Broken Hearted Girl (in corso). Rating: rosso

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°Offy°
00mercoledì 2 marzo 2011 17:40
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La notte si avvicina, il respiro del cielo culla l'ennesima paura, l'ennesima certezza di restare solo come ogni sera. Quattro mura che l'anima contengono ed un soffitto come intimo amico, cosa fare per ritrovare il sorriso?




Episodio 1

Era da un pò che non sentivo questo silenzio. Sono passati solo pochi mesi dal giorno, o meglio, dalla notte della sua partenza, ma è come se fosse andata via da una vita. Mi manca il rumore dei suoi passi, mi manca la sua voce bassa e soave il modo maldersto in cui preparava la colazione.
C'erano macchie d'olio sul muro di fronte al piano cottura e presine da forno bruciate in ogni cassetto. Anche questo mi aiutava a non soffrire troppo per la sua assenza.
Eh si, Scar se n'era andata nel bel mezzo della notte portandosi via la mia felicità.
L'amavo.
Ci amavamo.
Ma lei aveva bisogno di indipendenza, quell'indipendenza che le era stata negata per troppo tempo.
Ricordo perfettamente il giorno in cui la vidi per la prima volta.


***




Come al solito mi ritrovavo solo. Molta gente pensa che passare delle notti in una camera d'hotel sia rilassante. Allora perchè io mi sentivo sempre così tremendamente teso?
Pensare mi faceva solo stare peggio, perchè quel vuoto che avevo nell'anima si espandeva ogni volta di più.
Ero a Londra, barricato nella mia camera a contemplare il nulla. Le belle dormite erano solo un ricordo lontano per me.
Quando il sole calava, era come se le mie palpebre si ritirassero completamente...niente avrebbe potuto smuoverle. Probabilmente avrei fatto prima a cavarmi gli occhi che cercare di chiuderli.
Indossai i miei occhiali, nonostante fosse notte fonda, un cappellino da baseball e una felpa chiusa fino al naso e scesi a prendere una tisana nella speranza di trovare qualcuno con cui scambiare due chiacchiere.

Ma niente.

Che cosa mi aspettavo?
Tutte le persone normali dormono e sognano alle tre del mattino!E io non potevo farlo, non potevo neanche sognare.
Mi accomodai allo sgabello e ordinai...Cercai di fare due chiacchiere col barista, ma neanche lui ce la faceva più. Era stanco morto.Beato lui...
-A che gusto?-. chiese quasi scocciato...
-Oh,faccia lei...mi sorprenda!- risposi sorridendo. Inutilmente.
La tisana non era altro che il tentativo di comunicare con qualcuno, di confidargli come mi sentivo, di convincermi che forse non ero completamente solo.
Decisi di risalire in camera mia, triste più di prima e solo come sempre. Presi la tazza e pigiai il tasto dell'ascensore, ma un vocio catturò la mia attenzione. Tornai indietro e mi affacciai oltre la porta. Due ragazzi seduti su un divanetto, una coppia.

Litigavano.

Pensai subito "Niente di meglio di due fidanzatini che litigano per farsi quanche risata".
Mi misi di nuovo a sedere e cominciai ad ascoltare le loro parole. Ad ogni affermazione di uno o dell'altro pensavo a cosa avrei risposto io. Mi stavo immedesimando in loro e il tempo sembrava passare più velocemente.
Pensai soprattutto al dolce far pace dopo la lite. Abbracciarsi, baciarsi dolcemente...sussurrare "mi dispiace", "ti amo"...
Quando improvvisamente la situazione cominciò a degenerare, lui alzò di colpo la voce e a parlare troppo sgarbatamente per essere il suo ragazzo.

-Non ti basta che ti abbia portato in questo hotel di lusso,che ti paghi lo stage?!devi ache rompere adesso!-
-Ti sto solo chiedendo di passare più tempo con me, mi lasci sempre da sola!-
-Dio quanto sei appiccicosa...Adesso va in camera, non mi aspettare!-
-Io sono la tua ragazza e tu non mi ci tratti così!Capito?!Eh Landon?Tu non vai da nessuna parte adesso!-
-Non urlare-,
mormorò. -Altrimenti te la tappo io quella boccaccia-.
-Avanti! Fammi vedere! Forza! Io sono qui...sei solo un pagliaccio, Landon. Un pagliaccio!-.

Non appena finì di pronunciare quelle parole,il mio udito fu trafitto da un rumore secco.
Prima di affacciarmi per guardare pregai che fosse stata lei a compiere quel gesto, ma non appena varcai la soglia con lo sguardo scoprii che la verità era assai più spiacevole.
Si teneva la guancia arrossata e i suoi capelli ondulati le coprivano parte del viso che già si era bagnato di qualche lacrima.
Rimasi di pietra.
Non riuscivo a mandar giù quell'ultimo sorso di tisana che per qualche strana ragione era diventata amara e sgradevole,come quella situazione.

-Non piagnucolare,non mi hai lasciato scelta.- aggiunse.

Si mise il cappuccio e se ne andò con una sigaretta tra le dita quasi del tutto consumata.
Mi guardai intorno per chiedere aiuto a qualcuno, ma niente.
Che faccio?, pensai immediatamente dopo. Non appena mi voltai per andare verso di lei, la vidi correre per poi scontrarsi col mio petto.
Mi chiusi quasi a guscio per lo spintone, ma lei non alzò neanche lo sguardo.
Bisbigliò -Scusami-,con un filo di voce e corse in camera sua.





157
Era quella la sua camera. Guardai attentamente quella targhetta dorata cercando di capire cosa stesse facendo li tutta sola, ferita e umiliata.
Ebbi la tentazione di bussare, ma cosa avrei potuto dirle?Non avevo alcun diritto di ficcare il naso nei suoi affari.

"Non impicciarti Michael", pensai poco dopo steso sul teppeto della mia suite. Mi sentivo così incredibilmente male per non aver fatto nulla, per non averle dato una parola di conforto.
Non conoscevo neanche il suo nome...
Sì, il suo nome...sicuramente dolce e bello come quei lineamenti perfettamente incorniciati da una chioma castana undulata.
Per un attimo sentìì il mio viso andare in fiamme per aver pensato a quella sconosciuta in quel modo. Ma era così bella, e così fragile...

Pioveva.

Ma si sa, Londra è così.
Non fa altro che rendere il tuo umore più grigio. Eppure a me piace, forse mi piace quell'aria un pò malinconica che apre il cuore e permette all'anima di purificarsi con un pianto.
Neanche quello facevo più da un pò: non riuscivo a piangere, a sfogarmi, o semplicemente a scavare un pò in fondo alla mia vita e capire dove avevo sbagliato.
Ma io non avevo sbagliato proprio un bel niente!La gente mi aveva messo un'etichetta: "Peter Pan s trasforma in Capitan Uncino!"
E' come se loro sapessero di me più di quanto sappia io!
Ad ogni modo, c'era chi se la passava peggio di me.
Decisi di prendere il telefono, ma neanche io sapevo bene cosa avrei fatto.
In un momento di follia riuscii a digitare il numero della sua camera e aspettai ansioso una risposta.

-Pronto?-

Misi immediatamente giù.
La sua voce mi era sembrata più rilassata, non avvertii più quello strano tremore nelle sue parole.
Che io sia un genio lo dicono in molti, ma quale genio avrebbe fatto una sciocchezza simile?
Perchè?Vi starete chiedendo.
Beh...perchè sapevo bene che mi avrebbe ricontattato...

Il primo squillo.

Guardai il display e vidi 157. Entrai in un forte stato d'agitazione, ma non rispondere avrebbe solo peggiorato quella situazione già fin troppo imbarazzante.
Allungai lentamente il braccio e presi la cornetta.

-Si?-
-Ehm...lei...lei ha chiamato la mia camera poco fa-
-Ho sbagliato...-, risposi subito -Anzi no, ho digitato il numero della sua camera volontariamente.-
-Insomma ha sbagliato o no?-
-Si...cioè volevo dire no!-
"Dannazione", mormorai tra me.
-Senta può spiegarmi gentilmente cos'è che vuole da me?-
-Beh...ho visto quello che è successo alla reception e...mi chiedevo se..-
-Non credo che le riguardi, ma grazie lo stesso-.


Un'altra domanda. Un genio si comporterebbe da emerito idiota?
Ero pronto a giurare che quella ragazza si stesse sbellicando dalle risate a pensarmi, ma ad un tratto sentii bussare alla mia porta.
Sbirciai silenziosamente dallo spioncino e la vidi con le braccia incrociate al petto e un'espressione perplessa.

-C..chi è?- domandai camuffando la voce.
-Signore...Volevo scusarmi per...può aprire per favore?-
-Non credo sia una buona idea, dica pure-


La vidi ancora più confusa, cambiò posizione e slacciò le braccia.

-Io...volevo scusarmi per essermi rivolta in quel modo così sgarbato. Lei voleva solo aiutarmi ma...-
-Non si preoccupi, capisco perfettamente e non deve scusarsi..Adesso va tutto bene?-


Quando le posi quella domanda si toccò la guancia punita e chinò il capo.

-Insomma...-

-Immagino...beh se ha bisogno di qualcosa...io sono qui!-

-Se resta nascosto dietro quella porta non credo di poterle chiedere niente...ma...grazie lo stesso.-

Si allontanò sollevando il braccio per salutarmi, consapevole del fatto che la stessi guardando.

-Può dirmi come si chiama?-

Lei non si girò. Pronunciò il suo nome con un sorriso sulle labbra. Non potevo vedere la sua espressione, ma lo avvertivo...

-Scarlett.-
°Offy°
00giovedì 3 marzo 2011 12:25
La speranza è una buona prima colazione, ma è una pessima cena!


Episodio 2


Quando aprii gli occhi il mattino seguente, quell’angoscia che fino a qualche ora prima mi aveva dato il tormento, aveva finalmente lasciato spazio ad un po’ di benessere.
Avevo dormito, e per di più non avevo aperto gli occhi neanche una volta durante quelle ore. Mi sentivo rinvigorito, come se avessi staccato la spina per un po’. Niente pensieri, niente preoccupazioni.
Pensai subito a lei: Scarlett.
Non riuscivo a spiegarmi perchè una semplice chiacchierata con quella sconosciuta mi avesse fatto quell'effetto...


Quella mattina feci una colazione veramente abbondante.
Anche il cameriere che era…diciamo “in carne”, rimase a bocca aperta.
La sua espressione sembrava dire: ”Dove diavolo sta infilando tutta quella roba?!”
Fu molto divertente!
Quella mattina ogni cosa mi sembrava divertente, bella…e anche se affacciandomi vedevo le nuvole, avevo il sole nel cuore.
Ero soprattutto pieno d'impegni, impegni che avevo rimandato per una settimana per colpa del mio umore grigio come il cielo di Londra di primo mattino.

Attraversando i lunghi corridoi dell'hotel passai davanti alla sua camera, la porta era aperta e una donna con una buffa divisa stata riordinando.
All'inizio pensai che se ne fosse andata, e un po’ mi rattristai, ma poi la vidi seduta alla reception con una borsa da lavoro sulle gambe e picchiettava le dita sul bancone.
Uscii dal retro come una ladro e mi infilai in macchina.


Durante tutto il viaggio non pensai a nulla, rimasi tutto il tempo con lo sguardo fuori dal finestrino ad osservare la gente che andava a lavoro, i bambini che andavano a scuola, tutti in divisa.
Mi sarebbe piaciuto uscire un po’, passeggiare per il parco, comprare una mela caramellata e gustarmela seduto su una panchina.
Ma sapevo che non avrei potuto, sapevo che dopo aver fatto una marea di commissioni sarei dovuto ritornare in camera a nascondermi dal mondo.
Le mie giornate erano tutte uguali ormai.

A differenza di quello che pensa la gente la mia vita non è poi così eccitante. Esco molto di rado, e quando lo faccio è solo per i miei impegni.
Niente di più, niente di meno.

In quel periodo leggevo molto, scrivevo e immaginavo.Era l’unico modo per evadere dalle mie preoccupazioni, ma quel giorno scelsi il libro sbagliato. La filosofia mi aveva sempre affascinato, ma mai spaventato.

"Che cosa accadrebbe se un giorno o una notte,un demone strisciasse furtivo nella più solitaria delle tue solitudini e ti dicesse:”Questa vita,come tu ora la vivi e l'hai vissuta,dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte,e non ci sarà in essa mai niente di nuovo,ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro,e ogni incredibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te,e tutte nella stessa sequenza e successione.
L'eterna clessidra dell'esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa,granello della polvere!
Non ti rovesceresti a terra,digrignando i denti e maledicendo il demone che così ha parlato?Oppure hai forse vissuto una volta un attimo immenso,in cui questa sarebbe stata la tua risposta: Tu sei un dio e mai intesi cosa più divina?”

L'eterno ritorno
"Così parlò Zaratustra"
F.Nietzsche



I miei occhi restarono fissi su quelle righe, era una cosa spaventosa.
Mai avrei voluto rivivere la mia vita innumerevoli volte, e mai avrei voluto rinunciare alle gioie che mi aveva regalato.
Se davvero un demone strisciasse furtivo nella più solitaria delle mie solitudini io non saprei cosa rispondergli.



Feci ritorno nella mia camera, era già buio.
Mi sedetti al divano come ogni volta e mi tolsi le scarpe, come ogni volta.
Anche sforzandomi non riuscivo a fare nulla di diverso.
Tolsi il coperchio dal vassoio come ogni volta e diedi un'occhiata alla cena...come ogni volta. Niente che valeva la pena di essere mangiato, ma forse mi era bastata semplicemente la colazione per tirare avanti tutta la giornata.
Presi un sorso d'acqua e andai a stendermi sul letto, mi sentivo uno sciocco a buttare via quel cibo...
Io che sapevo quanta fame ci fosse nel mondo, io che sapevo cosa avrebbero fatto migliaia di bambini per avere solo la metà di quello che c'era su quel carrello, buttavo via il cibo, lo rifiutavo.
Ma non riuscivo, solo l'odore mi dava la nausea,il mio stomaco era talmente chiuso che anche quel sorso d'acqua fece fatica a scendere.
Forse mangiare da solo rendeva il cibo non indispensabile, avere un po’ di compagnia durante i pasti avrebbe giovato,probabilmente.


1...5...7


Composi il numero, deciso stavolta a farmi vedere, a scambiare quattro chiacchiere con lei, ma delle urla richiamarono la mia attenzione.

Stavano di nuovo litigando. Chiusi il telefono e andai a sbirciare.
Vidi di nuovo quel tizio, Landon, chiuse la porta con forza e se ne andò via.
Era sola.
Di nuovo sola...era quella l'occasione giusta. Niente telefono, niente chiacchierate nascosto dietro la porta, mi infilai veloce le scarpe e corsi davanti alla sua porta.

Restai per qualche secondo col pungo fermo a mezz'aria.
Non capita tutti i giorni di aprire la porta e trovarsi davanti Michael Jackson, ma non fraintendetemi...
Io non mi sento superiore a nessuno, è solo che…se mi avesse chiesto il perché di quella visita, probabilmente avrei fatto la figura dello stupido.
E poi io non conoscevo quella ragazza, non sapevo niente di lei ed essendo stato sempre un tipo riservato mi chiedevo perché lo stavo facendo.
Probabilmente fu la disperazione, il bisogno irrefrenabile di condividere i miei dolori con qualcuno che potesse capirmi, ad incitarmi.

Alla fine mi feci coraggio, mi stirai la giacca per rendermi più presentabile e bussai.

Silenzio.

Ricordo benissimo la sua espressione,sembrava dire:”Sto sognando?”
Dopo avermi guardato per un minuto abbondante scrollò il capo e attaccò a parlare.

-Posso aiutarla?-
-Potresti...-
-Mi scusi se l'ho disturbata con le mie urla,non succederà più.-
-No...non è per questo che sono qui...sei sola?-

Sospirò sconfortata.-Come sempre...-


-Mi chiedevo se le andava di cenare con me,anch'io sono solo e....lì c'è cibo a sufficienza per sfamare un esercito...- sorrisi.

Rise divertita e abbassò la testa.

-Beh...se si tratta di buttare via del cibo, accetto. Sai quanti bambini desidererebbero solo la metà di quello che abbiamo?-


Prese la chiave della camera e chiuse la porta.
Vederla così da vicino mi faceva uno strano effetto, era ancora più bella.
Non era molto alta, circa 1.65 e guardarla dalla mia altezza mi faceva venir voglia di proteggerla ancora di più, con un solo braccio avrei potuto avvolgerla completamente, ma non avrei mai osato.

Quando aprii la porta della mia suite vidi le sue palpebre ritirarsi all'improvviso, facendole quasi uscire gli occhi dalle orbite.
Entrò titubante, come se avesse paura di rompere o sporcare qualcosa, si mise accanto al divanetto e restò li impalata a guardarsi intorno.
La sua espressione mi divertiva da morire, ma non potevo fare a meno di pensare a lei: Lisa.
Mi sembravano così simili, anche se in realtà non lo erano affatto.
Era il modo in cui mi faceva sentire quando la guardavo che mi riportava a lei. Ma ormai era finita, dovevo farmene una ragione, andare avanti e cercare la mia felicità altrove.

Chiusi la porta sorridendo e la invitai ad accomodarsi. La vedevo incredibilmente tesa, ed ero consapevole che era la mia presenza ad innervosirla.
Se fossi stato uno qualunque probabilmente sarebbe stato diverso, e probabilmente non avrebbe neanche accettato di cenare con me.
Questo pensiero mi disturbò durante tutta la serata. Sapere che aveva accettato di cenare con Michael Jackson, e non con Michael mi faceva stare male.
Mi misi seduto molto lontano da lei e le sorrisi. Ricordo che ricambiò il mio sorriso sinceramente, non vedevo finizione nei suoi occhi.
E leggevo un po’ di imbarazzo nelle sue espressioni, allora per rompere il ghiaccio mi alzai e andai a prendere due bicchieri di succo d'arancia...anche se non le avevo chiesto cosa preferiva.
Magari non le piaceva il succo d'arancia, magari beveva vino, Martini....
Ma il suo viso non mi trasmetteva niente del genere...lei...lei aveva una faccia da succo di frutta e brioche al cioccolato.
Una faccia genuina.
Le porsi il bicchiere e notai la sua espressione sorpresa...

-Adoro il succo d'arancia,la mattina faccio colazione con succo d'arancia e brioche al cioccolato!-

Quando pronunciò quella frase risi incredulo, era incredibile...quella ragazza era un libro aperto. Sentivo che avrei potuto dirle ogni cosa, lei mi avrebbe capito..
Accavallai le gambe fingendo tranquillità e presi un sorso.

-Allora...tu ti chiami Scarlett...giusto?-

In realtà lo sapevo benissimo, il suo nome non mi era più uscito dalla mente.

-Si,ma può chiamarmi Scar, se le va..-
-Oh no no! Cosa sono queste formalità?!Non darmi del lei...-
-Non credo di riuscirci.-
-Si che puoi...io sono una persona normale. Perchè nessuno riesce a capirlo?!-
-Ma è ovvio che lei...ehm...che tu sei una persona normale...però...è un po’ difficile...-
-Uhm...Allora,che lavoro fai?-
-Sono fotografa, sono qui a Londra per una stage...e tra qualche settimana tornerò a New York...-
-Oh sei di New York-
-No, Wisconsin...Milwaukee-
-No...davvero?Milwaukee è una città favolosa!-
-Beh...tutto il Wisconsin è favoloso!-
-Questo è vero...e come mai ti sei ritrovata a New York?-

Vidi le sue guance cambiare colore dopo quella domanda, ma non riuscivo a capire cosa avessi detto di sbagliato. Restai in silenzio aspettando che la sua bocca liberasse qualche parola per rompere quel silenzio imbarazzante.

-E' una storia un po’ complicata, magari un giorno te la racconterò-.
-Questo vuol dire che ci incontreremo altre volte.-
-Oh no, io non intendevo questo....-
-Tranquilla,t ranquilla...e poi...sarebbe in ogni caso un piacere, non credi?-
-Certo...-

Cenammo seduti al divano, mangiammo il pollo con le mani e usammo i vestiti come tovaglioli.
Niente schemi, niente buone maniere, parlammo per tutto il tempo di ogni cosa.
Quando ero solo le ore sembravano giorni, e invece quella sera erano arrivate le tre del mattino senza che me ne rendessi conto.
Avrei potuto continuare per ore, mi sentivo meno solo quando la guardavo, ma alle tre e un quarto la vidi saltare dal divano.

-Oddio!Landon sarà già tornato!-

Non sapevo cosa dirle, mi sentivo in colpa per averla trattenuta da me, e avevo paura che quel bastardo....si l'ho detto BASTARDO, potesse farle di nuovo del male.
Mi alzai subito e l'accompagnai alla porta, sarei stato pronto a fiondarmi in camera sua se solo avessi sentito anche il minimo lamento o grido.
Non sapevo perchè provassi quel senso quasi ossessivo di protezione nei suoi confronti, ma il mio istinto mi diceva "proteggila".

Se ne andò in punta di piedi posandosi un dito sulle labbra per dirmi di fare piano nel chiudere la porta.
Non mi disse nulla, sentii la sua porta chiudersi e rimasi li per più di dieci minuti, con l'orecchio poggiato alla mia porta a sentire se andava tutto bene.

Dopo un po’ squillò il telefono.

-Scar?-
-Tutto ok. Non è ancora tornato...-
-Sono contento...-
-Già...mi ha fatto piacere chiacchierare con te stasera, ultimamente apro bocca solo per urlare.-
-Beh...l'avevo notato, hai un bel timbro di voce sai?-

La sentii ridere, ridere di gusto.

-Io sono qui Scar, quando ti senti sola...sai dove trovarmi.-
-Certo...buona notte.-
-Lo sarà sicuramente....Anche a te.-
°Offy°
00venerdì 4 marzo 2011 11:21
Puoi depormi dalle mie glorie e dal mio stato, ma non dai miei dolori: di quelli io sono ancora il re.





Episodio 3


Il tempo.
Spesso ci sfugge di mano.
Vivevo in un'altra dimensione dopo quella sera. Le ore senza parlare, senza ridere e scherzare insieme a lei mi sembravano infinite. Stavo seduto sulla poltrona dell'ingresso a fissare la mia immagine riflessa nello specchio, a provare le espressioni più incredibilmente stupide solo per farmi qualche risata in compagnia di me stesso.
O stavo seduto in limousine, a guardare fuori dal finestrino la vita degli altri, ero così bravo a immedesimarmi nella gente che incontravo per strada.
Un attimo prima ero un'anziana signora con un cesto di mele sotto braccio e una sciarpa rossa avvolta intorno al collo.
Cosa avrei fatto con un cesto di mele?
Ovvio una torta. O magari le avrei cucinate al forno.

No, no…odio le mele al forno, meglio la torta.

Quando mi stancavo di essere la dolce signora della porta accanto ecco che diventavo un frenetico e ossessionato uomo d'affari.
Una volta tornato a casa mi sarei messo le pantofole e avrei letto sulla MIA poltrona preferita il MIO quotidiano.
Moglie e figli?Oh no.
"Cara sono appena tornato dal lavoro, dammi un po’ di tregua!"
"Piccolo non vedi che papà sta leggendo?Perché non lo fai vedere alla mamma il tuo disegno..."

Insomma, era questa la mia vita quando non avevo qualcuno con cui parlare. E spesso quel qualcuno veniva a mancare per troppo tempo. Così tanto che dimenticavo come fosse fatta la mia voce e nella solitudine della mia camera emettevo qualche vocalizio giusto per schiarirmela un po’.

Quella sera mi sentivo particolarmente bisognoso di compagnia, ma non avrei mai osato andare da lei. Se ci fosse stato quel tizio sarebbe successo il finimondo.
Dovevo rassegnarmi ad un’altra serata con Michael...Lui non era male in fin dei conti, ma cominciava a stancarmi il fatto di avere solo lui come amico.
Lo conoscevo abbastanza e non intendevo andare avanti, quello che sapevo di lui mi bastava.
Se quella sera ci fosse stato anche un solo motivo per andare a bussare alla sua porta io ci sarei andato, ma...ahimè...Niente.
Non uno straccio di scusa, non una piccola minuscola motivazione per andare a parlare con lei.

E fu proprio quello il bello. Ero talmente convinto e rassegnato al fatto di dover passare la serata da solo, che vederla davanti alla mia porta mi fece un effetto bellissimo. In quel momento era come se anche la giornata ormai trascorsa fosse stata bella, anche se in realtà era stata incredibilmente triste come sempre.
Avvolgeva le braccia intorno ad un cesto coperto da un panno rosso a quadri, sembrava proprio uno di quelli da pic nic.

-Hai mai fatto un pic nic in hotel?- chiese sorridendomi.
-No.-
-Neanche io...-
-Dai entra.-

Appoggiò il cesto sul tavolino e si mise a sedere con naturalezza, una naturalezza che non avevo visto la prima volta che la invitai a cenare con me.
Il suo viso era più colorito e i suoi capelli completamente lisci.
Ricordo che erano lunghissimi, morbidi, e quando si agitavano quei riflessi dorati si notavano ancora di più.

-Allora...cosa ha in mente la mia vicina di camera pazza?-
-Pazza?Bene…porterò il mio pic nic da un'altra parte...-
-Scherzavo!-
-Buon per te...-
-Me lo dici o no cosa c'è lì dentro?-
-Beh vediamo...sandwich, crostata, succo di frutta e...indovina un po’?-
-Brioche al cioccolato.-
-Io direi cioccolato alla brioche...-
-Addirittura!?Cosa intendi fare?Farmi arrivare il colesterolo alle stelle e poi derubarmi?-
-Inizialmente si, ma poi mi sono detta..."Le brioche le mangio io, lo ucciderò con il coltello per la crostata"-
-Splendido...preferivo la morte per overdose da cioccolato,però...-

Non volevo e non potevo darlo a vedere, ma dentro di me urlavo. Ero talmente euforico che se mi fossi lasciato andare anche solo un secondo mi avrebbe portato d'urgenza al manicomio.
Non mi domandò nulla, stese quella tovaglia a terra e ci mise sopra tutto il contenuto del cesto.
Se chiudevo gli occhi potevo immaginare di essere davvero in mezzo ad un prato, a lottare con le formiche, e a giocare con gli aquiloni.
L'odore di quei sandwich sapeva proprio di picnic, di divertimento, di qualsiasi cosa avesse a che fare con la compagnia degli amici e la natura.
Anche volendo non avrei potuto ringraziarla abbastanza per avermi salvato da un'altra serata da solo, e perso dall'euforia di quel momento non l'aiutai, restai lì impalato a guardarla senza dirle nemmeno "Ehi,ti serve una mano?"
E quando avevo smesso di saltare di gioia nella mia testa aveva già finito, era seduta sul pavimento a gambe incrociate.

-Allora?vuoi guardarmi mangiare o ti siedi con me?-
-Si scusami...di nuovo sola stasera?-
-Ti sorprende?-
-Scusa la domanda un po’ indiscreta,ma quello è il tuo ragazzo?-
-Già...-
-E,scusa ancora la mia indiscrezione,dimmi...cosa ci fa una ragazza come TE con un tizio come QUELLO?-
-E' una lunga storia...e neanche molto bella...-
-Se ti va di parlarne...-
-Michael,vorrei passare una bella serata.-
-Perdonami, sono stato un po’ impertinente...un po’ troppo.-
-Non è questo,ma adesso non voglio pensare né a Landon né a tutto il resto...-
-Certo,certo...-


Sembrava abituata ormai a stare male e a riprendersi in poco tempo. Un po’ come me.
Quando ero solo mi sentivo uno straccio, mentre quando ero in compagnia di qualcuno mi rianimavo, ero capace di giocare e ridere senza pensare a niente...
E quella sera mi sentivo così, sarei potuto rimanere in piedi a parlare con lei per tutta la notte. Tutti i dolori del passato, il divorzio da Lisa, le accuse e tutto il resto...niente esisteva in quei momenti. C'eravamo solo io,Scar e la nostra incredibile intesa. Era come se ci conoscessimo da una vita, forse perché entrambi condividevamo il male più grande: la solitudine.

Quella sera mi raccontò della sua passione. Parlava della sua macchina fotografica come di un tesoro prezioso,ma quello che le piaceva di più era immortalare la vita.
Ogni fiore, ogni nuvola con una strana forma, animali, bambini, città. Lei fotografava ogni cosa.
Mi disse che la sua passione più grande erano le ombre, di qualsiasi cosa,d i qualsiasi oggetto o essere vivente.

-La nostra ombra è un po’ come la nostra anima.-

Quella frase mi restò impressa, non ho mai dimenticato il modo in cui la disse. Fu come se in dieci parole avesse riversato tutta se stessa.

-Voglio che fotografi la mia ombra.- dissi deciso.
-Adesso?-
-Si,non puoi farlo?-
-Certo,ma usare una luce artificiale non sarebbe lo stesso...-
-Davvero?-
-Eh no...non sarebbe naturale-
-E qual è il momento migliore della giornata?-
-Dipende,ogni momento è diverso,varia la forma,la nitidezza,la densità...-
-Ok mi arrendo...- la interruppi.
-No dai...magari nel pomeriggio...-
-Io sono sempre qui,faccio parte dell'arredamento della suite ormai.-

Non mi rimaneva che scherzarci su. A cosa serviva piangersi addosso?Potevo godere della compagnia di quella ragazza senza dovermi preoccupare di niente. Lei mi capiva al volo, e sembrava avere un talento naturale nel tranquillizzarmi con un solo sorriso.
Non potevo fare a meno di pensare però, a cosa sarebbe successo se il suo ragazzo si fosse accorto dei nostri incontri, seppure innocenti.
Mi stavo intromettendo nella vita di qualcun’altro senza che questo lo sapesse, e cominciai a credere che forse sarebbe stato meglio non vedersi più.
Ma io adoravo la sua compagnia e non riuscivo proprio a dirle di no quando mi chiedeva di passare qualche ora insieme per curarci a vicenda le ferite che lasciava la solitudine.
Quella notte restammo a chiacchierare fino alle due,e come ogni volta lei si alzò di scatto e scappò via salutandomi con un dolce, ma allo stesso tempo amaro, sorriso. Entrambi tristi e sconfortati che anche quelle ore passate insieme fossero volate come tutte le altre.

Le mie notti diventavano sempre più tranquille e piene di sonno e di sogni. Quando mi svegliavo al mattino mi sentivo felice per una cosa che in realtà la gente fa così naturalmente. Per me era meno stressante un concerto di una nottata insonne.
Non avevo voglia di alzarmi quel giorno, stavo bene sotto le coperte a pensare alla serata precedente e a sperare in un’altra ancora più bella.
Ma purtroppo dovetti scollarmi dal materasso controvoglia...A volte dimenticavo chi ero e quindi anche degli impegni che avevo.



Mi sedetti in auto con lo sguardo ancora assonnato nascosto dai miei occhiali e presi un sorso d'acqua.
Ormai conoscevo a memoria le strade di Londra e mi capitava di vedere per fino le stesse persone, come la signora col cesto di mele...mi chiedevo casa diavolo facesse con tutte quelle mele...
Chiusi gli occhi e poggiai la testa al finestrino, mi stupivo di me stesso, stavo recuperando tutto il sonno perso.
Mi svegliai automaticamente quando l'auto si fermò, presi un altro sorso d'acqua per sciacquarmi la bocca e scesi dall'auto.

Mi chiesi se il destino centrasse qualcosa, ma non appena entrai in quello studio la vidi al bancone indaffarata con la sua macchinetta, e vidi accanto a lei quel tipo.
Mi dava il disgusto guardarlo se pensavo a quello che aveva avuto il coraggio di fare.
Il fotografo, nonché padrone dello studio li invitò ad uscire frettolosamente.

-Ragazzi dovete andare, come vedete ci sono ospiti importanti,mi raccomando non spargete la voce altrimenti...-
-Certo.-

Rispose con la stessa gentilezza che io avevo conosciuto.
I suoi occhi mi sorrisero, infilò la macchinetta nella borsa e se la mise a tracolla.

-Arrivederci.-
Io non risposi a quel saluto, seguii i suoi movimenti con discrezione fino a che il fotografo non chiuse la porta e girò il cartello su “chiuso”.

Vederla nei panni da fotografa mi fece uno strano effetto, avrei voluto farmi immortalare da lei. Il mio sorriso sarebbe stato senza dubbio più naturale se ci fosse stata lei dietro l'obbiettivo.
Ma purtroppo mi toccava essere fotografato da un ometto con i baffi e una schifosa puzza di sigaro cubano attaccata addosso. Era un professionista, su questo non c'erano dubbi, ma a volte anche la presenza conta..Non trovate?


Quella sera non venne a trovarmi, e così quella successiva, e l’altra ancora.
Mi vergogno ad ammetterlo, ma stetti seduto accanto alla porta ogni sera fino a tardi. Speravo di sentire almeno la sua voce, ma niente.
Quando si è soli anche la cosa più insignificante può aiutarti a stare meglio, e a me sarebbe bastata la sua voce, non chiedevo altro. Ma non potevo fare a meno di sentirmi uno sciocco allo stesso tempo, un disperato, un ricco e solo quarantenne destinato a finire i propri giorni nella solitudine più profonda!
Forse dovevo solo imparare a conviverci, tutto qui.
Cominciai a pensare che se ne fosse andata. Alle 2e30 della terza sera mi alzai sconfortato dalla poltrona e andai a chiudermi in camera. Provai quasi rabbia nei suoi confronti per essersene andata così, senza neanche salutarmi. Ma in fondo ci conoscevamo appena, cosa potevo aspettarmi?
°Offy°
00sabato 5 marzo 2011 11:00
"Se la musica è l'alimento
dell'amore, seguitate a suonare, datemene
senza risparmio, così che, ormai sazio, il mio appetito
se ne ammali, e muoia."


Episodio 4

La musica mi ha sempre aiutato a superare i momenti di sconforto, ha addolcito i momenti romantici e ha caricato quelli di rabbia.
Non sono mai riuscito ad immaginarmi la mia vita senza musica.
Io sono musica.
Con questo non voglio dire di esserne il dio, di essere il migliore, non fraintendetemi. Voglio solo dire che sono praticamente nato per servirla, Dio mi ha dato questo dono e io lo ritengo il più prezioso.
Sapete spesso la gente segue la musica, segue i messaggi che manda ma la cosa che più mi rattrista è che vengono seguiti i messaggi sbagliati.
Prendete i rapper, loro parlano di donne, soldi, armi, bande...e i giovani seguono le loro parole incantanti dallo stile di vita trasgressivo e dal denaro facile.
Io ho sempre usato la musica come mezzo di comunicazione, eppure non sono molte le persone che percepiscono il mio messaggio di pace.




* * *






Chiusi gli occhi stanco della giornata trascorsa, non avevo voglia di dormire perchè era ancora molto presto, ma neanche di stare sveglio. Mi sarei annoiato a morte.
Avevo ancora il cappotto e il cappello, e ancora i muscoli e le ossa indolenziti. Londra era davvero umida non riuscivo ad abituarmi a quel clima.
Stavo per addormentarmi profondamente quando il telefono si mise a squillare, il cuore mi arrivò in gola per lo spavento che avevo preso in sonno.
Risposi con la mano sul petto per cercare di fermare quei battiti forti e fastidiosi.

-Si?-
-Ciao.-
-Scar…sei tu?-
-Si, perché sei così meravigliato?-
-E’ che io credevo…lascia perdere.-
-Disturbo?-
-Certo che no, dimmi pure.-
-Ehm..senti, ho notato che c'è una bella luna piena stasera e stranamente pochissime nuvole, potrebbero uscire delle belle foto.-
-No guarda, mi hanno fotografato tutto il giorno, per oggi può bastare.-
-Io parlavo dell'ombra.-
-Oh...oh certo l'ombra...Allora sì, d'accordo.-
-Bene, io scendo ci vediamo sul retro dell'hotel, lì non dovrebbe esserci nessuno.-
-Lo spero.-
-Sta tranquillo.-

Ecco, ci era riuscita di nuovo. Mi aveva tranquillizzato con quelle due paroline.
Come faceva ad essere sempre così raggiante?Per fino al telefono avevo avvertito il suo sorriso, eppure la sua situazione non era delle migliori.
Beh, senza dubbio aveva appreso alla lettera la prima frase di una delle mie canzoni preferite: Smile.
E io che cantavo?io che credevo in quelle parole non riuscivo a sorrider. I miei occhi erano spesso tristi, quando mi fissavo allo specchio potevo vederla, potevo sentirla. Ce n'era davvero tanta nei miei occhi.



Era buio. Non un lampione, niente. Solo la luce della luna a trasformare in nastri d'argento i ciuffi d'erba ai lati della strada.
Scorsi la sua figura all'angolo, giocherellava con un ciuffo di capelli e agitava la gamba destra.
Il suo tesoro appeso al collo con un laccio blu, era una di quelle macchine gigantesche, una di quelle da professionisti.

-Ehi,hai fatto presto.-
-Già..allora..dove ci mettiamo?-
-Tu cammina,e quando ti dico stop fermati,ma devi rimanere in quella posizione.-

Mi misi a passeggiare lentamente per quella strada, mi sentivo uno stupido. Non vedevo l'ora che dicesse quella maledetta parola, avere gli occhi di qualcuno addosso mi metteva un'ansia terribile.

-Come sto andando?-
-Continua a camminare.-

E continuai a camminare.

-Prova a mettere le mani in tasca.-

Obbedii.

-Perfetto...e...stop!-

Non ebbi il tempo di emettere un fiato che una serie di scatti partirono veloci uno dopo l’altro. Ma quando alzai lo sguardo mi tranquillizzai, stava fotografando il pavimento. In quel momento vidi con la coda dell'occhio la mia ombra.

-Sei stato bravissimo, presto avrai le tue foto.-
-Bravissimo io?e cosa avrei fatto di così speciale?-
-Mi hai regalato la tua anima.-

Sorrisi e basta. Non c'era bisogno di aggiungere altro. Riusciva sempre a spiazzarmi con le sue parole.

-Adesso devo andare, Landon tornerà presto stasera.-
-No...aspetta Scar...-
-Si?-
-Perché fai tutto questo alle sue spalle?-
-Lui non capirebbe...-
-Ma...Scar...-
-Michael...devo andare.-
-Certo, perdonami.-

Lasciai andare il suo braccio ancora poco convinto, in realtà non ero convinto di niente. Del suo rapporto con Landon, del suo passato...e del suo futuro.
Ma ovviamente non erano affari miei, anche se quell'impulso irrefrenabile di proteggerla bussava sempre più spesso alla mia porta.

Risalito in camera decisi di mettermi in pigiama, non avrei ricevuto altre visite, supponevo."Landon sarebbe tornato presto": cos'è?non aveva con chi spassarsela quella sera?I bar avevano esaurito gli alcolici?A giudicare dallo schifoso odore di birra che avevo avvertito allo studio del fotografo doveva essere un gran bevitore.
Mi stupivo sempre di più di come quella ragazza così carina e raffinata potesse avere a che fare con un rozzo simile.
Beh, si dice che alle donne piace l'uomo rude, che puzza. Magari se non mi fossi fatto la doccia per qualche settimana avrei trovato la donna della mia vita!
Nonostante tutti quei pensieri, l'idea che fosse costretta a stare con lui mi gironzolava in testa sempre di più.
Ma come ho già detto...non erano affari miei.
Scacciai quel pensiero dalla mente ma sfortunatamente fu rimpiazzato da un altro pensiero, molto più triste e doloroso. Pensai tutta la notte a Lisa.



* * *





Durante la notte non sentii nulla, nonostante la sua camera fosse a pochi metri di distanza dalla mia, e per di più sullo stesso corridoio.

Ripeto.

Fortunatamente durante la notte non sentii nulla, altrimenti sarei andato a dare una bella strigliata a quel rozzo.
Una bella strigliata?Oddio, probabilmente mi avrebbe riso in faccia!
Sarei andato a prenderlo a calci. Ecco...credo che così vada meglio!

Quando salii in auto le prime parole dell'autista non furono "Buongiorno Signor Jackson",ma..."Ha sentito che razza di casino che hanno fatto stanotte quei ragazzi?"

-Quali ragazzi?- Chiesi ancora confuso.
-Davvero non ha sentito nulla?erano al suo stesso piano.-
-Io...no,no non ho sentito nulla.-
-Accidenti che sonno pesante- mormorò tra sé.
-Ehi...- lo ripresi.
-Mi scusi.-

Restai in silenzio per qualche minuto. Perché tutti avevano sentito e io no?Mi sentivo così di rabbia a pensarci.
Anche se forse era stato meglio così, non erano affari miei, me lo dissi per l'ennesima volta, ma non riuscivo ad accettare quella situazione.

-E...dimmi,sei riuscito a capire il perché della lite?-
-Non ho capito molto a causa dei rumori che si sentivano ma pare che la ragazza si lamentasse della gelosia del fidanzato, immagino.-
-Gelosia?-
-Sì, urlava qualcosa come "Mi tieni rinchiusa qui come una prigioniera",povera ragazza.-
-Oh santo cielo!-
-Tutto ok Signor Jackson?-
-Si...si è tutto ok.-

Pian piano i tasselli tornavano al loro posto. Veniva da me di notte per non farsi scoprire da lui.
Mi sentii subito triste. Non aveva il controllo della propria vita, non poteva uscire a prendere una boccata d'aria senza chiedere prima il permesso a qualcuno.
Era tutto troppo ridicolo, noi siamo nati liberi, e liberi dobbiamo continuare a vivere .Chi era quel tipo per negarle di vivere la sua vita?
A quel punto era tutto chiaro, lei non poteva essere innamorata, mi rifiutavo di crederlo. C'era qualcosa che la tratteneva lì, e non poteva fare altro che soffrire in silenzio.
Io sapevo come ci si sente quando ti negano un pezzo di vita. Non avevo avuto la mia infanzia e Scar non aveva avuto la sua adolescenza, probabilmente.



Quando ritornai in hotel la sera passai davanti alla sua camera concentrato, era tutto silenzioso, sembrava quasi che non ci fosse nessuno lì dentro.
Volevo fermarmi e bussare ma sapevo che avrei potuto metterla nei guai, allora nervoso fino alla punta dei capelli me ne tornai nella mia suite e chiusi con forza la porta.

Più pensavo alle parole del mio autista e più mi ripetevo che non era giusto, non potevo lasciare che quel verme negasse a Scar di essere felice, di divertirsi e di avere amici.
Era sola perché lui l'aveva isolata dal mondo, la rinchiudeva come un oggetto e la tirava fuori quando gli andava. Anche se non erano affari miei far finta di non vedere non era da me, non potevo chiudere gli occhi e lasciare che qualcuno continuasse a soffrire.
Cavolo io vivevo di questo! La mia musica era basata su questo!!
"Who am I, to be blind?"
L'avevo scritto, l'avevo cantato, l'avevo sentito.
Chi ero io per essere cieco?per far finta di non vedere?Avevo l'obbligo di aiutare chi soffriva, ed era quello che avevo intenzione di fare.
Composi il numero della sua camera un po’ timoroso di sentire la voce di Landon dall'altra parte, ma in verità non rispose proprio nessuno.

Non perseverai, magari stavano dormendo e non volevo interrompere il suo sonno. Almeno lì poteva sognare una vita diversa da quella che stava vivendo.
Non riuscivo a capire come la gelosia portasse a far soffrire la persona amata. Oddio per me quello non era amore!
Come puoi dire di amare qualcuno, se questo qualcuno soffre ripetutamente a causa tua?Non è possibile, quella è solo ossessione, è lo stupido desiderio di avere tutto sotto controllo, per fino la vita di qualcun’altro.
Ma c'era un'altra ipotesi da non sottovalutare. Magari era talmente innamorato da non rendersi conto di quello che le faceva, voleva tenersela tutta per se, non voleva dividerla con nessuno.


La notte passò in fretta, mentre l'ultimo spiraglio di luna spariva il sole già era pronto a prendere il suo posto. Più luminoso e caldo, più intenso e accecante. Amavo il sole, ma non potevo godermelo, non potevo avvertire i suoi raggi tiepidi sul viso. Era la prima volta che vedevo un sole così a Londra e qualcosa mi diceva che sarebbe stata anche l'ultima...
°Offy°
00domenica 6 marzo 2011 16:15
"La gelosia è il più grande di tutti i mali e quello
che ispira meno pietà alle
persone che la provocano."

François de La Roche Foucauld




Episodio 5

Non avete mai sognato di possedere una bacchetta magica? Una di quelle che reciti la formula e ti cambiano la vita, come fu per Cenerentola!O magari una lampada magica, tu la sfreghi un po’ e si materializza davanti a te un grosso genio.

Tre desideri.

Non uno di più, non uno di meno.
Niente di più bello. Ma in realtà non è così facile, potresti usare i desideri per te e quindi comportarti da vero egoista, ma almeno non avresti più sofferto, non avresti più versato lacrime amare e desiderato di farla finita.
Oppure potresti usare quei tre desideri per raddrizzare i torti di questo mondo: niente più guerra, niente più fame, niente più cattiveria. Sarebbe un mondo perfetto.
E forse riflettendoci, quei desideri farebbero bene anche a te. Una volta eliminata la cattiveria nessuno avrebbe più potuto farti del male e infangare il tuo nome.
Eh già...sogno spesso di aggiustare tutto con un semplice colpo di bacchetta ma la realtà è assai più dolorosa. Devi accettare le cattiverie e le infamie continuando a camminare a testa alta.



***








Quella mattina mi svegliai con una strana tensione addosso, non mi capitava da un po’. Mi sentivo il respiro spezzato da qualcosa, qualcosa che in realtà esisteva solo nella mia mente.
Mi guardai allo specchio e mi tastai le gambe nascoste dal pigiama. Mi sentivo più magro, probabilmente perché facevo un solo pasto al giorno e spesso quel pasto era la colazione.
E quando non avevo voglia di mangiare mi accontentavo di un caffè al mattino e qualche snack durante la giornata.
Era inevitabile dimagrire, anche se non volevo. Mi piacevo di più un po’ in carne ma sono sempre stato molto magro e quei chili presi erano certamente di passaggio.

-Forse dovrei fare un po’ di palestra.-

Dissi alla mia immagine riflessa allo specchio piegando il braccio per intravedere qualche muscolo, ma dopo averlo fatto scoppiai a ridere da solo. Non ero un tipo da palestra, non lo ero mai stato. Il mio allenamento era il ballo e un po’ di stretching. Tutto qui.
E quello più che formarmi il fisico mi faceva perdere peso, non potevo neanche immaginare quante calorie perdessi durante un concerto e non intendevo scoprirlo.
Mi feci una doccia bollente e mi vestii. Non sapevo che impegni avessi per il giorno, sapevo solo che tra una settimana sarei tornato a casa.
All'ingresso c'era il carrello con la colazione. Lo guardai quasi con aria di sfida. Dovevo mangiare, dovevo cercare di allargare il mio stomaco.
Presi deciso una sedia e mi accomodai accorciandomi le maniche, se qualcuno mi avesse visto in quel momento avrebbe pensato che stessi affrontando una sfida importante.
Presi tre brioche e le posai sul piattino, poi mi riempii una bella tazza di succo di frutta alla pesca e per finire una tazza di caffè.
Posai lo sguardo sul cibo e guardai quasi nauseato, solo la vista mi saziava. Addentai la prima brioche e presi subito un sorso di succo per mandarla giù più facilmente.
Il mio stomaco sembrava accettare. Presi il secondo morso, poi il terso e poi l'ultimo. Avevo mangiato una brioche senza dare di stomaco e avevo finito il succo.
Ero soddisfatto e orgoglioso di me stesso.
Presi la seconda brioche con un'espressione già più disgustata e l'addentai strizzando gli occhi. Il mio stomaco cominciava ad accorgersi di essere pieno, il senso di sazietà lo avvertivo fino alla gola. Se avessi dato solo un'altra annusata a quel cibo avrei dato di stomaco. Decisi di fermarmi, era sempre meglio che non aver mangiato affatto. Anche se sapevo che quello sforzo mi sarebbe costato il digiuno per tutta la giornata.


Quando attraversai il corridoio la trovai appoggiata al muro accanto alla sua porta con un broncio sul viso e un cappellino nero.
Appena si voltò sorrise, convinta che io la ricambiassi e poi andassi via senza rivolgerle la parola come sempre, ma quando mi vide avvicinarmi a lei cambiò colore in viso.

-Ciao.-
-Michael,lui...lui è qui allontanati- bisbigliò a voce bassissima..
-Non mi importa Scar, devi ascoltarmi...-
-Per favore...mi metterai nei guai!-
-Tu sei già nei guai! Ti rendi conto della vita che stai facendo?!-
-Michael...per favore...- mi pregò disperatamente continuando ad accertarsi che Landon fosse ancora in bagno.
-Va bene...ma stasera dobbiamo parlare.-
-Sì ma adesso vai via!-

Mi allontanai e dopo pochi secondi uscì Landon.

-Parlavi con qualcuno?- le chiese sospettoso.
-No.- affermò lei con sicurezza.
-Uhm...-

Aveva la classica espressione da: "Tu non me la racconti giusta!"
Beh, in verità qualsiasi cosa lo faceva insospettire, infatti l'episodio che sto per raccontarvi ha dell'incredibile.


Si voltò e mi vide, per un attimo pensai che ci avesse scoperti ma continuai a far finta di niente.

-Ehi guarda c'è Michael Jackson! Ce lo facciamo fare un autografo?-
-Ma tu non ascolti la sua musica.-
-E allora?- brontolò.

Mi chiamò insistentemente e alla fine mi girai, non avevo alcuna intenzione di fare il gentile con quel tipo ma dovevo accontentare tutti, non avevo mai negato nulla ai miei fan anche se lui non lo era. Lo feci soprattutto per Scar.
Si avvicinò con un sorriso da idiota stampato in faccia e mi strinse la mano.
Visto così da vicino non faceva poi così schifo, anzi...in verità era davvero un bel ragazzo. Alto, ben piazzato, capelli rasati e vestiti strani e trasandati. Il classico newyorkese.

-Ce lo fa un autografo?-
-Certo...come vi chiamate?-
-Landon e Scarlett.-
-Bene…-

Gli porsi il foglietto e vidi la sua espressione cambiare, aggrottò la fronte mi guardò negli occhi mostrandomi la dedica che avevo appena scritto.

"A Scar e Landon con amore.
Michael Jackson"

-Perché hai scritto Scar invece che Scarlett?Solo io la chiamo così.-
-Beh...ma questo cosa centra?Tutti sanno che l'abbreviativo di Scarlett è Scar...- dissi quasi sconvolto da quella domanda incredibilmente STUPIDA!
-Ok.- disse poco convinto.
-E' stato un piacere...-
-Si certo...andiamo Scar,prima che quel tipo strano ti metta gli occhi addosso.-

Le avvolse un braccio intorno alle spalle e la scortò via, gli stava più appiccicato lui di una guardia del corpo.
Quando sentii quelle parole il sangue mi bollì nelle vene, avrei voluto voltarmi e tirargli un bel pungo sul naso. Bisogna avere il quoziente intellettivo di una sedia per pensarla in quel modo. Credeva che tutti volessero rubargliela, Scar era senza dubbio una ragazza bellissima ma al mondo esistevano altre ragazze...
Quello stupido scimmione non sapeva che fortuna avesse tra le mani e non la trattava come meritava.
E per togliere ogni dubbio sulla sua innata raffinatezza le palpeggiò il sedere in modo così volgare da farmi voltare dall'altro lato pur di non vedere quella scena.





***







La sera l'aspettai con ansia. Non vedevo l'ora d parlare con lei, di dirle quello che pensavo.
Doveva capire che non era quello il modo in cui si meritava di essere trattata. Lei era intelligente, dolce, comprensiva e divertente. Si meritava ben altro.
Ed era soprattutto molto bella, i suoi lineamenti rifiutavano il trucco, era già perfetta al naturale e quel viso rendeva giustizia al suo corpo altrettanto attraente.
A dire la verità aveva un corpo da mozzare il fiato, non ci avevo mai pensato perché quando parlavo con lei quello che mi importava erano solo le sue parole e la sua risata. Ma aveva ogni cosa al posto giusto. Era una di quelle donne con la "D" maiuscola. Non mi capitava spesso di fare pensieri quel tipo ma quando ci pensavo ogni particolare mi passava davanti agli occhi.
E un po’ mi vergognavo, soprattutto quando davanti agli occhi mi passava qualcosa di più "sensuale", come le labbra, il seno o le gambe.
Bussò alla porta e saltai in piedi ancora imbarazzato per quei pensieri.

-Ciao...-
-Ehi...entra.- farfugliai nascondendo il viso.
-Hai caldo?- chiese cercando i miei occhi.
-N..no,perché?-
-Sei rosso sulle guance.-
-Davvero?- mi guardai allo specchio arrossendo ancora di più.

Si mise a sedere sulla poltrona e accavallò le gambe guardandosi intorno. Sembrava tranquilla.

-Allora,di cosa volevi parlarmi?-
-E me lo chiedi?Tutti hanno sentito il chiasso infernale che avete fatto l'altra sera.-

Improvvisamente arrossì anche lei. Si vergognava della sua situazione, era evidente. Mi sentivo un intruso, dopotutto non avevo il diritto di dirle come vivere la sua vita, era più che altro...un dovere morale.

-Scar, tu sei giovane, hai una vita davanti. Sei intelligente e soprattutto sei un'ottima fotografa, puoi avere un futuro anche senza di lui.-
-Lo so.- rispose a capo chino.
-E allora perché diavolo ci stai ancora insieme?!-
-Glie lo devo, non posso lasciarlo dopo tutto quello che ha fatto per me.-

A quel punto non sapevo più cosa dire, non conoscevo la sua storia e non sapevo cosa avesse fatto di così speciale Landon per lei.
Le aveva forse salvato la vita?

-Vedi...la mia è una storia un po’ complicata, non hai idea di quello che ho passato.-
-Forse l'avrei se me lo dicessi.-
-Michael...-
-Voglio solo aiutarti.-

Sbuffò facendo svolazzare un ciuffetto di capelli davanti agli occhi e si mise comod.
-E va bene.-

Si piegò in avanti e poggiò i gomiti sulle gambe. Il suo sguardo era concentrato, come se pian piano stesse ricomponendo tutti i pezzi del puzzle, tutta la sua vita e gli avvenimenti che la cambiarono drasticamente, fino a ritrovarsi con un tizio che neanche amava.

-Come ti ho già detto,io sono di Milwaukee. Come ci sono finita a New York?Beh, diciamo che quando avevo quindici anni mio padre se ne andò di casa lasciando me e mia madre da sole. Se ne andò con un'altra,non potrò mai dimenticare il viso di quella donna...Ci ritrovammo nei guai. Mia madre non lavorava, non aveva mai lavorato perché mio padre guadagnava abbastanza. La situazione era tragica, gli alimenti non bastavano per pagare le fatture, fare la spesa e quindi neanche per comprare il materiale scolastico.
Abbiamo provato più volte a richiedere più denaro ma...dicevano di non poter accogliere la richiesta. Mio padre ci dava abbastanza, stava a noi riuscire a farcelo bastare. Non passò molto che mia madre cadde in depressione, un classico no?- disse con un sorriso pieno d'amarezza sulle labbra.
Si portò le gambe al petto e riprese a parlare.

-I farmaci la tenevano quasi sempre mezza addormentata, non cucinava più, non puliva più. Spettava a me provvedere alle faccende di casa dopo essere tornata da scuola. E spesso a scuola non ci andavo. Trovai lavoro in un fast-food e quando c'era il turno di mattina dovevo farlo, altrimenti mi cacciavano e Dio solo sapeva quanto ci servissero quei quattrocento dollari in più.
Alla fine qualcuno venne a bussare alla nostra porta, un assistente sociale, mandato sicuramente dalla scuola. Trovò mia madre stordita e decisero di mandarla in un centro di cure.
E io?Beh, mi spedirono a New York da dei lontani parenti...non li avevo mai visti in vita mia e non sembravano felici di ospitarmi. Nonostante gli alimenti dicevano di non farcela a mantenermi, ma non potevano mandarmi via.
Hai idea di cosa significhi vivere con qualcuno che non ti vuole lì?E' davvero frustrante...
Nuova città, nuovi amici...e tra questi amici Landon. Fu gentile con me dal primo momento, mi invitava spesso a cena da lui e pian piano scoprì la mia situazione, anche se io mi vergognavo da morire.
Più passava il tempo e più il legame tra me e lui si rafforzava e andava al di là dell'amicizia, tanto che dopo un po’ di mesi ci fidanzammo.
L'amavo, e lui amava me, così tanto da propormi di andare a vivere da lui. Io non volevo, soprattutto per i genitori, ma poi capii che anche loro erano d'accordo.
Erano benestanti, accidenti se lo erano. Non ho idea di quanti soldi entrassero in quella casa, ma ne erano davvero tanti!
Mi trattavano come un membro della famiglia, mi compravano vestiti, cosmetici, tutto quello che mi serviva e non si lamentavano, lo facevano con piacere.
Sentivo che non c'era finizione, erano brave persone. Pensa che i soldi degli alimenti li tenevo per me, non li volevano e allora ne approfittavo per fare regali, per sdebitarmi.
Mi rimproveravano ogni volta ma io non volevo essere un parassita, sentivo il bisogno di sdebitarmi con loro.
Ho vissuto lì per quattro anni, poi andammo al college ma io non me la sentivo, non potevo lasciare che mi pagassero anche l'università. Era una spesa troppo pesante e anche se loro insistettero non accettai. Con i soldi degli alimenti che avevo messo da parte e un piccolo lavoro part-time riuscii a laurearmi.
Ovviamente ero agevolata perché alla spesa, alle fatture e tutto il resto ci pensava Landon.
Tutto sembrava andare per il meglio ma dopo circa un anno che eravamo al college lui cominciò a cambiare, diventò ossessivo. Non voleva che parlassi con altri ragazzi, non voleva che uscissi senza di lui e mi faceva delle scenate anche per un saluto ricevuto da qualche amico del college.
Le cose peggiorarono col passare del tempo, ma non potevo andarmene, non me la sentivo.
Ho seguito un corso di fotografia a New York e mi sono appassionata. Ho saputo di questo stage e Landon mi ci ha portata. Mi fa alloggiare in un hotel a cinque stelle, figurati che ci ho incontrato Michael Jackson...
Allora,spiegami dove posso trovare il coraggio per lasciarlo.-


-In pratica ti ha comprata?Cioè....fammi capire, tu sei di sua proprietà ora?-
-Continui a non capire!- esclamò alzandosi di scatto.
-Io capisco benissimo Scar, ok ti ha salvato dal baratro,ma...-
-E dici niente?-
-Quello che intendo dire è che l'amore delle persone non si compra. Tu non lo ami più...giusto?-

Non rispose.

-Giusto?-
-Io...io non lo so...-
-Tu lo sai benissimo, smettila di farti del male!-
-Non è facile. Non sai quante volte ho provato ad andarmene via, ma non ci riesco.-
-Capisco cosa provi ma le cose non vanno così. Se quello che ha fatto per te l'ha fatto con il cuore non avrà problemi a lasciarti andare.-
-No io non credo.-
-Allora la usa semplicemente come scusa per tenerti in pugno. Ti picchia?- chiesi timidamente.
-No, no non era mai successa una cosa simile prima di quella sera...-
-E dopo quella sera l'ha fatto altre volte?-
-No. Michael, lui non è sempre così, ma a volte capitano dei periodi in cui è veramente ossessionato. Ci sono anche momenti in cui è dolce, in cui sento che mi ama davvero.-
-Beh è un tipo strano.-
-Già...-
-Ma non cambia il fatto che tu non lo ami più.-
-Quello è un altro pio di maniche.-

Mi alzai anch’io dal divano e alzai il tono della voce come per rimproverarla.

-Scar è della tua vita che stiamo parlando accidenti! Un altro paio di maniche? Tu condividi tutto con quella persona e gli offri anche il tuo corpo...e tutto questo lo fai senza amore?-

La vidi portarsi le mani sul viso e avvertii il suo respiro affannato. Stava piangendo, io l'avevo fatta piangere. Mi avvicinai velocemente a lei, ma non ebbi il coraggio di abbracciarla, le spostai i capelli e le posai una mano sulla spalla.

-Scar mi dispiace,non volevo..non volevo ferirti...-
-No...no non è colpa tua. Il fatto è che hai maledettamente ragione ma...non ci riesco...non ci riesco.-
-Lo so...-

Le posai delicaamente le mani sulle spalle e l'avvicinai a me. Un abbraccio innocente. Le accarezzavo ripetutamente i capelli e sembrava calmarsi. Tenerla tra le braccia mi faceva sentire meglio, in quel momento nessuno avrebbe potuto farle del male, perché c'ero io a custodirla.

-Non vedo mia madre da dieci anni.- aggiunse singhiozzando.
-E perché non vai a trovarla?-
-Mi informo ogni mese sulle sue condizioni,i dottori dicono che non vuole guarire. Si rifiuta.Credo che rimarrà lì per tutta la vita.-
-Forse rivederti potrebbe aiutarla a stare meglio.-
-E' per colpa sua e dei suoi stupidi farmaci che sono finita così!-

A quel punto chiusi la conversazione, anche perché non avevo idea di cosa dirle. Odiava suo padre per averla abbandonata, odiava sua madre per essersi lasciata andare senza pensare a lei, ma la cosa più triste è che odiava se stessa a tal punto da accettare quella vita senza curarsi del suo futuro.
°Offy°
00lunedì 7 marzo 2011 12:34
Quand'è forte l'amore, anche il più lieve sospetto è già paura; e se il timore cresce l'amore avvampa impetuoso anch'esso...




Episodio 6

Dovevo tornare a casa.
Non sapevo se essere contento o triste perché lì c'era Scar e anche se sapevo che prima o poi sarebbe andata via volevo rimanere fino all'ultimo giorno.
Ma non potevo, L. A. mi aspettava e c'erano impegni che non potevo rimandare.
Speravo di vederla quella sera prima di partire perché ero consapevole del fatto che non l'avrei più rivista.
Forse dovevo solo imparare ad accettarlo, era un'altra delle persone che avevo conosciuto durante la mia vita e che non avrei più incontrato. Ma io in lei avevo trovato un'amica e l'idea che presto sarebbe diventato solo un bel ricordo mi frustrava.
Guardai le valige già pronte davanti alla porta e poi l'orologio. Mancavano tre ore alla partenza e nessuno bussava alla mia porta.

Aspettai e aspettai.
I minuti scorrevano veloci quella sera, la paura di non poterle dire che avrei voluto risentirla era tanta. Forse avrei dovuto dirglielo prima, ma la mia maledetta timidezza mi bloccava ogni volta. Non volevo dare impressioni sbagliate. Magari dirle "Mi piacerebbe rivederti,chiamami!" sarebbe sembrato ambiguo. Magari si sarebbe fatta strani pensieri su di me, su di noi. Il punto era quello. Non esisteva un noi, esistevano solo Michael e Scarlett, e poi un'amicizia.
Quei miei ragionamenti cominciavano a farmi credere che forse ero io a rifiutare la felicità, anche se non volevo ammetterlo Scar mi piaceva come donna e non solo come "ragazza della camera accanto". Lei era molto sensuale ma inconsapevolmente. Non aveva mai tentato un approccio che andasse al di là della semplice chiacchierata. Ma io non potevo non notare come si passava le mani tra i capelli, come si bagnava le labbra prima di cominciare a parlare.
Tutti quei particolari mi rendevano un pochino nervoso quando ci facevo caso, cosa che non accadeva spesso, fortunatamente.

Mancava solo un'ora, e ancora niente. Cominciai a prendere in considerazione l'idea di partire prima. Almeno mi sarei risparmiato quell'attesa.
Presi il telefono e chiamai il mio autista.

-Louis...-
-Si Mr. Jackson?-
-C'è stato un cambiamento di programma.-

In quel momento bussarono alla porta. Restai per qualche secondo a guardarla per accertarmi di non averlo immaginato.
Bussarono un'altra volta un po’ più forte.

-Mr. Jackson?Ci sono problemi?-
-No...no Louis,lascia perdere...nessun cambiamento.-
-Come vuole…- disse perplesso.

Riattaccai e andai ad aprire. Era lei.
Aveva una busta bianca tra le mani e i capelli raccolti disordinatamente.
Il maglioncino le cadeva un po’ largo sulle maniche e qui jeans leggermente consumati accentuavano le sue forme.

-Sono contento che tu sia venuta.-

Si accomodò al divano e posò la busta sul tavolino.
-Beh...dovevo darti le tue foto.-

-Certo...le foto...-

Aprii curioso la busta e le sfilai delicatamente da dentro. Erano tutte bellissime.

-La mia preferita è questa.- disse indicando la seconda.

Posai le altre e la guardai attentamente: in una pozza d'acqua accanto ai miei piedi si intravedeva la luna. Era un'opera d'arte...e decisi che anche per me quella era la migliore.

-Hai un'anima buona.- disse guardandomi negli occhi,-e non mi riferisco alle foto.-
-Ti ringrazio.-
-Mi ha fatto piacere conoscerti Michael,ho capito tante cose grazie a te. Prometto che riuscirò a cambiare la mia vita.-
-Lo spero tanto Scar.-

Si alzò dal divano e mi abbracciò. Avvolse le braccia intorno al mio collo e mi strinse forte.
Io l'assecondai, la tirai a me e le posai le labbra sulla fronte.

-Anch'io sono contento di averti conosciuto...-

Si staccò da me e si diresse verso la porta. In quel momento tutti i miei pensieri folli, tutte le incertezze e la timidezza sparirono. Afferrai la prima cosa che mi capitò davanti agli occhi e scrissi i miei numeri.
Ricordo che rise quando mi vide porgerle quel tovagliolo tutto macchiato d'inchiostro.

-Se...se hai bisogno di qualcosa,o magari se hai voglia di risentirmi...- dissi balbettando
-Grazie.- rispose immediatamente interrompendo quel mio blaterare insensato.
Lo piegò in tante piccole parti e lo nascose bene in tasca..Senza altri saluti e abbracci uscì dalla mia suite e anche dalla mia vita...



I giorni seguenti sarebbero stati piatti ma allo stesso tempo stressanti. Con Lisa Marie era finita sulle carte ma continuavamo a frequentarci e anche se entrambi sapevamo di sbagliare non potevamo negare i nostri sentimenti. Non sapevo per quanto ancora sarebbe andata avanti quella storia ma ero certo che prima o poi sarebbe finita. Lentamente. Come si spegne il fuoco di un camino così si sarebbe spenta la nostra storia.
Anche perché ormai la mia vita stava prendendo una piega diversa. Avrei avuto un figlio da una donna che non amavo ma a cui volevo bene.
Debbie mi stava cambiando la vita...non c'erano dubbi.
Il viaggio fu molto stressante, ricordo. Restai sveglio per tutto il tempo a pensare alla mia vita, al modo in cui sarebbe cambiata.
Ma vedevo un futuro luminoso, un futuro dove non sarei stato più solo.
Un figlio.
Una creatura innocente da amare e proteggere. Amavo tutti i bambini del mondo ma il pensiero di diventare padre mi faceva uno strano e bellissimo effetto.
Le paure e le incertezze non mancavano però. Anche se amavo i bambini non ero sicuro che sarei stato un buon padre e l'idea di non riuscire ad esserlo mi faceva rabbrividire.
Volevo che mio figlio avesse tutto l'amore e le attenzioni che un genitore può dare. Io poi dovevo faticare il doppio essendo da solo, ma qualcosa mi diceva che ci sarei riuscito.

Quando rientrai a Neverland nulla era cambiato. Le grandi stanze erano sempre troppo vuote per essere riempite da una persona sola.
Restai fuori a prendere un po’ d'aria, anche se il sole picchiava forte, ma tutte quelle ore in aereo e in limousine mi avevano stroncato. Non ricordavo più l'odore dell'erba, della natura.
L'odore di casa mi faceva sentire bene. Mi tolsi il cappello e l'ammirai. Neverland era tutto quello che mi rimaneva in quel momento.
Ma attenzione, non sto parlando di soldi e ricchezze. Per me quel ranch rappresentava più di un luogo in cui vivere, più di un parco giochi.
Era come se il mio animo fosse incarnato in ogni giostra, in ogni fiore, in ogni animale e mobile...Neverland ero io, mi rappresentava alla perfezione.
Accarezzai la rifinitura della cornice di un grande quadro e mi diressi veloce in camera da letto. Anche il letto mi era mancato da morire nonostante non ci facessi grandi dormite steso lì.
Andare a dormire da solo era dura però. Allargavo spesso le braccia come per sentire che non ero solo ma quello che tastavo erano solo lenzuola e cuscini.


***



Il tour era alle porte ed ero stremato ancor prima di cominciare. La prima data era il 7 settembre a Praga.
Mi stravolgevano sempre quei concerti, ma a differenza degli altri questo non l'avrei affrontato con l'umore adatto. Sapevo che presto avrei avuto un figlio ma i dolori del passato erano ancora lì,i mpressi nella mia mente.
Mi sedetti al letto poggiando le mani sul materasso e accarezzai la morbida e liscia coperta che lo ricopriva, era decisamente più comodo dei materassi di tutti gli hotel in cui avevo alloggiato.
Ero stanco. Ero veramente molto stanco, mi coricai sul fianco e chiusi gli occhi mentre il profumo delle lenzuola mi entrava delicatamente nelle narici e mi diceva "casa".


Avevo sempre odiato dormire vestito. Mon mi ero tolto neanche il cappotto e a Los Angeles il clima era decisamente diverso, faceva molto caldo.
Mi svegliai che la fronte grondava di sudore e i vestiti mi si erano praticamente attaccati addosso. Avevo bisogno di una doccia, fredda possibilmente. Ma sapevo che una volta entrato nella doccia non avrei avuto il coraggio di aprire il getto dell'acqua fredda.
Mentre mi massaggiavo per bene i capelli chiusi gli occhi per evitare di farci entrare la schiuma e vidi Scar. Non avevo pensato a lei neanche un secondo dopo aver lasciato l'hotel, la stavo già dimenticando...
Ma io non volevo dimenticare quell'amicizia nata per caso. Lei non aspirava a niente. Gli piacevo per il mio modo di essere e non per il mio portafogli.
Spesso li maledicevo, perché a causa loro non potevo avere un amico di cui fidarmi cecamente, o una donna che mi amasse per quello che ero.
Lisa Marie, beh lei non aveva bisogno dei miei soldi...per questo credo che lei mi abbia amato davvero. Ma....io stavo invecchiando, avevo quasi quarant'anni e le speranze di trovare una donna interessata a ME si affievolivano ogni giorno di più.
Mi asciugai accuratamente i capelli e mi vestii in fretta. Avevo proprio voglia di passeggiare per Neverland. Il sole stava calando, si era alzata una leggera brezza estiva stare all'aperto era piacevole.

Passeggiai per più di un'ora e quando le mie gambe cominciarono ad avvertire la stanchezza mi sedetti sul prato a guardare le stelle.
Neanche una nuvola.
Certo, non ero più a Londra. Ancora una volta pensai a Scar, a come sarebbe stato bello averla lì e parlare...
Mi chiedevo cosa stesse facendo in quel momento, magari dormiva, magari litigava con quell'orco.
O magari fotografava anime. Sorrisi pensando a lei...E per un attimo sentii come se fosse lì, a lasciarmi a bocca aperta con le sue frasi, con la sua intelligenza e con la sua passione.
Ritornare alla realtà fu angosciante, raccolsi le forze per tornarmene in casa e per la strada restai tutto il tempo con lo sguardo al suolo.

-Mr. Jackson eravamo preoccupati.- mi disse la domestica appena mi vide entrare in sala da pranzo.
-Non sono mica un bambino,sono solo stato a fare una passeggiata.-
-Certo ma...lei mi aveva pregato di farle trovare la cena in tavola per le otto...e sono quasi le undici-
-Davvero?io...io non ricordo-
-Non si preoccupi,si sarà freddata,dico al cuoco di prepararle qualcos'altro...-
-No....no io mangerò quella,non butti via altro cibo...-
-Ma…-
-Per favore. Basterà solo riscaldarla un po'.-
-Come desidera.-

Prese i piatti velocemente e li trasportò in cucina. Cominciavo ad avere anche i vuoti di memoria, non riuscivo davvero a ricordare di averle detto una cosa del genere.
Rotai lentamente la testa per sciogliere un po’ il collo, sentivo una forte pressione sulle spalle, e i nervi erano completamente tesi.
Avrei apprezzato tanto i massaggi dolci e premurosi di una mogliettina ma purtroppo ero costretto a tenermi quei doloretti fastidiosi.
In quel momento mi sentii di nuovo solo, ogni cosa mi faceva sentire solo...
°Offy°
00mercoledì 9 marzo 2011 19:20
La ricchezza del mio cuore è infinita come il mare,
così profondo il mio amore: più te ne do, più ne ho,
perché entrambi sono infiniti.

~ William Shakespeare ~

Episodio 7

Poche settimane al tour. Prove ogni santo giorno e stress insostenibile.
Debbie era incinta.
Era l'unica cosa che mi dava la forza per tirare avanti, il bambino sarebbe nato a febbraio e io non vedevo l'ora che il tour finisse per poter aspettare con tranquillità la nascita.
Ogni giorno mi informavo sulle sue condizioni, sulla sua salute e sul suo stato d'animo. E non potevo smettere di ringraziarla ogni volta che la vedevo o sentivo.
Ero certo che avrei avuto un maschio, me lo sentivo. Ed ero certo che non sarebbe stato il mio unico figlio. Amo la famiglia numerosa, amo le risate dei bambini che riempiono la casa.
Tornai a casa con un umore diverso, anche se ero molto stanco non potevo smettere di sentirmi le farfalle nello stomaco.
Solo nove mesi. Il tour mi avrebbe distratto e le settimane sarebbero trascorse più in fretta. Mi sedetti al divano e cominciai a sfogliare una rivista sul parto e la nascita.
Sembrava che dovessi essere io a dare alla luce quel bambino ma volevo capire, volevo essere al corrente di ogni cosa. Capire quando sarebbero cominciate le doglie e sapere come comportarmi in quel momento.



***






Saltai immediatamente in piedi non appena la domestica pronunciò quel nome. Non fu molto chiara, o forse io non intuii bene cosa volessi dirmi.
A spaventarmi era stata quella frase. Non era passato poi moltissimo tempo da quando avevo lasciato l'hotel e non riuscivo a intuire cosa potesse essere successo di così grave.


-Era molto agitata e sembrava chiamare da un posto molto affollato, forse da un telefono pubblico.-
-E...ti ha dato un numero, un recapito su cui rintracciarla?-
-No. Quando le ho detto che lei non c'era mi ha solo detto "Gli dica che ho bisogno d'aiuto" e poi ha riattaccato.-
-E io come faccio a rintracciarla?c..come faccio ad aiutarla?-
-Mi dispiace.-

Presi subito il telefono ma non sapevo cosa farci. Non avevo il suo numero, non sapevo dove si trovasse. Era praticamente impossibile contattarla, dovevo solo aspettare che lei richiamasse.
Anche se ancora non sapevo cosa fosse successo qualcosa mi diceva che c’entrava Landon. Magari l'aveva picchiata, o magari l'aveva cacciata di casa.
Ma la seconda ipotesi mi sembrava piuttosto improbabile, a giudicare dall'ossessione morbosa che aveva nei suoi confronti non l'avrebbe mai lasciata andare via.
Aspettai sveglio fino alle due, poi crollai. Se non fosse stato per le prove sarei stato sveglio tutta la notte ma proprio non riuscivo.

Chiusi gli occhi e quando li riaprii erano già le quattro e mezza.
Mi sembrava di aver dormito pochi minuti.
Il rumore del telefono mi fece svegliare piano, e quando finalmente fui cosciente afferrai la cornetta e risposi.

-Mike?-
-Scar...Scar sei tu?cosa succede?-
-Io...è una storia un po’ complicata. Ho bisogno del tuo aiuto.-
-Dimmi cosa sta succedendo!-
-Sono scappata.-
-Sei scappata?-
-Si...e non intendo tornarci.-
-Da dove sei scappata?-
-Da casa di Landon.-
-E...dove sei adesso?-
-All'aeroporto.-
-All'aeroporto?-
-Si Michael, non farmi ripetere mille volte! Non posso stare molto al telefono.-
-Scusami... Beh...dimmi di cosa hai bisogno?-
-Di un posto dove andare.-
-Di un posto dove...cioè..volevo dire... Posso aiutarti in qualche modo?-
-Prima di acquistare il biglietto per L.A. volevo sapere se potevi ospitarmi...Non posso credere che te lo sto chiedendo davvero ma io...-
-Scar...io tra qualche settimana parto, sai...il tour..-

Sentii il suo respiro spezzarsi.
Probabilmente ero l'unica persona su cui poteva contare varamente essendo sola al mondo e non me la sentivo di lasciarla nei guai. Una vola partito per il tour avremmo trovato una soluzione.

-Oh..certo, certo..io...perdonami per averti disturbato nel cuore della notte.-
-No...Scar...-
-Michael, davvero, troverò un posto dove andare..magari ritorno nel Wisconsin.-
-Ascoltami! Compra il biglietto. Per il momento starai da me, poi vedremo come sistemare la situazione.-
-Michael io non voglio disturbarti.-
-Nessun disturbo, davvero.-
-Sei sicuro?-
-Sicurissimo! A che ora parte il primo volo per L.A?-
-Tra un'ora...-
-Bene. Sta attenta mi raccomando, al tuo arrivo ti farò trovare una macchina, Louis ti porterà qui...-
-Ti ringrazierò una volta arrivata, adesso qualsiasi ringraziamento non sarebbe abbastanza.-
-Corri a comprare il biglietto adesso.-
-Si...-


Quella sera c'era un cielo bellissimo, la luna era nascosta e dava la possibilità alle stelle di farsi ammirare nel loro ammaliante e romantico splendore.
Diverse sere avevo desiderato di averla lì con me per poterle ancora dire come mi sentivo e per poterla confortare quando mi parlava delle sue disavventure. E tra qualche ora sarebbe arrivata in casa mia, con la differenza che non avremmo più dovuto nasconderci per parlare.
Ero davvero contento che fosse andata via da lì e speravo che non ci sarebbe più ritornata. Decisi di tornare a letto. Mi aspettava un'altra giornata di prove estenuanti e avevo bisogno di riposare.



***






Il sole sorse in fretta.
Non ebbi il tempo di addormentarmi profondamente che la domestica venne a svegliarmi.
Mi sentivo un po’ stordito, ma felice. Al mio ritorno l'avrei trovata ad aspettarmi e non mi sarebbe importato della stanchezza e delle prove. Volevo passare una bella serata con lei, parlare come facevamo fino a qualche tempo prima.


Avvertii tutti dell'arrivo di Scar, e tutti mi guardarono in modo strano.
Non capivano perché con una "quasi moglie" e un figlio in arrivo ospitassi una giovane ragazza in casa mia. Beh, ovviamente non dovetti dare spiegazioni anche perché Scar non era nient'altro che un'amica, a differenza di quello che la malizia della gente avrebbe potuto intendere.
Feci preparare la sua camera e in meno di un’ora fui fuori dal mio paradiso, un paradiso che presto avrebbe avuto il suo angelo più bello.
Mio figlio.
Non vedevo l'ora di dirlo a lei. Ero certo che sarebbe stata felicissima per me e non mi avrebbe criticato come il resto del mondo.

Con lo sguardo fisso sulle nuvole piene e candide pensavo già al nome. Me ne passarono per la mente un bel po’, ma non c'era ancora nulla di certo.
Era ancora troppo presto per sapere il sesso e sinceramente non ero certo di volerlo sapere. Poi dovevo rispettare anche le volontà di Debbie. Anche se mi stava facendo un piacere, e che piacere ,il bambino era anche una parte della sua vita.
Mi chiedevo spesso se fosse sbagliato quello che stavo facendo. Se avrei dovuto aspettare il momento giusto, la donna giusta, per fare un passo simile.
Però desideravo da morire un figlio e la proposta di Debbie mi riempì così tanto di gioia che non riuscii a rifiutare. Anche se non l'amavo le volevo un gran bene, dopotutto.

Arrivai alle prove con un lieve sorriso che colpì tutti quella mattina. Non era il solito sorriso. Era un'espressione da "imbambolato tra le nuvole".
Mi sciolsi i muscoli e la voce e cominciammo. Ero talmente piedo di energie quella mattina che senza neanche rendermene conto la giornata si concluse con qualche piccolo scroscio di pioggia.
Sembrava una tipica giornata londinese e pensai che l'arrivo di Scar avesse portato quell'atmosfera romantica e un po’ triste.
Saltai in auto pregando l'autista di non guidare piano come al solito. Avrei voluto essere già a casa a gustarmi una cioccolata calda con marsh mallow.



Mi tolsi il soprabito e lo lanciai a terra come un bambino disordinato. Era seduta all'ingresso ad aspettarmi, evidentemente imbarazzata e chiusa in sé stessa.
Allargai le braccia e lei ci si tuffò dentro con mio grande stupore. Capii che stava male, troppo male.
La guidai fino al salotto e ci accomodammo l'uno di fronte all'altro.
La sua prima parola fu "Grazie",immediatamente soffocata dal mio "Non dirlo neanche per scherzo!"

-Davvero Michael, mi stai salvando la vita.-
-Ti va qualcosa di caldo?-
-Si...si grazie, ne ho davvero bisogno.-

Chiesi gentilmente alla domestica di prepararci due cioccolate.

-Sei gentile.-
-Prego?-
-Insomma, queste persone lavorano per te e vengono pagate ma tu sei comunque gentilissimo.-
-Si, beh...non mi piace trattare queste persone come “servi”. Oddio che brutta parola! Loro fanno parte della mia famiglia.-

Sorrise e si massaggiò la fronte sospirando.

-Allora,vuoi dirmi cosa è successo?-
-Da dove comincio?-
-Dal principio,abbiamo tutto il tempo che vuoi.-
-Beh...-

Prese la tazza bollente e ci soffiò sopra, come per pescare dalla mente tutti gli avvenimenti che l'avevano portata a scappar via come una ricercata.

-Sono scappata.-
-Fin qui c'eravamo arrivati.-
-Si...sono scappata perché...perché non ne potevo più. Io ho cercato di sopportare,di cambiarlo ma...-

Fece una breve pausa, giusto il tempo di prendere un sorso di cioccolata e assaporarne il gusto. Si leccò le labbra e riprese a raccontare.

-Negli ultimi due mesi mi ha messo le mani addosso sei volte, le ho contate. Sei volte! E non ci è andato di certo giù leggero. Mi ha fatto davvero molto male.-

-Mi dispiace da morire Scar...ma perché?perché l'ha fatto?-

-Perché?Beh, ridi pure se vuoi: una volta perché ho permesso al vicino di aiutarmi ad aprire la porta.Ero rimasta fuori casa e avevo dimenticato le chiavi. Poi vediamo...perché la mia gonna si è leggermente alzata con una folata di vento. Prima mi ha urlato che ero una sgualdrina e quando ho reagito mi ha pestato. E poi, l'ultima, perché il ragazzo del super mercato mi ha aiutato a mettere le buste della spesa in macchina. Le altre neanche le ricordo. E' stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, sono scappata mente lui dormiva... Ed eccomi qui.-

Le tolsi la tazza dalle mani e l'abbracciai. Mi piangeva il cuore, anzi, mi sanguinava nel vedere quella povera ragazza nel fiore dei suoi anni ridotta in quello stato. Si lasciò scappare un lieve pianto e dopodiché cinse con forza le braccia intorno al mio busto.

-Adesso ci sono io Scar, non preoccuparti...-
°Offy°
00giovedì 10 marzo 2011 20:52
Quando il battito del cuore supera le ombre del passato
l'amore potrà trionfare sul destino.

~ Nicholas Sparks ~


Episodio 8(quelli in rosso sono i pensieri di Scar.)



Spesso l'amore si trasforma in ossessione, e l'ossessione da' vita all'odio.
Quando mi raccontava di lui i suoi occhi grandi e verdi si rimpicciolivano e le sue labbra si irrigidivano formando due pieghe piene d'amarezza agli angoli della bocca.
Quello che le aveva fatto era inconcepibile, e soprattutto imperdonabile. Ma nonostante tutto Scar aveva tenuto duro, aveva cercato di farlo ragionare, di cambiarlo. Perché in fondo, molto in fondo, ancora gli voleva bene.
In realtà non era nient'altro che senso di colpa, secondo me. Landon le aveva dato la possibilità di avere un futuro brillante, se fosse rimasta dagli zii probabilmente avrebbe continuato a fare la cameriera in un fast-food, e sottolineo probabilmente.
Perchè intendo dire che Scar avrebbe potuto cavarsela con le sue forze e la sua intelligenza, ma il problema è che in questo mondo, puntroppo, il denaro è più importante di una mente brillante...Eh sì!
Ora aveva una vasta possibilità di scelta. Era laureata in pedagogia, e questo mi affascinava molto, e in più aveva ottenuto la licenza da fotografa professionista.
L'unico problema? Non era felice. I suoi occhi mi trasmettevano tristezza e insoddisfazione e la carriera era l'ultimo dei suoi pensieri.

Vi starete chiedendo perché non fu affidata alla tutela del padre.
Beh...questo non me l'aveva ancora raccontato...



***





Non osai avvicinarmi alla sua camera.
Mandai i domestici a svegliarla e a portarle tutto l'occorrente. Non aveva valige con sé. Era scappata prendendo solo la carta di credito e la sua macchina fotografica.
Mi aveva accennato di dover andare a far compere nel pomeriggio ma conoscendomi non le avrei permesso di spendere il suo gruzzoletto. Avrei provveduto io a tutto. Era mia ospite dopotutto e non mi mancavano di certo le possibilità per accoglierla come si deve.
Per il momento le feci portare solo l'intimo e una tuta, non disponevo d'altro in casa. Io dovetti uscire presto e non ebbi neanche il tempo di fare colazione con lei.

-Dorme ancora-,mi informò la domestica.

Doveva essere molto stanca e volevo lasciarla riposare. Buttai giù il caffè che mi scottò lievemente la bocca e corsi alle prove.

*


Aprii gli occhi a fatica. Non avevo alcuna voglia di alzarmi ma non ero di certo a casa mia. Le buone maniere prima di tutto!
Quando pensavo a quello che Michael stava facendo per me mi saliva un groppo in gola per la felicità ,ma allo stesso tempo non potevo smettere di sentirmi uno schifoso parassita. Prima Landon, poi Michael. Forse dovevo semplicemente affrontare quella situazione e cominciare ad andarmene per la mia strada. Nascondermi non sarebbe servito a nulla. Avevo vissuto fin troppo tempo da prigioniera e anche se quella in cui mi trovavo in quel momento era una gabbia d'oro non potevo smettere di sentirmi in trappola.
Mi alzai con svogliatezza e mi diressi in bagno. Era davvero un peccato farsi la doccia lì. Era così...così...insomma quel bagno era una reggia!
Un enorme specchio contornato da una cornice dorata rifletteva la mia immagine stanca e trasandata. Mi vedevo brutta.
In realtà era da un pezzo che non mi sentivo più desiderabile.
Forse perché mi trascuravo. I miei capelli erano sempre in disordine o raccolti in modo casuale. Non compravo una crema per il viso da non so quanto tempo e avevo completamente dimenticato cosa fossero ombretti e rossetti.
La mia spesa nel pomeriggio prevedeva anche quel genere di cose. Volevo cambiare, cominciare a preoccuparmi di me, della mia persona e del mio aspetto.
Mi sciacquai il viso con l'acqua fredda e dopodiché m'infilai sotto la doccia.

Mentre mi lasciavo coccolare dall'acqua quasi bollente mi chiesi se Michael avesse mai fatto la doccia lì, e immediatamente dopo mi tirai un pizzico sul braccio per eliminare dalla mente quel pensiero cattivo e ingrato. Era un uomo, senza dubbio più maturo di me. Mi stava ospitando in casa sua e io cosa facevo? Fantasticavo su di lui sotto la doccia?!



*






Durante la pausa telefonai a casa per chiedere di Scar.

-Ha gradito la colazione?- dissi frettoloso.
-Credo di si Mr. Jackson, ma ha insistito per uscire. Diceva di aver urgenza di alcune cose e Louis si è offerto di accompagnarla.-
-Ma perché non mi hai chiamato?! Ti avevo chiaramente detto di non permetterle di fare spese da sola.-
-Come le ho già detto ha insistito molto, mi dispiace.-
-Va bene, provo a contattare Louis.-
-Mi scusi tanto.-
-No...no non preoccuparti…-

Un'altra delle sue caratteristiche?TESTARDA.
Ero convintissimo che i domestici avessero fatto di tutto pur di trattenerla a casa fino al mio arrivo ma evidentemente era stata molto brava ad aggirare l'ostacolo.
Forse avrei dovuto impicciarmi di meno, permetterle di fare spese da sola. Ma sapevo in che situazione si trovasse e non me la sentivo di non aiutarla anche in quel senso.

Poi avevo paura di offenderla, anche se lo facevo per assicurarle una stabilità economica. Non sarebbe rimasta a Neverland per sempre e una volta da sola quei soldi le avrebbero fatto comodo.
Composi il numero di Louis e mi rispose immediatamente.

-Mr. Jackson?Ha bisogno di qualcosa?-
-Louis,Scar è con te?-
-Si,adesso è in una boutique di cosmetici veramente, sono fuori ad aspettarla. Si sta dando alla pazza gioia!-

Rise.

-Cosa ridi idiota?!Vai dentro e dille di smettere di comprare.-
-Perché?ha per caso la sua carta di credito?-

Rise ancora.

-Dille che hai un impegno con me e riportata a Neverland...-
-Va bene...vado-
-Ecco bravo.-



Non sapevo se fosse la stanchezza o semplicemente il fatto di vedere una DONNA da molto tempo, ma quando la vidi seduta a tavola mi sembrò una persona diversa.
Il suo viso era più luminoso e i suoi occhi verdi messi in risalto da una linea di Kejal nerissimo. I suoi capelli di aspetto più sano erano acconciati in una treccia morbida che si posava sulla spalla destra e scendeva lunga.

Manifestò un largo sorriso quando mi vide entrare in sala da pranzo. Venne verso di me e si alzò sulle punto avvolgendomi le braccia intorno al collo. Il perché di quel gesto d'affetto non l'avevo ancora intuito.

-Sono felice di vederti.-
-Anch'io Scar.- le dissi spostandole un ciuffetto di capelli che le cadeva sull'occhio.
-Mary mi ha detto.-
-Ti ha detto?-
-Si, la storia delle compere. Michael...non avrai davvero creduto che te l'avrei permesso?La tua ospitalità è già molto per me, non ho intenzione di creare ulteriori disturbi.-
-Disturbi?Non dirlo nemmeno per scherzo, e poi...beh non volevo che sprecassi i tuoi risparmi.-
-I soldi servono a questo! Presto lavorerò e potrò metterne altri da parte.-
-Uhm...sei davvero testarda.-

Chinò il capo e rise un po’ imbarazzata dalla vicinanza dei nostri visi e dal modo in cui la guardavo negli occhi.

-Me lo dicono spesso...Oh,a proposito...-

Andò verso il tavolo e prese un pacchettino blu.

-Questo è per te.-

-Per me?-
-Si,aprilo.-
-Scar...-
-Avanti,non è niente.-

Scartai con curiosità e timidezza quel pacchetto e lo aprii. Era un elastico per capelli.
Sì,proprio così. Vi aspettavate una collanina? O magari un bracciale?
Era un elastico nero molto resistente, con una targhettina in legno su cui c'era intagliato un simbolo.

-Vuol dire "Amore per la vita"...credo...è quello che mi ha detto la commessa...-

Mi aveva stupito e reso felice con un oggetto così semplice, ma allo stesso tempo speciale. Lo strinsi nella mano destra e poi l'abbraccia di nuovo... Forse ci stavo prendendo gusto.

-Ti ringrazio,è davvero bellissimo,lo conserverò dopo cena.-
-Oh no, non devi conservarlo! Voglio che tu lo metta durante il tour, è...un porta fortuna...ecco.-
-Davvero?-
-Si! Caspita per me i regali vanno goduti e non messi in una vetrina di cristallo ad invecchiare.-
-E se si rompe?sai quanti ne cambio durante una sola serata?-
-Ma questo è diverso, è resistente e regge che è una bellezza. E poi se si rompe non fa niente, l'importante è che tu l'abbia messo.-
-D'accordo...-

Cenammo insieme quella sera. Non lo facevamo dal famoso picnic in hotel. Era da rifare, ma stavolta in un prato vero. L'indomani avrei avuto un giorno di pausa e decisi di far preparare tutto l'occorrente. Era da tanto che non facevo un vero picnic all'aperto. Nonostante avessi tutto quello spazio a disposizione l'unica cosa che volevo fare quand'ero solo era rintanarmi in casa, e poi non avrebbe avuto senso fare una scampagnata da solo.

Quella sera indossava un abitino in lino beige con sandali color bronzo. Aveva dei piedi piccoli e aggraziati. Non aveva smalto o cose di questo genere. I suoi piedi erano normali, e nonostante tutto erano incredibilmente belli.

Non ne potevo più però di quei pensieri strani. Per me Scar era un'amica e non capivo perché cominciavo a vedere in lei qualcosa di diverso.
Mentre mangiava osservavo i movimenti della sua bocca: come la sua lingua accoglieva il boccone che poi masticava con un movimento terribilmente sensuale.
Incantato e assorto nei miei pensieri la fissai per un bel po’, tanto che ad un certo punto corse in bagno convinta di aver qualcosa incastrato trai i denti.
Ritornò al tavolo ancora confusa. Si accomodò di nuovo e si mise a pensare.

-Tutto bene?- le chiesi sorridendo alzando lo sguardo dalla pietanza.
-S...sì...credo...- fece una pausa e poi si pulì per l'ennesima volta la bocca col tovagliolo.
-Insomma perché mi fissavi così?!Se avevo qualcosa tra i denti potevi avvertirmi no?è imbarazzante!-
-No...no tu non...insomma io ti fissavo, cioè non ti fissavo! Mi ero semplicemente incantato...tutto qui.-
-No a me sembrava proprio che fissassi la mia bocca.-
-Può darsi ma non l'ho fatto intenzionalmente.-
-Allora non avevo nulla tra i denti?-
-No...-
-Beh meno male,credevo di aver fatto una figuraccia!-

Stavolta chinai il capo sulla pietanza per non ricadere nella stessa trappola. I suoi movimenti attiravano i miei occhi e il mio interesse come una calamita e non volevo rischiare un altro episodio simile!
Avevo praticamente il terrore di andare a letto, perché una volta chiusi gli occhi e aperta la mente quei pensieri, senza dubbio sbagliati, si sarebbero amplificati nella mia testa a dismisura.
I piedi, le mani, la labbra e le sue caviglie fine e delicate mi avrebbero tormentato e creato non pochi problemi ai piani inferiori.
Mi vergogno solo a pensarci, ma avevo ancora trentotto anni e la mia vita sessuale ne stava già risentendo. Scar era una bella ragazza, forse troppo. E averla per casa, saperla a soli due passi dalla mia camera mi faceva sentire uno sfarfallio nello stomaco e un forte ronzio nella testa.
°Offy°
00venerdì 11 marzo 2011 12:35
Se proprio devi odiarmi
fallo ora, ora che il mondo è intento
a contrastare ciò che faccio,
unisciti all'ostilità della fortuna, piegami.
Non essere l'ultimo colpo che arriva all'improvviso.
Ah quando il mio cuore avrà superato questa tristezza
non essere la retroguardia di un dolore ormai vinto,
non far seguire ad una notte ventosa un piovoso mattino,
non far indugiare un rigetto già deciso.
Se vuoi lasciarmi non lasciarmi per ultimo,
quando altri dolori meschini avran fatto il loro danno,
ma vieni per primo così che io assaggi fin dall'inizio
il peggio della forza del destino e le altri dolenti note
che ora sembrano dolenti smetteranno di esserlo
di fronte la tua perdita.

~ William Shakespeare ~




Episodio 9



Che il mattino seguente non riuscii a guardarla negli occhi è un dato di fatto, avevo fantasticato su di lei tutta la notte e mi svegliai zuppo di sudore dopo averla sognata in atteggiamenti non poco audaci.
E la cosa più triste fu la mia voglia di averla vicino, in un senso ben diverso da quello che immaginate!
Evitai il suo sguardo, evitai ogni contatto fisico. Anche sfiorarla mi avrebbe imbarazzato ma ignorarla del tutto le avrebbe messo in testa brutti pensieri. Io volevo che si sentisse la benvenuta, e il mio comportamento non stava facendo altro che farle intendere il contrario.

-Buongiorno...- mi disse sistemandosi i capelli ancora in disordine.
-Ehi,dormito bene?- le domandai mentre mi riempivo una tazza di caffè.
-Dormito è una parola grossa-,asserì.
-Notte insonne eh?ci sono abituato.-
-Già…- tagliò corto.


Si vedeva lontano un miglio che aveva passato la notte a piangere a giudicare dalle occhiaie scure che contornavano quegli occhioni verdi e stanchi.
Nonostante fosse scappata da lì non era ancora riuscita a farsene una ragione, non era ancora riuscita a capire che lei non doveva a niente a Landon, tranne che gratitudine.
E lo era, l’aveva dimostrato fino a quel momento di essergli grata. Ma l’amore di una persona non si può comprare, e Landon aveva fatto proprio questo: l’aveva costretta a rimanere con lui rinfacciandole ogni volta quello che aveva fatto per aiutarla.

Si sedette di fronte a me con lo sguardo perso nel vuoto mentre girava lentamente il suo cappuccino. Non si accorse dei miei occhi su di lei, non si accorse che le sorrisi cercando di tirarla un po’ su.
Si scrollò dalle sue riflessioni e prese tra le mani la tazza bollente e fumante.

-Michael…-
-Dimmi.-
-Come mi vedi?-
-In che senso?-
-Il mio aspetto, insomma...mi vedi bella o brutta?-

In quel momento arrossii e impallidii allo stesso tempo. Non chiedetemi come.
Era ovvio che la trovassi bella e attraente ma non avrei mai avuto il coraggio di dirglielo.
Avanti… Ridete pure di me: un uomo di quasi quarant’anni che non sa dire ad una BELLA ragazza quello che pensa di lei.

-Beh…-
-Lo sapevo!- disse imbronciata.
-No ma cosa hai capito?-
-Che sono brutta! Io…io mi sento un mostro. Non riesco più a guardarmi allo specchio e dire “oggi mi piaccio”.-
-Scar, tu…tu sei una bellissima ragazza.-
-Non lo pensi davvero.-
-Si invece.-

Si alzò dalla sedia di scatto e se ne andò fuori di casa. Cominciai a pensare di chiamare uno psicologo.
Non fraintendete, non pensavo affatto che fosse pazza, ma aveva perso l’autostima, aveva una considerazione di sé stessa pari a zero. Aveva bisogno di un aiuto, di qualcuno che le facesse capire quanto fosse speciale e piena di pregi e doti straordinarie.
D’altro canto mi sarei potuto beccare un pugno in piena faccia se le avessi detto:”Ehi Scar, sai…credo che tu abbia bisogno di uno psicologo!”
Eh sì… Ma ero pronto a correre il rischio.


La seguii immediatamente anche se non sapevo cosa dirle. Presto capii che in realtà gli episodi spiacevoli della sua vita la portarono ad essere insicura. Prima di quel momento non l’avevo mai pensato, anche perché non me ne aveva dato modo, si era sempre comportata normalmente. Fin troppo.
Mi sentivo così angosciato, non potevo fare nulla se non correrle dietro e farfugliare qualche parolina per confortarla.
La vidi seduta sull’erba. Faceva rotolare tra le dita un fiorellino bianco.

-Che cosa vuoi Mike?- mi disse ancor prima che mi avvicinassi.
-Volevo sapere come stai, perché sei andata via così?-
-Mi sembra chiaro, no?-
-Sai non amo dialogare così. Dimmi cosa ti prende.-

Lasciò cadere il fiore davanti ai suoi piedi e si alzò senza staccarmi gli occhi di dosso. Avvertivo tensione nell’aria e quando scrutai bene nei suoi occhi lucidi e arrossati ne ebbi la conferma.

-Che cosa mi prende?- disse a metà tra una domanda e un’affermazione.
-Si.- risposi fingendo tranquillità.
-Non lo so.-
-Andiamo Scar…-
-Davvero Mike. Io non lo so, mi sento qualcosa qui.- singhiozzò posandosi una mano sullo stomaco.
-Scar quello non è altro che senso di colpa, smettila di pensare a Landon.-
-Non ci riesco. Mi sento un’approfittatrice…-
-Cosa posso fare per farti capire che ti sbagli?-

Si strofinò gli occhi con palmo delle mani e poi le portò tra i capelli. Quando alzò lo sguardo vidi la disperazione nel suo sguardo.
Catturai una lacrima con il pollice e restai con la mano poggiata al suo viso mentre la fissavo.
Se ci penso ora mi sento un cretino, ma in quel momento non riuscii a fare a meno di compiere quel gesto.
Spostai la mano dietro la sua nuca e portai il suo viso verso il mio.

Pochi secondi.

Assaporai il sapore di lampone che quella caramella regalava alle sue labbra mi feci largo con la lingua nella sua bocca.

Ancora pochi secondi, prima che mi allontanasse da se con gli occhi sbarrati incredula di quello che aveva appena vissuto.

-Michael.- mormorò toccandosi appena il labbro inferiore con due dita.
Non risposi. Deglutii a fatica e indietreggiai di qualche centimetro. Le tempie pulsavano forti, accompagnate dal battito accelerato del mio cuore. Sentii lo stomaco attorcigliarsi facendomi contrarre i muscoli dell’addome senza volerlo.

Se ne tornò in casa e io non ebbi nemmeno il coraggio di voltarmi. Restai fermo in quella posizione per un po’ di minuti a chiedermi cosa diavolo mi fosse passato per la testa in quel momento.

Niente.

Era proprio quello il punto! Avevo agito senza ragionare, senza rendermi conto che quell’azione avrebbe cambiato tutto.


Inutile dire che si rinchiuse in camera e non uscì neanche per il pranzo. Fu molto difficile per me andare a bussare alla sua porta perché una volta incrociato il suo sguardo non sarei riuscito a concludere nulla: avrei cominciato a balbettare rosso come un pomodoro fino a quando mi avrebbe sbattuto la porta in faccia.
Ma non potevo lasciare quella situazione così, in sospeso. Lei aveva solo venticinque anni, mentre io mi avvicinavo sempre di più alla mezza età. Dovevo comportarmi da uomo maturo, anche se non ne avevo alcuna voglia.

-Scar- bussai piano.
-Che cosa c’è?- rispose subito.
-E’ da questa mattina che sei chiusa lì dentro, vieni a pranzo.-
-Non ho fame.-
-Avanti… Non farti pregare.-
-No, grazie.-
-Scar devo parlarti.- le dissi supplicandola.

Non ci fu risposta a quella preghiera, avvertii il rumore della chiave che girava dentro la serratura.
Sbirciò con gli occhi prima di aprire completamente la porta.

-Potresti venire a tavola per favore?- le domandai per l’ennesima volta.

A quel punto spalancò la porta della camera e andò a sedersi sul letto.
-Perché l’hai fatto?-
-Scar… io non lo so…-
-Non dovevi.- disse fra sé.
-Perché è così grave per te?- domandai piccato.
Ok, magari aveva tutte le motivazioni per essere arrabbiata. Il suo stato emotivo in quel momento non era dei migliori, ma sembrava che provasse quasi paura nei miei confronti. Ogni volta che mi avvicinavo lei si allontanava di qualche centimetro, mi faceva sentire un mostro.

-Perché forse lo desideravo anch’io.-

Entrai in confusione. Mi voleva e non mi voleva allo stesso tempo.
Quando presi il suo viso tra le mani vidi una sorta di cocktail di emozioni. Era come se i suoi occhi mi dicessero ”prendimi” e “lasciami” allo stesso tempo.
Prima di ricadere di nuovo in quella trappola, in quel pozzo di desiderio che era la sua bocca, mi allontanai.

-Devo andare.- le sussurrai all’orecchio.

La guardai per l’ultima volta con gli occhi che trasmettevano voglia e insoddisfazione e chiusi la porta.
Il mio istinto mi urlava di tornare indietro e darle tutta la passione che avevo in corpo, fino all’ultima goccia. Ma la mia ragione mi spingeva verso la mia camera e mi costringeva a chiudermi a chiave per placare quel desiderio di farla mia.




***







Quell’enorme camera. Di nuovo solo, di nuovo bisognoso d’amore.
Mi piaceva tutto di quella ragazza, per fino i suoi momenti d’isteria! Non era il desiderio di averla tra le mie braccia a farmi capire che forse l’amavo, bensì il contrario.
L’amavo abbastanza da desiderarla, da voler scoprire quel corpo che mai avevo visto senza quei vestiti che facevano tanto “ragazzina indifesa”.
Sì, perché sotto quelle t-shirt e quei sandali colorati c’era una donna a tutti gli effetti.
La sua vita stretta e asciutta invitava, anzi, supplicava le mie mani ad abbracciarla e accarezzarla. Le sue gambe, non lunghissime ma snelle e lisce mi incantavano come se fossi sotto l’effetto di una magia.
E quel ventre piatto mi sussurrava: “baciami…”, “mordimi…”

L’acqua fredda mi riportò bruscamente alla realtà! Presi l’asciugamani e mi tamponai delicatamente il viso.
-Sei fregato!- dissi alla mia immagine riflessa.
-Eh sì, sono proprio fregato! Ma perché deve essere tutto così dannatamente difficile?!-

Prima che potessi finire di recitare il mio monologo bussarono alla porta.
Lanciai l’asciugamani sul pavimento(si lo ammetto sono un gran disordinato!) e andai ad aprire.

-Scar…-
-Senti Mike, io non voglio che le cose cambino tra di noi…- attaccò subito a parlare.
-Neanche io!- la interruppi.
-Sono ancora le tre, potremmo fare qualcosa insieme.-
-Beh, io avevo in mente di fare un picnic...vero.-

Risi.
Rise.

-Perché cos’hai da dire sul mio picnic-hotel?-
-Niente…- sogghignai incrociando le braccia al petto.

Mi lanciò un’occhiataccia e si sciolse la lunga coda per rifarla meglio.
-Allora, dici tu a Mary di preparare tutto l’occorrente?-
-Non mi sembra il caso Mike, sei tu il padrone di casa.-
-E allora? Avanti, io devo finire di farmi bello.-
-Sai anch’io ho il diritto di farmi bella caro il mio signorino!-
-Ma tu non ne hai bisogno…- mormorai con tono caldo.
-Ehm ehm… Io…io ora vado da... Come si chiama? Mary…vado…vado a dirle di…-
-Si…- risposi ridendo.



***






Posai il pesante cesto e l’ombrello da sole sull’erba e mi accasciai. Ero stanco morto, forse perché mi toccò trascinare quei dieci chili di roba che Scar aveva fatto mettere nel cesto. Lei saltellava per il prato mentre io cercavo di riprendere fiato di riacquisire la sensibilità alle mani e alle braccia.
Prendetemi pure per una mammoletta! Non m’importa!
Non mi ero mai atteggiato a "macho super forzuto" e non mi vergognavo di mostrare le mie debolezze!

-Avanti femminuccia! Alzati, siamo in mezzo al verde cosa ci fai spaparanzato lì?!-
-Vuoi provare a trasportare un cesto pesante per tutto il ranch? Ti sfido.-
-E va bene al ritorno lo porto io.-
-Al ritorno sarà vuoto, furbacchiona!-

Si sdraiò accanto a me e si mise a fissare il cielo. Per la prima volta vedevo spensieratezza nei suoi occhi. Erano più grandi, più vispi e più sereni… Non l’avevo mai vista così.
-Ehi Mike…-
-Si?-
-Guarda quella nuvola…-
-Quale?-
-Quella… Ti somiglia sai?-
-A me pare un porcellino…-
-Appunto!- ridacchiò soddisfatta di essere riuscita a fregarmi.

Si rotolò sull’erba e si mise a pancia in giù lasciandosi coccolare dal profumo dei fiori e dalla morbidezza dei loro petali. Il momento giusto per vendicarmi.

-Scar…-
-Si?-
-Hai un ragno QUI- dissi urlando l’ultima parola per farla spaventare.
Sobbalzò da terra e cominciò a battere le mani sui vestiti per farlo andare via.

-Toglilo Mike, mi fanno schifo i ragni!!!-

Guardai soddisfatto il mio capolavoro e poi attaccai immediatamente a ridere come un matto. Si agitava come una pazza e non si era ancora accorta che non esisteva alcun ragno. Si voltò verso di me e mi vide ridere.

-Ah è così?- disse con aria di sfida.
Mi fece girare a pancia in giù e si poggiò con le ginocchia sulla schiena facendomi mancare il respiro.
-Allora, lo farai un’altra volta?- mi domandò cattiva all’orecchio mentre con una mano mi stringeva le guance.
-No..- risposi a fatica.
-Bene!-

Si tolse dalla mia schiena e si diresse verso il cesto per preparare il tutto.
dirtygirl76
00sabato 12 marzo 2011 09:05
Bella complimenti...... aspetto il seguito!
°Offy°
00domenica 13 marzo 2011 19:07
L'amore è bensì una nebbia sollevata con il fumo dei sospiri e se questa si dissipi è un fuoco che sfavilla negli occhi degli amanti e se sia contrariato non è che un mare nutrito dalle lacrime di quegli stessi amanti. E che cos'altro può mai esser l'amore se non una follia molto segreta, un'amarezza soffocante e una salutare dolcezza.
William Shakespeare



Episodio 10(come sempre i pensieri in rosso sono quelli di Scar)

-Scar?!-

Niente.

-Scar puoi venire a darmi una mano?-

Ancora niente.

-Insomma sei forse sorda?- urlai a perdifiato.

Corse verso di me sorridendo e si piegò in avanti con le mani sui fianchi per riprendere fiato.

-Hai…hai detto qualcosa?-
-Si! Ti chiamo da mezz’ora.-
-Ma che brontolone che sei! Cosa c’è?-
-C’è che devi aiutarmi a fissare quest’ombrellone, sto friggendo come un vampiro!-
-Agli ordini Conte…-
-Spiritosa!-

Mentre lei manteneva l’ombrellone io cercavo di fissarlo al suolo, sembrava così facile ma in realtà non lo era affatto! Era la prima volta che qualcuno scherzava con me su quel problema. Sì, la vitiligine. Ogni volta che ne parlavo con qualcuno questo cambiava espressione e cercava di evitare il discorso. Forse perché in realtà nessuno mi credeva davvero, erano tutti convinti che mi fossi sbiancato la pelle volontariamente.
Ma lei no, rispose con una naturalezza che mi riempì il cuore di gioia. Capii che potevo parlare con lei di ogni cosa senza dovermi preoccupare di essere giudicato.

Finalmente riuscimmo a fissare quel maledetto ombrellone. Scar portò il cesto all’ombra e si accorse che era veramente pesante, tanto che per poco non cadde in avanti per lo sforzo.

-Pesa un accidenti!-
-Ma non mi dire!-



***






Si mise a sedere a gambe incrociate con un unico agile movimento.
Sembrava felice di essere lì con me, ed io ero strafelice di essere lì con lei.
I suoi capelli svolazzavano morbidi ad ogni folata di vento e quella luce metteva in risalto la sua carnagione leggermente scura.

-Sai Scar, presto avrò un bambino.- dissi interrompendo quel silenzio.
-No! Sei una donna?!- rispose scherzando per nascondere la sua delusione.
-Piantala…-
-E chi è la fortunata? se posso chiedere.- domandò continuando a fingere indifferenza.
-Beh, lo sa tutto il mondo.-
-Tutto il mondo tranne io!-
-Debbie Rowe.-
-Mai sentita…-
-Non guardi molto la tv, tu.-
-No, non la guardo per niente…-
-Fai bene…-

Restammo zitti per un po’, dopodiché riattaccai a parlare.

-Nascerà a febbraio…-
-Sembri felice… Ti brillano gli occhi!-
-Lo sono…-
-Quindi sei sposato?- chiese incredula dopo aver registrato il significato di quelle parole nella mente.
-No, ma ho intenzione di farlo…-
-Perdona la mia domanda: ma Debbie sa della mia esistenza?-
-No…-

Buttò il tramezzino sull’erba e si pulì le mani sui pantaloni.
-Coooosa? Michael sei forse impazzito?-
-Ascolta…-
-No io non ascolto un bel niente… Mi stai nascondendo alla tua futura moglie? E stamattina mi hai anche…-
-Scar!-,urlai -Ascoltami! Io e Debbie non stiamo insieme. Lei…lei mi sta facendo un grosso favore…ecco.-
-Sono confusa…-
-Anch’io, ma è così. In termini tecnici, mi ha dato in prestito il suo utero.-
-Oh… Capisco.-

Ancora una volta silenzio. Osservavo il suo viso ne ammiravo le caratteristiche.
Il taglio dei suoi occhi era peccaminoso e innocente allo stesso tempo; i suoi denti bianchi come la neve e la sua pelle pareva di velluto.
Scesi un po’ con lo sguardo: il suo collo fino sembrava fatto a posta per essere baciato; le sue spalle per essere mordicchiate dolcemente; i suoi seni per affondarci dentro.
Ogni parte del suo corpo sembrava fatta per essere amata e goduta.


*


Il suo viso trasmetteva vigore e mascolinità, ma allo stesso tempo dolcezza e timidezza.
Quei capelli neri come la notte e ricci come piccoli anellini contornavano la sua bellezza insolita e unica.
Le sue labbra quando si stiravano in un sorriso mi trasmettevano tranquillità ed eccitazione. Le sue mani grandi si muovevano con grazia e le sue gambe formate dal ballo sembravano fatte a posta per fantasticarci su senza pudore.
Fu un attimo. Senza capire cosa stesse succedendo esattamente sentii di nuovo il sapore della sua bocca.



*



Si mise a cavalcioni su di me e mi baciò con avidità, come se non aspettasse altro da tempo.
Le mie mani scivolarono intorno alla sua vita e il cotone della maglietta si sollevò lasciando intravedere il suo ventre piatto.
Un lieve sospirò uscì dalla sua bocca accompagnato da una serie di brividi lungo la schiena.
Chiusi le mani a coppa sul suo viso e la guardai negli occhi. L’unica cosa che desideravo era nutrirmi ancora dei suoi dolci baci e avvolgere il suo corpo tra le mie braccia.
Affondò il viso nel mio collo e ne assaporò ogni parte.

-Non fermarti…- la supplicai mentre staccava le labbra dalla mia pelle.
Mi spinse scherzosamente sul prato e mi sbottonò la camicia lentamente, mentre il suo bacino già ondeggiava sul mio a ritmo dei suoi profondi respiri.
Si chinò in avanti per baciarmi il petto e i suoi lunghi capelli mi solleticarono il collo e il viso.
Il fresco venticello che asciugava quei baci mi provocava dei brividi lungo tutto il corpo e le sue mani si muovevano con tocco gentile sul mio basso ventre.

La liberai dalla canotta bianca e ammirai i suoi seni sodi e prosperosi dal basso mentre una mano aveva già cominciato ad accarezzarli senza che me ne rendessi conto.
Mi sollevai con la schiena e affondai il naso e la bocca nel canale che li divideva. Con una mano dietro la mia nuca spinse con forza il mio viso e piegò la testa gemendo.

Ero ancora in tempo, ancora cosciente e padrone di me stesso. La presi per i polsi e l’allontanai da me.

-Scar…-
-Cosa?- mormorò appena.
-Non voglio essere uno sfogo per te, un mezzo per dimenticare Landon e tutto il resto.-
-Non ho bisogno di sesso per stare meglio, Mike. Io TI desidero, desidero stare con te. Adesso.-
-Giura.-
-No, non mi metto a fare “giurin giurello” mezza svestita e sull’orlo di un orgasmo.-

Si era trasformata. Sì. Sembrava un’altra ragazza, non l’avevo mai vista così sfacciata.
Mentre tentavo di parlare soffocava le mie parole infilandomi la lingua in bocca. Resistetti una volta, due, tre. Poi non riuscii più a tenerle testa: l’afferrai per i fianchi e mi girai ritrovandomi su di lei.
Le sue gambe si allacciavano strette intorno al mio bacino, spingevo con forza il mio sesso contro il suo e ad ogni spinta mi gustavo i suoi gemiti e le sue espressioni di piacere.

Si aggrappò letteralmente alle mie natiche mentre la sua lingua disegnava piccoli cerchi sul mio collo.
I nostri movimenti perfettamente sincronizzati prendevano un’andatura sempre più veloce, inarcò la schiena per permettermi di liberarla da quei jeans rigidi e fastidiosi e avvertii il calore delle sue gambe sui miei fianchi.
Le mie dita camminarono scherzosamente sulle sue cosce fino ad arrivare in quegli slip bianchi di cotone inumiditi dai suoi umori caldi e vischiosi.
Al mio tocco emise un breve gemito accompagnato da un’espressione di godimento. Le sue labbra, inumidite in continuazione dalla mia lingua prendevano le forme più belle ed eccitanti. Non le staccai gli occhi di dosso neanche per un secondo.
Beh, forse per un po’ sì: quando la sua mano fresca e agitata si introdusse nei mie slip. A quel punto socchiusi gli occhi, incapace di riuscire a tenerli aperti e stordito da quel piacere inaspettato.
Mi abbassai i pantaloni quel po’ che bastava e spostai i suoi slip con due dita.

La penetrai dolcemente, appena lo avvertì dentro di sé contrasse tutti i muscoli e sentii come se mi stesse risucchiando dentro lei.
Chinai il capo sul suo seno e mi lasciai accarezzare dolcemente la schiena e i capelli mentre mi muovevo delicato dentro di lei.

-Non fermarti, non adesso.- mi pregò con il viso in fiamme e il collo inumidito dal sudore.
L’orgasmo ormai prossimo stava già pervadendo i muscoli delle mie gambe e il basso ventre.
Resisti.
Resisti.
Resisti.
Si avvinghiò a me come una medusa e liberò una serie di gemiti lunghi e quasi urlati.
Mi lasciai andare anch’io, soffocando i miei gridolini nel suo collo caldo, quasi bollente.



Seduta di fronte a me, mi guardava sorridendo. I suoi capelli scompigliati mi divertivano e i suoi lineamenti morbidi mi regalavano spensieratezza.
Spero che nessuno descriva mai la mia espressione e il mio aspetto in quel momento. Mi sentivo sconvolto, come se mi fosse passato sopra un uragano.
Non facevo l’amore da molto tempo, moltissimo. E mi sentivo come sotto l’effetto di droga, mi muovevo lento e svogliato e avvertivo stanchezza nei muscoli delle gambe e delle braccia.

Restammo in silenzio tutto il tempo, non c’era bisogno di parole perché erano gli sguardi a parlare per noi.
Il sole stava tramontando, ci godemmo quello spettacolo seduti vicini, mano nella mano, poi tornammo a casa.
Per tutto il tragitto un sorriso insolito segnò il suo viso e i suoi occhi mi trasmettevano amore…
°Offy°
00lunedì 14 marzo 2011 20:41
Everywhere I'm looking now
I'm surrounded by your embrace
Baby I can see you halo
You know you're my saving grace
You're everything I need and more
It's written all over you face
Baby I can feel your halo
Pray it won't fade away...

Halo, Beyoncè

Episodio 11

Era notte fonda. Nel ranch regnava il silenzio assoluto. Seduti a lati opposti del grande divano ci scambiavamo sorrisi e sguardi intensi.
Posava gli occhi sul suo libro e un attimo dopo di nuovo su di me. Accarezzavo le sue gambe scoperte e ridevo compiaciuto dei brividi che le provocavo.
Mi ero innamorato. Eh già…

-Dammi un bacio.- le dissi.
-Vieni a prendertelo.- mi rispose maliziosa.

Avanzai carponi e le stampai sulle labbra un bacio rumoroso. Senza staccarle gli occhi di dosso tornai al mio posto, guardai l’orologio appeso al muro e alla fine mi feci coraggio.

-Andiamo a dormire?-
-Vai pure, io resto qui ancora un po’.- mi rispose continuando a leggere.

Feci una breve pausa.

-Mi chiedevo se…- mi fermai.
-Se?-
-Se magari ti andava di dormire in camera mia…-
-Certo, va bene.- rispose con naturalezza.


E io che mi ero preparato anche il discorso… Cominciai a capire che ero io ad essere troppo timido e riservato. Dopo quello che era successo al picnic non avrei dovuto crearmi certi problemi, e invece mi ritrovavo ogni volta a sudare freddo per le più piccole sciocchezze.

-Allora… andiamo?-
-Vai pure, io arrivo tra un po’.-

Mi misi a sedere un’altra volta di fronte a lei.
Alzò gli occhi dal libro e rise.
-Non c’è bisogno che mi aspetti, Mike. Vai pure a dormire.-

Le tolsi il libro dalle mani e lo lanciai sul tappeto.

-Ehi, io stavo ancora leggendo!-
-Non più-, le dissi baciandole il collo -Vieni a letto con me…-
-Non vuoi dormire da solo? Cos’è, hai paura?- mi prese in giro.
-Sì, sì ho paura!- risposi serio.
-Stavo solo scherzando…-

Mi alzai dal divano, questa volta con l’intenzione di andarmene in camera. Presi il libro dal tappeto e glie lo posai sulle gambe.

-Perdonami. Sono un cretino! Continua a leggere, io ti aspetto di sopra.-

La sua espressione confusa mi fece sentire ancora di più in colpa per come mi ero appena comportato. Ma avevo sempre odiato andare a dormire da solo e ora che avevo qualcuno accanto volevo recuperare tutto il tempo perso, tutte le notti piene di sofferenza senza qualcuno che mi stringesse a sé tra le fresche lenzuola.

Mi seguì immediatamente. E questo mi fece sentire ancora di più in colpa perché fu come se l’avessi costretta frignando come un bambino capriccioso.

-Mike?- mi chiamava mentre salivamo tutti e due su per le scale.
Non mi voltai, continuai a camminare e accelerai il passo.
-Mike, per favore.-

Ora per il lungo corridoio. Non sapevo perché mi stavo comportando in quel modo, non riuscivo a fermarmi.
Riuscì a raggiungermi, mi afferrò per il braccio e mi fece voltare verso di lei.

-Cosa diavolo ti prende?! - domandò irritata.
-Niente…-
-Oh questo lo chiami niente?-
-Senti, non mi va di parlarne.-
-Invece NOI ne parliamo ADESSO!-
-Che cosa vuoi che ti dica? Che sono uno stupido egoista?Che se c’è qualcuno che ha bisogno dello psicologo quello sono io?-
-Chi è che ha bisogno dello psicologo?- chiese incrociando le braccia al petto.
-Non è questo il punto.- risposi cercando di cambiare discorso.
-Uhm… Andiamo in camera, sono stanca.-
-Non devi se non ne hai voglia…-
-Michael… Ti prego.

Quel rimprovero me l’ero meritato TUTTO. Mi zittii e mi diressi in camera con lei.


_____________________________



New York.

Nel suo appartamento grande e costoso, seduto in terrazzo, Landon fumava tranquillo e spensierato la sua sigaretta accompagnata da un caffè.
Era solo questione di minuti, presto si sarebbe diretto in aeroporto.
Niente valige: solo una carta di credito e un indirizzo. Come diavolo ha fatto?! vi starete chiedendo.
Niente di più facile, gli bastò controllare l’estratto conto della carta di credito di Scar, la sua posta arrivava ancora a casa sua.
“Ti facevo più intelligente”, pensò con un ghigno sulla faccia quando aprì quella busta.
Non sapeva dove si trovasse, sapeva solo che doveva andare a Los Angeles.
Un’impresa a dir poco impossibile, la sua. Non l’avrebbe mai trovata cercando per quella gigantesca città senza una meta precisa. Il suo unico punto di riferimento era una boutique di cosmetici.

-Io dico che è meglio se lasci perdere, Los Angeles è immensa. E poi…non ne vale la pena.- gli consigliò Damon mentre si gustava la sua birra ghiacciata.

-Se n’è andata come una schifosa ladra nel cuore della notte, dopo tutto quello che ho fatto per lei!-
-Andiamo fratello, stavi diventando un dannato ubriacone “picchiamoglie”… Non mi meraviglia che ti abbia lasciato. Anzi, mi chiedo perché non l’abbia fatto prima.-
-Avevo solo bisogno di tempo…-
-Per cosa? Per prendere lezioni di box e pestarla con stile?-
-Senti, fatti gli affari tuoi…- lo minacciò.
-Come vuoi, ma per me è tempo sprecato. Non la troverai mai.-

Senza degnarlo neanche più di uno sguardo, indossò il suo giubbotto di pelle e mise il portafogli nella tasca interna.

-Sai quanto mi è costato quest’appartamento, quindi niente stronzate. Intesi?.-
-Vai tranquillo fratello…- disse ridendo.
-Non scherzo, se trovo una sola cosa fuori posto ti spacco la faccia.-
-Rilassati!- gli posò una mano sulla spalla e gli infilò una sigaretta in bocca, -ne hai un gran bisogno.-

_____________________________

Il rumore dell’acqua mi svegliò dolcemente. Mi stiracchiai sbadigliando e mi misi seduto.
Ero ancora molto assonnato, ma avevo dormito meravigliosamente quella notte.
Ripensai a quell’episodio e ancora una volta mi vergognai. Mi ero comportato come un bambino, mentre lei aveva dimostrato di essere matura e la sua magnanimità non aveva fatto altro che peggiorare le cose.
Sì, perché una volta sotto le coperte si comportò come se non fosse successo niente.
Quando sentii le sue mani infilarsi sotto la maglia del pigiama mi voltai verso di lei e mi feci amare fino allo stremo delle forze.

-Scar?- bussai.
-Si?- gridò dalla doccia.
-Posso?-
-Sì entra pure.-

Mi affaccia prima con la testa e poi entrai chiudendomi la porta alle spalle. Il grande specchio era appannato dal vapore e il vetro della doccia anche. Intravedevo il suo corpo tra le linee che lasciavano le goccioline che scorrevano veloci sul vetro del box.

-Come mai già sveglia?-
-Eh?-
-Ho detto: come mai già sveglia?-
-Non so, non avevo più voglia di dormire.-
-Siamo andati a letto tardi ieri.-
-Già.-
-Tutto bene?- le chiesi.
Sembrava di poche parole quella mattina, ma forse era solo la mia impressione.

-Sì.- chiuse il getto dell’acqua e prese l’accappatoio, -Perché me lo chiedi?-
Non risposi, ero incantato dal suo corpo nudo e bagnato davanti ai miei occhi.
-Mike? Ci sei?-
-Eh?-
-Cosa eh? Ti sei drogato per caso?-
-Perché?-
-Perché questa mattina non connetti.-
-Puoi ripetere la domanda?-

Mi lanciò un’occhiataccia e annodò per bene la fascia dell’accappatoio alla vita.
I suoi capelli emanavano un profumo dolcissimo, sembravano fatti di cioccolata.

-Smettila di fissarmi.- disse timida.
-Vieni qui…- mormorai a voce bassissima.

Senza farsi pregare posò la spazzola sul piano di marmo e si avvicinò a me. Il suo bacio fresco mi entrò perfino nelle vene e le sue gambe ancora umide s’incrociavano con le mie.
La sua mano si infilò nel mio pantalone e cominciò a muoversi lenta ma decisa.

-Dammi il tempo di lavarmi i denti, almeno.- le dissi.
Mi guardò fingendo di essersi offesa e ritirò la mano.
-Ti pare questo il modo?-
-Che c’è?- chiesi divertito.
-Io sono qui a… e tu? Senti il bisogno di lavarti i denti?-
-Se anche tu avessi avuto la bocca impastata non ci sarebbero stati problemi. Ma tu arrivi con il tuo alito fresco e i tuoi denti scintillanti… Non vale.-
-Sei un idiota.- disse uscendo dal bagno.
-No non lo sono.-
-Sì che lo sei.- gridò dall’altra stanza.

Mi spazzolai velocemente i denti e mi precipitai in camera credendo di trovarla ancora in accappatoio ad aspettarmi.
E invece no, era vestita e pronta scendere. Mi guardò alzando un sopracciglio e sorrise vendicativa.
-Mi dispiace, ma sento il bisogno di fare colazione. Magari ne riparliamo stasera.-
-Che stronza!-
-Oh, ma allora sei un essere umano… Pensavo ti avessero programmato per essere sempre gentile e premuroso.-
-Ancora più stronza!-
-Ehi, non prenderci gusto.-



***





Uscì dall’aeroporto stanco del viaggio e si fermò in una caffetteria. Damon non aveva tutti i torti: sarebbe stato impossibile trovarla.
E poi non era neanche sicuro che Scar si trovasse ancora lì. Gli mancava. Gli mancava da morire.
Non era lì per darle la caccia e costringerla a tornare a casa con lui, ma per chiederle perdono e supplicarla di ritornare a New York.
Si sentiva un verme, ma non voleva darlo a vedere. Ogni volta che ripensava a tutte le botte che le aveva dato, a tutto il male che le aveva fatto, avvertiva un dolore tremendo allo stomaco e spesso si ritrovava anche a vomitare.
Perché allora? Perché l’aveva fatto?
Non sapeva spiegarselo neanche lui, era accecato dall’amore. Da un’ossessione morbosa, dal desiderio di averla tutta per sé, e non si rendeva conto di nulla quando la colpiva ripetutamente per costringerla ad AMARLO.

Subito dopo quelle botte la stringeva forte a sé, piangeva come un bambino e la supplicava di non lasciarlo.
E lei, per pietà e disperazione lo abbracciava a sua volta e lo illudeva di esserne ancora innamorata.
“Non ti farò mai più del male”, le ripeteva sempre ma la volta successiva picchiava sempre più forte, sempre più a lungo.

Il caffè gli risalì in bocca per i dolori allo stomaco, ma fortunatamente riuscì a trattenersi.
Pagò il conto e uscì dalla caffetteria. La sua domanda una volta fuori di lì fu: da dove comincio?
Los Angeles: frenetica e immensa.
Solo un colpo di fortuna avrebbe potuto aiutarlo.
°Offy°
00martedì 15 marzo 2011 18:59
Episodio 12

Pioveva a dirotto.
Landon, nella sua camera piccola ed accogliente guardava fuori dalla finestra quell'immensa città.
Sapeva che da qualche parte c'era la sua Scar, magari era a pochi passi da lui, magari nello stesso Motel, magari nella stanza accanto.
Diede l'ultimo morso al suo cheeseburger e chiuse nella busta impregnata d'olio gli avanzi di quella "cena".
Era molto tardi. Aveva vagato per Los Angeles per tutto il giorno, scrutando attentamente in ogni parco, ogni negozio e ogni ristorante. Ma niente.
Non voleva neanche immaginare quanto avesse speso di taxi quel giorno.
Ci fu un momento in cui decise di mollare tutto, disse al tassista di portarlo all'aeroporto, voleva tornare a New York. Ma quando la vettura arrivò a destinazione chinò il capo sconfortato.

-Mi riporti al Motel, per favore.- mormorò con la voce rotta dal pianto.

Ripensando agli anni del liceo si chiedeva cosa fosse cambiato in lui. Era tutto diverso, tutto più bello.
Scar lo amava davvero e lui era completamente perduto per lei.
E invece ora... Ora le metteva le mani addosso, le succhiava la vita giorno per giorno.
"Non me la merito", pensò. Ma non poteva fare a meno di lei, voleva riprovarci, ricominciare da zero. Amarla davvero.



***






-Che cosa stai facendo?- le chiesi abbracciadola da dietro.
-Ti preparo un dolce... Contento?-
-Vuoi uccidermi vero?-
-Smettila di fare lo scemo!- esclamò spingendomi via.

Era bellissima. Aveva i capelli raccolti disordinatamente da una pinza dorata, e dei ciuffi ondulati e ribelli cadevano come una cascata da quell'acconciatura semplice.
Sapevo che odiava essere fissata, ma non riuscivo proprio a staccarle gli occhi di dosso.
Le sue movenze maldestre in cucina mi divertivano da morire, aveva rotto tre uova senza riuscire a separare l'albume dal tuorlo, senza contare la scatola di zucchero caduta sul piano del lavandino e il piatto rotto.

-Che dolce stai "tentando" di preparare?-
-Tiramisù...-
-E' uno dei dolci più facili da preparare, non va neanche in forno...per fortuna.- dissi tra me.
-Ti ho sentito sai? e poi visto che fai tanto il saputello perchè non lo prepari tu?-
-Perchè non sei obbligaata a farlo, e quindi io sono sono obbligato ad aiutarti...-

Tirò fuori la lingua e prese lo sbarritore. Ci mise esattamente cinque minuti pieni per capire come usarlo e proprio quando avevo deciso di uscire dalla cucina fui investito da una pioggia di crema. Aveva inserito la funzione turbo e la crema nella ciotola si era praticamente dispersa nell'aria.

-Ops...-
-Ops un corno Scar! Sei un impiastro! Gurda che hai fatto!-
-Dai non arrabbiarti.-
-La torta volevo mangiarla, non indossarla...-
-E' stato divertente...- rise.
-Per te.-

Avanzò verso di me come una gatta e leccò una goccia di crema sul mio viso.

-Io la torta l'ho preparata... ed è anche molto buona.- mi sussurrò all'orecchio con tono sensuale.

La presi per le cosce e la feci sedere sul tavolo impiastrato di caffè, zucchero e chissà che altro.
Abbassai le spalline della canotta e le dieti piccoli baci sulle spalle e sul collo.
La sentii rilassarsi e ansimare piano.

-Non possiamo.Se arriva quacuno...- dissi senza riuscire a staccare le labbra dal suo collo.
Mi ignorò sfacciamtamente e continuò a farsi baciare.
-Andiamo in camera...- aggiunsi.
-No... Voglio farlo qui...-
-Sei impazzita?! E se ci beccano?-
-E' o non è casa tua questa?!- esclamò.
-Questo non...-
-Sta zitto!- mi interruppe.
Mi tirò a sè e mi sbottonò i pantaloni.
Sapevo che era sbagliato, sapevo che da un momento all'altro sarebbe potuto entrare qualcuno ma non m'importava.
Non riuscivo a dirle di no ed troppo eccitato da quella situazione.
La invitai a stendersi con delicatezza, alzai la gonna e le tolsi gli slip.



***





Dite la verità, credete che mi sia dimenticato di Debbie... e invece no!
Anche se ero innamorato e finalmente un po' felice Debbie era il primo dei miei pensieri al mattino e l'ultimo prima di andare a dormire.
La chiamavo sempre, spesso anche diverse volte al giorno.
Non so perchè non le parlai di Scar. Lei era la madre di mio figlio, dopotutto. E non me la sentii, anche se tra di noi non c'era nient'altro che amicizia.

E poi avevo intenzione di sposarla, anche se sarebbe stato un matrimonio di facciata. Un bel casino, ma ero certo che Scar avrebbe capito.

-Ehi... come sta la mammina?-
-Mike sai che non voglio che mi chiami così.- asserì Debbie.
-E come sta il mio angioletto?-
-Sta bene, forse tra qualche settimana ci diranno il sesso.-
-Davvero?-
-Già... passa a trovarmi se ti va...-
-C..certo.-
-Tutto bene?-
-Sì, sì Debbie... Ci vediamo allora...Ciao.-
-Ciao Mike.-

Riattaccai e guardai fuori dalla finestra. Aveva smesso di piovere, finalmente.
Il tour era ormai alle porte, mancava solo una settimana e non avevo alcuna intenzione di trovare un'altra sistemazione per Scar.
Sarebbe rimasta a Neverland, e una volta terminato il tour sarei tornato a casa e avrei trovato ad aspettarmi una vera famiglia.
Non ne avevo ancora parlato con lei, ma ero sicuro che mi avrebbe detto di sì...


*



-Te lo scordi, Mike!-
-Perchè no? Non hai un posto dove andare, non hai un lavoro...-
-Troverò sia uno che l'altro.- brontolò mentre si spalmava la crema sulle gambe.
-Tu resti qui a Neverland. Discussione chiusa!- esclamai tentando la tattica del padre padrone...

-E chi sei tu?Mio padre?-

...Che non funzionò neanche per sogno...

-Avanti Scar, fallo per me.-
-Mike non posso, non mi va di restare qui senza di te. Non me la sento.-
-Io tornerò presto...-
-Ci devo pensare, ma non ti assicuro niente.-

Si infilò i suoi Denim straconsumati e prese la borsa.

-Dove stai andando?-
-Ho bisogno di biancheria intima...-
-Mando qualcuno a comprartela.-
-No, grazie. Voglio andarci io...- mi stampò un bacio sulle labbra e uscì dalla camera.
-Come desideri.- dissi a me stesso.




***





Chiuse lo sportello del taxi e si guardò intorno. Una marea di gente entrava ed usciva da quei negozi e solo la vista gli dava il mal di testa.
Cominciò a passeggiare con le mani in tasca guardando attentamente in ogni punto di quella strada. La sua ultima speranza fu adottare il sistema: "Ha visto questa ragazza?", tirando fuori una foto di Scar.
Si sentiva ridicolo, ma non poteva fare altro.


Fu un attimo.
Girò la testa, come se qualcosa avesse richiamato la sua attenzione.
I loro sguardi si incrociarono.
Per un istante il tempo si fermò. Prima di comincire a correrle dietro le sorrise per tranquillizzarla, ma quel sorriso non servì a nulla.
Scar terrorizzata non sapeva cosa fare, se ritornare nel negozio o correre verso la macchina di Louis.
Non era molto lontana, ma purtroppo ad "acchiapparello" aveva sempre vinto lui.

Alla fine decise, cominciò a correre tra la gente più in fretta che poteva e pregava di riuscire ad arrivare alla macchina in tempo.

-Scar!-

Si voltò senza fermarsi.

-Scar aspetta!-

La sua voce era sempre più vicina e le sue gambe sempre più stanche.

"Posso farcela!"

"Posso farcela!"

-Scar ti prego!- urlò affannato.

-Non voglio farti del male!-

Aprì lo sportello e scrollò Louis per le spalle che si era addormentato.

-Parti! Parti! Parti!-

-Cosa? Che succede?- biascicò Louis spaventato e stordito.

-Vuoi partire o no?!-

-Guarda che ingorgo! Non sarà facile uscire da qui.- disse tranquillo inconsapevole della situazione.

-La sicura!-

-Eh?-

-La sicura! Metti la sicura alle portiere!-

Obbedì confuso.
Subito dopo il rumore della sicura che si chiudeva sentì battere la mano di Landon sul vetro del finestrino.
Lui continuava a battere e lei continuava ad ignorarlo.

-Signorina, ma chi...-
-Louis, ti prego ignoralo.-

-Scar, apri!-
Un pugno.
-Apri questa dannata porta!-
Un altro pugno.
-Non voglio farti del male, te lo giuro... Ho bisogno di parlarti...- disse disperato.
Scar si voltò per un solo istante e lo vide piangere, poi chinò il capo immediatamente.
-Scar, per favore...- la pregò con voce flebile.
Quasi non lo sentì. La macchina cominciò finalmente a muoversi. Lo guardò negli occhi, alzò il dito medio e si girò soddisfatta e amareggiata allo stesso tempo.
°Offy°
00martedì 15 marzo 2011 19:02
Episodio 12

Pioveva a dirotto.
Landon, nella sua camera piccola ed accogliente guardava fuori dalla finestra quell'immensa città.
Sapeva che da qualche parte c'era la sua Scar, magari era a pochi passi da lui, magari nello stesso Motel, magari nella stanza accanto.
Diede l'ultimo morso al suo cheeseburger e chiuse nella busta impregnata d'olio gli avanzi di quella "cena".
Era molto tardi. Aveva vagato per Los Angeles per tutto il giorno, scrutando attentamente in ogni parco, ogni negozio e ogni ristorante. Ma niente.
Non voleva neanche immaginare quanto avesse speso di taxi quel giorno.
Ci fu un momento in cui decise di mollare tutto, disse al tassista di portarlo all'aeroporto, voleva tornare a New York. Ma quando la vettura arrivò a destinazione chinò il capo sconfortato.

-Mi riporti al Motel, per favore.- mormorò con la voce rotta dal pianto.

Ripensando agli anni del liceo si chiedeva cosa fosse cambiato in lui. Era tutto diverso, tutto più bello.
Scar lo amava davvero e lui era completamente perduto per lei.
E invece ora... Ora le metteva le mani addosso, le succhiava la vita giorno per giorno.
"Non me la merito", pensò. Ma non poteva fare a meno di lei, voleva riprovarci, ricominciare da zero. Amarla davvero.



***






-Che cosa stai facendo?- le chiesi abbracciadola da dietro.
-Ti preparo un dolce... Contento?-
-Vuoi uccidermi vero?-
-Smettila di fare lo scemo!- esclamò spingendomi via.

Era bellissima. Aveva i capelli raccolti disordinatamente da una pinza dorata, e dei ciuffi ondulati e ribelli cadevano come una cascata da quell'acconciatura semplice.
Sapevo che odiava essere fissata, ma non riuscivo proprio a staccarle gli occhi di dosso.
Le sue movenze maldestre in cucina mi divertivano da morire, aveva rotto tre uova senza riuscire a separare l'albume dal tuorlo, senza contare la scatola di zucchero caduta sul piano del lavandino e il piatto rotto.

-Che dolce stai "tentando" di preparare?-
-Tiramisù...-
-E' uno dei dolci più facili da preparare, non va neanche in forno...per fortuna.- dissi tra me.
-Ti ho sentito sai? e poi visto che fai tanto il saputello perchè non lo prepari tu?-
-Perchè non sei obbligaata a farlo, e quindi io sono sono obbligato ad aiutarti...-

Tirò fuori la lingua e prese lo sbarritore. Ci mise esattamente cinque minuti pieni per capire come usarlo e proprio quando avevo deciso di uscire dalla cucina fui investito da una pioggia di crema. Aveva inserito la funzione turbo e la crema nella ciotola si era praticamente dispersa nell'aria.

-Ops...-
-Ops un corno Scar! Sei un impiastro! Gurda che hai fatto!-
-Dai non arrabbiarti.-
-La torta volevo mangiarla, non indossarla...-
-E' stato divertente...- rise.
-Per te.-

Avanzò verso di me come una gatta e leccò una goccia di crema sul mio viso.

-Io la torta l'ho preparata... ed è anche molto buona.- mi sussurrò all'orecchio con tono sensuale.

La presi per le cosce e la feci sedere sul tavolo impiastrato di caffè, zucchero e chissà che altro.
Abbassai le spalline della canotta e le dieti piccoli baci sulle spalle e sul collo.
La sentii rilassarsi e ansimare piano.

-Non possiamo.Se arriva quacuno...- dissi senza riuscire a staccare le labbra dal suo collo.
Mi ignorò sfacciamtamente e continuò a farsi baciare.
-Andiamo in camera...- aggiunsi.
-No... Voglio farlo qui...-
-Sei impazzita?! E se ci beccano?-
-E' o non è casa tua questa?!- esclamò.
-Questo non...-
-Sta zitto!- mi interruppe.
Mi tirò a sè e mi sbottonò i pantaloni.
Sapevo che era sbagliato, sapevo che da un momento all'altro sarebbe potuto entrare qualcuno ma non m'importava.
Non riuscivo a dirle di no ed troppo eccitato da quella situazione.
La invitai a stendersi con delicatezza, alzai la gonna e le tolsi gli slip.



***





Dite la verità, credete che mi sia dimenticato di Debbie... e invece no!
Anche se ero innamorato e finalmente un po' felice Debbie era il primo dei miei pensieri al mattino e l'ultimo prima di andare a dormire.
La chiamavo sempre, spesso anche diverse volte al giorno.
Non so perchè non le parlai di Scar. Lei era la madre di mio figlio, dopotutto. E non me la sentii, anche se tra di noi non c'era nient'altro che amicizia.

E poi avevo intenzione di sposarla, anche se sarebbe stato un matrimonio di facciata. Un bel casino, ma ero certo che Scar avrebbe capito.

-Ehi... come sta la mammina?-
-Mike sai che non voglio che mi chiami così.- asserì Debbie.
-E come sta il mio angioletto?-
-Sta bene, forse tra qualche settimana ci diranno il sesso.-
-Davvero?-
-Già... passa a trovarmi se ti va...-
-C..certo.-
-Tutto bene?-
-Sì, sì Debbie... Ci vediamo allora...Ciao.-
-Ciao Mike.-

Riattaccai e guardai fuori dalla finestra. Aveva smesso di piovere, finalmente.
Il tour era ormai alle porte, mancava solo una settimana e non avevo alcuna intenzione di trovare un'altra sistemazione per Scar.
Sarebbe rimasta a Neverland, e una volta terminato il tour sarei tornato a casa e avrei trovato ad aspettarmi una vera famiglia.
Non ne avevo ancora parlato con lei, ma ero sicuro che mi avrebbe detto di sì...


*



-Te lo scordi, Mike!-
-Perchè no? Non hai un posto dove andare, non hai un lavoro...-
-Troverò sia uno che l'altro.- brontolò mentre si spalmava la crema sulle gambe.
-Tu resti qui a Neverland. Discussione chiusa!- esclamai tentando la tattica del padre padrone...

-E chi sei tu?Mio padre?-

...Che non funzionò neanche per sogno...

-Avanti Scar, fallo per me.-
-Mike non posso, non mi va di restare qui senza di te. Non me la sento.-
-Io tornerò presto...-
-Ci devo pensare, ma non ti assicuro niente.-

Si infilò i suoi Denim straconsumati e prese la borsa.

-Dove stai andando?-
-Ho bisogno di biancheria intima...-
-Mando qualcuno a comprartela.-
-No, grazie. Voglio andarci io...- mi stampò un bacio sulle labbra e uscì dalla camera.
-Come desideri.- dissi a me stesso.




***





Chiuse lo sportello del taxi e si guardò intorno. Una marea di gente entrava ed usciva da quei negozi e solo la vista gli dava il mal di testa.
Cominciò a passeggiare con le mani in tasca guardando attentamente in ogni punto di quella strada. La sua ultima speranza fu adottare il sistema: "Ha visto questa ragazza?", tirando fuori una foto di Scar.
Si sentiva ridicolo, ma non poteva fare altro.


Fu un attimo.
Girò la testa, come se qualcosa avesse richiamato la sua attenzione.
I loro sguardi si incrociarono.
Per un istante il tempo si fermò. Prima di comincire a correrle dietro le sorrise per tranquillizzarla, ma quel sorriso non servì a nulla.
Scar terrorizzata non sapeva cosa fare, se ritornare nel negozio o correre verso la macchina di Louis.
Non era molto lontana, ma purtroppo ad "acchiapparello" aveva sempre vinto lui.

Alla fine decise, cominciò a correre tra la gente più in fretta che poteva e pregava di riuscire ad arrivare alla macchina in tempo.

-Scar!-

Si voltò senza fermarsi.

-Scar aspetta!-

La sua voce era sempre più vicina e le sue gambe sempre più stanche.

"Posso farcela!"

"Posso farcela!"

-Scar ti prego!- urlò affannato.

-Non voglio farti del male!-

Aprì lo sportello e scrollò Louis per le spalle che si era addormentato.

-Parti! Parti! Parti!-

-Cosa? Che succede?- biascicò Louis spaventato e stordito.

-Vuoi partire o no?!-

-Guarda che ingorgo! Non sarà facile uscire da qui.- disse tranquillo inconsapevole della situazione.

-La sicura!-

-Eh?-

-La sicura! Metti la sicura alle portiere!-

Obbedì confuso.
Subito dopo il rumore della sicura che si chiudeva sentì battere la mano di Landon sul vetro del finestrino.
Lui continuava a battere e lei continuava ad ignorarlo.

-Signorina, ma chi...-
-Louis, ti prego ignoralo.-

-Scar, apri!-
Un pugno.
-Apri questa dannata porta!-
Un altro pugno.
-Non voglio farti del male, te lo giuro... Ho bisogno di parlarti...- disse disperato.
Scar si voltò per un solo istante e lo vide piangere, poi chinò il capo immediatamente.
-Scar, per favore...- la pregò con voce flebile.
Quasi non lo sentì. La macchina cominciò finalmente a muoversi. Lo guardò negli occhi, alzò il dito medio e si girò soddisfatta e amareggiata allo stesso tempo.
°Offy°
00mercoledì 16 marzo 2011 19:36

Laughing out loud



Episodio 13

Durante il tragitto nell'auto regnò il silenzio assoluto, rotto solo dal rumore della gomma che Scar masticava con nervosismo.
Non riusciva a credere che Landon fosse riuscito a trovarla, e non riusciva proprio a spiegarsi come avesse fatto a sapere che lei si trovava a Los Angeles.
Louis ogni tanto lanciava uno sguardo sullo specchietto retrovisore con un'espressione confusa ma allo stesso tempo preoccupata.
Forse perchè si stava affezionando davvero a Scar, forse per cominciava a vederla come la figlia che non aveva mai avuto.
La portava a fare compere, l'aiutava a scegliere i vestiti, anche se in fondo...quello era solo il suo lavoro.

-Perchè mi guardi così?- chiese Scar senza guardarlo.
-Chi era quel tipo?- disse diretto, senza porsi alcun problema.
-Lui... lui si chiama Landon.-
-Non m'interessano i suoi dati anagrafici, chi è per te?-
-E' il mio ex fidanzato, il mio manesco ex fidanzato.-
-E' per questo che sei venuta qui?-
-Già...-
-Sta attenta Scar, in giro ci sono molti tipi che non si fanno problemi a far del male quando vengono rifiutati...-
-Non dire niente a Michael...-
-Cosa?-
-Davvero, non voglio...-
-Ma...-
-Per favore Louis... tra una settimana comincia il tour e non voglio che si preoccupi.-
-E va bene...-
Appena varcato il grande cancello si stamparono entrambi in faccia un sorriso finto, anche se il viso di Scar rimaneva pallido e spaventato.



***






Notavo qualcosa di diverso in lei, sembrava evitarmi.
All'inizio pensai che la causa di quel comportamento fu la mia proposta di rimanere a Neverland, ma più la guardavo e più mi convincevo che la motivazione era un'altra.
Forse aveva ricevuto notizie della madre, o del padre.
Ma mi sembrava piuttosto improbabile, nessuno sapeva dove si trovasse in quel momento. La sua posta arrivava ancora a casa di Landon e così tutto il resto.

Landon.

Certo, Landon! Magari era riuscito a mettersi in contatto con lei in qualche modo e per questo era spaventata.
Mi chiedevo come diavolo avevo fatto a non pensarci prima.

A cena non tocco cibo, solo qualche verdura e un po' d'acqua e questo mi fece insospettire ancora di più.
Una volta a letto mi diede un bacio sulla guancia e si girò dall'altra parte tirandosi le coperte fin soprale orecchie.
Comportamento strano anche quello, visto che di solito rimanevamo sempre a parlare prima di metterci a dormire.
Le tolsi le coperte e la chiamai con due colpetti sulla spalla.

-Ehi!- si lamentò lei.
-Mi dici che ti prende?-
-Non so di cosa tu stia parlando!- disse rimettendosi le coperte addosso.
-Risposta sbagliata... Ti sei fregata da sola.-
-Eh?-
-Perchè se mi dici "non so di cosa tu stia parlando" alla prima domanda, io capisco che c'è qualcosa che non va.-
-E scusami, lei hai elaborate tu queste teorie?-
-Sbagliato di nuovo! Stai cercando di cambiare discoso.-
-Piantala!-
-Ecco ti stai mettendo sulla difensiva... e dopo mi dirai che sto dando i numeri e che non c'è niente di cui parlare.-
-Sì infatti stai dando i numeri alla grande!-
-Avanti Scar. Credi di poter nascondere qualcosa a me? . Non esiste!-

Si appoggiò allo schienale e allargò i piedi. Giocherellava insistentemente con l'orlo della manica del pigiama e cercava di evitare il mio sguardo.

-Allora... me lo dici o no che ti prende?-
-Beh... Se, per ipotesi, ti dicessi che oggi ho incontrato Landon e, sempre per ipotesi, ti dicessi che mi ha rincorso fino all'auto di Louis, che reazione avresti?-
-"Incazzato come toro" è una reazione?-
-Dipende...-
-E in questo caso lo è?-
-Potrebbe.-
-Beh allorai io sono incazzato come un toro!- urlai con tutta la voce che avevo in corpo.
-Ma sei scemo! Mi hai rotto un timpano...- si lamentò massaggiandosi l'orecchio.

Scalciai come un matto per togliermi le coperte di dosso e mi alzai dal letto.

-Non posso credere che tu non me l'abbia detto!-
-Non volevo farti preoccupare... tra una settimana c...-
-Shh! Zitta! Devo concentrarmi.- dissi quasi nevrotico mettendomi una mano sulla fronte.
Lei cercò di trattenere le risate ma alla fine le scappò un leive risolino.

-Cosa ridi?!-

Non rispose. Si schiarì la voce continuando a trattenere le risate e si alzò anche lei.

-Perchè devi concentrarti?- domandò prendendomi in giro.
-Ti sei chiesta, almeno, come ha fatto a trovarti?-
-Sì, ma non riesco a spiegarmelo.-
-Hai lasciato tracce... Sì. Tu hai lasciato tracce!- esclamai con una risata isterica.
-Ok adesso cominci a farmi paura...-
-La carta di credito!-


Mi precipitai sulla sua borsa e l'afferrai prima che lei potesse toglirmela dalle mani.
Mi guardava scovolta mentre agitavo la sua borsa per far cadere qualsiasi cosa ci fosse lì dentro.
Cominciai a cercare tra gli oggetti, ma quello che vedevo erano solo rossetti, creme, cartacce, biscotti, noccioline, penne, asprine...

-Scar ma che cazzo!-, esclamai -Ma chi sei Eta Beta?!-
-Chi?- chiese con un tono divertito ma allo stesso tempo sconvolto.

-E questo?- domandai sempre nevrotico tenendo in mano un tubetto di gel lubrificante alla mela verde.
-Questo l'ho compr...-
Lo lanciai alle mie spalle prima che potesse finire la frase, ma poi corsi a riprenderlo e me lo infilai in tasca.
-Me lo spieghi dopo!-

Continuai a cercare.

-Mike...-
-Shh!-
-Mike ascolta...-
-Sto cercando!-
-Mike la carta di credito è nel portafogli!- gridò.

Lo prese dal comodino e mi porse la carta di credito guardandomi come una mamma severa e arrabbiata guarda suo figlio pasticcione.

-E adesso che l'hai trovata che fai? La fai analizzare dall'FBI?-
-Te la sequestro...-
-Eh?- disse correndomi dietro per la stanza mentre cercavo un posto sicuro per custodirla.
-Sì hai capito benissimo! D'ora in poi non lascerai più tracce!-
-Mike è ridicolo. Ridammela!-
-No! Dimenticatela.-
-Ma tu sei impazzito!-
-Sì! Ci sarà un motivo se la gente mi chiama Wacko Jacko!-

Chiusi le pesiane, spensi la luce e la presi per mano.
-Adesso vieni perchè devi spiegarmi cosa ci vuoi fare con questo.- risi tirando fuori il lubrificante alla mela.
-Neanche te lo immagini!-
-Non voglio immaginarlo, voglio scoprirlo.-



***






E mentre a Neverland la pazzia aveva preso il sopravvento, nel Motel dove alloggiava Landon era stato appena uccisa una donna, una prostituta probabilmente.
Prese le poche cose che si era portato dietro e alle due del mattino si mise in cerca di un posto dove andare.
Non poteva andare peggio, o forse sì. Si mise anche a diluviare.
Il colpo di fortuna era arrivato, ma se l'era lasciato sfuggire. E non ne sarebbe arrivato un altro.
Quello che gli era rimasto da quell'incontro fu la targa dell'auto.
Se viaggiava in limousine doveva essersi accalappiata un riccone! Ma come? E in così poco tempo.
La risposta era davanti ai suoi occhi, ma in quel momento non avrebbe visto neanche ad un centimetro dal suo naso. In tutti i sensi.
angelaserre
00mercoledì 16 marzo 2011 22:56
bellissima storia continua cosi
°Offy°
00lunedì 21 marzo 2011 10:23
Episodio 14

Nonostante fosse già mattino inoltrato, in camera da letto era buio pesto.
Quell'aroma di mela verde si infilava prepotente nelle mie narici e non potevo fare a meno di ridere in silenzio pensando a quello che era successo qualche ora prima.
Lei era girata su un fianco, dormiva ancora profondamente e suoi capelli annodati e impiastrati di gel ricoprivano tutto il cuscino. Mi avvicinai a lei facendo aderire il mio corpo al suo e le baciai delicatamente la spalla.
La mia mano scivolò lentamente sul suo ventre piatto per poi salire sui suoi seni nudi.
Al tocco lieve della mia mano i suoi capezzoli s'inturgidirono, sorrise appena nel dormiveglia e poi mi strinse la mano.

-Buongiorno...- le sussurrai all'orecchio.

Aprì gli occhi e girò appena la testa per guardarmi.

-Che fai con questa manina? Mi tocchi mentre dormo?-

Annuii malizioso.

-E neanche t’immagini quello che ho fatto prima che ti svegliassi!-

-Michael!- esclamò lanciandomi il cuscino in faccia.

-Scherzavo!-

Si coprì con le lenzuola e poggiò la testa sul mio petto. Se pensavo alla partenza mi prendeva una profonda tristezza.
Di nuovo da solo in un hotel.
Mi stavo abituando a svegliarmi la mattina e sentirmi amato, andare a letto la sera senza dovermi preoccupare più dell’insonnia, perché le mie notti erano tranquille, e se erano agitate era per ben altri motivi.

Le baciai la fronte e la tirai su di me, i suoi occhi erano vispi e brillanti anche appena sveglia.
Le sue ciglia folte contornavano quei due smeraldi alla perfezione e le sue sopracciglia ad ala di gabbiano rendevano il suo sguardo seducente e magnetico.
Era bella. E ogni giorno mi accorgevo di esserne innamorato sempre di più.

-Che cosa farai quando sarò via?- chiesi accarezzandole la spalla.
-Voglio trovare lavoro, come fotografa possibilmente.-
-Magari prima di partire faccio un po’ di telefonate, conosco molti fotografi importanti.-
-Non voglio raccomandazioni.-
-Non ne hai bisogno…-



Mi preparai in fretta e andai alle prove. L’adrenalina in circolo era davvero tanta, eravamo tutti tesi ma allo stesso tempo eccitati.
Erano previsti ottantatre spettacoli e Dio solo sapeva come ci saremmo sentiti alla fine del tour.
L’avevamo già vissuto con il Dangerous World Tour e soprattutto con il Bad World Tour, questo non sarebbe stato da meno.
Abbandonai i pensieri negativi e mi concentrai sullo spettacolo. Anche se i tour mi stendevano, vedere quell’oceano di gente urlare il mio nome a perdifiato mi dava la carica per andare avanti senza stancarmi.


_______________________________




Fortunatamente aveva trovato un hotel a qualche chilometro di distanza dal Motel dove alloggiava.
Passava per strada la maggior parte del giorno e quando ritornava la sera era talmente stremato da non riuscire neanche a dormire. Strano ma vero.
Prese qualche gettone per il telefono pubblico e chiamò Damon che doveva occuparsi di controllare la posta e tutto quello che poteva servire per trovarla.

-Ehi…-
-Ehi cazzone! Come va la vacanza?- disse ironico.
-Fottiti! E comunque l’altro giorno l’ho beccata, ma non sono riuscito a parlargli-
-Allora il colpo di fortuna è arrivato!-
-Gira in limousine, ti rendi conto che stronza?!-
-Devo ammetterlo quella ragazza ha fiuto per “gli affari”, magari sta con un vecchio.-
-Eppure io ho già visto quell’auto…-
-Fratello adesso non cominciare, sai quante limousine girano ogni giorno a New York?-
-E poi anche il tipo che guidava, l’autista. Ho già visto anche lui…-
-Ma quelli in divisa sono tutti uguali.-
-Mi spieghi perché cazzo stiamo ancora parlando?! Vaffanculo! Non mi sei per niente d’aiuto!- esclamò.
Gli chiuse il telefono in faccia e prese dal taschino del suo giubbotto di pelle le sue Malboro. Le sue mani tremavano, tanto che fece fatica per fino ad accendere quella sigaretta.

-Porca puttana!- mormorò tra sé.
Fece un profondo respiro e alla fine riuscì ad accenderla.

Mentre camminava vide con la coda dell’occhio la sua immagine riflessa nella vetrina di un negozio. Indietreggiò di qualche passo e si guardò attentamente.

I lineamenti del suo viso erano squadrati e decisi, i suoi occhi color fondente avrebbero fatto sentire nuda qualsiasi donna.
I capelli corti, ma non troppo, si addicevano perfettamente alla forma del suo visto. Era finita l’era dei capelli rasati.
Le sue spalle erano larghe e andavano perfettamente d’accordo con il resto del suo corpo: ben formato e asciutto.
Alto un metro e novanta e di carnagione scura.
Nonostante fumasse tantissimo i suoi denti erano bianchi e perfettamente allineati.
Non aveva una solo cosa fuori posto quel ragazzo. Se fosse stato bello dentro almeno la metà di quanto lo era fuori, beh… Sotto la voce “Uomo perfetto” ci sarebbe stata la sua foto.
“Non sono poi così male…” pensò toccandosi il mento e girando la testa da un alto all’altro per guardasi meglio.

Tirò l’ultima boccata e gettò il mozzicone per poi spegnerlo con la pianta del piede.
Si fermò davanti ad un’edicola e osservò i titoli dei vari giornali, in qualche modo avrebbe pur dovuto passare il tempo.
Pagò la rivista e andò a sedersi su una panchina con una birra ghiacciata e un hot dog stracolmo di ketckup.

Accanto a lui c’era seduto un anziano signore che dava da mangiare agli uccelli.
Indossava un basco grigio e sorrideva cordiale ogni volta che Landon lo guardava.

Prese un abbondante sorso alla sua birra e aprì la rivista.

-Gossip, gossip, gossip, gossip…- ripeteva sfogliando le pagine.
-Ormai non si parla d’altro, pare che la vita di questi pagliacci sia una serie continua di avvenimenti importanti…”Oddio Giulia Roberts ha cambiato taglio di capelli, che scoop!”- disse con una voce in falsetto.
-Eh caro ragazzo, non ci sono più gli attori di una volta…- affermò con voce rauca e affaticata.

-E questo?- disse indicando la pagina -Ancora gli permettono di guadagnare, non ha avuto già abbastanza dalla vita?-
L’uomo rise.
-Un altro tour mondiale, ma chi è che ancora segue Michael Jackson? Pensi che io l’ho incontrato qualche mese fa. E’ un tipo veramente strano…-
-Davvero? Se ne dicono di cotte e di crude su quel tipo, ma io credo che in fondo sia una brava persona…E dove l’hai incontrato? Non è facile sai, è sempre coperto da una marea di scimmioni che lo proteggono dai fan…-
-A Lond…- si bloccò immediatamente.
Non voleva e non poteva crederci. Ecco dove aveva visto l’autista: davanti allo studio del fotografo.
-Tutto bene ragazzo?-

Senza neanche guardarlo si alzò dalla panchina e getto il giornale per terra.

-Ehi, raccoglilo. Sai quanto ci mette un giornale a degradarsi nell'ambiente? Non bisogna inqu…-
-Sta zitto!- esclamò Landon ancora incredulo.
Capì che quella storia era cominciata a Londra e che Scar l’aveva tradito, anche se in realtà non era così.

Si scusò frettolosamente con quell’uomo e prese un taxi.


-Dove la porto?-
-Dove sta Michael Jackson?-
-Se è un fan le dico subito che è tempo sprecato, e comunque è lontano da qui, le costerà parecchio.-
-Non m’importa, mi porti lì per favore.-



*



Scese dal taxi e si mise a correre verso il grande cancello. Cominciò ad urlare come un pazzo e a prendere a calci le sbarre.

-Lo so che sei lì dentro schifosa puttana!-

-Aprite questo cancello! Scar, vieni fuori!-



Dopo pochi minuti Michael venne informato della presenza di un matto che chiedeva di vedere Scar.
Lei era sotto la doccia, decise di uscire e andare a parlare con lui. Qualcosa gli diceva che quel verme si sarebbe fatto sentire prima o poi, ma quello era il momento sbagliato perché presto Scar sarebbe rimasta sola a Neverland.

Si avvicinò al cancello e incrociò le braccia al petto.

-Questa è proprietà privata, vattene o chiamo la polizia.-
-Dov’è Scar?-
-Non ti riguarda…-
-Perché non vieni fuori eh? Comportati da uomo non nasconderti dietro un cancello.-
-Io e te non abbiamo niente da dirci.-

Si allontanò dal cancello e si avviò verso casa.

-Te ne vai eh? Sei ridicolo. Sei solo uno schifoso pedofilo!-

Michael si bloccò improvvisamente. Sentì il viso andare in fiamme e la vista annebbiarsi. Si diresse come una furia e afferrò Landon dal colletto del giubbotto infilando un braccio tra le sbarre.

Aveva un ghigno odioso sulla faccia e aspettava solo che Michael gli tirasse un pugno.

-Sai una cosa? Non ne vale la pena… E raditi, sei disgustoso!-

Mollò la presa e lo guardò disgustato.



-Guarda un po’ chi c’è!- disse Landon vedendo Scar dirigersi verso il cancello.

-Scar torna dentro.- le ordinò quasi, preoccupato.

-Che cosa vuoi Landon? Ma non vedi che sei ridicolo?- disse quasi impietosita.
-No. Forse pazzo, ma non ridicolo.-
-Torna a casa, tra di noi è finita.-
-Scar… Scar per favore, non m'importa se mi hai tradito... Io... io ti perdono.-
-Tu perdoni me?Questo è veramente ridicolo, e poi io non ti ho mai tradito!-
-Per favore, torna a casa... Io ti amo.- mormorò pinagendo.
-Mi ami? E dimmi per te calci e pugni sono una dimostrazione d’affetto?-
-Lo so che ho sbagliato, ma per favore… Dammi un’altra possibilità.-
-Io non ti amo, Lan.-
-Non è possibile.-
-E invece è così. Mi dispiace, ma non provo più niente per te. Sono felice adesso...-

Michael tirò un sospiro di sollievo sentendo quell’affermazione. La prese per mano e s’incamminarono verso casa.

-Mi dispiace.- aggiunse lei.

Strinse tra le mani le sbarre del cancello e restò immobile a guardarla andare via.

Urlò il suo nome per l'ultima volta con tutto il fiato a e la rabbia che aveva in corpo, Scarlett strizzò gli occhi e serrò i denti sentendo quel grido disperato.
In quel momento provò pena per quel ragazzo, ma era troppo, troppo tardi.
Conitnuò a camminare senza neanche voltarsi.

Di una cosa era ormai certo: l'aveva persa per sempre.
angelaserre
00mercoledì 30 marzo 2011 21:56
continua,6 brava.
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