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[top news] Il libro di Joe Vogel: Man in The Music, la vita creativa e l'opera di Michael Jackson

Ultimo Aggiornamento: 31/10/2020 13:23
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24/06/2012 18:59
 
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Su "La Stampa" di oggi c'è una intera pagina sul libro di Vogel, e hanno avuto il buon gusto di lasciare la parola proprio a lui.
Molto carino, finalmente direi, il cappello in corsivo, opera di quelli del quotidiano [SM=g27823] .

Vi metto la foto che ho fatto alla mia copia e sotto il testo.



Michael Jackson, il padre di "Thriller"? Sorpresa, è Ciaikovskij

24.06.2012

A tre anni dalla scomparsa della popstar un libro ne ripercorre formazione musicale e gusti classici

Il 25 giugno 2009, tre anni fa domani, Michael Jackson morì, nel letto di casa sua, a Los Angeles, ucciso dall’assunzione eccessiva di un anestetico. Jackson aveva 50 anni, trascorsi quasi interamente sotto i riflettori, illuminato da un successo continuo, mostruoso, senza paragoni possibili. Nei 40 e più anni di attività pubblica, Jackson ha rivoluzionato i parametri della cultura pop, della musica di massa e del modo di proporla. Si dice che il libro di Joseph Vogel, che esce ora in Italia e che qui anticipiamo, sia il più amato da chi ama Michael Jackson. La ragione è semplice: evitando le polemiche sulla vita e le rivelazioni sulla morte, si concentra sulla sua musica, sui suoi dischi e - come da sottotitolo - sulla sua «vita creativa». Tre anni dopo, il talento luminoso e misterioso di Michael Jackson finalmente se lo merita.

di Joseph Vogel

Per tutta la vita, Michael Jackson è sempre stato al dentro dell’industria musicale, sia come fan che come artista in cerca di nuovi suoni e nuove idee. Era affascinato sia dalla mistica che dall’abilità dei due maggiori fenomeni che l’avevano preceduto: Elvis Presley e i Beatles (non a caso ha sposato la figlia del primo e acquistato i diritti delle canzoni dei secondi). Quando pensava alla propria eredità artistica e culturale, aveva sempre in mente entrambi questi modelli.
I suoi interessi musicali, però, comprendevano anche influenze meno ovvie come ad esempio Led Zeppelin, Yes, Grace Jones e Radiohead. «Ho album e nastri di tutti i tipi, e probabilmente la gente non immaginerebbe neppure che li abbia» disse una volta. Questo ampio serbatoio di conoscenza musicale si percepisce nelle sue canzoni. Ad esempio, inserì in Wanna Be Startin’ Somethin’ un refrain africano ispirato a Soul Makossa del sassofonista camerunese Manu Dibango, mentre in Little Susie utilizzò un brano di un’opera corale del compositore francese Maurice Duruflé, il Requiem Op. 9, e in Bad campionò un pezzo dei pionieri dell’hip-hop, i Run DMC. Come osserva Greg Tate, Jackson voleva trarre il massimo da «chiunque riteneva in grado di aiutarlo a rendere la propria espressione più viscerale, moderna, eccitante».

Uno degli aspetti che ha reso Michael Jackson un artista unico, in ogni caso, è il fatto che la maggior parte delle sue influenze erano tutto tranne che di moda e contemporanee. Quando gli chiesero quale fosse stata la sua principale ispirazione nel creare Thriller, non rispose Prince o i Police, ma Ciajkovskij, compositore russo del diciannovesimo secolo. «Se si prende un disco come Lo Schiaccianoci, ogni brano è una bomba» disse. «Perciò mi sono detto: “Perché non può esistere un album pop [così]?”»

La musica classica non gli ispirò solo un’idea di qualità costante. Fin dalla giovinezza ha sempre ascoltato compositori come Ciajkovskij, Debussy, Prokofiev, Beethoven, Bernstein e Copland. Era attratto in particolare da brani romantici e impressionisti, dalle melodie forti e le atmosfere vivide ed emotive. Per lui la musica ha sempre avuto una componente molto visuale e per questo apprezzava soprattutto brani che fossero legati, o che evocassero in qualche modo, delle rappresentazioni visive, come l’Arabesque n. 1 di Debussy o Pierino e il lupo di Prokofiev.

L’influenza della musica classica pervade l’opera di Jackson a volte anche in senso letterale, come quando viene usata come preludio alle sue stesse composizioni. Jackson era anche un fan devoto dei musical, come Tutti insieme appassionatamente, Cantando sotto la pioggia, My Fair Lady e West Side Story, lo stile dei quali è stato spesso incorporato nei suoi video e nei suoi album. Questa influenza fu spesso contrastata dai critici di musica rock più tradizionalisti, che lo consideravano troppo «teatrale». Ma lui non rinnegò mai questa passione per le canzoni dei musical.

Era ossessionato anche dal cinema, in particolare i vecchi film della MGM, tutta la produzione Disney, e poi Spielberg, Lucas, Hitchcock, Coppola. Guardava e riguardava film come E.T., The Elephant Man e Il buio oltre la siepe, commuovendosi tutte le volte. «Al cinema si vive il momento» ha detto. «Il pubblico è tuo per due ore. I loro cervelli, le loro menti sono nelle tue mani e puoi portarli dove vuoi. Lo sai, e questo pensiero mi affascina, il fatto di avere il potere di smuovere le persone, di cambiare le loro vite».

Il suo grande amore per il cinema sfociò in diverse passioni. Era innamorato di tutto ciò che riguardasse Shirley Temple ed Elizabeth Taylor, e le voci a proposito del fatto che avesse eretto delle specie di sacrari per entrambe sono poi risultate vere. Vantava una collezione di cartoni animati più grande di quella di Paul McCartney. Era capace di guadare I tre marmittoni per ore ed è noto il fatto che affermasse di «essere Peter Pan», tanta era la sua affinità con l’eroe ragazzo di J.M. Barrie.

Aveva studiato tutti i principali ballerini del secolo, compresi Fred Astaire, Gene Kelly, Bob Fosse, Martha Graham, Alvin Ailey e Jeffrey Daniel, che a loro volta erano tutti suo estimatori. L’affinità maggiore, però, la sentiva con la leggenda del cinema Charlie Chaplin, altra figura paradossale, elevatasi dalla povertà fino a diventare il più grande intrattenitore della sua epoca. Non è difficile individuare nel lavoro di Michael Jackson i movimenti, le stilizzazioni e il mix di pathos ed esuberanza tipici di Chaplin.

Jackson, però, non si limitava a guardare o ascoltare questi personaggi, ma leggeva tutto ciò che veniva scritto su di loro. Era un lettore vorace, e per tutta la vita ha conservato l’abitudine di frequentare le librerie portandosi a casa cumuli di libri. La sua biblioteca personale comprendeva più di ventimila titoli, tra cui biografie, raccolte di poesia e libri di filosofia, psicologia e storia. Leggeva molto a proposito della schiavitù afroamericana e del movimento per i diritti civili, ma anche di Edison e Galileo Galilei, della religione e della spiritualità. Amava i romanzi di J. M. Barrie e Charles Dickens, ma anche le opere di William Blake, Ralph Waldo Emerson e William Wordsworth.

È risaputo come abbia costretto tutto il suo staff a leggere la biografia di P. T. Barnum, e che spesso citasse passaggi dalle biografie di Michelangelo e Albert Einstein. Ogni volta che lavorava a un disco, ballava o creava un video musicale, quindi, poteva attingere da una fonte mentale inesauribile, un mondo di immaginazione variegato e vivace, che per lui era altrettanto reale della sua stessa vita, se non di più.

www3.lastampa.it/musica/sezioni/news/articolo/lstp/459777/
[Modificato da (Miss Piggy) 24/06/2012 19:04]
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