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[gossip] Jacko, vita e morte in un "Thriller"

Ultimo Aggiornamento: 26/06/2011 22:07
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25/06/2011 14:57
 
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Omicidio o disgrazia? La star era dipendente dal Propofol
che l'ha ucciso due anni fa.
Il caso è aperto ANDREA MALAGUTI
25/06/2011 - DELITTI E MISTERI ROCK LA STAMPA
CORRISPONDENTE DA LONDRA
Il corpo di Michael Jackson era diventato una fogna. Il referto medico presentato alla Corte suprema della California e prodotto in aula nel processo per il suo omicidio è la fotografia precisa di una vita andata in frantumi a causa dalla dipendenza dai farmaci.

L’autopsia individua chiaramente la causa della morte avvenuta il 25 giugno di due anni fa: intossicazione acuta da Propofol, un potente anestetico usato impropriamente contro l’insonnia. Ma rivela anche che il Re del Pop, un uomo di 50 anni che secondo la Rock and Roll Hall of Fame ha avuto sul mondo della musica «un impatto paragonabile solo a quello dei Beatles, di Elvis Presley e di Frank Sinatra», era imbottito di lorazepam, benzodiazepine, valium, lidocaina ed efedrina, una sostanza utilizzata per trattare l’ipertensione associata all’anestesia. Non riusciva a chiudere occhio. Mischiava ansia e depressione. E tecnicamente, alla vigilia del suo ritorno in scena, previsto per l’8 luglio del 2009 all’O2 Arena di Londra, era un tossicodipendente abituato a camminare sul confine sottile che divide la vita dalla morte.

Il processo dovrà stabilire se l’iniezione che lo ha portato davanti al Creatore è stato solo l’ultimo anello di una catena costruita consapevolmente per autodistruggersi o invece, come sostiene l’accusa, l’intervento sciagurato e definitivo di Conrad Murray, il suo medico personale, abituato da troppo tempo ad assecondare con negligenza le bizze di Jacko.

Esiste però una terza ipotesi: che qualcuno, consapevole della fragilità di MJ ne abbia approfittato per regolare vecchi conti. Un dubbio alimentato da un dettaglio ancora senza spiegazioni. Negli ultimi sessanta giorni Jackson si era fatto iniettare quotidianamente il Propofol da Murray. Eppure le impronte trovate sull’ultima siringa non sono del medico. Come è possibile? E soprattutto a chi appartengono?

Per scoprirlo decine di investigatori sono al lavoro. Il loro compito è quello di setacciare l’esistenza un divo di cui si sapeva tutto senza sapere niente. Le minacce di morte di confondevano tra le lettere dei suoi ammiratori adoranti. Fanatici, associazioni in difesa dei minori, criminali comuni, ricattatori, sanguisughe. La descrizione della sua vita è morbosamente dettagliata, eppure incompleta. Ed è in quegli angoli bui che si annida il mistero della sua morte.

Per i suoi fan era un profeta, una divinità. Un essere superiore. Era la Bellezza. Per i suoi nemici - per quanto tutte le accuse nei suoi confronti siano cadute - era un pedofilo, un maniaco androgino e misantropo travestito da Peter Pan. Per il suo entourage una vacca sacra con le mammelle d’oro sempre gonfie. Sicuramente era un doppio. Dottor Jackson e Mister Hyde. Angelico e immortale sul palcoscenico, oscuro come il ritratto di Dorian Gray tra le mura della villa di Bel Air. Una tela in attesa di una lama che lo facesse precipitare dal paradiso dell’immortalità. Brian Oxman, l’avvocato di famiglia, aveva infaustamente preconizzato: «Temo che Michael faccia la fine di Anne Nicole Smith». Non si sbagliava.

Il processo, rinviato all’inizio di settembre, ripartirà dai documenti presentati dal coroner. Sul tavolo per le autopsie il corpo di Michael Jackson era magro e scavato. Una parte del cranio era coperto da una parrucca, mentre la vitiligine, certificata, lo stava progressivamente sbiancando.

Una malattia dunque. Non una forma di razzismo rovesciato. Solo il trucco gli consentiva di consegnare alla pelle un colore uniforme. Pochissime persone ne erano a conoscenza.

I Lloyds di Londra - presso cui si era assicurata la società organizzatrice dei cinquanta concerti previsti da luglio - si sono rifiutati di pagare il premio da 17,5 milioni di dollari previsto per coprire le perdite, sostenendo che Jackson e i suoi rappresentanti legali avevano mentito sulle condizioni di salute del cantante.

Avevano garantito che MJ non aveva più visto un dottore dal 2005, se non per piccoli interventi di chirurgia estetica. E che soprattutto non assumeva farmaci. Lo manipolavano o si faceva manipolare?

La difesa di Murray ha chiamato a testimoniare diversi dentisti che dicono di avere iniettato a Jacko il Propofol, prodotto ad uso esclusivamente ospedaliero. Uno di loro sostiene di essere stato costretto a iniettare una dose al piccolo Blanket, il figlio di sei anni. Dunque Michael era fuori controllo. E resistergli era difficile.

Il suo medico personale ha ottenuto che in tribunale vengano prodotti i file, custoditi dalla Sony, delle prove dei concerti. Filmati preziosissimi che dimostrerebbero l’instabilità del suo stato fisico. «Non l’ho ucciso io. Stava morendo».

E per molta gente - da suo padre Joe alle molte aziende pronte a sfruttare il marchio - MJ valeva più sotto terra che da vivo. In fondo bastava un soffio per uccidere il mito, un piccola spinta innocente.

www3.lastampa.it/spettacoli/sezioni/articolo/lstp/408723/

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