The last goodbye.
Una ventina d'anni fa venivo a conoscenza che la mia infanzia aveva un nome ed una realtà artistica.
Una ventina d'anni dopo la mia infanzia me la vedo rinchiusa in una bara dorata, sotto ad un riflettore e contornata da fiori. Come nelle più tristi della fiabe.
Ma non è una fiaba tutta quella gente che è li intorno, più o meno celebre, a lodarlo e cantare commossi per lui.
Non è una fiaba neanche sua figlia, che in un pianto isterico impossibile da domare e fin troppo controllato durante la serata, lo saluta per l'ultima volta.. disperata.
Una ventina d'anni fa mi ero illuso che fosse per sempre. Che quell'infanzia, quella voglia di vivere, quel mio essere bambino che scoprivo si chiamasse Michael Jackson, (senza neanche saperlo scrivere realmente) sarebbe durato fino alla fine dei tempi.
Perchè in realtà non si smette mai di essere bambini, così come non si cessa mai di sognare.
Le cose son cambiate quando ho visto che provavano a mettere le mani su quel sogno chiamato Michael. A violentarlo senza ritegno, nel cuore e nell'anima.
Combattevo spesso per difenderlo ma poi pensavo, "tanto possono piegarlo temporaneamente, mai spezzarlo.. l'infanzia non può morire".
Invece Micahel, quello vero, l'uomo e non "l'immenso artista" o "l'infanzia di milioni di persone", era più che spezzato dentro ed iniziava un triste countdown.
Una fine che, nonostante negassi tutto a me stesso, sentivo nell'aria ormai da anni.
Ma non ci vuoi mai credere perchè quando leggi una fiaba, sai cosa stai leggendo e ti auguri sempre che non sia così crudele, proprio perchè nessuno vuol far del male a dei bambini.
E chi amava Michael è perchè non voleva crescere fino in fondo, è perchè non voleva perdere i propri sogni e la voglia di sorridere senza malizia.
Ma la triste verità è che son proprio le fiabe quelle più crudeli e con i risvolti peggiori.
E così per una ventina d'anni ho sognato con lui. Ho cercato di imparare a camminare sulla luna con lui. Ho riso e pianto sulle sue note. Ho avuto brividi che sembravano non finire mai la loro folle corsa, lungo la mia schiena e le mie braccia.
Fino a che un giorno il mondo intero annuncia che non c'è più.
E così mi risveglio da solo, una notte, che non ho più un'infanzia. Che me l'hanno portata via dentro un ospedale. Sezionata e controllata per bene.
Poi celebrata al meglio. E sotterrata.
Ed io mi ritrovo di colpo a 30 anni, ma sentendomene dentro troppi di più, come fossi stanco ed afflitto.. vecchio.
E così rivedo troppa gente attorno a me subire lo stesso effetto. Come se nessuno di noi fosse mai stato un bambino prima.
Come fossimo nati tutti vecchi.
E mentre attendo che il sorriso torni, la capacità di riascoltare la sua musica con gioia ed illudendomi di essere ancora un bambino, come milioni di altre persone, vivo in silenzio un qualcosa che mi ha cambiato per sempre.
Qualcosa che, quando sarà il mio turno di dire addio, non mi farà sentire paura per la fine. Ma pace e rassegnazione.. perchè finalmente incontrerò di nuovo ciò che mi hanno tolto. Ci hanno tolto.
Finalmente riabbraccerò disperatamente quella voglia di vivere la vita spensierata che fino a ieri chiamavo Michael.
Ti amo.
See u in Heaven.