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Broken Hearted Girl (in corso). Rating: rosso

Ultimo Aggiornamento: 30/03/2011 21:56
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14/03/2011 20:41
 
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Everywhere I'm looking now
I'm surrounded by your embrace
Baby I can see you halo
You know you're my saving grace
You're everything I need and more
It's written all over you face
Baby I can feel your halo
Pray it won't fade away...

Halo, Beyoncè

Episodio 11

Era notte fonda. Nel ranch regnava il silenzio assoluto. Seduti a lati opposti del grande divano ci scambiavamo sorrisi e sguardi intensi.
Posava gli occhi sul suo libro e un attimo dopo di nuovo su di me. Accarezzavo le sue gambe scoperte e ridevo compiaciuto dei brividi che le provocavo.
Mi ero innamorato. Eh già…

-Dammi un bacio.- le dissi.
-Vieni a prendertelo.- mi rispose maliziosa.

Avanzai carponi e le stampai sulle labbra un bacio rumoroso. Senza staccarle gli occhi di dosso tornai al mio posto, guardai l’orologio appeso al muro e alla fine mi feci coraggio.

-Andiamo a dormire?-
-Vai pure, io resto qui ancora un po’.- mi rispose continuando a leggere.

Feci una breve pausa.

-Mi chiedevo se…- mi fermai.
-Se?-
-Se magari ti andava di dormire in camera mia…-
-Certo, va bene.- rispose con naturalezza.


E io che mi ero preparato anche il discorso… Cominciai a capire che ero io ad essere troppo timido e riservato. Dopo quello che era successo al picnic non avrei dovuto crearmi certi problemi, e invece mi ritrovavo ogni volta a sudare freddo per le più piccole sciocchezze.

-Allora… andiamo?-
-Vai pure, io arrivo tra un po’.-

Mi misi a sedere un’altra volta di fronte a lei.
Alzò gli occhi dal libro e rise.
-Non c’è bisogno che mi aspetti, Mike. Vai pure a dormire.-

Le tolsi il libro dalle mani e lo lanciai sul tappeto.

-Ehi, io stavo ancora leggendo!-
-Non più-, le dissi baciandole il collo -Vieni a letto con me…-
-Non vuoi dormire da solo? Cos’è, hai paura?- mi prese in giro.
-Sì, sì ho paura!- risposi serio.
-Stavo solo scherzando…-

Mi alzai dal divano, questa volta con l’intenzione di andarmene in camera. Presi il libro dal tappeto e glie lo posai sulle gambe.

-Perdonami. Sono un cretino! Continua a leggere, io ti aspetto di sopra.-

La sua espressione confusa mi fece sentire ancora di più in colpa per come mi ero appena comportato. Ma avevo sempre odiato andare a dormire da solo e ora che avevo qualcuno accanto volevo recuperare tutto il tempo perso, tutte le notti piene di sofferenza senza qualcuno che mi stringesse a sé tra le fresche lenzuola.

Mi seguì immediatamente. E questo mi fece sentire ancora di più in colpa perché fu come se l’avessi costretta frignando come un bambino capriccioso.

-Mike?- mi chiamava mentre salivamo tutti e due su per le scale.
Non mi voltai, continuai a camminare e accelerai il passo.
-Mike, per favore.-

Ora per il lungo corridoio. Non sapevo perché mi stavo comportando in quel modo, non riuscivo a fermarmi.
Riuscì a raggiungermi, mi afferrò per il braccio e mi fece voltare verso di lei.

-Cosa diavolo ti prende?! - domandò irritata.
-Niente…-
-Oh questo lo chiami niente?-
-Senti, non mi va di parlarne.-
-Invece NOI ne parliamo ADESSO!-
-Che cosa vuoi che ti dica? Che sono uno stupido egoista?Che se c’è qualcuno che ha bisogno dello psicologo quello sono io?-
-Chi è che ha bisogno dello psicologo?- chiese incrociando le braccia al petto.
-Non è questo il punto.- risposi cercando di cambiare discorso.
-Uhm… Andiamo in camera, sono stanca.-
-Non devi se non ne hai voglia…-
-Michael… Ti prego.

Quel rimprovero me l’ero meritato TUTTO. Mi zittii e mi diressi in camera con lei.


_____________________________



New York.

Nel suo appartamento grande e costoso, seduto in terrazzo, Landon fumava tranquillo e spensierato la sua sigaretta accompagnata da un caffè.
Era solo questione di minuti, presto si sarebbe diretto in aeroporto.
Niente valige: solo una carta di credito e un indirizzo. Come diavolo ha fatto?! vi starete chiedendo.
Niente di più facile, gli bastò controllare l’estratto conto della carta di credito di Scar, la sua posta arrivava ancora a casa sua.
“Ti facevo più intelligente”, pensò con un ghigno sulla faccia quando aprì quella busta.
Non sapeva dove si trovasse, sapeva solo che doveva andare a Los Angeles.
Un’impresa a dir poco impossibile, la sua. Non l’avrebbe mai trovata cercando per quella gigantesca città senza una meta precisa. Il suo unico punto di riferimento era una boutique di cosmetici.

-Io dico che è meglio se lasci perdere, Los Angeles è immensa. E poi…non ne vale la pena.- gli consigliò Damon mentre si gustava la sua birra ghiacciata.

-Se n’è andata come una schifosa ladra nel cuore della notte, dopo tutto quello che ho fatto per lei!-
-Andiamo fratello, stavi diventando un dannato ubriacone “picchiamoglie”… Non mi meraviglia che ti abbia lasciato. Anzi, mi chiedo perché non l’abbia fatto prima.-
-Avevo solo bisogno di tempo…-
-Per cosa? Per prendere lezioni di box e pestarla con stile?-
-Senti, fatti gli affari tuoi…- lo minacciò.
-Come vuoi, ma per me è tempo sprecato. Non la troverai mai.-

Senza degnarlo neanche più di uno sguardo, indossò il suo giubbotto di pelle e mise il portafogli nella tasca interna.

-Sai quanto mi è costato quest’appartamento, quindi niente stronzate. Intesi?.-
-Vai tranquillo fratello…- disse ridendo.
-Non scherzo, se trovo una sola cosa fuori posto ti spacco la faccia.-
-Rilassati!- gli posò una mano sulla spalla e gli infilò una sigaretta in bocca, -ne hai un gran bisogno.-

_____________________________

Il rumore dell’acqua mi svegliò dolcemente. Mi stiracchiai sbadigliando e mi misi seduto.
Ero ancora molto assonnato, ma avevo dormito meravigliosamente quella notte.
Ripensai a quell’episodio e ancora una volta mi vergognai. Mi ero comportato come un bambino, mentre lei aveva dimostrato di essere matura e la sua magnanimità non aveva fatto altro che peggiorare le cose.
Sì, perché una volta sotto le coperte si comportò come se non fosse successo niente.
Quando sentii le sue mani infilarsi sotto la maglia del pigiama mi voltai verso di lei e mi feci amare fino allo stremo delle forze.

-Scar?- bussai.
-Si?- gridò dalla doccia.
-Posso?-
-Sì entra pure.-

Mi affaccia prima con la testa e poi entrai chiudendomi la porta alle spalle. Il grande specchio era appannato dal vapore e il vetro della doccia anche. Intravedevo il suo corpo tra le linee che lasciavano le goccioline che scorrevano veloci sul vetro del box.

-Come mai già sveglia?-
-Eh?-
-Ho detto: come mai già sveglia?-
-Non so, non avevo più voglia di dormire.-
-Siamo andati a letto tardi ieri.-
-Già.-
-Tutto bene?- le chiesi.
Sembrava di poche parole quella mattina, ma forse era solo la mia impressione.

-Sì.- chiuse il getto dell’acqua e prese l’accappatoio, -Perché me lo chiedi?-
Non risposi, ero incantato dal suo corpo nudo e bagnato davanti ai miei occhi.
-Mike? Ci sei?-
-Eh?-
-Cosa eh? Ti sei drogato per caso?-
-Perché?-
-Perché questa mattina non connetti.-
-Puoi ripetere la domanda?-

Mi lanciò un’occhiataccia e annodò per bene la fascia dell’accappatoio alla vita.
I suoi capelli emanavano un profumo dolcissimo, sembravano fatti di cioccolata.

-Smettila di fissarmi.- disse timida.
-Vieni qui…- mormorai a voce bassissima.

Senza farsi pregare posò la spazzola sul piano di marmo e si avvicinò a me. Il suo bacio fresco mi entrò perfino nelle vene e le sue gambe ancora umide s’incrociavano con le mie.
La sua mano si infilò nel mio pantalone e cominciò a muoversi lenta ma decisa.

-Dammi il tempo di lavarmi i denti, almeno.- le dissi.
Mi guardò fingendo di essersi offesa e ritirò la mano.
-Ti pare questo il modo?-
-Che c’è?- chiesi divertito.
-Io sono qui a… e tu? Senti il bisogno di lavarti i denti?-
-Se anche tu avessi avuto la bocca impastata non ci sarebbero stati problemi. Ma tu arrivi con il tuo alito fresco e i tuoi denti scintillanti… Non vale.-
-Sei un idiota.- disse uscendo dal bagno.
-No non lo sono.-
-Sì che lo sei.- gridò dall’altra stanza.

Mi spazzolai velocemente i denti e mi precipitai in camera credendo di trovarla ancora in accappatoio ad aspettarmi.
E invece no, era vestita e pronta scendere. Mi guardò alzando un sopracciglio e sorrise vendicativa.
-Mi dispiace, ma sento il bisogno di fare colazione. Magari ne riparliamo stasera.-
-Che stronza!-
-Oh, ma allora sei un essere umano… Pensavo ti avessero programmato per essere sempre gentile e premuroso.-
-Ancora più stronza!-
-Ehi, non prenderci gusto.-



***





Uscì dall’aeroporto stanco del viaggio e si fermò in una caffetteria. Damon non aveva tutti i torti: sarebbe stato impossibile trovarla.
E poi non era neanche sicuro che Scar si trovasse ancora lì. Gli mancava. Gli mancava da morire.
Non era lì per darle la caccia e costringerla a tornare a casa con lui, ma per chiederle perdono e supplicarla di ritornare a New York.
Si sentiva un verme, ma non voleva darlo a vedere. Ogni volta che ripensava a tutte le botte che le aveva dato, a tutto il male che le aveva fatto, avvertiva un dolore tremendo allo stomaco e spesso si ritrovava anche a vomitare.
Perché allora? Perché l’aveva fatto?
Non sapeva spiegarselo neanche lui, era accecato dall’amore. Da un’ossessione morbosa, dal desiderio di averla tutta per sé, e non si rendeva conto di nulla quando la colpiva ripetutamente per costringerla ad AMARLO.

Subito dopo quelle botte la stringeva forte a sé, piangeva come un bambino e la supplicava di non lasciarlo.
E lei, per pietà e disperazione lo abbracciava a sua volta e lo illudeva di esserne ancora innamorata.
“Non ti farò mai più del male”, le ripeteva sempre ma la volta successiva picchiava sempre più forte, sempre più a lungo.

Il caffè gli risalì in bocca per i dolori allo stomaco, ma fortunatamente riuscì a trattenersi.
Pagò il conto e uscì dalla caffetteria. La sua domanda una volta fuori di lì fu: da dove comincio?
Los Angeles: frenetica e immensa.
Solo un colpo di fortuna avrebbe potuto aiutarlo.
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