00 29/06/2009 10:15
.....di tutti i ricordi delle star, per ora è quello che mi ha commosso di più.......




ROMA

Zero ha il magone. Parla lento. Languido. L'aria di chi ha passato la notte a misurare l'assurdità di una notizia, a vegliare su una morte che è di tutti, ma sua più di altri. Lo incontro in un ufficio romano al centro, la mattina dopo. Michael Jackson era in fondo ma anche in superficie uno di loro, lo stesso demone, una strepitosa bestia da palcoscenico, sfigurata dalla calce viva del proprio talento. Renato Zero non aspetta nemmeno la prima domanda. «... Tornavo a casa dopo una cena a Fiumicino con mia sorella, mia nipote, le figlie di mio figlio...».

Suo figlio?
«Roberto, il figlio che ho adottato una decina d'anni fa. Il vantaggio dell'adozione tardiva è che puoi scegliere di volta in volta se essere genitore o figlio...».

Torna a casa e...
«Accendo la radio e sento l'annuncio... Uno choc».

Reazione immediata?
«Buio. Si è spento un faro formidabile. Lui, come Battisti da noi, ha alzato l'educazione artistica del mondo. Con le sue innovazioni sceniche ha costretto lo show business ad adeguarsi ai suoi standard. Penso a Madonna, a tutti gli altri...».

Dopo lo choc?
«Un senso di liberazione. L'idea di una persona che aveva cessato di lottare contro la crudeltà».

Non la immaginavo tanto partecipe.
«La sua storia mi ha coinvolto. Lui ha sempre subito questa ispezione maligna di un'America bigotta che ha bisogno dei mostri per sentirsi rassicurata. Senza mostri non c'è l'America».

Sembra un lutto privato, il suo.
«La fine di Michael Jackson è la fine di tutti noi. Sì, ci restano Michael Bublé, i Dire Straits, John Mayall... Ma lui era unico nella capacità di rubare l'attenzione del mondo, dai bambini agli adulti e questa, un po’, è roba che ci accomuna. Se mi va via lui, va via una parte di Renato».

Hanno accostato spesso in queste ore Michael Jackson a Madonna, tra le divinità pop.
«Lo trovo irriverente nei confronti di Michael. Lui incarna la perfezione di un disegno non solo artistico. Era un nero, non dimentichiamolo. La vittoria dei neri è sempre schiacciante in qualunque epoca. Da Jessie Owens a Barack Obama».

Un nero che si sbiancava.
«Capita quando hai sbagliato culla. La sua famiglia lo sfruttava portandolo in scena a cinque anni. Lui si è messo addosso la felicità di essere Michael Jackson solo il giorno in cui si è liberato di quel padre dittatore».

Popolari ed eccentrici, popolari nonostante la diversità. Anche questo vi accomuna.
«Si può essere stravaganti non per paraculaggine, ma per la felicità liberatoria di comunicare al mondo che sei te stesso finalmente. Ci si sbianca o ci si traveste anche per una sorta di riscatto, per chi come noi viene da una zona d'ombra».

- Intervista a La Stampa del 29 giugno 2009.
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P.S. I nostri "complimenti" all'intervistatore Giancarlo Dotto per l'ignoranza in materia dimostrata con la domanda sul "nero che si sbiancava". Speriamo che l'autopsia, i cui risultati furono diffusi dopo l'intervista in questione, possano avergli chiarito un po' le idee su cosa sia la VITILIGINE.
[Modificato da Compix 30/09/2021 21:23]