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Ascoltati i primi testimoni nel processo contro Michael Jackson: l'accusa si dimostra debole.
Nelle udienze di ieri e oggi sono stati ascoltati i primi testimoni nel processo che sta tenendo nel tribunale di Santa Maria, California, nei confronti di Michael Jackson.
Ieri è stato il turno del giornalista britannico Martin Bashir, che in precedenza aveva annunciato di non volersi presentare in tribunale, tutelato dalle leggi californiane che indicano che un giornalista non può essere obbligato a testimoniare riguardo il proprio operato.
Il giudice Melville, durante le udienze preliminari, aveva però concesso all’accusa di presentare ai giurati il documentario “Living With Michael Jackson” girato da Bashir nel 2002 – 2003 e trasmesso in tutto il mondo nella primavera del 2003. In particolare il documentario “scandalo” venne trasmesso il 3 Febbraio 2003 in Inghilterra e tre giorni più tardi in U.S.A.
Le date sono importanti, singolarmente sia per l’accusa che per la difesa, in quanto i presunti reati prescritti a Michael Jackson si sarebbero svolti nel periodo immediatamente successivo alla trasmissione di questa intervista.
Martin Bashir si è presentato in tribunale ma si è rifiutato di rispondere alla maggior parte delle domande fatte dall’avvocato difensore di Jackson, in particolare riguardo a quante ore di registrazione vennero effettuate per il documentario, richiamando il primo emendamento, che tutela i giornalisti, sentenziando che non possono essere obbligati a testimoniare riguardo materiale non pubblicato.
La giuria ha visionato l’intero documentario, quasi 90 minuti di immagini, con interesse. Molti hanno riso durante le scene più simpatiche, altri si sono commossi durante la descrizione di Jackson del rapporto, turbolento e violento, con il padre e descrivendo la difficile infanzia passata.
Portando in aula “Living With Michael Jackson” l’accusa vorrebbe partire proprio da questo documentario, citato come “una bomba distruttiva per Jackson”, per ricostruire i fatti accaduti nelle settimane successive, indicando che proprio a seguito di un tentativo di rivalsa di Jackson, si siano svolti gli illeciti.
Stamane è stata chiamato sul banco dei testimoni Ann Marie Kite, altrimenti conosciuta come Ann Gabriel, la quale ha dichiarato di aver lavorato come PR di Jackson nella primavera del 2003, in contingenza con la trasmissione del documentario. In particolare la Kite avrebbe dichiarato che nel periodo subito successivo al documentario lei venne assunta per “Damage Control”, cioè per limitare i danni che tale intervistaavrebbe potuto nascere per la carriera di Jackson. Ha poi continuato dichiarando che rimase stupita quando il 13 Febbraio alcuni dipendenti di Jackson l’informano che la famigliaArvizio (gli accusatori) vennero allontanati durante la notte, di tutta fretta. Kite ha dichiarato che Marc Schaffel, allora dipendente del cantante, le aveva comunicato che la famiglia era stata allontanata da Neverland durante la notte, ma che oramai “il problema della madre era stato domato”. Ha poi continuato dicendo di essere stata licenziata dopo
che chiese ad un avvocato di Michael Jackson ulteriori informazioni sull’allontanamento della famiglia. Secondo la Kite, l’avvocato David LeGrand avrebbe liquidato l’argomento affermando che “La madre non sarà più un problema, abbiamo un nastro in cui dimostra di essere una donna da quattro soldi”
Thomas Sneddon, il procuratore, vorrebbe dimostrare che con queste affermazioni si evincerebbe come Jackson e il suo team hanno cercato di insabbiare le molestie al minore, ma per la difesa non è altro che il tentativo di allontare dalla superstar una famiglia che stava diventando un problema,per le troppe richieste di regali, di assistenza economica, e che iniziavano ad esser ospiti scomodi a Neverland. Mesereau ha infatti dichiarato che i ragazzini, accusatore e fratello, negli ultimi tempi avevano preso “troppa confidenza”, diventando “senza controllo”, imparando a memoria codici di sicurezza della tenuta di Neverland, compresi quelli per la camera personale di Jackson, e girovagando liberamente per tutta la casa e attinenze, anche quando Michael non era presente. Questi erano poi stati scoperti dopo essersi intrufolati abusivamente nella cantina dove venivano tenute bottiglie di vino per gli ospiti, in alcune occasioni anche la madre avrebbe
partecipato a questi “saccheggi”. Gavin era stato poi trovato, in un giorno in cui Michael Jackson era trattenuto lontano da Neverland per questioni lavorative, nel parco divertimenti della tenuta che, sotto l’ipotetica custodia della mano, si comportavano in maniera incivile disturbando gli ospiti del Ranch e gli animali dello zoo.
Sono questi, e non altri, secondo la difesa i motivi fondamentali che spinsero Jackson ad allontanare la famiglia dalla propria abitazione e dalla propria vita, preoccupandosi però prima di aiutare un ultima volta queste persone, trovandogli a proprie spese un appartamento a Los Angeles.
Inoltre, durante il controinterrogatorio, la Kite è stata messa in imbarazzo da Mesereau, che ha potuto intaccare, non poco, la credibilità della stessa. La Kite ha dovuto ammettere la sua poca esperienza professionale in campo di pubbliche relazioni e di non aver mai conosciuto Jackson personalmente, ne di avergli mai parlato al telefono e di non essere nemmeno mai stata a Neverland. Come la Kite si sia potuta autodefinire una PR di Michael resta un mistero.
Questi primi tre giorni di udienze hanno quindi segnato molti punti in favore della difesa, e pochissimi, se non nessuno, in favore dell’accusa, che si sta dimostrando impreparata e senza alcuna prova valida della colpevolezza di Jackson.