Montezemolo in politica? per difendersi da un processo!

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angelico
00martedì 19 aprile 2011 14:19
.....è imputato a Capri per abuso edilizio....
Montezemolo pensa alla politica
ma è imputato a Capri per abuso edilizio L'ex presidente di Confindustria è accusato di violazioni urbanistiche, falso e deturpamento di bellezze naturali per i presunti abusi edilizi nei lavori di ristrutturazione di Villa Caprile ad Anacapri. Ieri è iniziato il processoCapri – L’aula giudiziaria è minuscola. Dalla finestra dietro al giudice Alessandra Cataldi si guarda il mare. A duecento metri di distanza c’è la leggendaria Piazzetta, l’ombelico del mondo del gossip, il salotto dei vip che occupano le copertine dei rotocalchi. In questo Tribunale periferico, competente per i (pochi) reati commessi nell’isola azzurra e di competenza del giudice unico, è iniziato ieri un processo a uno degli uomini più potenti del Paese. Si chiama Luca Cordero di Montezemolo. E’ stato il capo di Confindustria e della Fiat, presiede la Ferrari e dal think thank di Italia Futura medita un probabile, imminente ingresso in politica che sconvolgerebbe gli equilibri tra i poli. Montezemolo, che era assente – come peraltro gli altre tre imputati – deve rispondere di violazioni urbanistiche, falso e deturpamento di bellezze naturali per i presunti abusi edilizi nei lavori di ristrutturazione di Villa Caprile ad Anacapri, la dimora dove abitualmente trascorre le vacanze estive e i periodi di riposo. Anche se da un po’ di tempo, da quando è finito sotto inchiesta, Montezemolo pare non frequenti più l’isola azzurra.

Villa Caprile è un immobile acquistato nel 2002 dalla Fisvi Holding, srl al 99% di proprietà di Montezemolo (dei 90.000 euro di capitale sociale, 89.956,40 euro di quote sono sue). Il presidente di Fisvi però è Francesco Saverio Grazioli, detentore dei rimanenti 43,60 euro di quote. Anch’egli è alla sbarra, insieme all’architetto direttore dei lavori, Rossella Ragazzini, e al titolare dell’impresa edile appaltatrice, Francesco Di Sarno. Gli abusi contestati, va detto, sono presunti. Ma probabilmente sono avvenuti in concreto (e la prescrizione dei reati in questo procedimento è lontana). Altrimenti non si spiegherebbe perché Ragazzini, difeso dall’avvocato Claudi Botti, e Di Sarno, difeso dall’avvocato Sergio De Simone, abbiano chiesto nel corso della prima udienza di patteggiare 12 e 10 mesi di condanna (con la sospensione condizionale) invece di affrontare il dibattimento per far appurare la regolarità delle opere eseguite. Tra le quali la trasformazione a uso abitativo di un garage, diventato la casa del custode, e di un rudere, nonché altri interventi all’interno della Villa progettata negli anni ’50 dall’ingegnere Roberto Adinolfi in puro stile caprese. Sulla richiesta di patteggiamento si pronuncerà il 30 maggio un altro giudice. La dottoressa Cataldi non può sentenziare sul punto altrimenti diventerebbe incompatibile

Montezemolo e Grazioli, entrambi assistiti dal professore di Diritto Penale Alfonso Furgiuele, hanno deciso di affrontare il processo nel merito. La linea difensiva dell’ex presidente di Confindustria è quella di dimostrare l’assoluta estraneità agli ordini e all’esecuzione dei lavori finiti nel mirino della Procura di Napoli. In una casa frequentata solo durante le vacanze. E formalmente amministrata da soggetti giuridici diversi dalla sua persona. Una linea che può reggere, ma può anche cedere, di fronte alle visure camerali della holding e alle altre prove che il pm di Napoli Milena Cortigiano intende produrre nel corso del dibattimento per far accertare che il padrone di diritto e di fatto di Villa Caprile era Montezemolo. E a questo processo la Procura tiene, eccome. La sentenza del giudice Cataldi infatti può influire sull’esito di un processo parallelo – ora in udienza preliminare – sulle presunte connivenze di un ex sindaco, un geometra comunale e tre vigili urbani di Anacapri, accusati di aver ‘coperto’ gli abusi in atto per non danneggiare l’illustre ospite dell’isola azzurra. Molto si è scritto sulla Panda donata dalla Fiat al Comune di Anacapri quando il presidente della Fiat era Montezemolo. Regalo che ha fatto accendere una lampadina agli inquirenti. La lampadina si è spenta nel prosieguo delle inchieste. Montezemolo ha spiegato che quella donazione era parte di una campagna promozionale della fabbrica automobilistica in molti comuni di pregio turistico, anch’essi destinatari del veicolo omaggio. L’episodio della Panda non figura in nessuna ipotesi di accusa.

In aula a Capri non c’era come accade di solito per questo tipo di reati un pm onorario. E’ venuta la pm Cortigiano, il magistrato titolare delle indagini. Caso ancora più raro, i pm togati presenti erano due. La Cortigiano era accompagnata dal procuratore aggiunto, Aldo De Chiara, capo della sezione Ambiente della Procura napoletana. Che è giunto nell’isola per incontrare il comandante della Stazione dei Carabinieri Michele Sansonne e il dirigente della Polizia di Stato Stefano Iuorio per fare il punto sulla lotta all’abusivismo tra Capri e Anacapri. E per fare un nuovo sopralluogo a Villa Caprile, dove la Fisvi ha iniziato i lavori di demolizione di uno dei tre manufatti contestati. “Pare sia la prima volta che si assiste a un’autodemolizione sull’isola azzurra” ha commentato De Chiara. La scelta di ripristinare lo stato originario dei luoghi risponde probabilmente a una logica processuale: acquisire benemerenze per le udienze successive, certificare la buona fede della Fisvi e di Montezemolo, e ‘scaricare’ sui tecnici (che hanno patteggiato) le colpe dei presunti abusi.

Se la potenza di un imputato si misura dal riguardo della stampa nei suoi confronti, Montezemolo è un uomo potentissimo. La notizia del suo rinvio a giudizio nell’autunno scorso sarebbe rimasta sconosciuta fino a ieri se non fosse stata pubblicata il 26 novembre da ‘Il Fatto Quotidiano’. Notizia che nei giorni e nelle settimane successive non è stata ripresa da nessun organo di stampa e nessun media. La Villa di Anacapri di Montezemolo faceva meno rumore dell’appartamentino di Montecarlo del cognato di Fini. In aula però qualche giornalista si è fatto vivo. Sono uscite delle agenzie. E’ stato acceso un riflettore sul processo. Che proseguirà a novembre, con un calendario già fissato di quattro udienze. Il Comune di Anacapri non si è costituito parte civile. Avrebbe fatto notizia il contrario. Pm e difesa hanno chiesto l’esame degli imputati. Montezemolo potrebbe quindi essere chiamato a deporre. La sentenza è attesa entro la fine dell’anno.


www.ilfattoquotidiano.it/2011/04/19/montezemolo-pensa-alla-politica-ma-e-imputato-a-capri-per-abuso-edilizio...
angelico
00domenica 19 giugno 2011 00:16
Montezemolo fa come Masi
Bisignani aiutami tu Dalle carte dell'inchiesta napoletana spunta una telefonata dell'ex presidente degli industriali al "Bisi". Nell'intercettazione il capo della Ferrari chiede i voti dell'Eni per spingere la candidatura in Confindustria di un suo uomo Cercava di influenzare anche le nomine della Confindustria. Luigi Bisignani premeva sul suo amico all’Eni, Stefano Lucchini, responsabile Relazioni istituzionali dell’Eni e membro della Giunta di Confindustria Napoli , per favorire la nomina di un amico di Luca Cordero di Montezemolo. Parliamo del suo socio nella compagnia ferroviaria Ntv: Gianni Punzo. È un altro dei retroscena dell’inchiesta condotta dalla Procura di Napoli sulla P4. Un altro dettaglio che dimostra il potere del lobbista, intimo amico di Gianni Letta, che peraltro ha un figlio che lavora in Ferrari.

Ne aggiungiamo un altro: il 16 gennaio una parlamentare del Pdl viene intercettata mentre discute con Bisignani di un episodio piuttosto vecchio: la rissa che vide coinvolto, a Ischia, il figlio di Ilda Boccassini, la pm che si sta occupando a Milano del caso Ruby. I due ne discutono il giorno prima del pranzo, ad Arcore, tra Berlusconi e il direttore de il Giornale, Alessandro Sallusti, di Panorama Giorgio Mulé, presenti anche Mauro Crippa (capo dell’informazione Mediaset) e Alfonso Signorini. Praticamente tutta la batteria di “fuoco” (d’inchiostro) a disposizione del premier.

Passano cinque giorni e il Giornale spara la notizia del 1997 in prima pagina chiedendosi se la Boccassini fece pressioni su qualcuno quando suo figlio Antonio finì sotto processo. Nessuna pressione, come il Fatto Quotidiano verificò a gennaio, poiché suo figlio fu prosciolto nel giugno 1998. Resta un fatto: il giorno prima del summit ad Arcore, una parlamentare del Pdl parla con Bisignani dell’episodio e pochi giorni dopo la notizia, riesumata dal 1997, viene titolata in prima pagina dal giornale della famiglia Berlusconi. Le parlamentari e le ministre del Pdl, in costante rapporto con Bisignani, sono comunque più d’una. E spesso sono state intercettate dal nucleo della polizia tributaria della Guardia di finanza di Napoli, su delega dei pm Henry John Woodcock e Francesco Curcio.

Tra queste c’è Stefania Prestigiacomo: il ministro dell’Ambiente, per esempio, è stata vittima di un’intercettazione ambientale. Sembra un gioco di parole, ma è invece un passaggio interessante dell’inchiesta, tanto che la Prestigiacomo nei mesi scorsi è stata interrogata dai pm della procura napoletana. La Guardia di finanza intercetta la voce della Prestigiacomo nell’ufficio di Luigi Bisignani. I due sono in ottima confidenza, parlano tranquillamente, senza immaginare che una cimice sta registrando la loro conversazione. Bisignani sembra preoccupato, forse proprio a causa delle indagini, ma la registrazione è per lunghi tratti incomprensibile e la stessa Prestigiacomo, interrogata, ha detto di non ricordare di cosa stessero parlando.

La ministra non è indagata, ma il suo nome compare nell’indagine, come quello dell’ex presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo. La Gdf napoletana ha intercettato le telefonate di Bisignani mentre tesseva la tela che doveva portare il suo amico di vecchia data, Gianni Punzo, sulla poltrona di vicepresidente di Confindustria a Napoli. Va notato che Bisignani fa parte di un blocco di potere centrato oggi su Gianni Letta (ieri anche su Cesare Geronzi) fortemente ostile a quello di Montezemolo-Diego Della Valle. Ma le conoscenze di Bisignani fanno comodo a tutti, anche ai suoi nemici. È Montezemolo in persona a chiamare Bisignani per chiedere di spingere sull’Eni, al fine di spostare il peso dell’azienda pubblica dell’energia su Punzo. La manovra comunque fallisce, il “Bisi”, stavolta non basta.

Punzo, l’imprenditore che ha creato il Cis di Nola, teneva molto a diventare vicepresidente di Confindustria Napoli. Bisignani quindi chiama Lucchini e cerca di ottenere il voto dell’Eni in suo favore. Purtroppo per Montezemolo però Punzo perde e se ne va sbattendo la porta dall’Unione industriali. La spunta infatti una triade di vicepresidenti a cui è difficile opporsi, grossi calibri nazionali: l’amministratore di Trenitalia Mauro Moretti (molto ostile alla Ntv di Punzo-Montezemolo), Gabriele Galateri di Genola, attuale presidente delle Generali, allora in Telecom Italia, e Marco Forlani, responsabile relazione istituzionali di Finmeccanica e figlio del politico Dc, Arnaldo.

da Il Fatto Quotidiano del 18 giugno 2011


www.ilfattoquotidiano.it/2011/06/18/fango-sulla-boccassiniquella-telefonata-a-bisignani/119382/comment-page-1/#...
rossijack
00domenica 19 giugno 2011 10:39
Che intrecci assurdi,tutto concatenato,prima e seconda Repubblica...lo schifo e' doppio!
angelico
00sabato 25 giugno 2011 01:57
Montezemolo si offre come premier
di un governo di transizione Non vuole candidarsi, ma aspetta la chiamata. Perché quando c'è da ricostruire un Paese lacerato da una “guerra civile a bassa intensità” serve “la collaborazione di tutti”. Punta al 2013 ma, se il governo cadesse sulla manovra, anche primaA.A.A. offresi premier di transizione, grande disponibilità, bella presenza, prezzo ragionevole. Luca Cordero di Montezemolo è pronto per la politica, non lo aveva mai detto così chiaramente come ieri, ma non subito. Bisogna aspettare una “fase costituente”, come dice il presidente della Ferrari in perfetto politichese a una convention della sua associazione Italia Futura. Il senso è questo: l’alternanza al governo è una cosa ottima, ma per “le situazioni normali”, ma quando c’è da ricostruire un Paese lacerato da una “guerra civile a bassa intensità” serve “la collaborazione di tutti”. E qualcuno in grado di mettere tutti d’accordo. Quanto alla “Terza Repubblica”, dice Montezemolo, “la devono costruire quelli che hanno trent’anni meno di me”.

L’occasione per ribadire la propria disponibilità a una chiamata politica è un interminabile convegno di Italia Futura sull’“orgoglio italiano” e il settore della cultura. Al teatro Argentina, nel centro di Roma, c’è tutta la squadra montezemoliana ad ascoltare quattro ore di interventi (bofonchiando per i 45 minuti di ritardo con cui si comincia) sulla cultura e il suo rilievo economico. Decine di relatori, da Diego Della Valle che presenta il suo finanziamento per il restauro del Colosseo come il modello da seguire (invita Massimo Moratti a occuparsi meno di fuorigioco e più di cultura) alla cantante Malika Ayane all’ex capo della Mondadori Gian Arturo Ferrari. C’è un dirigente del ministero dei Beni culturali, Roberto Cecchi, indagato per abuso d’ufficio. Ci sono filmati, lunghe relazioni, tutti gli oratori sforano il tempo a loro disposizione, alla fine sul palco sale Montezemolo. Commosso, dice, per un video sulle eccellenze italiane nella cultura, con la voce roca invita a “chiudere questa terribile Seconda Repubblica”.

Quando i suoi collaboratori scoprono che il presidente di Italia Futura ha deciso di parlare a braccio c’è un attimo di panico, pare che fosse anche un vezzo dell’Avvocato Gianni Agnelli snobbare il lavoro degli spin doctor. Alla fine lo convincono a leggere almeno la parte politica, cesellata per non dire troppo ma far capire tutto, dai due principali cervelli politici dell’associazione, il direttore Andrea Romano e il manager Carlo Calenda. Montezemolo non sbava troppo, si concede qualche ingenuità come dire che abbiamo “un volontariato leader in Europa” e che “se fossi un precario come quelli del teatro Valle che protestano qui fuori, anche io avrei l’angoscia per non sapere che fare fra tre mesi”. Ma non accenna in modo esplicito a Silvio Berlusconi, sorvola completamente sullo scandalo P4 e su Luigi Bisignani, suo amico personale a cui (si legge nelle carte della Procura di Napoli) ha chiesto aiuto per far approvare alla Rai delle fiction dell’ex compagna Edwige Fenech. Tra le righe si nota anche la recente tregua con il ministro Giulio Tremonti, un altro che ambisce a guidare governi post-berlusconiani. Dice Montezemolo che “la stabilità dei conti pubblici ha rappresentato l’unico argine che ha tenuto durante la Seconda Repubblica e non possiamo permettere che venga travolto”. Anche se, dice Montezemolo, i tagli vanno fatti “con il laser e non con il machete”.

Per Tremonti le cose si stanno però complicando parecchio, quando mancano pochi giorni alla presentazione della manovra triennale da 40 miliardi. Confindustria dice che se non si fanno anche riforme per favorire la crescita, nel 2012 la crescita sarà la metà rispetto alle previsioni (quindi lo 0,6 per cento) annullando parte degli effetti di risanamento della correzione, visto che lo scopo è migliorare il rapporto tra deficit e Pil. Senza riforme, avverte Confindustria, di miliardi ne serviranno 58, non 40. Sta già cominciando la protesta delle Regioni per i previsti tagli alla sanità, dei sindacati per l’aumento dell’età pensionabile nel settore privato, mentre la commissione Bilancio della Camera chiede di smetterla con i tagli lineari, mentre il malumore della Lega è sempre più evidente: almeno nel provvedimento di bilancio, il Carroccio deve incassare qualcosa per rispondere alla base di Pontida.
Se le cose dovessero precipitare, comunque, Tremonti è pronto per un governo transitorio appoggiato dal Quirinale. Come Montezemolo che, rispondendo alle sollecitazioni di Mario Draghi della Banca d’Italia, sta preparando un osservatorio sugli sprechi della politica e una spending review, un’analisi del bilancio dello Stato per decidere dove tagliare. Così, giusto per essere pronto nel caso qualcuno avesse bisogno di lui.

da Il Fatto Quotidiano del 24 giugno


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angelico
00sabato 25 giugno 2011 01:58
commenti dalla rete:


Qualche anno fa, la trasmissione di Italia 1 Le Iene (che tra l’altro non guardo più, perchè ho deciso di non accendere la Tv sulle reti del nano) intervisto Montezemolo “ambasciatore del Made in Italy”, carica “assegnatagli” per il solo fatto di essere presidente della Ferrari. Lo intervistarono, se non erro era il Trio Medusa, per fargli notare che la maglietta della Ferrari (una seplice t-shirt – manica corta – nera che faceva da sfondo ad un cavallino rampante giallo) costava circa 100 euro, o circa 70 euro. La maglietta però era realizzata in Tailandia, o a Taiwan, non ricordo bene, comunque uno di questi paesi asiatici. Montezemolo ebbe la sfacciataggine di dire che quel prezzo, per una maglietta era un prezzo “popolare”.
Io scoppia in una riasata roboante (per rimanere in tema di motori), ma poco dopo mi innervisii molto e pensai: “Questo ha talemente tanti soldi, che è completamente scollato dalla realtà, se 100 euro sono un prezzo popolare, è perché lui con cento euro forse ci si soffia il naso”.
Caro Montezemolo, questo aneddoto dimostra che non conosci la nazione nella quale dici di vivere. Non sai che 100 euro sono, per molti, il 10% di uno stipendio, e il pazzo che compra le magliette della Ferrari a quel prezzo, se ha una famiglia, non arriva manco alla seconda settimana. Nel “popolo” giusto un pazzo o un single fanno acquisti del genere. Io non voglio farmi rappresentare da un altro riccone, snob e con la puzza sotto il naso. Berlusconi ha meno puzza sotto il naso di Montezemolo. Io non voglio un altro capitalista al governo. Non ci voglio manco un esponente del proletariato, sarebbe un sogno, ma è troppo. Tutta Italia vuole una persona moderata, magari di sinistra ma non troppo, che pensi alla collettività e non agli interessi dell’azienda di famiglia.
angelico
00venerdì 30 settembre 2011 00:42
Simpatia Montezemolo
Luca Cordero di Montezemolo oggi è passato con la sua auto davanti a Palazzo Grazioli. Ha accostato davanti alle transenne ed è sceso. Poi, burlone, si è rivolto ai cronisti e ha detto che stava giocando, voleva vedere quanto si agitavano tutti per un incontro che invece non era previsto.

Scherzetti da riserva della Repubblica, insomma.

Saprà anche di pesantezza, di grigiore e rimpianto per il passato, di scarso sense of humor, saprà di tutto ciò che volete, ma questo cazzeggio continuo e generale comincia a diventare stucchevole e vagamente grottesco.

Mino Martinazzoli, quando i cronisti gli chiedevano perché non ridesse mai, rispondeva: “Io mica faccio il comico”. Forse esagerava, ma questa ondata di gag e barzellette, diti medi e pernacchiette, rischia di essere come l’inchiostro simpatico.

Quello che quando si asciuga subito sparisce.

bracconi.blogautore.repubblica.it/?ref=HREA-1
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