..Per Sempre..

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Titty_91
00giovedì 2 luglio 2009 00:50
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Per Sempre..

Il mio sogno..

Cammino per le strade inondate di fiori, lacrime e urla. Ancora non capisco che cosa stia succedendo eppure, dentro di me sento che qualcosa di grave sta per accadere, che qualcosa di me sta per mancare ma non riesco a capire cosa. Due ragazze sul ciglio della strada si abbracciano scoppiando a piangere e dalle loro labbra esce solo una frase: “Il mio re non c’è più”.
Per le prime inizio a pensare che una bomba atomica si sia scagliata sulla terra facendo perdere il controllo di tutte le menti e i pensieri che si possono avere, invece.. solo quando tra i cieli vedo qualche nuvola grigia avventurarsi sulla struttura dell’ospedale davanti a me, qualcosa sembra smuoversi. Non capisco ancora perché il cuore dentro di me sembra essersi fermato all’improvviso, che cosa mi sta succedendo? Che cosa il mio cuore vuole dirmi? Altre ragazze mi superano urtandomi e corrono verso l’ospedale in lacrime senza avere una precisa informazione o almeno, mancava a me. Senza sapere perché inizio a camminare verso l’ospedale con loro cercando di trovare la risposta al mio senso di vuoto. Attorno a me tantissime persone si abbracciano tra di loro senza sapere chi sia, ascolto i singhiozzi senza capire perché dai miei occhi continuano a nascere lacrime senza avere la giusta motivazione, il loro dolore, le loro urla, le loro parole rimbombano nella mia testa arrivando fino a me, fino al mio cuore riuscendo a distruggerlo in piccoli pezzettini. Cammino ancora, vedo due bambini che si abbracciano e le loro mamme in piedi ai due lati che si consolano a vicenda, tutto sembra un incubo, qualcosa che non ho mai vissuto e che adesso per la prima volta mi si è presentato davanti agli occhi e non mi da lo spazio per vedere oltre. Improvvisamente davanti ai miei occhi un nastro giallo si lascia rotolare fino a circondare l’entrata dell’ospedale e vietarmi l’entrata. Mi volto di spalle e lo scenario più inquietante si presenta davanti a me, tantissime persone in lacrime e nella disperazione più totale che si abbracciano e continuano a piangere come bambini appena lasciati in un asilo, che cosa sta succedendo? Continuo a piangere e non capisco perché.. non capisco che cosa manca nel mio cuore e i miei battiti hanno raggiunto una velocità pazzesca senza che me ne rendessi conto.
“Scusami..” fermo una ragazza poggiata con la schiena al muro, ma seduta a terra tra una moltitudine di fiori e di fotografie rivoltate.
“Mi sai dire.. che cosa sta succedendo?” mi chino alla sua altezza cercando di rassicurarla, nonostante non la conosca, ma tutto questo mi sembra un eterno incubo dal quale voglio svegliarmi al più presto.
“Mi..Micheal..” sibila.
“Micheal?” chiedo titubante. Non comprendo a chi si stia riferendo.. l’unico Micheal che conosco è.. no, non può essere lui. Non quel Micheal. Non può essere lui. Improvvisamente dentro di me capisco che cosa manca, capisco perché tutte quelle persone continuavano a piangere dicendo quelle parole tra i singhiozzi e capisco, tutta quella strana agitazione.
“Aspetta.. no.. dimmi di no.. non lui.. non dici lui vero? Dimmi di no..” la ragazza alza lo sguardo verso di me, i suoi occhi castani sono velati dal rossore delle lacrime, la sua pelle diventa bianca ogni minuto che passa e solo quando annuisce alla mia domanda, mi sento crollare. Mi misi seduta vicino a lei poggiando il viso tra le mani, provando almeno di cercare quel minimo di autocontrollo dentro di me, ma non lo trovo.. lo cerco ma è come se fosse sparito.
“Il.. il..re.. non può essere vero..” mi guardo intorno cercando qualche risposta inversa alla mia domanda, ma intorno a me l’unica cosa che regna, sono le lacrime. Cuori spezzati e bambini che piangono urlando il suo nome al cielo,i loro occhietti guardano le nuvole bianche cercando in qualche soffio di vento il richiamo del loro Peter Pan.
Inconsapevolmente inizio a piangere. Le lacrime calano dai miei occhi e tutto è in tale confusione da non riuscire a collegare la realtà con l’incubo che penso, di sognare. La ragazza accanto a me improvvisamente mi abbraccia forte e continua a ripetere il suo nome, come per avere la maggiore consapevolezza che tutto questo, sia solo un incubo da bambini dal quale presto ci saremo risvegliati. Mi ritrovo ad abbracciarla e continuai a singhiozzare stringendola, ma improvvisamente dentro di me nasce un solo desiderio, mettere fine a quello strazio, avere le prove vere che quello che stava accadendo era la verità o solo una montatura, che li dentro, in quelle mura da bianco candido, in un letto freddo di ospedale giaceva lui, quello che da ormai troppo tempo avevo considerato, la mia unica motivazione di un singolo respiro. Mi alzai lentamente reggendomi dal muro, dovevo vederlo.. dovevo averlo davanti agli occhi prima che fosse stato troppo tardi..
“Dove.. dove vai?” disse la ragazza alzando lo sguardo verso di me.
“Devo.. devo vederlo..” guardai davanti a me cercando in quelle lacrima la forza di superare la sicurezza, arrivare a lui, non sarebbe stato tanto facile, anzi.. non lo sarebbe stato affatto.
“Ma.. non ti faranno mai entrare..” si asciugò le lacrime rimpiazzandole con altre nuove e nascose il viso tra le mani, come per nascondere a se stessa la verità.
“Io devo.. posso.. posso farcela.. è quello che mi ha insegnato.. è il momento di metterlo in atto.. io non mi arrendo..” mi voltai velocemente e mi trovai davanti agli occhi una marea di poliziotti, dovevo trovare il modo di superarli, in qualche modo sarei entrata in quel maledetto ospedale. Al lato della struttura vidi una infermiera entrare all’interno di fretta e la raggiunsi a passo veloce cancellando dalle mie guancie ogni traccia di dolore, anche se era davvero impossibile farlo davvero.
“Scusi dovrei entrare dentro.. ma non mi fanno passare, posso entrare con lei?” abbassai lo sguardo per nascondere i miei occhi colmi di lacrime. Sentii la sua mano posarsi sulla mia spalla e mi chiamò a guardarla negli occhi.
“Cerchi il signor Jackson vero?” mi chiese con un sorriso dolce.
“Io.. si..” crollai in ginocchio a piangere e nascosi il viso tra le mani provando a nascondere la mia fragilità, la stessa per cui mi aveva portato a tanto, fingere. Fingere al mondo di essere una persona che non ero solo per riuscire a vederlo,solo per un attimo. Solo per un secondo.
“Tante ragazze stanno soffrendo.. lo vedo dalla finestra della sua camera, e lo vede anche lui..” si abbassò alla mia altezza abbracciandomi forte. Non sapevo perché lo stavo facendo, non sapevo perché mi ero abbassata a tanto fino a cedere nelle mani di una sconosciuta, ma tutto questo non mi importava. Volevo solo vederlo.
“Stammi dietro va bene? Ti porto da lui.. ti metterai la mia divisa, e lo vedrai.. sperando che non capisca niente nessuno.. ora smetti di piangere” mi prese per le spalle mettendomi in piedi e mi strinse forte come se stesse abbracciando la sua stessa figlia. Nascosi dietro l’angolo del mio cuore le mille lacrime che volevo ancora versare e la seguii in silenzio nella porta posteriore dell’ospedale. Entrando nella hall principale erano notevoli le persone che si accalcavano sull’entrata per raggiungere l’ascensore, tutti tentativi inutili visto che era circondata dalla polizia. La donna mi prese per mano trascinandomi con lei nelle camere dell’anta sinistra della struttura dedicata solo per il personale, entrammo in una camera dalla luce radiosa e solare e si mise a frugare nel suo armadietto con la massima velocità per trovare una divisa per me. Io intanto mi ero persa a guardare il cielo, non sapevo se essere felice di vederlo,o triste da morire sapendo che sarebbe stata la prima e l’ultima volta che lo avrei avuto sotto i miei occhi.
“Pensi a lui?” mi chiese facendomi sobbalzare.
“Già.. quanto.. tempo..” non riuscivo nemmeno a parlare tutto era come una realtà secondaria, un mondo a parte totalmente vuoto e nero da non vedere in nessuna cosa l’aspetto positivo.
“Non lo so.. ma pensa che adesso lo vedrai” già si, lo avrei visto morire davanti a me senza aver avuto il potere di salvarlo. Con un sorriso forzato fece scivolare una divisa dalle sue mani alle mie.
“Ti aspetto qui fuori” uscii senza dire altro e mi cambiai nel minor tempo possibile provando a frenare il mio tremore mentre mi vestivo, tremavo e piangevo allo stesso tempo e non sapevo che cosa avrei fatto quando lo avrei avuto davanti a me.. che cosa gli avrei detto..
Uscii velocemente chiudendo la porta alle mie spalle e la donna mi prese per mano iniziando a camminare nella folla di poliziotti che sorvegliavano l’ascensore privato allo staff e da dove la famiglia di Michael era passata.
“E lei?” chiese uno dei tanti.
“Lei è con me..” lo guardò con estrema sicurezza e cercai di mantenere almeno un minimo di serietà per non farmi scoprire così presto. L’uomo in divisa acconsentì con un cenno del capo e ci lasciò passare, abbandonando al silenzio che si era creato un urlo disperato di alcune ragazze all’esterno. Salimmo per tanti piani, non volevo vedere il numero rosso sul display, cercavo solo di controllare il mio dolore ancora prima di riuscire a vederlo.
“Sai..” dissi improvvisamente.
“Nonostante stia così male.. ha trovato il sorriso, sentendo le vostre voci parla silenziosamente, ma sorride..” ascoltavo le sue parole riprendendo a singhiozzare e portai le mani all’altezza delle labbra provando a soffocare tutto dentro prima che fosse troppo tardi.
L’ascensore si fermò al 9° piano e uscimmo insieme nella massima discrezione, attraversammo il corridoio che portava alla sua camera e solo quando vidi la sua famiglia fuori dalla camera mi resi conto… che il momento era arrivato.
Attraversando quella porta lo avrei visto davanti a me, e mi sarei resa conto che il dolore che stavo provando era vero, che non stavo illudendo me stessa, che quell’incubo era calato nella mia realtà distruggendo ogni sogno. Un uomo di colore molto alto si voltò verso di me squadrandomi con gli occhi, doveva essere suo fratello e da come erano rossi i suoi occhioni, le cose non dovevano andare così bene. La donna mi accompagnò davanti alla porta semiaperta ma lo stesso uomo bloccò la sua azione sul nascere.
“Aspetti.. chi è questa?” mi sentii sprofondare. Se non avessero voluto permettermi di vederlo avrei lottato con le unghie pur di entrare, se fosse stato necessario avrei vissuto anni in galera, ma almeno lo avrei avuto davanti a me anche per un secondo.
“Una collega arrivata da poco..” spiegò mentendo.
“Non è vero, è una ragazzina, al massimo 18 anni cosa vuole che sappia di medicina?”
“Si.. è vero, avrò 18 anni e non so niente di medicina, ma so che cosa si prova a doversi trovare in una situazione del genere, quello li dentro.. è..è..” inizia a singhiozzare ma continuai a parlare
“E’ tutto ciò che mi ha permesso di sognare, di vivere, di essere quella che sono.. non chiedo molto,solo qualche minuto per stargli vicino, poi sparirò lasciandolo tra le mani della sua famiglia.. ma vi prego, lasciatemi entrare..”
“Non penso si possa fare” si intromise un uomo di colore alle spalle del fratello di Michael,doveva essere suo padre, era alto e abbastanza piazzato e lo avevo visto in milioni di foto per dimenticarsi del volto, di colui che aveva rovinato la vita della stessa persona che aveva migliorato la mia.
“Non puoi entrare, deve stare con la sua famiglia adesso”
“E lei sarebbe parte di essa?” dissi asciugandomi le lacrime. L’uomo mi guardò sconvolto e rimase in silenzio per qualche minuto cercando le parole che non sapeva dire.
“Lei ha permesso la sua sofferenza, tutto il dolore arretrato che ha dentro è nato a causa sua! Trattare così un bambino è un atto atroce ed è per questo che lui non lo fa con i suoi figli! Perché a sua differenza lui è un’uomo!” esclamai. Il fratello di Michael mi guardò stupito per le mie stesse parole e si voltò verso il padre lanciandogli uno sguardo abbastanza chiaro e conciso.
L’uomo aprii bocca per poter parlare ma un leggero sussurro lo interruppe.
“Lasciatela entrare..” mi voltai verso la porta e vidi il suo viso rivolto verso di me e la mano che sporgeva dal letto verso di me, come se mi stesse chiamando a lui.
“Vai..” mi sibilò la donna dandomi un leggero spintone per farmi muovere dalla mia posizione. Mi mossi appena dal mio posto e entrai nella camera sentendo la melodia della sua voce risuonare in quella stanza solare come lo era il suo sorriso forzato. Presi la sua mano e mi gettai a terra lasciandola aderire sulla mia guancia sinistra. Sentii un leggero scatto di serratura, sicuramente l’avevano chiusa per lasciarci soli per qualche minuto.
“Non piangere..” sibilò con un filo di voce. Mi accarezzava la guancia ricoperta di lacrime e con l’altra cercava di voltarsi verso di me per provare a toccarmi i capelli. Alzai il viso provando a riuscire a vederlo in quella cascata di lacrime e mi avvicinai a lui poggiando la testa sul lato del materasso, il suo tocco dolce si spostò tra i miei capelli e con movimenti dolci e pacati era stato in grado di calmare il mio pianto interrotto.
“Come.. come..” sibilai guardandolo negli occhi. I capelli neri erano stati lasciati liberi sul cuscino e la sua pelle bianca lunare risplendeva sotto la luce solare che penetrava dal grande vetro, sotto di noi la marea di fan si era moltiplicata ma le loro voci pronunciavano una sola parola, un solo nome. Il re del pop.
“Sto.. bene.. non piangere..” continuava ad accarezzarmi i capelli e una maglia nera sotto il lenzuolo sembrava aver messo in mostra il suo corpo magro, quasi sottile sotto quel lenzuolo bianco come il latte. Poggiai il mento sul materasso alzando gli occhi verso di lui, lo sguardo era quasi spento le sue labbra secche, forse aveva sete.
“Non so.. come.. chiamarti..” sibilai tra i sussurri.
“Chiamami come vuoi..”
“Hai bisogno.. di qualcosa?” mi sentivo tremendamente stupida per quello che gli stavo chiedendo ma era l’unico modo per riuscire a rendermi utile io per lui, in una sola volta nella vita, come lui lo era stato per me nell’arco della sua intera vita.
“Voglio che.. tu faccia una cosa per me.. puoi?”
“Si.. chiedi quello che vuoi..” mi alzai in piedi spostando la mano verso il fianco ma fu lui stesso a bloccare la mia azione afferrandola forte, come se avesse voluto aggrapparsi a me per non cadere nel tunnel.. della morte.
“Potresti.. aprire la finestra?” rimasi imbambolata come una stupida. Sapeva che i raggi solari erano pericolosi se esposti troppo sulla sua pelle,e notai che al posto del silenzio, voleva rumore, voleva forza, voleva i suoi fan. Lasciai la sua mano cadere dolcemente sul lenzuolo e mi avvicinai alla finestra aprendola lentamente fino a lasciare che le urla dei suoi fan arrivassero alle sue orecchie.
“Ti chiamano..” sibilai tornando al mio posto.
“Lo adoro sai?” sibilò sorridendo mentre si voltava verso la finestra aperta.
“Sentire le loro voci..” mi misi seduta accanto a lui, sembrava o meglio.. era un uomo come tutti gli altri, forse troppo affaticato per la sua vita rovinata dai media e dai giornali scandalistici, i suoi occhi parlavano da soli, la stanchezza di una vita ma la determinazione di un uomo troppo piccolo per essere cresciuto.
“Le sentirai sempre vedrai..qui ci sono i migliori medici e..”
“No, lo sai anche tu.. per questo piangono, piangono a causa mia.. quel maledetto farmaco” posò una mano sullo stomaco come per chiedergli di andare via, di abbandonare il suo corpo e tornare nella scatola al proprio posto.
“Mike.. non devi.. dire così..vedrai che..” piangevo tra le parole, sapevo che aveva ragione, ma volevo evitare la verità a tutti i costi, allontanarla da me per sempre ed evitare ogni lacrima aggiuntiva che nei giorni a seguire sarebbe stata presente.
“Vorrei.. che facessi.. una cosa per me..” sibilò. Annuì senza dire una parola, sapevo che se avessi aperto bocca ne sarebbe uscito un singhiozzo e non volevo farlo stare peggio di come si sentisse. Mi fece spazio accanto a lui e mi fece stendere al suo fianco aprendo le braccia verso di me, non ci pensai su due volte e posai il viso sul suo petto e la mia mano intrecciata alla sua, non sapevo se essere felice, non sapevo se continuare a piangere, sapevo solo che il mio incubo si era trasformato nel mio sogno nel giro di pochi minuti, ed era così che avevo iniziato a conoscere il vero Michael Jackson.
Ascoltando il suo cuore continuare a battere sempre di meno.
Ascoltando il suo profumo forte bruciarmi nel polmoni.
Ascoltando la sua voce, la protagonista di mille sogni, di mille emozioni continuare a scomparire nelle mie giornate come un soffio di vento, passa una volta ma la seconda, non sarà mai come la prima. Il silenzio calò sull’intera stanza rotto solo dai suoi respiri sempre più lenti, alzai gli occhi verso di lui e lo trovai con le palpebre chiuse e il sorriso sulle labbra sottili.
“Michael?” chiamai silenziosamente. Lui aprii gli occhi lentamente e mi guardò sorridendo.
“You are.. not alone..” sibilò. Chiuse gli occhi lentamente e vidi un sospiro uscire dalle sue labbra con la massima calma e tranquillità.
“Michael?!” mi alzai con la schiena voltandomi verso di lui e vidi la mano che era attorno alle mie spalle cadere nel vuoto senza il minimo di forza.
“MICHAEL?! APRI GLI OCCHI! GUARDAMI!!” posai le mani sul suo viso toccando la pelle bianca,mentre i medici erano già entrati velocemente insieme al fratello di Mike.
“NO! MICHAEL NO TI PREGO!! NON LASCIARMI!!” presi la sua maglia tra le mani posando la fronte sul suo petto ormai privo di battito.
“Fatela uscire!” esclamò un medico.
“NO! NO MIKE TI PREGO!! NON PUOI LASCIARMI!!” afferrai la sua mano diventata fredda come il ghiaccio,il suo viso era sotto i raggi solari e le sue labbra appena schiuse dopo aver detto quella frase solo per farmi capire,che era davvero arrivato il momento di lasciarlo andare via..
La donna che mi aveva aiutato mi trascinò fuori dalla camera mentre i dottori provavano a rianimarlo con tutti i modi,ma lui lo sapeva.. sapeva che era l’ultimo minuto per guardarmi negli occhi. Mi gettai a terra iniziando a piangere come mai avevo fatto nella mia vita, e a soli pochi passi da me, il corpo di Michael sobbalzava sul letto a causa delle scosse elettriche del rianimatore, i suoi capelli neri si lasciavano andare sul cuscino per poi sollevarsi per pochi centimetri, la mano che avevo toccato sembrava chiamarmi, ma sapevo che era inutile.
Allungai la mano verso di lui pensando alle sue parole.

“You are not alone..For Ever..”


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