consapevole di queste trame, non so se fosse più gratificato/dipendente o più affaticato dal suo stesso carisma. ho la sensazione che fosse tremendamente affascinato da questa forma di potere, ma altrettanto imbranato nel gestirlo.
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    rossijack
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    00 29/01/2010 00:14
    Re: Re:
    SunnyOne, 28/01/2010 23.51:

    non mi ricordo chi parlava della "spaventosa monotonia" dei miti, simili presso tutti i popoli del mondo, fra i più antichi, lontani e diversi fra loro.
    i miti contengono modelli e prototipi che danno ordine e senso universale alla nostra esperienza.
    la narrazione, la "storia MJ" raccoglie un sacco di elementi "leggendari": MJ è colui che ha un potere "divino" (il talento), è il Gilgamesh un po' uomo un po' dio alla ricerca dell'erba "vecchio-ritorna-giovane".
    in questo forum si leggono le varie declinazioni del protagonista mitico: si trova il MJ profeta, lo strumento di dio investito da una missione, o il MJ sciamano ovvero il "guaritore ferito", colui che mostrando fin dalla tenera età comportamenti "disturbati" e crisi "paniche", attraverso l'isolamento e la discesa agli inferi conquista una sovrannaturale sensibilità e al contempo il potere di intercettare i desideri e le fantasie dei suoi protetti (manca il MJ operaio, il MJ idraulico etc etc...).
    MJ è il carismatico (ossia colui che ha grazia) che soffre e libera: attraverso le sue sofferenze e tramite il suo potere i sostenitori si liberano in modo molto elementare ed emotivo delle restrizioni, inibizioni e regole, potendo tendere allo straordinario.
    non so se MJ fosse pienamente consapevole di queste trame, non so se fosse più gratificato/dipendente o più affaticato dal suo stesso carisma. ho la sensazione che fosse tremendamente affascinato da questa forma di potere, ma altrettanto imbranato nel gestirlo.




    Splendida riflessione,complimenti!Pensavo che la premessa avesse un po' intimorito chi volesse partecipare alla discussione ,tu hai colto veramente nel segno!Il mito di MJ potra' variare nel corso del tempo ma cio' che importa e' che il significato che porta con se'rimanga sempre costante perche'il contenuto va oltre la forma d'espressione,e' un mezzo per arrivare ad una conoscenza della realta'!
    [Modificato da rossijack 29/01/2010 00:15]
  • Victoryfan
    00 29/01/2010 22:43
    Ho apprezzato l’idea di Rossijack di considerare anche questo aspetto nelle nostre discussioni, a mio avviso interessantissimo e per niente off-topic.
    Il mythos, ossia il “racconto” o meglio la “parola raccontata” a voce, per Mike può essere già riscontrato e discusso e non è, a mio avviso, un concetto in divenire come dice Rossi.
    In realtà se si guarda alla costruzione del mito, M.J. era già morto, ossia era già consegnato ad esso nella sua ascesa di vecchio-bambino fino allo splendore di Bad e sotto alcuni aspetti di Dangerous. Per il resto era finito, consumato nella trasformazione dal mostro immaginario di thriller, al mostro reale di Neverland, compiuta abilmente quanto violentemente, dai media che ora si interessano solo alla morte macabra, prevedibile, avvolta volutamente nel mistero.
    Ed ecco che tornano i media e la paura fondata di Malombra, che il mito, tipico di un mondo popolo-fanciullo che si stupisce di fronte a ciò che non può spiegare, non sia processo naturale e proiettato in una aspettativa di crescita, ma abilmente costruito e manipolato dai media appunto che vogliono trarre profitto da tutto, ma proprio tutto quello che riguarda M.J., compreso il suo cadavere.
    E se il mito “serve” ed appare funzionale al superamento delle proprie paure, temo che questa funzione secondo me avvilente dell’uomo moderno in quanto tale, e soprattutto obsoleta in una società tecnologica, non sia rispettata ma manipolata.
    La mia preoccupazione riguarda la violenza esercitata su MJ, cioè il saccheggio del suo personaggio, che evoca ricordi di giovinezza e incarna il sogno americano dell’autorealizzazione, che non contempla il resto, ossia il poeta-musicista, il pensatore, il giocatore di squash, che rivendica la libertà dalle sue prigioni mentali e materiali. Anzi poiché le distanze furono prese dallo stesso Mike, tutto teso al superamento della costruzione mitica ormai avvenuta, e della dicotomia indotta, temo che tutto ciò che è stato abilmente rigettato, sia difficile da recuperare.
    In effetti la parabola di Mike diviene discendente quando la “scimmia” oggetto del potere, parto dell’industria discografica diviene “soggetto pensante”, ossia a sua volta potere, prima mediatico, poi materiale…lo scontro con la multinazionale discografica è cosa nota, quello col potere-sistema ha visto Mike soccombere, sotto le armi della distruzione del sogno che diviene incubo, del mito dell’oro che obsoleto, non trova riconoscimento, come la coca cola, (che guarda a caso compie la sua salvifica ricomparsa come emblema del “generoso” popolo americano, proprio fra i terremotati di Haiti).
    I miti costruiti a tavolino sono terrificanti e pericolosi perché indotti…se è vero, come è vero ciò che dice Galimberti, è altrettanto vero che la violenza esercitata su personaggi come Marylin Monroe, non ha eguali. Scarnificata, mistificata, mai considerata oltre la sua immagine, si è trasformata in materia-denaro, patetica e volgare.
    Ma questo era già avvenuto per la prima parte della vita di Mike, operazione da lui stesso ricusata abilmente…inconsciamente attraverso le distanze fisiche, consciamente attraverso il rifiuto dell’icona stilizzata.
    Ma questo allontanamento è costato caro all’uomo, che è morto “prevedibilmente” come tutti si aspettavano e che ora viene cinicamente descritto come vittima del suo stesso successo, della sua tracotanza, della cui fine naturalmente nessuno è responsabile.
    È chiaro che gli elementi ci sono tutti per continuare a costruire il mito della stella costretta a brillare, caduta sulla scia della sua stessa ambizione, vittima di se stessa, della propria arroganza, e di un destino comune a chi troppo chiede.
    Naturalmente io rigetto con forza tale mito, come quello del dio immortale, che avrebbe inscenato la sua fine, beffando tutti, in ultimo anche la morte, come molti vorrebbero….
    E questo perché Mike per me era un uomo...e i miti–chiave della mia origine indoeuropea, non mi servono che a conoscere la mia storia, non sento l’esigenza di nient’altro.
    Ho sperato che Mike riuscisse a liberarsi della maschera tragica che gli hanno imposto, che non bevesse la cicuta, che continuasse a lottare,…ma so che gli uomini sono mortali, sono sensibili al dolore, alle ingiustizie, all’umiliazione e all’invidia…e in quella stanza, quella mattina, si è consumata una vicenda umana di solitudine e imbarazzo, che non riguarda solo Mike ma molti altri, e sicuramente, insieme a lui, quel dottore che nel disprezzo dell’uomo che doveva curare, lo ha considerato niente più che un oggetto, una fonte di guadagno, un’opportunità di carriera.
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    rossijack
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    00 29/01/2010 23:22
    Ti ringrazio per l'apprezzamento e per il bellissimo intervento(come sempre!),Victoryfan.Il suo mito ha preso via via la forma di un essere immortale e onnipotente perche' di fronte alla grandezza ognuno dimentica la propria finitezza ,mettendo da parte quel meraviglioso suo mondo interiore e spirituale di cui era portatore nel mondo e solo questa avrebbe dovuto essere l'idea da "sospendere"!
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    00 30/01/2010 14:20
    Re:
    Victoryfan, 29/01/2010 22.43:


    In realtà se si guarda alla costruzione del mito, M.J. era già morto, ossia era già consegnato ad esso nella sua ascesa di vecchio-bambino fino allo splendore di Bad e sotto alcuni aspetti di Dangerous. Per il resto era finito, consumato nella trasformazione dal mostro immaginario di thriller, al mostro reale di Neverland, compiuta abilmente quanto violentemente, dai media che ora si interessano solo alla morte macabra, prevedibile, avvolta volutamente nel mistero.
    Ed ecco che tornano i media e la paura fondata di Malombra, che il mito, tipico di un mondo popolo-fanciullo che si stupisce di fronte a ciò che non può spiegare, non sia processo naturale e proiettato in una aspettativa di crescita, ma abilmente costruito e manipolato dai media appunto che vogliono trarre profitto da tutto, ma proprio tutto quello che riguarda M.J., compreso il suo cadavere.

    In effetti la parabola di Mike diviene discendente quando la “scimmia” oggetto del potere, parto dell’industria discografica diviene “soggetto pensante”, ossia a sua volta potere, prima mediatico, poi materiale…
    I miti costruiti a tavolino sono terrificanti e pericolosi perché indotti...
    Ma questo allontanamento è costato caro all’uomo, che è morto “prevedibilmente” come tutti si aspettavano e che ora viene cinicamente descritto come vittima del suo stesso successo, della sua tracotanza, della cui fine naturalmente nessuno è responsabile.

    ...Mike per me era un uomo...e i miti–chiave della mia origine indoeuropea, non mi servono che a conoscere la mia storia, non sento l’esigenza di nient’altro.

    Ho sperato che Mike riuscisse a liberarsi della maschera tragica che gli hanno imposto, che non bevesse la cicuta, che continuasse a lottare…ma so che gli uomini sono mortali, sono sensibili al dolore, alle ingiustizie, all’umiliazione e all’invidia…e in quella stanza, quella mattina, si è consumata una vicenda umana di solitudine e imbarazzo, che non riguarda solo Mike ma molti altri, e sicuramente, insieme a lui, quel dottore che nel disprezzo dell’uomo che doveva curare, lo ha considerato niente più che un oggetto, una fonte di guadagno, un’opportunità di carriera.



    bello il tuo post.
    io non penso che il mito MJ, anche nelle sue sfumature più inquietanti, sia semplicemente una invenzione mediatica. o meglio, come avete già messo in evidenza è chiaro che i media hanno avuto un ruolo decisivo nel cogliere, banalizzare e mercificare certi cliché, ma limitarci a proiettare sui media l'esito di certi cortocircuiti, è un'operazione monca.
    credo infatti che il personaggio MJ contenga delle caratteristiche capaci di riattivare dei copioni e dei prototipi che appartengono molto profondamente all'immaginario collettivo, che organizzano tutte le narrazioni sviluppate intorno alle sue vicende, e che tenacemente continuiamo tutt'ora ad attribuire alla "persona" (ma de che??).

    MJ ha costruito un personaggio, sicuramente attingendo alla propria esperienza personale e alla creatività, ma pur sempre un personaggio, con delle caratteristiche ben precise e via via più definite. non parlo solo del gossip o delle trovate pubblicitarie: avete presente le quintalate di immagini che lo rappresentano con tanto di alucce e allure asessuata?
    userserve-ak.last.fm/serve/500/31828239/Michael+Jackson++as+angel+Y...

    il suo personaggio è "l'angelo-bambino" che nelle sue vastissime varianti e rielaborazioni (ermes, energia trasformativa e messaggera, il marziano di struggente e lucente bellezza, colui che evoca la "participation mystique"...) appartiene alla cultura popolare da sempre e agli strati più profondi del nostro immaginario.
    si può avere un atteggiamento più o meno scettico o superficiale nei confronti di questi concetti, ma solo a titolo di riflessione vi riporto alcune delle descrizioni lette in questo forum (non sugli immondi tabloids):

    "Le sue canzoni ti abbracciano, ti coinvolgono e ti avvicinano a lui. Non so se riesco bene a spiegare. E' stato trascinatore di bene, di amore"

    "lui emoziona sempre,difficilmente non rimani incantata da un angelo del genere,che da quando è volato via il mio cuore ha perso un punto fermo.......come lui fosse immortale e credevo non mi avrebbe e ci avrebbe lasciati mai."

    "Michael ha attirato il suo angelo della morte, così come altri hanno fatto: sicuramente una motivazione che lo induceva verso una trasformazione radicale esisteva ed era potente, ma non andava verso la vita."

    "Più che di questo pianeta, direi di questo tempo. Lui era futuro."

    (per praticità non cito gli autori di queste frasi, scusate).

    ovviamente Michael Jackson era una persona. non obbligatoriamente amabile, immagino. come qualcuno ha scritto questa evidenza (era persona) deve essere assunta come punto di partenza e non di arrivo. nei confronti della persona sconosciuta si può provare "solidarietà" per una vicenda giudiziaria terribile, si può "empatizzare" con le difficoltà che probabilmente ha incontrato nel corso di una vita particolarmente stressante, ci si può indignare per lo stigma "patologico" impresso spesso in cattiva fede, si può invocare giustizia perché c'è un omicidio e quindi un assassino. si può anche rimanere in silenzio. la persona va comunque ri-consegnata ad una sfera che non conosciamo davvero e che non ci appartiene.

    quanto alle insistenti "dichiarazioni d'amore incondizionato" (per "quel che è"...???) credo che attengano piuttosto a questa dimensione angelica, che in realtà è molto ambivalente.
    l'angelo non è solo una figura sdolcinata, fiabesca e benevola, ma contiene un aspetto perturbante, luciferino (di simia dei), un aspetto alieno ed incontrollabile che produce una sotterranea sensazione di estraneamento. da questa doppia natura dell'archetipo discendono secondo me sia tutti i folgoranti innamoramenti sia la componente distruttiva del suo mito.
    [Modificato da SunnyOne 30/01/2010 18:54]
  • _Malombra_
    00 30/01/2010 19:59
    "...La morte ci rende tutti angeli e ci mette ali dove avevamo spalle lisce come artigli di corvo..."
    Jim Morrison

    In questi versi, scritti da un altro artista elevato, suo malgrado, a mito, sono reperibili tutti quegli elementi atavico-ancestrali che concorrono alla mitizzazione di un essere umano.
    Il mito, infatti, inizia quando comincia la morte, poiché essa rappresenta l'unico mistero che nessuna scoperta scientifica ancora sia riuscita a svelare.
    Per spiegare la morte altro non vantiamo che personali ipotesi, le quali trovano però nella loro stessa soggettività il proprio medesimo limite.
    Tanto più precoce è la morte, tanto più tempestiva sarà la creazione del mito.
    Ma quando è cominciata la morte di Michael?
    I più risponderanno che essa è comparsa quando il suo cuore ha cessato di battere ed il suo elettroencefalogramma è risultato piatto.
    Ma esistono morti contemporanee alla vita, o meglio, la vita e la morte stesse possono essere compagne che camminano incessantemente l'una di fianco all'altra.
    Michael ha cominciato a morire molto presto; ha cominciato a morire quan'era bambino o, forse, non è mai nato.
    Naturalmente mi riferisco alla sua persona e non al personaggio.
    Tutti abbiamo contemplato un eroe dotato di superpoteri unici, che sul palco gli consentivano di sfidare la forza gravitazionale e nella vita di fermare il tempo, sovvertire le leggi naturali, mutando la propria fisionomia e concependo figli senza madri.
    Tutti abbiamo ammirato un re Mida che trasformava in oro non solo ciò che toccava, ma ciò che pensava e noi stessi abbiamo finito col considerare tale uomo un essere transterreno. Ma un momento giunse in cui i di lui superpoteri cominciarono a svanire: il supereroe iniziò ad invecchiare, svelando tristemente le sue caratteristiche umane, e il fulgido oro divenne opaca latta.
    Un altro idolo si era infranto sull'altare della quotidianità e l'uomo girò la tesa dall'altra parte per non vederne la decomposizione.
    Un simile peccato d'omissione, tuttavia, non lascia indenne chi lo compie: ecco così affacciarsi prepotente il senso di colpa, nell'istante della dipartita e della constatazione dell'amara realtà.
    Michael Jackson era un uomo!
    Come ho fatto a non capirlo prima?
    Dove sono stato quando cercava i suoi simili?
    Dov'ero quando aveva bisogno di umani amore, comprensione, aiuto?
    Le domande son le stesse per tutti, ma le risposte ad esse son per ognuno differenti. Ciò che resta, ineluttabile, è la tragicità dell'epilogo accompagnata alla certezza che il sipario sia ormai chiuso.
    Come riparare a un errore di tale portata?
    Michael era un angelo sceso in Terra a miracolo mostrare: il suo compito era rendere felici gli altri e non se stesso.
    Michael era un messaggero divino che doveva liberarci dalle prigioni degli stereotipi e del Super-io: ha trovato autorealizzazione nel compimento della sua missione.
    Michael era davvero Peter Pan e ancora vive dirigendo il thriller della sua morte da una occulta sala di regia.
    Michael deve salvare il pianeta da un'immane catastrofe: lo vedremo presto riemergere da Apophis ove, dopo cruenta lotta, sconfiggerà la bestia dell'apocalisse.
    Mancano ancora "MJ sull'Enterprise", "MJ e la nona porta", MJ ufo robot", "MJ alla ricerca del Santo Graal", ma son convinta che almeno la Mattel provvederà al più presto.
    A me manca Michael timido uomo e fanciullo sperduto, che cercava di affacciarsi alla finestra della vita, pregando ogni volta che non gli arrivasse una sberla sul gentil visino e che aveva imparato a ballare sulla Luna, perché camminare sulla terra è difficile, quando ti hanno insegnato che non puoi cadere.
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    SunnyOne
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    00 30/01/2010 20:12
    Re:
    _Malombra_, 30/01/2010 19.59:

    "
    Mancano ancora "MJ sull'Enterprise", "MJ e la nona porta", MJ ufo robot", "MJ alla ricerca del Santo Graal", ma son convinta che almeno la Mattel provvederà al più presto.



    fantastico! io avevo proposto "Michael operaio" o "Michael idraulico", tanto per esibire una sferzata di pragmatismo ;)

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