Prima che iniziassero i lavori per il leggendario album
Thriller, pop, r&b, soul, jazz, funk e disco erano tutti generi già sperimentati da Michael Jackson. Ma, all'inizio degli anni '80, a farla da padrone nell'industria musicale era il cosiddetto
rock dei bianchi.
Così, per quello che sarebbe diventato l'album più venduto di tutti i tempi, puntare in questa direzione diventò obbligatorio.
Prendendo ispirazione dalla hit My Sharona dei The KnacK, il Re del Pop scrisse Beat It: un pezzo hard rock che infranse le barriere delineate da generi musicali e colore della pelle, unendo milioni di persone sotto un'unica bandiera jacksoniana.
L'impetuoso intro del pezzo fu curato da Tom Bähler, uno dei pochissimi fortunati a possedere il Synclavier: un rivoluzionario sistema, per l'epoca, che integrava un campionatore musicale e un sintetizzatore digitale.
La base ritmica di Beat It venne firmata - tra gli altri -
da colossi del calibro di Steve e Jeff Porcaro della band Toto, dal tastierista Greg Phillinganes e da Steve Lukather, che suonò l'iconico riff di chitarra.
Il tutto eseguito come Michael Jackson aveva ideato e disposto.
Mancava un solo elemento in grado di elevare Beat It a canzone dal DNA hard rock: l'assolo.
Inizialmente, Quincy Jones e MJ pensarono di ingaggiare per questo compito Pete Townshend, chitarrista della storica band inglese The Who.
Però, essendo in tour proprio con il suo gruppo, Pete non poté accontentare la richiesta dei due.
Ma il destino, a volte, fa dei giri strani prima di imboccare la strada giusta.
Molto in voga, a quel tempo, era infatti anche la band Van Halen, capitanata dal virtuoso chitarrista Eddie. E quando Michael e Quincy gli fecero la proposta di suonare un assolo rock per un album sostanzialmente pop, Van Halen non ci pensò due volte.
Tempo dopo,
in un'intervista all'ingegnere del suono Bruce Swedien, Bill Gibson chiese a quest'ultimo: «C'è una storia che riguarda un incendio in Studio durante il mixaggio di Beat It. È successo davvero?».
Swedien replicò: «Assolutamente sì.
Stavamo mixando la traccia, il volume era piuttosto alto e, proprio in mezzo all'assolo di chitarra di Eddie Van Halen, uno dei woofer prese fuoco!
Mi resi conto che eravamo nei guai quando il mio secondo ingegnere del suono, Matt Forger, si alzò di scatto, prese l'estintore e lo scaricò contro il woofer. Ci prendemmo un bello spavento!
Non credo sia successo per via della potenza dell'assolo, ma mi piace pensarlo».
Questo
infuocato e intricato assolo - caratterizzato dalla tecnica denominata
Tapping, della quale il compianto Eddie Van Halen era un fautore - è consacrato negli annali della musica come uno dei più elettrizzanti, originali e riconoscibili assoli di chitarra di sempre, divenendo un must play per ogni chitarrista che si rispetti.
Mentre
Beat It - sperimentazione riuscitissima e di grande successo - segnò il primo sodalizio tra Michael Jackson e il rock, genere che da 'Thriller' in avanti sarebbe stato sempre presente in ogni suo album.
E il merito di ciò è anche del grande Eddie Van Halen.
Riposa in pace, Eddie.
Nel
video, Michael Jackson ed Eddie Van Halen si esibiscono in
Beat It durante il concerto del
Victory Tour al Texas Stadium di Dallas, 1984.
Post di
Marco Di Gregorio e revisione stilistica di
Vincenzo Compierchio dal Michael Jackson FanSquare.