Low Light (in corso). Rating: verde

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
Pagine: [1], 2, 3
Sfinge senza segreto.
00lunedì 13 settembre 2010 21:38
Buonasera a signori, signore e signorine ;)
Mi sono iscritta solo ieri, anche se vi seguo (e vi apprezzo) da quasi un anno. Il motivo per cui apro questa discussione è semplice: ho in mente da un po' di tempo una storia e muoio dalla voglia di raccontarvela, sperando che vi piaccia. Non le ho ancora trovato un nome preciso (quello del titolo è - probabilmente - provvisorio), e da questo punto di vista sono ben accetti tutti i tipi di consigli e suggerimenti ;) Per il momento vi lascio un primo breve capitolo: Michael non appare subito semplicemente perché avevo bisogno di un po' di spazio per presentare la nostra narratrice e la sua storia, ma nel prossimo capitolo entrerà in scena per la prima volta, e se tutto va come spero dovrei riuscire a postarlo questa sera sul tardi. Buona lettura e... Fatemi sapere :)


1.

My shadow runs with me
Underneath the big wide sun
My shadow comes with me as we leave it all
We leave it all far behind

La mia ombra corre con me
Sotto il grande ampio sole
La mia ombra viene con me mentre ci lasciamo tutto
Ci lasciamo tutto alle spalle

Far Behind, Eddie Vedder. Traduzione riportata da pearljamonline.it.

*

Questa storia inizia precisamente alle tre e sedici del mattino, su un pianerottolo al quinto piano di un vecchio palazzo grigio e pieno di crepe con la facciata principale su corso Regina Margherita, appena fuori dalla Torino centro. Il cuore di Delia batte all'impazzata, una lacrima scivola muta sulla sua guancia calda mentre dà un'ultima sbirciata al corridoio di quella che era stata fino a qualche secondo prima la sua casa, lievemente rischiarato dalla luce dei lampioni e dai fari delle macchine che corrono sotto di lei, veloci e incosapevoli del dramma che si sta consumando nell'aria sopra le loro ruote, sopra i cervelli stanchi e le scarpe impolverate dei loro conducenti, protagonisti di qualche altra storia che forse un giorno verrà raccontata - o forse lo è già stata, chissà. Le mani le tremano violentemente mentre, tirando su col naso, chiude la porta spingendo leggermente, premurandosi di non fare troppo rumore. Lei sa che, chiusa la porta e uscita nell'aria gelida e frizzantina di quell'Ottobre 2009, sarà tutto più facile, anche se non si può proprio dire che sia mai stato facile, per chiunque l'abbia fatto, abbandonare del tutto una vita vissuta per quasi vent'anni, portando con sé solamente quelle poche cose che un trolley di medie dimensioni e una grossa borsa possono contenere. Prima di scendere le scale (è un palazzo vecchio, non ha l'ascensore) Delia riavvolge accuratamente intorno al collo la sua sciarpa di cotone, fili intrecciati bianchi, azzurri e blu, e chiude fino all'ultimo bottone il suo paltò rosso scuro. Le nove rampe di scale deserte scorrono lentamente sotto le sue vecchie Converse rosse, lo scalpiccio delle suole di gomma accompagnato ogni tanto dal lieve fruscio che il tessuto della valigia produce a contatto col marmo delle scale. Per tutto il tragitto non si ferma né si volta, neppure con la coda dell'occhio: non è sicura che, una volta guardatasi indietro, la sua forza di volontà sia sufficiente per continuare a scendere quelle scale, che mai le sono sembrate così aliene. Apre meccanicamente il portone e si precipita letteralmente in strada, camminando più svelta che può, gettando soltanto un rapido sguardo al grigio palazzo che conosce a memoria, sfondo abituale della sua infanzia e della sua adolescenza; quella rapida occhiata le provoca un senso di soffocamento, per fortuna di breve durata. Mentre attende nervosamente che il taxi da lei chiamato arrivi ("cinque minuti", ha detto frettolosamente l'operatrice), Delia ripensa agli ultimi mesi passati a Torino. Il diploma di maturità classica conseguito a luglio (un 65 senza infamia e senza lode), il lavoretto estivo come cameriera ufficialmente necessario per pagare le tasse universitarie, in realtà fine all' acquisto di un biglietto aereo di sola andata Malpensa - Los Angeles International Airport con scalo al Kennedy di New York, accuratamente occultato in una tasca interna della borsa; infine, la valigia sbrigativamente riempita in due ore, poco prima di uscire dalla porta di casa per l'ultima volta, poche ore dopo avere salutato per l'ultima volta tutti i suoi amici e i suoi genitori, al telefono o dal vivo, senza che tutti loro sospettassero nulla di quello che li avrebbe travolti l'indomani, al loro risveglio. Nessuno sa nulla. Lei preferisce partire così, fuggendo. Non avrebbe mai avuto il coraggio di comunicare la sua decisione ai personaggi del suo piccolo mondo italiano; non l'avrebbero mai accettata, non gliel'avrebbero mai permesso. Ammettiamolo, era una follia bella e buona: chi mai sarebbe così pazzo da partire per Los Angeles con meno di trecento euro in tasca e una valigia striminzita, avendo come unica sicurezza una prenotazione online per una camera d'albergo che non si è affatto sicuri di potersi permettere? "Tuttavia questa è la mia unica possibilità", pensa Delia una volta indicata al tassista la sua destinazione - la stazione dei treni, Porta Nuova, dove alle quattro e mezza un treno parte per Milano - , "la mia unica possibilità". Se avesse aspettato ancora avrebbe finito per non andarci mai più, a Los Angeles; l'avrebbe semplicemente considerato un sogno svanito, impossibile da realizzare dopo aver preso degli impegni a Torino, dopo aver iniziato una nuova fase della sua vita nel posto dove era nata e cresciuta. A quel punto, non sarebbe mai riuscita a mollare tutto. E poi, venalmente parlando, le sarebbe dispiaciuto buttare alle ortiche tutti i soldi che aveva guadagnato con le sue mani per poter acquistare quel singolo biglietto.
Aveva scelto una strada e l'avrebbe percorsa fino al suo termine. Nel momento in cui si prende una così radicale decisione c'è sempre qualcuno che soffre: o se stessi o gli altri, e Delia, anche se un po' a malincuore, ha scelto se stessa.
Una volta arrivata a Porta Nuova, Delia paga il tassista e gli lascia una piccola mancia, un po' perché l'ha aiutata a scaricare la valigia dal portabagagli, un po' perché le ha augurato buon viaggio e un po' perché vuole salutare anche lui, che non sa di essere una comparsa di questo racconto. Lascia sul marciapiede l'ultimo groppo in gola: essere alla stazione è come essere già partiti. Non ha scritto lettere a nessuno, ma soltanto un post-it attaccato sullo specchio del bagno, due sole parole, scritte lentamente e nella sua migliore grafia: "non preoccupatevi". Spera che basti, e nel frattanto medita che forse in futuro potrebbe mandare qualche lettera, anche se prima è meglio valutare un po' la situazione. Per qualche minuto si sofferma, una strana espressione sul volto, ad osservare il panorama urbano all'esterno della porta a vetri. Torino sta lentamente scivolando nel suo passato, e sa che dovrà passare molto tempo prima di rivederla. Mormora un "a presto" a fior di labbra e si volta, diretta alla sala principale. Le ci vuole molto poco per salire sul suo treno, e appena sistemata la valigia un controllore assonnato passa e le oblitera il biglietto, scivolando subito dopo in mezzo agli altri (pochi) passeggeri. Tutto è avvolto, ai suoi occhi, da una coltre leggerissima e rugiadosa di malinconia. Si siede ed aspetta immobile e silenziosamente la partenza del treno. Uno scossone, un lento dondolio: il treno caracolla pigramente fuori dalla stazione. Un'ultima lacrima le cade dagli occhi nel momento in cui perde di vista la stazione e tutto diventa case e campi e binari. Chiude gli occhi, fa qualche respiro profondo, osserva gli occupanti della sua carrozza mentre il verde e l'azzurro fuori dal finestrino diventano sempre più sfocati. Le è sempre piaciuto molto osservare la gente, osservarla per capirla e in qualche modo conoscerla. Si passa una mano tra i capelli corti e scuri, spettinati; qualcuno dice che assomigli ad Audrey Hepburn, solo con uno sguardo un po' più scuro e meno sorridente. Osserva il proprio riflesso sul vetro sporco del vagone: una ragazza alta, proporzionata, equilibrata, col naso dritto e le sopracciglia sottili perfettamente delineate, il mento sprofondato nelle pieghe della sciarpa. Alla fine di questo esame, Delia accenna un lieve sorriso. I suoi occhi riflessi le rimandano un brillio soddisfatto. Mentre una prima linea di luce inizia a filtrare all'orizzonte, rischiarando il cielo, Delia inizia a pensare seriamente alla sua nuova vita, che in quella notte lattiginosa è venuta al mondo sfuggendo alla sua natura di mera possibilità e trasformandosi in realtà.
marty.jackson
00lunedì 13 settembre 2010 21:49
intaressante questo inizio! mi piace come scrivi, continua [SM=g27823]
Fr@ncy=)
00lunedì 13 settembre 2010 22:01
molto bello, posta presto il seguito ti prego! mi piace il tuo modo di scrivere =)
LSButterfly
00lunedì 13 settembre 2010 22:13
Complimenti è scritta molto bene !!!!! Brava !!!!!!
BEAT IT 81
00lunedì 13 settembre 2010 22:21
Mi piace il tuo modo di scrivere, brava!!!! Sono curiosa di leggere il seguito, spero presto.....
DangerousLucy
00martedì 14 settembre 2010 12:34
I miei complimenti cara!! ben scritta...dettagliata al punto giusto!!! continua presto!

Lu
Sere-88
00martedì 14 settembre 2010 12:52
in trepidante attesa...curiosa...curiosa...curiosa!!!!!
ludo.94
00martedì 14 settembre 2010 13:07
ma che bello una nuova ff!!!! continua mi piace mi piace!!!
dirtydiana66
00martedì 14 settembre 2010 18:47
molto bello qsto capitolo sono molto curiosa...
Sfinge senza segreto.
00mercoledì 15 settembre 2010 01:07
Mi scuso immensamente per l'attesa, scrivendolo mi sono resa conto del fatto che il capitolo era più complesso e lungo di quanto pensassi - c'era ancora una parte introduttiva da completare, prima di entrare nel vivo della storia (cosa che alla fine di questo capitolo inizio a fare): diciamo che dovevo delineare, almeno con tratti grossolani, lo sfondo e alcuni personaggi secondari.
Vi ringrazio di cuore, una per una, e spero che la lettura di questo capitolo vi risulti abbastanza divertente e che risponda alle vostre aspettative, in modo che io possa ricambiare la vostra meravigliosa accoglienza. :)
Fatemi sapere se vi è piaciuto, oppure il perché non è stato così.
Un abbraccio a tutte! :)





2.
The sea will rise...
Please stand by the shore...
Oh, oh, oh, I will be...
I will be there once more

Il mare si alzerà...
Per favore attendi sulla spiaggia...
Io ci sarò
Io ci sarò ancora una volta...

Oceans, Pearl Jam (traduzione ad opera di pearljamonline.it)


Delia lucida con un panno il bancone del bar in cui lavora e nel frattempo si esibisce come novella Lady GaGa, ballando senza ritegno Poker Face che passa alla radio proprio in quel momento. Alza il volume al massimo, considerato che sono le quattro meno un quarto del mattino e che gli ultimi clienti se ne sono andati intorno alle due.
Delia è atterrata a Los Angeles ormai cinque mesi fa, e può dirsi moderatamente ambientata.
Durante il check-in a Milano era letteralmente, irrimediabilmente terrorizzata. Non aveva mai preso un aereo prima di allora e non ne aveva mai sentito la più minima urgenza. Mentre le ruote si staccavano da terra e la pressione le comprimeva il petto, Delia aveva provato una sensazione terribile per riprendersi dalla quale aveva avuto bisogno di un'oretta buona e di tutto il sostegno psicologico che la hostess poteva darle. In volo sopra l' Atlantico aveva iniziato a tranquillizzarsi, anche se non riusciva assolutamente a guardare fuori dal finestrino e teneva lo sguardo fisso sul libro che si era portata. Scendere a terra a New York per lo scalo era stato come un dono divino; non aveva mai apprezzato tanto il suono che le suole delle sue scarpe producevano sul pavimento. Era salita sull'aereo successivo cercando di convincersi (ma soprattutto di convincere i suoi nervi) che ormai soltanto poche ore mancavano alla fine di quella tortura, e che il più era fatto. Ma, nonostante i suoi sforzi, mentre allacciava le cinture di sicurezza aveva notato che le sue mani erano fredde e sudate. L'ultimo passeggero a salire era stato un ragazzo alto, sulla ventina, che aveva il biglietto per il posto vicino al suo, quello di destra, accanto al finestrino. Osservandolo più da vicino aveva notato che aveva i capelli biondi, ma che le punte erano tinte di azzurro cielo. Aveva qualche lentiggine sul naso, e gli occhi azzurri, di un azzurro incredibilmente chiaro e puro. Appena sistemato, si era girato verso di lei e le aveva sorriso: un sorriso aperto, amichevole. Con una voce piuttosto profonda e gentile le aveva chiesto se parlava inglese. Delia rispose che lo parlava abbastanza bene.
"Bene! Io sono Leindert,piacere."
"E io sono Delia, lieta di conoscerti." Delia aveva meditato un attimo, poi aveva proseguito: "che nome curioso. Da dove vieni?"
Il ragazzo aveva sogghignato. "Tutti me lo chiedono! Sono nato ad Amsterdam, ma ho frequentato le superiori a Londra e ho alcuni parenti in Cornovaglia e a Galway. Da un paio d'anni giro l'Europa. E tu? Per caso sei spagnola?"
"A dire la verità, sono italiana, e ho vissuto sempre nella stessa città."
"E come mai ora sei qui, all'aereoporto di New York, su un volo diretto a Los Angeles?"
"Be'... "
I motori dell'aereo avevano iniziato a rombare, a ruggire. Delia si era lasciata sfuggire un gemito, e Leindert l'aveva guardata con più attenzione, stringendo le palpebre.
"Cosa c'è? Qualcosa non va?"
Lo aveva fissato, un'ombra di paura negli occhi.
"Non avevo mai volato prima d'ora, e non mi sono ancora abituata a... Alla sensazione dell'attimo in cui decolla."
Il ragazzo aveva avvicinato il suo viso a quello di lei.
"Facciamo così. Quando l'aereo inizierà a decollare, io ti prenderò la mano e te la stringerò per tutto il tempo in cui tu avrai bisogno di sostegno. In cambio, tu mi prometti che appena ti sarai calmata guarderai giù dal finestrino."
Delia era decisamente dubbiosa. "Non so se riuscirò a farlo..."
"Se non provi, non sai. Dovresti vederla, almeno una volta, questa vista" aveva ribattuto lui, enigmatico.
"Se la metti così... Va bene! Ci proverò."
"Allora siamo d'accordo."
La mano di Leindert era calda e un po' callosa; forse suonava qualche strumento. I terribili momenti del decollo le erano sembrati un po' meno spaventosi mentre si concentrava sulla sensazione tattile che lo stringere quella mano le procurava. Le ci era voluta una ventina di minuti per riprendersi, e altri cinque per convincersi che stava per guardare l'inguardabile.
"Dai, forza, me l'hai promesso!" Il ragazzo rideva, i suoi occhi brillavano, due raggi di luce dispersi nel mare.
"Ok, ok, con calma, con calma! Adesso guardo, adesso... " Si era interrotta, trattenendo il fiato e allungandosi sul sedile del ragazzo per poter osservare il panorama sottostante. Sotto di lei si trovava un'immensa coltre di nuvole, morbide come sbuffi di panna; nell'immediato le aveva trovate bellissime, ma appena aveva realizzato che stava galleggiando nel vuoto ad un'altezza oltre le sue capacità immaginative si era ritratta con un fremito.
"Allora? Ti è piaciuto?" aveva chiesto Leindert. Lei teneva gli occhi chiusi.
"Sì, stupendo", aveva replicato Delia, "ma non chiedermi di farlo un'altra volta."
Durante le rimanenti ore di viaggio Delia aveva iniziato a divertirsi sul serio, per la prima volta da quando aveva lasciato la sua città. Non fecero altro che parlare, ridere e ancora parlare. Delia aveva appreso che Leindert suonava la chitarra elettrica in un gruppo rock ispirato al primo punk, quello dei Sex Pistols e dei Clash. A dire la verità, in Europa non erano riusciti ad attrarre un pubblico sufficiente a metterli in risalto agli occhi di qualche grande compagnia che avrebbe potuto essere interessata a metterli sotto contratto. Per cui avevano deciso di comune accordo di utilizzare i soldi guadagnati con le loro esibizioni per trasferirsi a Los Angeles, sperando che nella capitale dello show-business ci fosse un'opportunità anche per loro. Avevano già trovato qualcuno disposto ad ospitarli: Joey, un ragazzo che si era diplomato tre anni prima di loro nella stessa scuola e che ora cercava di affermarsi come tatuatore.
"... Diciamo che è praticamente un viaggio costituito di speranza", aveva terminato lui.
Delia era rimasta per qualche minuto in silenzio. Aveva valutato pro e contro ed esaminato la maggior parte delle possibilità e alla fine aveva deciso di fidarsi di lui, che l'aveva trattata con gentilezza e riguardo. Aveva deciso di essere sincera, come lui.
"Anche il mio è un viaggio costituito di speranza. A dire la verità, sono scappata di casa", aveva esordito. Leindert l'aveva ascoltata apparentemente senza giudicarla, a volte domandandole qualche chiarimento, e lei gli aveva raccontato tutto, dall'inizio alla fine. Ne aveva bisogno. Quando lei aveva terminato il suo racconto lui, osservandosi i piedi, le aveva semplicemente detto che se quello era il suo sogno, la sua massima aspirazione, aveva fatto bene ad inseguirlo con tutte le sue forze, anche compiendo azioni che difficilmente sarebbero state comprese o perdonate.
"Questa vita non dura per sempre", aveva aggiunto.
Arrivati nella Città degli Angeli, lui aveva insistito lungamente affinché lei annullasse la prenotazione all'albergo e si stabilisse, almeno per un po', a casa di Joey. Delia aveva finito per cedere alle sue pressanti richieste (e ai suoi occhi luminosi), e si era ritrovata ad aprire la zip della sua valigia in una piccola ma funzionale camera da letto. Gli altri due membri della band sono arrivati dopo qualche giorno, e da allora la situazione ha trovato un suo equilibrio.
L'appartamento è effettivamente abbastanza grande per poter ospitare comodamente i suoi sei inquilini: Joey, il tatuatore, un afroamericano alto ed elegante con le braccia e il torso interamente ricoperti di tatuaggi; Zazù, la sua bellissima e biondissima ragazza che s'intende veramente poco di inglese, tanto che nessuno riesce a parlarci abbastanza a lungo da riuscire a capire quale sia il suo vero nome; Jacques il francese, il bassista della band, corti capelli bruni (mossi, troppo mossi, secondo lui) e naso aquilino, sempre pronto a prorompere in una sonora risata appena se ne presenta l'occasione; Cesar lo spagnolo, il batterista, tanto introverso quanto acuto, occhi e capelli neri, pelle scura - la mente manageriale del gruppo; ed infine, lei e Leindert, che spesso si baciano e qualche volta vanno oltre il bacio senza essersi ancora definiti come coppia. Jacques dubita che lo faranno mai. "Si divertono troppo", dice.
Delia ha iniziato a lavorare al Black Dog più o meno due mesi fa, ovvero quando aveva letto l'annuncio affisso sulla porta a vetri del locale. Il proprietario del Black Dog si chiama Dean ed è un irlandese per il quale il '68 è iniziato e non è ancora finito. Delia lavora al turno di notte, un ragazzo dai capelli rossi e dall'aria malaticcia tiene aperto il bar di giorno. Ha visto Dean solamente due volte, considerando anche il colloquio con il quale è stata assunta ("ho pochissima esperienza, va bene lo stesso?" aveva chiesto lei; "sei una ragazza volenterosa, e poi ti piace Janis Joplin", aveva risposto lui). Principalmente, il proprietario del Black Dog passa il tempo scorrazzando su e giù per il paese con una vecchia Harley-Davidson alla ricerca di concerti e ritrovi in odore di rivoluzione, ricordandosi di spedire lo stipendio ai suoi due baristi una volta al mese. Tutto sommato, Delia se la passa piuttosto bene. Nel frattempo, la band di Leindert ha iniziato a provare e a suonare durante qualche serata: il sound sembra piacere. Se il concerto finisce in tempo, Leindert non tralascia mai di passare dal Black Dog e di trascorrere le ultime ore di apertura insieme a lei, aiutando quando serve e allietando quando può (sempre); ma in questa sera di inizio Marzo 2010 Leindert suonerà fino a tardi e Delia è convinta che terminerà il suo turno in solitudine, ballando Poker Face e passando lo straccio sul bancone di mogano.
Dietro la porta a vetri, come dietro al tendone di un palcoscenico, appare un'ombra scura; la nostra ballerina riesce, con un balzo, ad abbassare la radio ad un livello accettabile appena in tempo per evitare una pessima figura o una parte in un musical di bassa qualità. Getta uno sguardo rapido al locale, ricontrollando che sia tutto in ordine, e subito dopo i suoi occhi e la sua mente si concentrano sulla persona (una figura alta e sottile - sarà l'ora, ma le sembra ritagliata da un libro di racconti sul fantastico) che ora avanza lentamente verso il bancone. E' un uomo, ma non saprebbe stimarne l'età: ha il viso parzialmente coperto da una sciarpa nera, un cappello dello stesso colore (modello Fedora, a prima vista: ma non si ritiene un'esperta) ed un paio di Ray-Ban modello aviatore con le lenti scurissime. Trova quest'ultimo particolare particolarmente assurdo, ma in fondo non potrebbe mai sostenere di non aver visto, a Los Angeles, persone con abitudini ben più assurde dell'entrare in un locale alle quattro di mattina con un paio di occhiali da sole sul naso. Il completo nero è sicuramente di buona fattura, e potrebbe scommettere che sia firmato.
"Buonasera! Cosa desidera, mister?" domanda Delia, accompagnando una domanda di circostanza con un sorriso altrettanto di circostanza.
L'uomo sembra rifletterci per un momento, poi risponde dicendo che gradirebbe molto un bicchiere d'acqua, grazie. Detto ciò, si siede su uno degli sgabelli che costeggiano il fianco del bancone, dandole la possibilità di osservagli le mani (immagina che abbia poco più di quarant'anni - a parte questo, nota anche che sono grandissime, con le dita lunghe e sottili). La ragazza si abbassa sotto il bordo del lungo tavolo per procurarsi la bottiglia. Probabilmente il chiedere un bicchiere d'acqua alle quattro del mattino è in linea con il personaggio che si trova davanti.
Porge il bicchiere: il mister ringrazia, e subito dopo le chiede se per caso ha origini italiane.
"E' così", replica lei, "ma come fa a saperlo?"
"Oh, è una questione di accento."
"Complimenti per la perspicacia, allora." Delia sorride, e gli sembra di vedere che, sotto la sciarpa, anche lui le stia sorridendo. E' raro incontrare persone che hanno voglia di parlare due ore prima dell'alba. Il signore prende un sorso d'acqua tra le labbra - rapidamente ed in silenzio - poi le domanda se s'interessa di arte.
"Sì, abbastanza, devo dire, mister."
Parlano di arte a lungo e con piacere, attraversando secoli e correnti a rapidi balzi, due uccelli in una foresta di splendidi rami. Rimane affascinata dalla profonda conoscenza che il mister dimostra riguardo Michelangelo e l'arte rinascimentale ("per caso si occupa d'arte anche nella vita diurna?" domanda lei - "in un certo senso sì", risponde lui). Si ritrova seduta davanti a lui, un gomito appoggiato al bancone e del Baileys on the rocks alla sua sinistra. Ha provato ad offrirgli qualcosa, del rum, della vodka, un cocktail; "non ora, grazie", ha risposto lui, senza scomporsi. Non riesce a ricordare le connessioni logiche per le quali dall'arte antica sono passati all'arte moderna, e di lì alla musica - ma, di fatto, stanno parlando di quest'argomento, nel quale il mister si dimostra anche più preparato. Resta ad ascoltarlo a lungo, mordendosi il labbro, rispondendo e domandando (per lo più la seconda). Le sembra di star compiendo un viaggio onirico nel tempio delle muse. Sembra che, per quest'uomo, il mondo intero sia una melodia divina, e il trasporto e la passione con cui ne parla non possono che catturarla sempre di più. Per qualche istante Delia è distratta dall'ondeggiare molle di un ricciolo nero vicino allo zigomo del suo interlocutore. Sobbalza lievemente nel momento in cui si rende conto di avere ignorato una domanda.
"Mi scusi", esordisce, vergognandosi molto. "Mi scusi tanto, ero soprappensiero, mister. Se può ripetere..."
"Certo, nessun problema" ribatte lui, accennando forse un lieve sorriso (Delia ha capito come riconoscere un sorriso - gli zigomi si alzano in un modo del tutto particolare). "Ti ho chiesto se apprezzi la musica black."
"La conosco veramente poco, mister... Non saprei cosa rispondere."
"Capisco..." Il modo in cui pronuncia quest'unica parola fa pensare a Delia che la persona davanti a lei stia macchinando qualcosa.
Il signore fa scrocchiare le nocche delle mani. Delia si alza e si stiracchia, buttando un occhio all'orologio sul muro; sono le sei meno dieci. Non è l'unica a guardare l'orologio.
"Credo che sia ora di andare", mormora l'uomo - un mormorio delicato, fruscio di seta tra dita di bambino. "Ti ringrazio per la chiaccherata."
"Io la ringrazio, mister."
"Non ti ho chiesto nemmeno il tuo nome, ti prego di perdonarmi."
"Mi chiamo Delia, mister."
"Piacere di averti conosciuta, Delia."
Le chiede il prezzo del bicchiere d'acqua, lei risponde che non importa, offre la casa. Si sentirebbe in colpa se facesse pagare un bicchiere d'acqua ad un uomo con cui ha parlato così piacevolmente per due ore.
Quando ha già la maniglia in mano, il signore si volta verso di lei.
"Mi piacerebbe se, la prossima volta, non mi chiamassi più 'mister'. Pensi di poterlo fare?"
"Certamente!"
"Allora a presto."
Subito dopo, Delia esce nell'aria frizzantina dell'alba per tirare giù la serranda. Thomas, il ragazzo del turno di giorno, arriverà solamente tra un paio d'ore. Rialzandosi, nota a breve distanza da lei tre figure che camminano lente nella penombra. Riconosce immediatamente la figura centrale - l'ha salutata poco meno di cinque minuti fa -, mentre i due uomini ai lati le sono del tutto sconosciuti. Anche loro sono vestiti di nero, e sono piuttosto imponenti. Sembrano in tutto e per tutto guardie del corpo. Sbatte un paio di volte le palpebre, e si rende conto che il mister non si è presentato. Rapidamente, connette questo particolare con la sciarpa, il cappello, gli occhiali da sole. E' chiaro che non vuole essere riconosciuto. Si domanda se non sia un qualche pezzo grosso dello show business, ma non le pare di aver notato qualche cosa che lo ricollegasse a qualcuno in particolare. Sì, forse aveva pensato che potesse ricordare straordinariamente Michael Jackson, ma prima di tutto non l'aveva visto bene in viso, ed oltretutto fino a prova contraria Michael Jackson era deceduto il giugno passato. Abbastanza improbabile.
Mentre s'incammina a piccoli passi verso casa, dove sa che ad attenderla c'è un caffelatte caldo e Leindert pronto a porgeglielo con un abbraccio nel silenzio e nel buio della casa addormentata, inizia a sentire una certa trepidazione per il momento in cui incontrerà di nuovo questo misterioso personaggio.






manu 62
00mercoledì 15 settembre 2010 06:25
Ciao...strana storia la tua,mi chiedo che ruolo hai affidato a Michael...un amico?un amore?Vedremo.Comunque mi affascinano le ff su Mike postmortem.Complimenti,scrivi molto bene!
BEAT IT 81
00mercoledì 15 settembre 2010 11:54
Mi incuriosisce sempre di più la tua storia, sono troppo curiosa di vedere come prosegue. Scrivi davvero bene, brava!!!! Baci Sara
LSButterfly
00mercoledì 15 settembre 2010 12:17
E brava di nuovo !!!!! Ma non farci attendere troppo per il seguito, mi raccomando eh... ^_^
dirtydiana66
00sabato 18 settembre 2010 11:12
Nn fermarti , mi incuriosisce molto qst storia .....
Sfinge senza segreto.
00mercoledì 22 settembre 2010 01:32
Finalmente, capitolo 3 ;)
Rispondo brevemente a manu 62: il rapporto tra Delia e Michael dovrebbe essere quello di una buona amicizia, anche perché incontrerei parecchie difficoltà nel cercare di far sembrare verosimile una relazione tra due persone con una così grande differenza di età (ma non dico che non possa esistere, ci mancherebbe). Inoltre, penso che Michael avrebbe avuto tantissimo da insegnare agli adolescenti di oggi (non a caso, mi piacciono tantissimo le riprese dei WMA del 2006). Comunque, il Nostro non resterà a digiuno ;) se ne parlerà un poco più là.
Detto questo, ringrazio tantissimo e DI CUORE tutte le ragazze che hanno commentato. Spero che questo capitolo vi piaccia almeno quanto l'altro (e se vi piace di più ditemelo pure, non mi offendo :D). Ho cercato di scriverlo curandolo (spero) in modo sufficiente. Ho incontrato qualche problema mentre lo stendevo per il semplice fatto che le rare volte che ho scritto qualcosa non ho mai trattato personaggi realmente esistenti, e questo ogni tanto mi blocca. Però superato questo capitolo mi sento cautamente ottimista rispetto agli altri. :)

Enjoy ;)

3.

“Era l’ora che turba il cuore; quell’ora in cui, mancando la luce, le cose e le anime si sentono libere, quasi, da una vigilanza fastidiosa; i monti paiono coricarsi a grande agio sul piano, le campagne dilagano sopra i villaggi e casali, le ombre pigliano corpo, i corpi sfumano in ombra, nel cuore umano affondano le impressioni, i pensieri del presente, e vien su un movimento confuso di ricordanze lontane, di fantasmi che inteneriscono e fanno sospirare in silenzio.”
Antonio Fogazzaro, Malombra

Delia arriva al bar leggermente in ritardo quel giovedì sera; si è fermata un attimo in più ad osservare il cielo oscurato dalle luci al neon.
"Scusami, scusami!" soffia nell'orecchio destro di Thomas mentre, velocissima, raccoglie la prima ordinazione della nottata. Alle nove e un quarto della sera il locale risuona di risa e voci alte.
"Figurati! Tanto stasera non ho nessun programma, e già meditavo di restare ancora per un po'. La situazione sembra piuttosto intricata per una sola barista" risponde lui, sottovoce, regalandole un ampio sorriso (le lentiggini ballano sul suo naso).
"Sei incredibile..." dice lei, stavolta ad alta voce, sorridendogli di rimando.
Continuano a ridere e a scherzare, coinvolgendo anche i loro avventori, mentre versano alcolici e preparano caffè o tè, a seconda delle preferenze. Entrambi amano molto il ruolo del barista, l'essere, anche per poche ore al giorno, parte della vita di qualcuno.
"Ehi", mormora Thomas verso le undici (mentre il locale inizia a svuotarsi), "devo dirti una cosa. Solo, prometti di non prendertela con me."
Delia lo guarda un po' stranita. "E perché dovrei prendermela con te?"
"Ah, io non lo so. Ambasciator non porta pena. Comunque, stamattina avevo appena iniziato il mio turno quando si è presentato un tizio davvero strano, col volto completamente coperto... Mi chiedevo quale fosse la sua più probabile identità: se terrorista o fantasma dell'Opera, quando... Non ridere così, non riesco a continuare! Dicevo, è entrato e mi ha chiesto di te. Io gli ho risposto che tu solitamente fai il turno di notte, e lui mi ha chiesto quando iniziava e quando finiva. Io, ecco, non sono bravo a dire bugie, quindi gliel'ho detto. Subito dopo, mi ha salutato e se ne è andato. Ho fatto male?"
"No, non credo", replica lei, "non che io ne sappia più di te. Ho capito di chi parli, ho avuto un'interessante discussione con il tuo 'fantasma dell'Opera' la settimana scorsa. Non l'ho più visto da allora. Credevo che non sarebbe tornato."
"Sai chi è?"
"Assolutamente no! Credo che non voglia rivelarlo."
"Be', a Los Angeles non è certo una novità, che qualcuno non si presenti con il proprio nome. C'è un sacco di gente che preferisce non farlo, per i motivi più disparati. Credi che possa metterti in pericolo?"
"Il mio sesto senso femminile dice di no."
"Se le cose stanno così non ho nulla da ridire, o meglio, non si può contraddire una ragazza nel momento in cui tira in ballo il sesto senso. Però nel caso in cui ti trovassi in una situazione spiacevole il mio numero ce l'hai, ok?"
"Ricevuto, ragazzo d'oro; ma forse ora è meglio che vai, o devo ricordarti che inizi a lavorare alle sei?"
"Effettivamente non hai tutti i torti, sai?"
Il ragazzo si volta e si china per recuperare la sua tracolla.
"Buona serata! E ricordati che domani il turno di mezzo tocca a te!"
"Me lo ricordo, me lo ricordo! Buonanotte, Tom!"
Thomas esce veloce dal locale, i capelli mossi e rossastri brillano di una luce setosa sotto i lampioni. Delia resta sola al bancone, impegnata a consolare un'aspirante attrice reduce da una giornata di provini pessimi. La ascolta parlare, le offre la consumazione ed un fazzolettino di carta per asciugare la lacrime che le sgorgano copiose e calde dagli occhi. La giovane è l'ultima ad andarsene quando ormai l'orologio alla parete segna le due.
Delia sospira rumorosamente; non sa proprio cosa aspettarsi dalle prossime ore. Forse avrebbe fatto meglio a chiedere a Thomas di restare, dopotutto. Cerca di soffocare i propri pensieri asciugando i bicchieri nel lavandino e bisogna dire che ci riesce piuttosto bene, impegnando tutta la propria attenzione sulla luce bianca riflessa nel vetro. Trasalisce violentemente nel sentire i cardini ruotare silenziosamente sulla porta. Alza gli occhi di scatto e la vista è simile a quella della volta precedente: Fedora nero, Ray Ban modello aviatore con le lenti scurissime, sciarpa nera (ma stavolta sopra c'è un ricamo in filo d'argento) e completo blu scuro. L'uomo si siede ad uno degli sgabelli davanti al bancone.
"Buonasera! Cosa le porto?"
"Ciao! Un Martini Dry andrà benissimo."
"Ah! Scusi, mi aveva detto di darle del tu l'altra volta! A volte, a fare la barista, si finisce per confondersi."
Il signore si limita a sorridere, e stavolta Delia lo vede chiaramente perché si è abbassato la sciarpa sotto il mento appena entrato nel locale. Si volta per prendere gli ingredienti, pensando che anche un piccolo particolare può avere grande importanza. Quella fossetta non le giunge per niente nuova, e neanche quella bocca. Deve sforzarsi molto più del solito per non perdere la concentrazione mentre mescola Gin e Vermouth.
"Prego", dice lei, porgendo il cocktail correttamente completato.
L’uomo ringrazia e inizia a sorseggiarlo lentamente. Per un attimo la mente di Delia si sofferma sulla parola 'fantasma', poi quel poco di intelligenza attiva che possiede le ricorda che i fantasmi, da che mondo è mondo, non bevono. ‘Cerca di rimanere razionale: i morti sono morti e non tornano indietro’, si dice. Decide di iniziare la discussione nel modo più innocuo possibile, sforzandosi di dargli del tu (per il momento, non le viene molto naturale).
“Allora, hai passato una buona settimana?”
“Direi di sì, dopotutto. Tu?”
“Oh, nella norma.”
C’è un breve attimo di silenzio, durante il quale Delia si guarda attorno con aria innocente e il signore sembra ricordarsi all’improvviso di qualcosa.
“Ho una cosa per te.”
Infila una mano nella tasca sinistra della giacca, e lei non può ignorare il fatto che il suo respiro si fermi per qualche secondo.
Appoggia sul bancone un cd registrato. Delia lo guarda perplessa.
“Visto che mi avevi detto di non conoscere la musica black, ne ho fatto una brevissima summa.”
“Grazie”, risponde lei sorridendo, “almeno colmerò questa mia lacuna.” Riflette per un attimo. “Sono abbastanza sicura del fatto che tu, in realtà, lavori nell’industria musicale.”
“E cosa te lo fa pensare?” chiede il precedentemente definito ‘fantasma’ con aria noncurante.
“Il mio ormai sviluppato istinto di barista, pronta a definire il profilo psicologico dei suoi avventori in meno di un’ora.”
L’uomo sogghigna.
“Ah sì? Da quanto lavori qui, Delia?”
“Più o meno due mesi, però non è la mia primissima esperienza: l’estate appena passata ho fatto la cameriera in un locale vicino casa mia, e…” la ragazza si interrompe, per permettere ad un breve moto di nostalgia di scivolarle fuori e dentro il cuore, “… Be’, è stata un’esperienza molto utile.”
Il suo interlocutore ha capito che qualcosa dentro di lei si è mosso, ma non le pone nessuna domanda scomoda.
“Immagino che due mesi fa per ‘casa mia’ intendessi qualcosa dall’altra parte dell’Atlantico.”
“Esatto. Ancora non mi rendo conto di quanta distanza ho percorso in così poco tempo.”
“Non sei l’unica”, mormora l’uomo.
Trascorre il tempo di un respiro profondo.
“Da dove vieni, di preciso?” chiede lui.
Delia abbassa gli occhi. Sarebbe meglio dire la verità o mentire? E quali ripercussioni potrebbe avere su di lei questa scelta? Non sa dirlo, non sa proprio rispondere; e, sentendo un lieve panico infestarle i polmoni, decide di dichiarare il vero.
“Torino.”
Le sopracciglia dell’uomo si alzano insieme, e lei potrebbe giurare che, dietro le lenti, gli occhi abbiano mandato un bagliore.
“Mi ricorda qualcosa! Ci devo essere stato.”
“Ha visitato molti luoghi?”
“Molti più di quanti tu possa immaginare. Sì, sono stato in quella città, mi pare, nel 1988 o nel 1989. Qualcosa ricordo, ma se tu potessi aiutarmi…”
La discussione verte sull’architettura barocca e sulle differenze tra Roma, Milano e Torino. Delia rimane abbastanza sorpresa dalla passione che il nostro ‘fantasma’ dimostra per il barocco, per le sue volute cariche di linee e curve, per il suo stile complesso e sgargiante. Ne resta nuovamente ammaliata.
“A questo punto, visto che stiamo parlando di arte”, propone lei, un guizzo luminoso tra iride e pupilla, “potrei inserire nello stereo il cd che mi hai portato.”
Il signore stende i gomiti.
“Perfetto, vai pure. Però penso che lo apprezzeresti di più se abbassassi le luci e chiudessi gli occhi.”
Delia esegue, senza timore. Dentro di sé percepisce un’intima certezza, rapida ed innata, tipica di un bambino: si può fidare, e di questo istinto non riesce in nessun modo a dubitare.
“Rilassati.”
Il cd è piuttosto vario e spazia parecchio; eppure stenta quasi ad accorgersene, tanto le canzoni sono ben assemblate tra loro. Tra una traccia e l’altra, una voce dolcissima emerge dal buio, un tono basso, appena accennato, perfettamente misurato: ad occhi chiusi riesce ad apprezzarne ogni minima variazione – è come sfiorare appena un vestito di velluto, una pietra lucidata dall’acqua. Le sta raccontando piccoli aneddoti sulle canzoni: ne ha per tutte. Le sembra incredibile che qualcuno possa ricordare così tante cose riguardo ad un pugno di canzoni. Il tempo scorre in modo diseguale, le sembra di sprofondare in uno stato di semicoscienza. Riapre gli occhi solamente quando è certa che il disco sia terminato. Batte le palpebre per alcuni secondi, in silenzio.
“Che te ne pare?”
“Mi è piaciuto tantissimo! Se mi permetti la metafora, è stato come camminare sulla luna.”
Il signore ride di cuore.
“E’ una sensazione che conosco benissimo, altroché!”
Delia sorride.
“Posso tenerlo?”
“Certamente, è tuo.”
“Grazie.”
L’uomo si alza e si risistema la sciarpa sul volto. “Credo che sia ora di andare.”
Delia volge lo sguardo al quadrante dell’orologio. Effettivamente sono le cinque e un quarto. Tutta la stanchezza accumulata le crolla addosso all’improvviso. Decide di rimandare le difficili domande sull’identità del misterioso avventore al prossimo incontro (perché qualcosa le dice che ce ne sarà sicuramente uno, presto), a mente più lucida. “Sono d’accordo.”
Mentre tira giù la serranda Delia nota che dietro di lei una figura scura, poco lontano, la osserva. Gira le chiavi nel lucchetto, le infila nella borsa e inizia ad incamminarsi. Dopo qualche metro si volta, e la figura non c’è più. Nel breve tragitto dal locale all’appartamento riflette brevemente sui recenti avvenimenti e decide di raccontare questa strana storia in corso a Leindert appena possibile.
Lo spigolo in plastica della custodia del cd batte contro il palmo della sua mano destra attraverso il tessuto.
BEAT IT 81
00mercoledì 22 settembre 2010 09:34
Bello, bello!!!!! Continua così, mi piace davvero la tua storia ;-)) . Baci Sara
dirtydiana66
00mercoledì 22 settembre 2010 12:42
continua che sono curiosa....
manu 62
00mercoledì 22 settembre 2010 12:57
Grazie per la risposta.Per quello che riguarda la differenza d'età...mmmhhh!Io non mi farei tanti problemi!A mio parere il Michael dai 40 ai 50 anni era quanto di più sexi ci potesse essere!Anche una ventenne avrebbe fatto carte false per averci una storia!Comunque,qualsiasi indirizzo tu voglia dare alla tua FF sarà un successo e io la leggerò.Ciao Sfinge.
Sfinge senza segreto.
00mercoledì 22 settembre 2010 22:01
Re:
manu 62, 22/09/2010 12.57:

Grazie per la risposta.Per quello che riguarda la differenza d'età...mmmhhh!Io non mi farei tanti problemi!A mio parere il Michael dai 40 ai 50 anni era quanto di più sexi ci potesse essere!Anche una ventenne avrebbe fatto carte false per averci una storia!Comunque,qualsiasi indirizzo tu voglia dare alla tua FF sarà un successo e io la leggerò.Ciao Sfinge.




Sul fatto che fosse sexy anche dopo i quaranta non posso che essere d'accordo con te, senza alcun dubbio ;)
I miei problemi erano incentrati sul fatto che temevo di non riuscire a far 'funzionare' in modo credibile i personaggi in una simile situazione, sulla quale non ho alcuna esperienza (ma forse questo è un problema a cui si può porre rimedio leggendo qualche libro, in effetti). Per questa storia ho già ideato un altro tipo di continuazione, ma ti ringrazio perché tramite questo commento mi hai dato una nuova idea da sviluppare in un altro scritto! Inizierò a pensarci su...
Grazie per aver commentato e per tutto :)
Sfinge senza segreto.
00mercoledì 22 settembre 2010 22:07
Ringrazio tutte per i commenti :) Domattina posto il quarto capitolo :)
Sfinge senza segreto.
00giovedì 23 settembre 2010 12:25
Sono lenta come al solito, quindi rettifico dicendo che il quarto capitolo arriverà molto presto...
LSButterfly
00venerdì 24 settembre 2010 09:43
Comunque complimenti ancora, hai un bel modo di scrivere davvero !!!!!!! Mi auguro continuerai presto, anche perchè non sono molte le fanfiction ben scritte...se ne sentiva davvero la mancanza !!!!!
manu 62
00martedì 5 ottobre 2010 06:42
Dove sei finita Sfinge?Mi manca la tua storia!
Sfinge senza segreto.
00martedì 5 ottobre 2010 23:29
E finalmente aggiorno. Ho avuto delle settimane un po' impegnate e chiedo scusa a tutte. Ringrazio nuovamente tutte per i commenti, in particolare LSButterfly (grazie davvero per quello che hai scritto, spero di essere all'altezza :)) e manu 62 (sono contenta del fatto che ti sia appassionanta a questa piccola storia, continuerò a cercare di fare del mio meglio). Un abbraccio a tutte :D

4.

“Non posso dire di capire tutto quello che mi dice. Sa che mentirei se glielo dicessi. Perciò come posso chiederle di continuare, se non dicendo che quello che invece capisco… non somiglia a nessuna delle cose che posso dire d’aver capito finora.”
Intervista col vampiro, Anne Rice

Delia è seduta sul suo letto. E’ quasi aprile, e le giornate stanno diventando impercettibilmente più calde (il cielo è azzurro, sempre più azzurro, incredibilmente azzurro); tuttavia i suoi pensieri non sono affatto rivolti al clima. Rigira per l’ennesima volta il cd tra le mani, pensando a quando Leindert tornerà dalla sala prove. Sente il bruciante bisogno di raccontargli tutta la storia, e sa che non la potrà capire senza aver ascoltato quel disco. Sono quasi le quattro del pomeriggio e non c’è nessuno a casa: Joey è all’opera nel suo studio, Zazù è con lui come aiutante mentre Jacques, Cesar e Leindert dovrebbero tornare a momenti. Posa il cd sul letto e, per ingannare l’attesa, continua a leggere Guida galattica per gli autostoppisti. E’ ormai arrivata circa a metà del volume quando sente il chiavistello scattare accompagnato da risate e battute ad alta voce. Si alza dal letto, risistema velocemente i capelli davanti allo specchio appeso sopra la bassa cassettiera e si dirige verso l’ingresso. I tre ragazzi sono in piedi davanti alla porta e si danno generose pacche sulle spalle. Leindert le si avvicina e la bacia, mentre Delia lo abbraccia con calore.
- Ciao,- gli sussurra tra le labbra.
- Ciao anche a te, signorina,- le sussurra tra le labbra.
Si allontanano leggermente.
- E’ andato tutto bene?
- Benone, direi. Abbiamo inciso qualche nuovo pezzo. Tu ti sei riposata?
- Ho fatto del mio meglio. Potresti venire un attimo nella mia stanza?
- Certo.
Iniziano ad allontanarsi. Jacques e Cesar smettono di parlare e si lanciano un’eloquente occhiata.
- Non fate porcherie, ragazzi, le pareti sono sottili!- grida Jacques.
- Da che pulpito,- borbotta Leindert. Delia e Cesar si limitano a ridere di sottecchi.
Una volta all’interno della stanza, la ragazza chiude la porta e si china a rovistare nelle tasche della borsa abbandonata ai piedi del letto. Il ragazzo si siede sul pavimento guardandola incuriosito.
- Voglio farti ascoltare una cosa,- spiega lei.
- Cos’è? Qualche musicista con poco successo e con molti problemi di alcolismo ti ha rifilato una demo?
- No. E’ un cd misto,- ribatte lei, mentre lo posiziona sul piattino dello stereo.
- Ascolta.
Il tempo inizia a scorrere molto velocemente per Delia, che non riesce a prestare attenzione alla musica. E’ troppo interessata alla reazione di Leindert, a quel poco di impressioni che riesce a captare dal suo volto concentrato e dai suoi occhi chiusi. Ha sempre la stessa espressione quando ascolta davvero della musica. Ogni tanto lo vede muovere le mani come a scandire il tempo.
- E’ un bel cd, non c’è dubbio; ma chi te l’ha dato? E’ registrato, l’ho visto quando l’hai messo- dice infine, strofinandosi gli occhi azzurrissimi (‘farebbero concorrenza a questo cielo’, pensa lei) con le grandi mani.
- Da un po’ di tempo ho un cliente abituale in tarda serata. Il cd me l’ha dato lui, perché avevamo parlato di musica black e gli avevo detto che non ne sapevo molto. E’ molto gentile e affabile, e sa tantissime cose riguardo l’arte e la musica.
- Mi fa piacere,- mormora lui.
- C’è solo una cosa che mi fa pensare,- aggiunge lei, grattandosi il sopracciglio destro.
- Cioè?
- Si presenta sempre a volto coperto; sciarpa, cappello nero, occhiali da sole. Non l’ho mai visto bene in faccia. E quando va via, fuori dal locale lo accompagnano sempre due energumeni che sembrano decisamente guardie del corpo.
- Sicuramente questo tizio non è l’unico a non voler essere riconosciuto a Los Angeles,- obietta lui.
- Sono completamente d’accordo; lo sai che mi capita di servire gente davvero strana, ma questo signore è diverso. E…- Delia si interrompe un attimo. Sa che potrebbe essere piuttosto difficile convincerlo a non prenderla per pazza.
- E assomiglia tremendamente a Michael Jackson,- sbotta tutto d’un fiato. Leindert resta immobile, fissandola negli occhi, e lei fatica a sostenere il suo sguardo.
- Immagino che tu stia pensando che io sia una persona facilmente suggestionabile; per quanto ne so io, non è così. Non posso proprio dimenticare o sottovalutare quello che ho visto, anche se non saprei spiegartene il perché, anche se sembra una follia visionaria. Temo che sia difficile da capire.
Il ragazzo soppesa pensosamente le sue parole.
- Magari se io vedessi quello che tu hai visto potrei capirlo.
Delia alza gli occhi, che fino a qualche istante prima aveva tenuto fissi sul ricamo del lenzuolo.
- Potrei venire al Black Dog stasera, o domani, o quando vuoi tu,- continua Leindert,- e aspettare di trovarmelo davanti. Credo che sia l’unico modo in cui io possa capire.
- Lo farai davvero? Seriamente? Non mi stai prendendo in giro?
- No, in questo momento sono molto serio. Adesso è il tuo turno di seguirmi; voglio farti vedere una cosa,- risponde lui con un sorriso. Si alza, apre la porta (che, bisogna dirlo, raschia un po’ per terra) e cammina in direzione della sua camera, seguito da Delia. Una volta aperta la nuova porta apre l’armadio e si china su una grossa scatola di cartone appoggiata sul fondo, piena di album di ogni genere ed epoca. La ragazza l’ha capito appena l’ha conosciuto: ci sono poche persone che possono competere con lui in fatto di musica, e molte come lei che starebbero giorni interi ad ascoltarlo mentre descrive una traccia. Lo osserva rovistare tra i dischi, prenderli in mano, scartarli oppure sceglierli. Alla fine la chiama vicino a sé e con un gesto della mano le mostra tutti e sette gli album di Michael Jackson, in religioso ordine.
- C’è anche qualcosa dei Jackson 5 lì in mezzo, ma non sono riuscito a trovare nulla ora, probabilmente è sul fondo.
Delia prende in mano i cd, ne apre le custodie e ne sfoglia i libretti.
- Non pensavo ti piacesse.
- Ehi! Non scherziamo. Sono un musicista, e questa è una delle più belle storie della musica moderna.
- Ok, recepito il messaggio,- scherza Delia. Si guardano per un attimo, poi si scambiano un breve bacio. Leindert le accarezza lievemente una guancia, nello stesso momento in cui Delia solleva Dangerous proprio davanti al naso del ragazzo.
- Posso inserirlo nello stereo in cucina?
- Fa’ pure.
La ragazza si alza ed esce dalla stanza per eseguire. Una volta superate le prime note di Jam, si lascia cadere su una delle sedie del grande tavolo rotondo e abbandona la testa sulle braccia incrociate, socchiudendo gli occhi. A metà del cd non è più da sola: si sono aggiunti Cesar e Leindert, che si è seduto accanto a lei. Jacques arriva qualche melodia dopo, cantando a squarciagola Give it to me mentre esce dalla doccia. Joey e Zazù si uniscono non appena tornati dallo studio, in tempo per Dangerous, l’ultima traccia del cd.
- Lasciatelo dire, Leindert,- esordisce Joey - questo sì che è un bel disco.
Il ragazzo lo guarda con una certa ilarità.
- Questa è e sarà probabilmente una delle pochissime volte in cui siamo d’accordo su un album!
- Sono d’accordo,- afferma l’altro scoppiando a ridere.
Delia dà una scorsa veloce all’orologio: è quasi l’ora di andare al lavoro, e non le dispiacerebbe partire un po’ prima per fare una passeggiata.Una volta recuperata la borsa in camera, corre verso la porta d’ingresso, ma di fronte ad essa vi trova Leindert. Lo fissa con uno sguardo interrogativo.
- Stasera non devo suonare.
- E quindi vieni al bar con me?
- Oggi, domani o dopodomani non ha importanza, quindi perché non farlo subito? Sappi solo che, mentre aspettiamo questo misterioso figuro, mi eserciterò alla chitarra. Spero non infastidisca i clienti.
- Un concerto gratuito non infastidisce mai i clienti,- ribatte lei, sorridendo lievemente.
Pur allungando la strada e camminando lentamente, arrivano al bar in anticipo. Mentre Delia sistema le sue cose e prepara un angolo dietro al bancone per Leindert, quest’ultimo e Thomas discutono animatamente di cinema, scherzando di continuo. Dopotutto, pensa lei, sono due persone molto simili, dotate della capacità di farsi sempre benvolere da tutti. Inizia a servire i clienti e li lascia parlare in pace; non le dispiacerebbe affatto se diventassero amici.
Verso le otto Leindert impugna la chitarra e Tom schiarisce la voce: tutto il bar risuona di vecchie ballate irlandesi e canzoni dei Pogues. Il locale è affollatissimo, e la ragazza ha il suo bel daffare.
- Ehi, non offriresti mica due birre a questo così avvenente duo?
Delia guarda prima Leindert, che ha parlato, e poi Tom, che sorride qualche passo dietro di lui. Solleva l’angolo destro della bocca.
- Penso che il capo sarebbe d’accordo nel dire che è d’obbligo offrire da bere ai musicisti,- conclude, mentre porge loro i due boccali. Spilla per sé un bicchiere di Coca-Cola, ed i tre si immergono in una dissertazione sul più e sul meno e sulla vita.
- Cielo, è tardissimo,- esclama Thomas verso le dieci e mezza di sera, - devo correre o arriverò tardi all’appuntamento.
La ragazza si mostra perplessa.
- Hai un appuntamento a quest’ora?
- Sì, un appuntamento con una bellissima ragazza nella mia bellissima casa, e se non mi sbrigo finirò la serata scaricato davanti al portone.
Leindert ride solidale.
- Capisco!
- Buona serata a tutti e due. Ci vediamo domani, Delia, e spero che il tuo amico ci onori della sua presenza un po’ più spesso. Sentiamoci, fratello.
- Guarda che sono un rocker, non un rapper- afferma lui fintamente indignato. Tutti e tre ridono di gusto.
Nelle due ore seguenti la dipartita di Thomas il locale continua ad essere talmente affollato che Leindert abbandona addirittura la chitarra in un angolo dietro il bancone per aiutare Delia a servire. Soltanto verso l’una il locale inizia a svuotarsi, e per le due gli unici esseri umani rimasti sono loro. La ragazza si accoccola morbidamente vicino alla spalla del ragazzo; sono entrambi seduti sul bordo di un tavolino vicino al muro di sinistra, che i due ragazzi hanno usato qualche ora prima come rudimentale palco. Leindert pizzica lievemente le corde del suo strumento, traendone melodie simili a ninne nanne. Riesce a comprendere che anche lui è un po’ nervoso per l’incontro che potrebbero fare stasera; dev’essersi convinto della sua sincerità, e forse anche lui come lei sta accarezzando l’idea dell’uomo più famoso del mondo che fugge da esso (e da se stesso) attraverso una morte figurata, restando nella città dove è vissuto anche da – diciamo così – legalmente vivo. Nessuno dei due parla: cominciano a sentire una strana energia, qualcosa di elettrico che li attraversa. Deve essere eccitazione. Si guardano scambiandosi un sorriso nervoso. Delia si chiede in quel momento se non ha sbagliato a coinvolgere Leindert in questa faccenda, in cui né lei né lui hanno voce in capitolo. E se avesse sbagliato? E se quell’uomo fosse qualcuno di pericoloso? E se invece l’avesse messo in pericolo lei? E se invece avesse fatto la cosa giusta, seguendo il suo istinto? Tutta questa ansia repressa le fa emettere un lungo sospiro, e proprio nel bel mezzo di questo la porta cigola e si apre. Il fantasma fa il suo ingresso, come sempre vestito di tutto punto (completo nero d’alta sartoria – mocassini di pelle lucida nera – occhiali da sole scurissimi Ray-Ban modello aviatore – sciarpa nera che copre il volto – cappello probabilmente modello Fedora in testa ovviamente nero), e, fatti appena pochi passi, si irrigidisce. Ha visto Leindert. Delia si alza in piedi lentamente, e sente di avere le mani fredde. Il ragazzo è immobile vicino a lei; ha smesso di suonare, e squadra il nuovo venuto con uno sguardo strano, non rabbioso ma incomprensibile per lei, che nel frattempo è avanzata di qualche passo verso l’uomo. Quello che a una sola persona può sembrare un sogno, seppure estremamente realistico, di fronte a due persone diventa realtà, ed è allora che si inizia a pensare sul serio.
manu 62
00mercoledì 6 ottobre 2010 06:40
Mi piace come scrivi e mi piace la tua storia.Grazie per il capitolo.
BEAT IT 81
00mercoledì 6 ottobre 2010 21:41
Sfinge!!!! Ma nn sul più bello!!!!! Oddio, sono curiosa di vedere cosa farà Leindert, oh mamma, ti prego appena puoi posta, sono troppo curiosa!!!!!! La tua storia è davvero bella, brava!!!!!
LSButterfly
00giovedì 7 ottobre 2010 14:24
Qui rischio di ripetermi, ma non posso farne a meno....BRAVA !!!!! Ma davvero troopo corti questi capitoli....sarebbe possibile allungarli un pochino ?
Grazie ancora.
Sfinge senza segreto.
00domenica 24 ottobre 2010 22:13
Buonasera a tutti! :)
Finalmente ho finito di scrivere il quinto capitolo. Ho cercato di seguire il consiglio di LSButterfly: questo capitolo è più lungo e, detto sinceramente, mi soddisfa più degli altri che forse prima o poi riprenderò e migliorerò (quantomeno lo scopo è questo). Grazie per il suggerimento. :) Ringrazio tutti per l'attesa e per i commenti.



5.

Esistono un sacco di luoghi in cui Delia non vorrebbe metter piede per alcun motivo e in nessun momento: gli ospedali, per esempio, ma anche i canili, le stanze buie e vuote, i cinema quando il film è iniziato e le luci si sono già abbassate, gli ascensori che scricchiolano, le aule del liceo (cinque anni bastano e avanzano), i parchi pubblici in piena notte, i balconi d'inverno, le sale d'attesa, gli aerei e forse qualcos'altro che ora non le sovviene (parafrasando rispettosamente il Manzoni, la nostra non è certo un cuor di leone). Eppure in questo momento preferirebbe trovarsi in qualunque altro posto, qualunque, anche il più odioso per lei, piuttosto che stare in piedi immobile come una statua su quelle due mattonelle e mezza del pavimento del Black Dog, a metà strada tra il tavolino su cui è seduto Leindert e la porta d'ingresso che ha appena finito di chiudersi, lentamente e pesantemente. Anche l'uomo appena entrato è immobile come lei e forse anche di più, considerato che a causa degli occhiali scuri, del cappello e della sciarpa Delia non riesce ad attribuirgli nessuna espressione, anche se percepisce chiaramente che, dietro le lenti, un paio di occhi la sta osservando piuttosto preoccupato. Il ragazzo dietro di lei invece si schiarisce rumorosamente la gola. Il fantasma ha le spalle contratte, la mano destra leggermente sollevata. Probabilmente, suppone lei, è indeciso se guadagnare subito l'uscita o affrontare l'imprevisto. Sembra quasi che, guardandola, voglia domandarle: “cosa intendi fare? Cosa devo fare?” Delia si lascia fissare per qualche secondo, prima di inspirare una discreta quantità d'aria e di voltarsi indietro verso Leindert, la cui espressione è del tutto indecifrabile. Sembra piuttosto rilassato, ma lei non crede affatto che lo sia davvero (sul palco è un attore sufficientemente convincente). L'azzurro dei suoi occhi manda un bagliore metallico nel momento in cui si alza e si avvicina a lei, sfiorandole la mano sinistra con la sua destra. Stasera entrambi hanno una sola strada possibile ovvero quella che hanno imboccato insieme qualche ora prima, sulla quale i ripensamenti e i dubbi non sono contemplati. Il flusso magnetico degli occhi dell'uomo si sposta su Leindert, che resta perfettamente tranquillo, fintamente a suo agio.
- Salve - dice lui tutt'a un tratto, sfoderando il suo sorriso di presentazione migliore.
- Salve - replica l'altro con una voce strana, che Delia non riconosce subito.
- Si accomodi pure - continua il ragazzo, facendo strada verso il bancone. Il signore lo segue, un po' esitante. E' evidentemente a disagio, come nota Delia mentre li precede spostandosi tra i tavoli.
I due ragazzi salgono sulla pedana rialzata insieme, senza guardarsi negli occhi. Riordinano velocemente le stoviglie abbandonate nel lavandino, cercando così di avvolgere in un'aura di calma il loro ospite. Il fantasma si siede su uno sgabello, un po' discosto da loro, intento a scrutarli a turno sistemandosi meglio la sciarpa intorno al collo con movimenti perfettamente controllati ma che la ragazza percepisce come nervosi. Appena terminata la pulizia, il ragazzo gli si avvicina senza mostrare un minimo segno di nervosismo.
- Io sono Leindert - afferma ostentando sicurezza il ragazzo, scompigliandosi i capelli sulla nuca, - e sono un musicista. Chitarrista, per la precisione.
- Cosa vi porto?- domanda Delia, cercando di apparire il più banalmente normale possibile, con lo straccio per asciugare i piatti ancora in mano. Le sembrano incredibili le maniere con cui Leindert riesce ad essere educatamente precipitoso, e pensa che possa essere una buona idea offrire un contraltare decisamente più dimesso e domestico.
- Un bicchiere d'acqua - mormora l'uomo, pensosamente. E' impeccabilmente seduto senza mostrare alcun movimento, eccezion fatta per tre dita della mano destra che tamburellano pacatamente sul legno lucido. Sta cercando di valutare ciò che ha davanti, deduce la ragazza.
- Jack Daniels liscio - dice Leindert, e nella sua voce non si può non notare un pizzico di eccitazione. Mentre versa le bevande nei bicchieri e vi aggiunge alcuni cubetti di ghiaccio, Delia si ripromette di dargli un dolcissimo premio per l'assoluto autocontrollo e anche per le doti attoriali quando torneranno a casa. Cerca di fare proprio il modus operandi del ragazzo, ripetendo tra sé e sé che tutto andrà bene, perché non stanno facendo nulla di riprovevole e non hanno cattive intenzioni. Vogliono soltanto parlare un po' con un signore colto ed interessante di cui non sanno quasi nulla: quale persona sufficientemente ragionevole, del resto, non sarebbe almeno un po' incuriosita? Consegnate le richieste, prepara per sé un Vodka lemon e si appoggia al bancone accanto al ragazzo, che nel frattempo ha iniziato una fertile discussione musicale della quale lei capisce poco o niente. La sua attenzione si concentra, mentre sorseggia il suo cocktail, sugli occhi di Leindert, nei quali coglie il tentativo preciso di scoprire le carte del suo avversario, che del resto è particolarmente attento a restare sul vago pur essendo preciso e dettagliato nella sua esposizione, come al solito. Delia starebbe ad ascoltarli per ore senza sentire il bisogno di intromettersi. In effetti li ascolta senza inserirsi e senza annoiarsi per poco più di tre quarti d'ora.
- E insomma, ti occupi di musica - riepiloga Leindert alla fine, lasciando perdere le formalità (cosa che gli riesce sempre piuttosto bene, anche se non sempre lo avvantaggia).
- Possiamo dire di sì - concede l'uomo. - Potrebbe essere interessante sentire come suoni, a questo punto - continua, generando un lampo di felicità negli occhi del ragazzo che – neanche a dirlo – non aspettava altro. Il tono usato dall'uomo è vivace, interrogativo ma anche divertito. Forse Leindert col suo carattere iperattivo, allegro, espansivo e anche un po' tocco (Delia lo aggiungerebbe, per rispetto della realtà dei fatti) è riuscito a farsi strada in mezzo al suo segreto, anche se la ragazza non ci metterebbe ancora la mano sul fuoco. Per ora la partita è zero a zero e nessuno ha ancora messo a segno il punto decisivo; per quanto la riguarda vuole godersi appieno lo spettacolo in pieno svolgimento di fronte ai suoi occhi. E dire che non si è mai appassionata allo sport.
Leindert accorda brevemente lo strumento, messo a dura prova precedentemente dalla frizzante serata passata con Thomas, e inizia a suonare alcune note all'inizio scollegate tra loro, poi passa a brevi melodie e poi ad una melodia soltanto, quella di una canzone, che Delia riconosce quasi subito essere una Billie Jean un po' modificata e minimalizzata, per così dire, ma perfettamente riconoscibile. Il fantasma ha un sussulto, e d'istinto infila una mano nella tasca destra, dove la ragazza intuisce la sagoma di un cellulare. Delia beve un lungo sorso del suo Vodka lemon, che poi fatica ad ingoiare. Il blu chiaro dei capelli di Leindert splende incredibilmente sotto le luci elettriche del locale mentre lui non si cura di nulla tranne che del suo strumento che in un primo momento pizzica e accarezza delicatamente, come fosse tenuto insieme da un filo invisibile e fragile, per poi colpirlo e sferzarlo con assalti violenti e ripetuti, quasi nell'impossibilità di trattenere l'impeto. L'uomo tiene il tempo con una mano, e Delia potrebbe giurare di vederlo canticchiare a bassa voce, senza dare troppo nell'occhio. La ragazza si concentra sull'ondeggiare ritmico del liquido semitrasparente dentro il bicchiere, godendosi la musica; se guarda con attenzione l'immagine che i suoi occhi le mandano non riesce a concentrarsi sui suoni che sente, e sa che Leindert non le darebbe pace se non ascoltasse con trasporto la sua performance eccezionale. E dire che quando, l'estate scorsa, aveva fatto per breve tempo la cameriera, aveva sempre avuto pochissima considerazione per chi cantava al pianobar del locale... Sono passati sei mesi da quando ha chiuso per l'ultima volta la porta di quella casa e il sentimento che prova in questo momento non è simile alla nostalgia, giacché non c'è spazio per la nostalgia nelle valigie quando voli dall'altra parte del mondo; piuttosto, è una percezione di un qualcosa di non finito, di sospeso e per questo incomprensibile. Sa che sta soltanto rimandando un problema che prima o poi dovrà pure affrontare, se vuole continuare con questa vita: come dare notizie sulla sua esistenza ai suoi genitori e ai suoi amici, senza sentirsi richiamare con forza indietro, sapendo di non avere la forza necessaria per opporre resistenza? Le sfugge un sospiro, che per fortuna la chitarra del ragazzo copre efficacemente. Sente vicino al polso destro una lieve pressione, di brevissima durata: l'uomo le ha stretto l'avambraccio e ora, con ogni probabilità, la sta fissando, in cerca di una qualche risposta che lei non riesce a dargli, in primo luogo a causa del fatto che non vede il suo viso (e neppure, quindi, la sua domanda) ed in secondo luogo poiché era, fino a poco prima, impegnata in ben altro genere di riflessioni. In ogni caso, si sforza di donargli un sorriso sereno, cercando di comunicare un'idea di calma, di “ehi, non c'è nulla di cui preoccuparsi”. Il suo tentativo sembra sortire l'effetto sperato e l'uomo si volta, di nuovo immerso nell'esecuzione di Leindert, che ormai sarebbe giunta quasi alla fine, se riuscisse a smettere di smorzare la melodia principale in una serie di altri piccoli assembramenti di note che se fosse a casa o in studio non esiterebbe a fermare su carta. Alla fine Delia decide di intervenire con un atto di forza: si pone dietro la sua schiena e gli sfiora la spalla sinistra, spingendolo leggermente, ma non troppo leggermente da far sì che lui non se ne accorga o non la consideri. Infatti, dopo aver aggiunto ancora qualche nota, smette di suonare e posa lo strumento a terra, con la stessa premura con cui maneggerebbe i petali di un papavero. La ragazza non si stupisce per queste cure: le è già capitato di sorprenderlo nelle prime ore della mattina con uno straccio in mano, intento in una certosina opera di lucidatura.
- Davvero bravo - si complimenta l'uomo, applaudendo rumorosamente. Leindert ringrazia con un luminoso sorriso e si esibisce in un inchino pomposo ed ingessato, veramente ridicolo se confrontato con il campione umano che lo esegue; fatto ciò, afferra il suo bicchiere e lo vuota tutto d'un sorso, mentre la ragazza beve l'ultimo sorso del suo cocktail. Per contro, il bicchiere d'acqua è quasi del tutto intatto.
- Spero che la canzone sia stata di tuo gusto - esordisce Leindert, - e che ti abbia comunicato qualcosa.- L'occhiata che rivolge al signore è piuttosto eloquente.
- Direi di sì - replica l'uomo, abbassando impercettibilmente il tono della voce, come a volersi rifugiare in un angolo di sé stesso. - Cosa avrebbe dovuto comunicarmi?
I muscoli del collo del ragazzo si irrigidiscono, provocando un velocissimo scatto; rizza la testa a guardare negli occhi il suo interlocutore, lo sguardo stranamente ed improvvisamente serio.
- Un'ipotesi.
Delia tira su col naso piuttosto violentemente e si pente di aver fatto tutto quel rumore proprio in un momento così topico; è caduto infatti un assoluto silenzio. L'uomo è immobile, gli occhi fissi su Leindert. La ragazza prende un bel respiro ed inizia a collaudare nella propria mente un nutrito elenco di frasette volte a smorzare il tono della serata. Forse Leindert è stato fin troppo diretto, o forse avrebbe potuto esserlo di più: non riesce a giudicare con lucidità, perché si rende conto che qualunque sua parola, pronunciata in quel momento, potrebbe compromettere il suo azzardo. Resta quindi al suo posto, senza osare un movimento od una frase, in attesa. Passano così lunghi attimi in cui l'attenzione sua e del ragazzo si concentra sul respiro pacato dell'uomo. Infine, egli prende fiato mentre loro, un po' inconsciamente, lo trattengono.
- Poniamo l'ipotesi che io sia realmente chi voi ritenete che sia. Cosa fareste?
I due si scambiano uno sguardo interrogativo; la ragazza è veramente senza parole, ma per fortuna Leindert non lo è praticamente mai, e a lei non dispiace poi così tanto permettergli di farle da portavoce, almeno in certe occasioni.
- Suppongo che ti chiederei un sacco di cose sulla tua carriera, sui tuoi tour e sulle tue canzoni - tenta Leindert, ipotizzando ad alta voce. - E poi forse ti annoierei fino allo sfinimento nel tentativo di farti ascoltare qualche mio pezzo.
L'uomo solleva di qualche centimetro la testa e sembra piuttosto sgomento.
- Come - dice, - non tenteresti di vendere lo scoop dell'anno a qualche giornalista o, che so, agenzia? Non ne parleresti con i tuoi amici? Non lo useresti come motivo per ricattarmi?
- Sinceramente, credo di no - replica il ragazzo. - Punto primo, sono un musicista agli inizi del percorso e suppongo che farsi bollare come “quel tale completamente fuori di testa che sostiene che Michael Jackson (la mano destra dell'uomo mostra una contrazione improvvisa, osserva Delia) sia vivo e vegeto e vada abitualmente a scambiare quattro chiacchiere con la barista in un locale poco fuori dal centro di Los Angeles” non sia esattamente un buon biglietto da visita per una prospera vita nell'ambiente musicale, e anche se di pazzi con strumenti in mano ce ne sono stati tanti, non me la sento di correre questo rischio. Punto secondo, sono uno che sa tenere segreti piuttosto bene ed in genere non spiffero nulla neppure sotto i fumi dell'alcol. Probabilmente dietro tutto ciò c'è qualche grossa motivazione della quale non so nulla e sulla quale, quindi, non posso dire nulla a chicchessia; inoltre sono molto più interessato a costruire un rapporto con te che a vantarmi di averti incontrato con lo scarso pubblico di qualche concerto o con i miei amici con l'unico risultato di spingerli tutti, pubblico e amici insieme, a perquisirmi alla ricerca di LSD, mescalina, oppio in varia forma o qualche altro genere di aiutini per la fantasia. Ed infine, punto terzo: non mi interessano così tanto i soldi da scambiarli per le conoscenze fantastiche che mi potresti dare e gli scambi che – spero – potremmo avere. Detto tra parentesi, ho tutti i tuoi cd e ti ammiro molto, ma non vorrei che perché ho detto queste parole tu ora possa pensare che io sia una specie di aspirante tuttofare al tuo servizio - conclude, arrossendo un poco. L'angolo sinistro della bocca della ragazza si solleva di qualche millimetro, ed anche l'uomo forse si sta concedendo una risatina sommessa, sotto la sciarpa.
- E tu - esordisce all'improvviso il nostro fantasma, cogliendola di sorpresa, - tu che cosa ne pensi?
- Io? Io... Io sottoscrivo quello che ha detto Leindert, sì, lo sottoscrivo pienamente, anche l'ultima frase - balbetta. Non è mai stata molto dotata nel dare risposte a tono quando si trova in una situazione di confusione mentale, ma evidentemente al signore il suo pigolio sconnesso basta per comprendere che le sue intenzioni sono sincere quanto quelle del ragazzo.
- Va bene – concede – voglio fidarmi di voi due. Piacere, sono Michael – conclude, porgendo la destra a Leindert, che spalanca gli occhi di colpo come se si rendesse conto solo ora della realtà della vicenda, nonostante ci abbia lavorato per tutta la giornata; stringe la mano con la sua fredda e un po' tremula. Delia trattiene il riso: riesce quasi a sentire il sibilo dell'aria che fugge dai polmoni collassati del ragazzo e questa ilarità la aiuta ad essere più tranquilla di lui nel presentarsi nuovamente e nello stringere la mano di Michael, che è calda e un po' ruvida. Fatto ciò, l'ex-fantasma inizia a svolgere la sciarpa (che abbandona su una sedia), poi si toglie il cappello e gli occhiali scuri e li guarda con un gran sorriso, a cui entrambi rispondono con un altro gran sorriso. Davanti a loro appare un distinto signore di mezza età mediamente alto (Leindert lo supera di alcuni centimetri, Delia è forse di qualche centimetro più bassa) e piuttosto magro con grandi e comunicativi occhi scuri e una testa di capelli neri moderatamente ricci, abbastanza lunghi da poter essere raccolti in una coda.
- Vieni dall'Olanda, vero? - dice a Leindert, scrutandolo con sguardo attento.
- Sì, ma lei come fa a saperlo? - risponde lui, ancora un po' allucinato.
- Oh, mi sono basato sul suono. Però per favore, non tornare a darmi del lei. Ora che io ho abbassato tutte le barriere, non tornare a metterne tu.
Il ragazzo si blocca per un secondo, poi esplode in una risata liberatoria e si avvicina a Michael per dargli una lieve pacca sulla spalla.
- Ok amico, nessun problema.
L'uomo gli sorride, poi si rivolge a Delia: - sai suonare le percussioni?
Lei resta interdetta: non capisce il motivo di tale domanda in tale momento.
- In realtà no, non ho mai suonato nessuno strumento. Sono musicalmente passiva: ascolto tanto quanto non suono.
- Via – minimizza lui, mentre le si avvicina – non esiste persona che non sappia suonare, soprattutto se giovane come te. Prova a battere un ritmo sul bancone.
- Ma uscirà un'insensatezza!
- Tu prova. Concentrati sul ritmo, non pensare ad altro.
Delia fa un respiro profondo e e prende tempo, posizionandosi in un modo secondo lei adatto a quello che sta per fare (schiena dritta, gomiti paralleli, mani appoggiate al legno freddo). Lascia che la propria mente vaghi tra le note, i battiti, le pulsazioni elettriche; infine, si lascia trasportare da un ritmo che si muove pigro e serpeggiante come un flusso di sangue. Quando smette di battere, si rende conto di essersi focalizzata su quel ritmo per una quarantina di secondi. Si volta verso Leindert, che la guarda sereno (la ragazza nota che ha provveduto a versarsi un bicchiere di Coca-Cola), poi verso Michael, che tiene gli occhi chiusi ancora per qualche istante prima di aprirli.
- Visto? Non era poi così difficile.
- No, in effetti no – ammette lei. - Ma perché ho dovuto farlo?
- Perché adesso qualcuno dovrà tenere il tempo – rivela lui. - Te la sentiresti di suonare con me, ragazzo?
Neanche il tempo di ascoltare per intero la domanda e Leindert ha già la chitarra in mano.
- Che cosa suoniamo? - domanda lui.
- Non ne ho idea – replica l'altro, sfiorandosi il mento con le lunghe dita della mano destra, anche se è evidente che sa benissimo cosa suoneranno. - Seguimi, scegli tu con quali note. Delia, tu dovresti battere questo ritmo – e, appoggiando a sua volta le mani sul bancone, le mostra il ritmo da tenere.
- Ci proverò – risponde la ragazza, poco speranzosa sul risultato. Michael le sorride incoraggiante.
Delia continua a battere mentre l'uomo prende fiato e si lancia in alcuni vocalizzi a bassa voce, poi sempre più forti, limpidi e melodiosi; lei sente i suoi occhi pizzicare, tanto sono belli. Leindert ascolta con attenzione, cercando di cogliere il senso d'insieme; ci mette una dozzina di secondi, poi attacca a suonare una melodia potente, morbida, un po' diversa da quelle che suona di solito. Michael inizia a pronunciare alcune parole, probabilmente una canzone che parla di amore e di perdono. Continuano per qualche minuto, fino a quando lui non smette di cantare. Entrambi volgono lo sguardo verso di lui, un tacito quesito negli occhi. Lui li guarda con un'espressione soddisfatta sulla bocca.
- Siete stati bravi, tu – e indica la ragazza – nonostante non abbia mai suonato, e anche tu – ora indica il ragazzo, che si sta spettinando i capelli. – Si sente che sei un musicista. Da quanto suoni?
- Più o meno da quando avevo quattordici anni.
- Mh – mugugna, prendendo un biglietto da visita del Black Dog tra quelli appoggiati in ordine sparso vicino alla cassa. - Avete per caso una penna?
- Un secondo – dice Delia, mentre si piega sulle ginocchia e inizia a frugare nei recessi della propria borsa. - Eccola! - esclama, mentre gliela porge. Michael ringrazia, poi inizia a scarabocchiare in stampatello alcune indicazioni stradali. Leindert e Delia lo guardano senza pensare a niente, principalmente perché non sanno cosa pensare.
- Ecco – mormora l'uomo – fatti trovare in questo posto domani pomeriggio. Verremo a prenderti, anche se saremo costretti a bendarti, spero che tu capisca – spiega, rivolgendosi a Leindert. Lui fa un cenno affermativo scuotendo il capo, poi domanda: - dove vuoi portarmi?
- In uno studio privato che si trova all'interno della mia casa, ed è proprio per questo che purtroppo dovremo accompagnartici bendato.
- Nessun problema, capisco – afferma il ragazzo – devo portare qualcosa in particolare?
- Te stesso e la tua chitarra acustica basteranno, suppongo. Là dovrebbe essercene una elettrica, se non sbaglio.
- Perfetto, così almeno mi risparmierò la sfacchinata. Camminare per Los Angeles con due chitarre in spalla è un'esperienza che vorrei risparmiarmi il più a lungo possibile – sospira lui, sollevato. Delia a volte si stupisce di come Leindert possa preoccuparsi di dettagli come questi. Deve far parte del carattere un po' infantile che qualunque essere umano di sesso maschile nasconde.
- Lieto di evitartela – sogghigna Michael, divertito. - Allora ti aspetto domani - dice, alzandosi dallo sgabello su cui si era seduto e preparandosi ad andarsene rimettendo addosso la sciarpa, il cappello e gli occhiali.
- Vi auguro buonanotte – saluta, ed intanto allunga un braccio a stringere la mano sinistra di Delia; un gesto che a lei pare tanto un muto ringraziamento per quello che ha fatto, e che la rincuora e le fa nascere senza sforzo un riso lieve in fondo alla gola.
- Buonanotte – rispondono entrambi in tempi diversi.
Mentre l'uomo si avvia verso l'uscita, Leindert comincia una breve ricerca volta a trovare la custodia della sua chitarra e Delia si china dietro il bancone a lavare e sistemare i bicchieri nell'apposito scompartimento.
- Certo che è strano – esordisce Michael all'improvviso, un piede già fuori dal locale. Tutti e due si girano a guardarlo. - Vi conosco da pochissimo eppure non ho nessuna remora nel lasciarvi oltrepassare la barriera che ho attorno.
- Davvero, non c'è proprio niente da temere da noi, lo giuro. Non sto scherzando. Forse è anche per questo che ci lasci entrare con tanta facilità – dice Delia.
L'uomo la osserva attentamente.
- Mi fido di voi – sussurra, mentre scivola nella notte. Pochi minuti ed il silenzio piombato sul locale le sembra soffocante, ed è proprio per spezzarlo che si rivolge a Leindert.
- Che ne pensi?
Il ragazzo riflette per qualche attimo.
- Penso che siamo stati immensamente ed oscenamente fortunati. Ti rendi conto? Domani suonerò davanti ad un genio della musica moderna! Sono terrorizzato ed entusiasta nella stessa misura – esclama lui, abbracciandola stretta.
- Certo che è piuttosto curioso – considera lei, - che abbia finto la propria morte. Mi piacerebbe sapere come ha fatto.
- Prima o poi glielo chiederemo – concede il ragazzo, caricandosi la chitarra in spalla.
- Vorrei parlarci di più.
- E di cosa?
- Non so, ma sento che dovrei.
- Immagino che c'entri il sesto senso femminile.
- Indovinato. Raccontami tutto, domani sera, ok? Tanto è lunedì sera e io non devo lavorare, quindi mi avrai tutta per te e per le tue chiacchiere.
- Come vuoi tu, bellezza – afferma lui, sfiorandole le labbra col respiro mentre insieme tirano giù la serranda e si avviano verso casa.
- Un'altra cosa strana - continua lei dopo qualche minuto - è che alla fin fine non abbiamo parlato molto. Mi stupisce che ci dia così tanta fiducia.
Il ragazzo si morde il labbro e fissa con apparente interesse l'insegna di un negozio di abiti vintage davanti al quale stanno passando.
- Vedi - dice, e sembra che stia pensando ad alta voce - è una cosa da musicisti. Non abbiamo parlato molto, è vero, ma per quel poco che abbiamo parlato - e che avete parlato - abbiamo parlato per la maggior parte di musica, e per un musicista non c'è modo più chiaro di comprendere una persona che suonando insieme. Lui è un grande artista e quindi è capace di capire molto più di quel che tu pensi dal modo in cui tu ti approcci al suono, anche se non hai mai preso in mano uno strumento. Io riesco a farlo, ma in misura molto minore. Domani dovrò attivare al massimo tutte le mie capacità di assorbimento: non mi lascerò sfuggire una singola parola, neanche mezza. Ho un sacco da imparare, diamine! - conclude, l'aria assurdamente seria.
- A volte mi meraviglia moltissimo il modo in cui sai essere profondo e frivolo in egual misura - ride lei, prendendolo per mano ed appoggiando la testa sulla sua spalla.
- Ehi! E' un insulto o un complimento?
- La seconda – risponde lei, mentre si immettono nella via dove si trova la loro casa, nella quale tra poco si addormenteranno.
BEAT IT 81
00domenica 24 ottobre 2010 22:47
Sfinge!!!!!!!! Ho appena letto il nuovo capitolo, davvero bello complimenti, mi è piaciuto davvero parecchio. Ora sono davvero molto curiosa di leggere come si evolverà la situazione ;-))))) . Brava!!!! Bacio
Sfinge senza segreto.
00martedì 26 ottobre 2010 02:09
Ciao :)
Ho quasi finito di correggere il secondo capitolo. Non so ancora quando lo posterò (anche perché non mi è possibile modificare il messaggio originale, quindi mi sto arrovellando per trovare una soluzione), comunque volevo informarvi del fatto che mentre il sesto capitolo è in scrittura sto anche rivedendo i capitoli precedenti (ad eccezione del primo che dopotutto mi piace così com'è), cercando di renderli migliori.
Detto fra parentesi, so che anche questo quinto capitolo sa ancora di "parte introduttiva" ma dovendo delineare il carattere dei personaggi e l'universo della storia ho preferito prendermi il mio tempo (anche se è comunque vero che certi passaggi mi sembrano un po' raffazzonati - ed è per questo che ci sto rimettendo mano). In ogni caso dal prossimo prometto che entreremo nel vivo, e da lì di cose da scrivere dovrebbero essercene molte.
Spero che domani sia per voi una buona giornata, e fatemi sapere come vi sembra questo quinto capitolo. ;)
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 12:41.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com