Perché il bastardo oggi piace così tanto?
Dr. House, eroe canaglia
Addio medico buono, empatico e un po' sentimentale: nel serial ospedaliero sbanca-auditel, vince il cinismo sprezzante dello specialista che ignora il paziente ma gli salva la vita. Perché il bastardo oggi piace così tanto?
«Dimmi cosa preferisci: un dottore che ti tiene la mano mentre muori o uno che ti ignora mentre migliori?». Il famigerato (e adorato) dottor House è tutto in questa frase. Sopra le righe, spregiudicato, misantropo, ruvido fino all'inverosimile, privo di tatto, cinico e sprezzante: House, protagonista dell'omonima serie tv, sembrerebbe l'incarnazione di ciò che più si oppone alla vocazione medica. Una differenza sottolineata anche dalla scelta di non indossare il camice, per non essere «seccato dai pazienti». E' proprio questa figura eccezionale e il suo modo intrigante e sorprendente di formulare diagnosi risolutive che i quattro componenti del collettivo filosofico Blitris tematizzano in La filosofia del dr. House, edito da Ponte alle Grazie. «Blitris nasce dall'incontro con M. Cristina Amoretti, Daniele Porello e Chiara Testino - ci racconta Simone Regazzoni, uno dei quattro componenti del collettivo - durante gli anni di dottorato all'Università di Genova. Le serie tv americane ci appassionavano e House è stata un'ispirazione particolarmente forte. Con questo libro, raccogliamo anche idealmente l'invito di Eco a non trascurare, come filosofi, le "cose basse"». Taumaturgico, magico, illuminato: House chiede sempre ai propri collaboratori di proporre diagnosi che lui regolarmente boccia. O che salva a titolo sperimentale. Come ragiona il filosofo-House? «Né per induzione né per deduzione: per abduzione, piuttosto, come direbbe Peirce. La sua è una logca alla Sherlock Holmes in cui si fanno ipotesi improbabili per tentare di spiegare fatti altamente improbabili. E' come fare delle scommesse. Tentiamo conto che lui sbaglia spesso, tuttavia il suo è un metodo creativo. E con i suoi ricercatori ci gioca anche: ha bisogno, come Socrate, di qualcuno che puntelli il discorso contraddicendolo o assentendo».
In qualche modo, House - che pare procedere a tentoni e formula ipotesi diagnostiche come svagato, mentre sta sdraiato per terra o gioca con una pallina - conosce già da sempre la soluzione del caso: «Sì -ammette Regazzoni dei Blitris -, è come guidato da un preconscio che lo conduce alla meta». Partita in sordina su Italia1, questa che tra tutte le serie mediche tv di successo è quella che più di tutte si configura come un one man show, ha conquistato puntata dopo puntata un numero crescente di telespettatori, fino a diventare il caso tv dell'anno. La nuova serie, "vampirizzata" dalla rete ammiraglia di casa Mediaset, ha fruttato in un solo colpo sei milioni di spettatori. Tant'è che Canale 5 non intende mollare il colpo e nonostante la serie termini il 14 novembre, il Dr. House andrà in onda con episodi già visti, in controprogrammazione con L'isola dei famosi su Rai2. Il politicamente scorretto piace quindi anche a un pubblico più familiare e meno giovanilista? «Il successo della serie - spiega Regazzoni - si spiega con il bisogno di narrazione che il pubblico esprime, un bisogno che è, in tv, il corrispettivo della grande narrazione letteraria. E poi, sì, House è un anarchico che non rispetta le regole: tuttavia è un personaggio fortemente etico. Il suo imperativo morale è quello di salvare delle vite umane. A suo modo, un eroe».
Eroe sì ma (apparentemente) senza cuore: House è il medico che fugge dalle visite di ambulatorio, che non rincuora i pazienti, non li ammira se sopportano stoicamente il dolore, li respinge quando lo cercano. Un bastardo che piace? «Si potrebbe dare una lettura banale del fenomeno e dire che House vince perché in questo mondo vincono i cinici. Ma lui cinico lo è in senso filosofico quando usa il suo fare sprezzante per tener testa al potere in nome di una qualche libertà. E' anche uno che si prende tutte le sue responsabilità: "Il giusto e lo sbagliato esistono - dice in una puntata ai suoi collaboratori -: il fatto che voi non sappiate dove stia non cambia le cose"». Il luogo comune del rapporto medico-paziente, su cui oggi si insiste tanto, è capovolto: «Eppure - aggiunge Regazzoni - House affascina sia i cattolici che i radicali, perché il fatto che lui ignori il paziente amplifica la grandezza di quello che fa per salvarlo. Salva il tuo paziente a costo di ucciderlo: questa è la sua regola aurea». In una recente intervista, Hugh Laurie ha sostenuto la necessità per il suo personaggio di «evolvere in maniera significativa, altrimenti sarà la fine per lui». «Per certi versi concordo con Laurie - commenta Regazzoni -, ciononostante non credo che House sia già arrivato al capolinea: è un personaggio che proprio nelle pieghe sentimentali ed emotive ha ancora potenzialità narrative da sviluppare. In fondo, House è un personaggio amletico, di statura drammatica: se ne ha un'impressione ancora più nitida se si ascolta il recitato originale, in cui Laurie parla con un inglese perfetto in un contesto in cui domina lo slang americano». Vivere o morire? Se il dubbio amletico del personaggio è questo, la risposta è già data: «La morte fa schifo sempre e non è dignitosa». House dixit.
Fonte: Lorenza Provenzano (Libero Magazine)