Ormai ti sembra di giocare a "indovina chi". Apri la Repubblica e ogni giorno ti trovi davanti a inquietanti interrogativi: ha la gonna gialla, i capelli neri, gli occhiali scuri e scende da una scaletta di un aereo davanti al premier. Chi è? Le domande di Repubblica sono diventate un modo di dire. Per i sinistri sinonimo di coraggio, per gli altri di curiosità morbosa, ora però toccano il limite del ridicolo. Le ultime sono quelle che il quotidiano si pone sugli scatti che il fotografo Zappadu dice di avere in archivio. Cinquemila. "Niente di rilevante", dice lui stesso, "ma politicamente imbarazzanti". Ragazze in minigonna (le stesse che tutti incontriamo a quintali ogni giorno in città, ma si è stabilito evidentemente che villa Certosa richieda abbigliamento monacale), altre che "passeggiano nel parco non in jeans o in scarpe da ginnastica, ma con stivali in velluto (viola, bianchi) scarpe dai tacchi alti, ridottissime minigonne, abiti colorati che ne fasciano i corpi" (vietate pure le scarpe col tacco e gli stivali, addio). Il premier solo in due-tre scatti ,"in pullover blu" d'ordinanza e tutto il resto coperto, ma qualcosa di losco lo fa anche lui, attenzione: "dimostra confidenza". Poi Repubblica affronta una fotografia nel dettaglio, quella scattata il "18 ottobre del 2008. Due ragazze (una in abito giallo, l'altra con una maglietta rosa) sono con Berlusconi alla sommità di una scala che affaccia su un patio. Tre uomini li seguono. Appaiono ospiti di mezza età. Il primo veste un maglione beige e ha il volto incorniciato da baffi e capelli bianchi. Anche il secondo gli sembra coetaneo: capelli bianchi, golf blu, pantaloni scuri. L'ultimo, sullo sfondo, osserva la scena: stringe una rivista, ha un gilet di cotone e scarpe bianche. Chi sono?", ci chiede evidentemente preoccupato il quotidiano. Ommamma, che ansia. Servizi segreti? Kgb? Uomini della scorta in borghese? Amici di famiglia? Politici stranieri? Omini delle pulizie? E chi lo sa. Non ci dormiremo la notte. A Repubblica, da parte nostra, un'unica umile e poco coraggiosa domanda: ma a noi, poi, che diavolo ce ne importa?
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